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Autore: ShootinStar    18/09/2011    11 recensioni
E' la mia seconda FF, quindi abbiate pietà di me! :') provo ad anticiparvi qualcosa.
Liam e Jenny si sono appena trasferiti con la madre a Canterbury. Nuova città, nuova scuola, nuovi amici: verranno a contatto con bande di "bad boys", ragazze problematiche, amori ed intrighi, affrontando con qualche ansia e non pochi dubbi quel delicato periodo della vita in cui tutto può accadere e in cui ogni certezza fa posto a confusioni ed angoscie, tipiche dell'adolescienza. E mentre questo gruppo di ragazzi sarà alle prese con cotte e sbandamenti vari, capiranno senza nemmeno accorgersene che non importa come o quando, l'amore trova sempre la sua strada.
Cercherò di fare del mio meglio, dategli un'occhiata, se avete tempo :D
Genere: Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Eccomi di nuovo qua :D vi avevo promesso al più presto un’altra fan fiction ed infatti ECCOLA QUI! Non so se sarà al livello dell’altra, ho cercato di cambiare genere, per non annoiarvi con le mie solite idee smielate (?)
I personaggi sono OVVIAMENTE quei 5 babbuini *lol* e altri che scoprirete molto presto *quindi leggete è__é*. Beh, che altro posso dire? Mi fareste molto felice se la leggeste e mi deste * si dice così? O.o* un vostro parere. Grazie dell’attenzione e buona lettura :3
France ♥
 

Jenny scese in punta di piedi dall’auto, rimanendo a fissare la casa davanti a sé, senza neppure chiudere la portiera alle sue spalle. Osservò il portone d’ingresso tinto di un fresco color cioccolato, le pareti bianche solcate da righine orizzontali, il tetto di un rosso acceso e le finestre con le persiane di un verde smeraldo. “Sembra la casa delle Barbie” mormorò, mettendosi la borsa nera a spalla e girando intorno alla Opel per prendere la valigia nel portabagagli.
Suo fratello scese a sua volta dalla macchina azzurra e dopo una veloce occhiata, concluse: “A me non sembra male”. Jenny lo fulminò con uno sguardo, ma la donna bionda che era al volante le porse uno scatolone pieno di piatti e bicchieri e le chiese dolcemente: “Jenny, puoi darmi una mano? Dovresti portare questo in soggiorno”.
La ragazza sbuffò, ma prese comunque lo scatolone dalle sue mani e con una spinta non molto gentile aprì il cancello di ferro che ancora la separava da quel minuscolo giardino che circondava la casa.
Arrivata alla porta sospirò, poi allungò una mano e girò la maniglia d’ottone, aprendo lentamente. L’odore di nuovo misto ad un insolito profumo di lavanda la invase. Fortuna che le era sempre piaciuta la lavanda.
Appoggiò lo scatolone sul tavolo di marmo grigio della cucina e si guardò intorno. Il blu in tutte le sue tonalità dominava la stanza: i due divani erano di un blu scuro, le ante del mobile sopra i fornelli erano azzurre, la libreria nella quale era incassata la televisione era blu cobalto e perfino le tende della finestra erano celesti. “Almeno non è rosa!” penso Jenny, sistemandosi con le dita la frangetta che le copriva buona parte della fronte.
Intanto sua madre e suo fratello l’avevano raggiunta in casa. Il ragazzo appoggiò con un tonfo sordo il borsone sul tappeto persiano e si fiondò sul divano, buttando la testa all’indietro e sospirando di sollievo.
“Liam!” lo richiamò la donna, mettendosi le mani sui fianchi. Lui rispose con un mugolio, come a dire “Non ora, ti prego!”, ma un cuscino bianco lo colpì in piena faccia. Il ragazzo si alzò di colpo, guardandosi intorno. Sua sorella stava ridendo di nascosto, ma non fece in tempo a scappare, che Liam l’aveva acchiappata da dietro e le stava facendo il solletico. “Basta! Smettila! Non ce la faccio più! Basta, ti prego! Cazzo, Liam, SMETTILA!” e finalmente riuscì a liberarsi, senza smettere di ridere.
La madre sospirò. “Invece di giocare, vi conviene andare a scegliervi la camer...” non aveva ancora finito di parlare che i due ragazzi erano già spariti. Salirono le scale a due a due, spintonandosi, ridendo e cercando di superare l’altro. Si trovarono di fronte un corridoio con quattro porte: un bagno piuttosto grande con le mattonelle verdi e bianche, una camera matrimoniale dove il rosa campeggiava in ogni angolo e due camere con un letto singolo ciascuna.
Liam si fiondò in quella che dava sul davanti della casa, battendo la sorella sul tempo. “Stronzo!” esclamò Jenny indispettita e con una lentezza esasperante si trascinò nell’altra stanza, la più lontana del corridoio, dove in compenso c’era una splendida scrivania arancione e un armadio molto più grande. Dopo aver appoggiato la valigia sopra le morbide coperte, aprì la finestra e mise il naso fuori, inspirando la frizzante aria mattutina. Erano i primi giorni di settembre e la settimana dopo avrebbe dovuto frequentare la sua nuova scuola: la The King’s School, il college più prestigioso di Canterbury. Ma lei sarebbe stata l’ultima arrivata, quella estranea a tutto ed a tutti, quella che ogni studente avrebbe guardato un po’ di sottecchi.
Tornò in camera di Liam, dove il ragazzo stava a sua volta guardando fuori dalla finestra, pensieroso. “Però, qui c’è molto più movimento che ad Aberdeen!” La ragazza lo abbracciò da dietro, circondandogli la vita con le braccia e appoggiando la testa sulla sua schiena. Il fratello sorrise e disse sottovoce: “Non preoccuparti, non sarai sola. Sarà tutto nuovo anche per me. Non lascerò che ti mangino viva!” rise. Jenny chiuse gli occhi e per un attimo pensò al padre, quell’uomo che li aveva abbandonati quando lei aveva solo 6 anni. Sua madre li aveva cresciuti da sola negli ultimi dieci anni ed era stata costretta a cercare un lavoro ben pagato, ma che la teneva impegnata mattina e pomeriggio, dovendo così affidarli alle cure di una babysitter. Ma adesso erano cresciuti e potevano benissimo badare a se stessi; tre giorni prima la madre aveva avuto una promozione e si erano dovuti trasferire tutti e tre dalla Scozia settentrionale all’Inghilterra meridionale.
Jenny sospirò e sperò con tutta se stessa che tutto andasse per il verso giusto.
 
 
Harry osservava le tende della sua finestra che sventolavano al vento. Si gonfiavano ed un attimo dopo si appiattivano. Era un ciclo continuo e ripetitivo, ma sicuramente più interessante dei discorsi della bionda al suo fianco. “Hey, ma mi stai ascoltando?” chiese, passandogli una mano davanti agli occhi, come a risvegliarlo da uno stato di trans. “Oh...sì...scusa Ashley, è che sono un po’ stanco...” rispose il riccio, stropicciandosi gli occhi. La bionda incrociò le braccia sul petto nudo. “Oh, ma certo! Perché tu sei sempre troppo stanco, a te basta che scopiamo, poi non mi ascolti nemmeno quando parlo!”. Harry sospirò. Non ce la faceva più.
Lui ed Ashley “stavano insieme” da due mesi. Ma non erano sulla stessa lunghezza d’onda. Lei era la classica fissata di moda, sempre perfettamente truccata e con un corpo da urlo, ma era anche logorroica e, a detta di tutti, una “facile”. Harry sapeva che per lei quella relazione era solo una valvola di sfogo. E sicuramente gli aveva già messo le corna una decina di volte. E lei pensava che anche lui l’avesse fatto. E non aveva tutti i torti. Ma nonostante tutto, continuavano a vedersi e quasi ogni sera la bionda era nel suo letto. I genitori del riccio erano spesso assenti per lavoro e l’unico che si occupava di lui era il suo fido maggiordomo, il signor James, uomo pacato, ormai abituato alle scorribande ed alle “avventure notturne” del ragazzo.
“Mi dispiace Ash, ma credo che dovremmo rompere” disse alla fine, passandosi una mano tra i capelli, gesto che lo rendevo molto sexy agli occhi di qualunque ragazza.
“Come hai detto, scusa?” chiese con voce stridula la bionda, sgranando gli occhi. “Hai capito bene. Andiamo, ormai non ha più senso. So che per te è una cosa più che normale, ma io sono stanco di un rapporto basato solo sul sesso” continuò il riccio, senza guardarla. Non era dispiaciuto, sapeva che quella storia non sarebbe durata. Era solo seccato, sapeva che lei non avrebbe accettato facilmente di rompere.
“Sai che c’è? Sei un idiota, Styles. Sai quanti ragazzi della The King’s mi vorrebbero nel loro letto? Ne hai una vaga idea? E tu, tu che hai questa ENORME fortuna, vuoi rompere con me? Dico, ma sei scemo o cosa? Non sarai mica diventato gay, eh?” parlò tutta d’un fiato, come faceva ogni volta che si arrabbiava.
Harry sospirò. “No Ashley, non sono passato all’altra sponda. Voglio soltanto starmene un po’ da solo. Tanto non ti ci vorrà molto a trovare un altro...come lo definirei? Trombamico?”.
La bionda raddrizzò la schiena, indignata. “Vaffanculo Harry!” urlò, prima di alzarsi di scatto e raccogliere le poche cose sparse sul pavimento ed uscire dalla stanza sbattendo la porta.
Il riccio si stese di nuovo e incrociò le braccia dietro alla testa, fissando il soffitto. “Una rottura di palle in meno” pensò tra sé e sé.
Non era poi una grande perdita, a suo parere. Di ragazze come Ashley ne era piena la sua scuola. Ma lui era stufo di ragazze “facili”. Si era sempre divertito con loro, ma improvvisamente sentiva il bisogno di qualcosa di diverso, qualcosa che non aveva mai pensato di desiderare. Una ragazza seria, fissa, una da conquistare, come avevano fatto tanti suoi amici. Chissà, magari sarebbe stato divertente.
 
 
Vichi era rannicchiata in cima alle scale, le orecchie tese, i piedi scalzi sul pavimento freddo. Ascoltava attentamente la discussione al piano di sotto. Nora e Louis stavano parlando a voce bassissima, ma dopo 17 anni aveva ormai allenato le orecchie a percepire anche il più piccolo suono.
“Non so più come fare Lou. Davvero, non ce la faccio più!” stava dicendo sua sorella, la voce rotta dai singhiozzi. “Dai Nora, non fare così. In fondo sono quattro anni che vivete così e ve la siete sempre cavata” questo era Louis. Stava cercando di farla ragionare o perlomeno di calmarla. Ma la rossa non sentiva storie. “Invece no! Lou, tu lo sai. Lo sai che ogni giorno mi spacco la schiena facendo due lavori e la sera vado a lavorare al Black Rose per racimolare soldi in più. Possiamo permetterci a malapena i suoi libri di scuola, da mangiare e i vestiti. Cazzo, quella ragazza ha 17 anni! Meriterebbe molto più di questo!” urlò, cercando di trattenersi, per paura di svegliare la sorella o la nonna al piano di sopra.
Vichi fissava il vuoto, continuando ad ascoltare. Sapeva che quella situazione non era facile tanto per lei quanto per Nora e proprio per questo non aveva mai rinfacciato alla sorella nulla. I loro genitori se ne erano andati pochi anni prima, lasciando una Nora quindicenne e una Vichi a malapena tredicenne a casa della nonna materna, un’anziana signora che viveva nella periferia di Canterbury. La povera donna, alla quale cominciava a mancare qualche rotella, le aveva accolte come meglio poteva e i primi anni ricevevano una quota di soldi mensili dallo Stato. Ma adesso che una delle due era maggiorenne, non era più un loro diritto e dovevano cavarsela da sole. Nora aveva insistito perché Vichi non lavorasse e pensasse solo allo studio, così da ritrovarsi costretta a fare due lavori al giorno e ad andare nel weekend a servire in un pub.
Vichi sapeva quanto sforzo e fatica richiedesse questo e dal canto suo, cercava di impegnarsi nella scuola e di non far preoccupare ulteriormente la sorella, ottenendo sempre ottimi voti.
“Stai facendo del tuo meglio, smettila di piangerti addosso! E ci sono anch’io qui con te. Sarò sempre al tuo fianco bimba, non ti lascerò mai” disse ancora Louis, abbracciandola e tenendola stretta. Nora tirò su col naso e affondò il viso nel petto del ragazzo, inspirando il profumo di buono che emanava.
Lui la cullò ancora per qualche minuto e quando Vichi stava per alzarsi per andare a letto, lo sentì aggiungere: “E se andassi con i ragazzi in qualche negozio...magari all’edicola all’angolo...dicono che il proprietario non sia molto sveglio e i turni di notte fanno pena...” “NO!” rispose subito Nora, asciugandosi definitivamente le lacrime. “Non ruberete. Non stavolta. Non per noi, non me lo potrei mai perdonare se succedesse qualcosa...”. Louis annuì, comprensivo. “Comunque, se hai bisogno, lo sai...basta che me lo dici...i ragazzi sono sempre disponibili ad aiutarvi” continuò, accarezzandole i morbidi capelli rossi. “Non ce ne sarà bisogno” replicò la ragazza, prima di allungarsi sulle punte e baciarlo con dolcezza. Lui rispose al bacio e la prese per i fianchi, stringendola a sé.
Vichi si alzò e si avviò verso la camera da letto, a testa bassa. Nemmeno lei voleva che il gruppo rubasse per loro. Non era giusto e aveva ragione Nora, non voleva succedesse qualcosa di brutto proprio a loro, che le avevano sempre sostenute, conoscendo a pieno la loro situazione.
Tutti li guardavano male quando giravano per la città. Erano un gruppo composto da una decina di ragazzi dai 18 ai 20 anni. Ah, e poi c’era il nuovo arrivato, un figlio di papà, un certo Styles, Harry Styles. Era giovane, 16 anni appena, ma si era subito ambientato ed era diventato amico di Louis, che lo aveva per questo accolto nel gruppo.
Per quanto potessero parlarne male, il gruppo era sempre unito da un legame quasi fraterno. Erano tutti amici, si conoscevano fin da piccoli e nessuno di loro aveva avuto una vita facile. Nora e Vichi erano due delle poche ragazze che ne facevano parte. Erano entrate nel gruppo non appena la rossa si era messa con Louis, il quale era ancora un “novellino” di appena 15 anni.
Vichi ci teneva a quei ragazzi. Nonostante fossero non proprio la finezza fatta persona, nonostante mezzi fossero teppisti e gli altri mezzi avessero perso un genitore o tutti e due, lei li amava come fossero fratelli.
E sapeva che avrebbero rischiato tutto per lei e Nora. E lei lo avrebbe fatto per loro.
Si addormentò pensando al fatto che oramai mancava poco all’inizio della scuola. Avrebbe rivisto nuovamente le ragazzine snob e con la puzza sotto al naso della The King’s, i damerini in giacca a cravatta che sembravano imbalsamati e poi...nella sua mente apparve l’immagine di un ragazzo biondo chino su un libro, la fronte corrugata, gli occhi azzurri che scorrevano le righe e macinavano pagina dopo pagina.
Tirò un lungo respiro. Sì, anche Niall.

  
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