Anime & Manga > Death Note
Segui la storia  |       
Autore: Luce Lawliet    18/09/2011    15 recensioni
Il mio nome è Lyanne Stoinich e questa è la mia storia.
A sedici anni sono stata rinchiusa in un istituto, con altri pazienti, molto...speciali.
Già, perchè il Wammy's Hospital è un luogo molto particolare, decisamente non adatto a voi se non sapete sopportarne la tensione.
Il Wammy's Hospital è un Ospedale psichiatrico.
Genere: Dark, Horror | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Beyond Birthday, Mello, Misa Amane, Near, Nuovo personaggio
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A



                                                        13.

 

                       " But I won't go this way..."


                       


 

 Schiacciai con furia la mia mano sul volante, facendo urlare il clacson, nel tentativo di farmi sentire, attraverso quella pioggia torrenziale.

 << Maledizione, togliti di mezzo!!>>, gridai al furgoncino nero davanti a me, il quale mi rispose con una clacsonata ancora più lunga. Riuscii quasi a percepire quel suono come una frase... diceva più o meno: va' a farti fottere, siamo sulla statale!
Allora affondai di scatto lo stivale nella frizione, ingranando la quinta, e infilandomi nella corsia opposta.
Superai di un pelo il furgoncino davanti a me, poco prima che l'Audi argentata che stava percorrendo tranquillamente la propria corsia mi finisse addosso.
Per arrivare all'Ospedale dovevo per forza passare dall'Antica Winchester; era in strada, solo pochi chilometri.
Guidavo da quasi un'ora e mezza e avevo stabilito un record olimpico, zigzagando ai centocinquanta senza alcun incidente. Ancora.

Mail non aveva finito, pensai in preda all'ansia, devo saperne di più!

Antropofagia...

La lingua di Misa.

[ Non ho mai visto uno scempio simile...]

All'improvviso, dal nulla, venni assalita da un conato. Fu tanto forte e repentino da obbligarmi quasi a fermare l'auto.

No, non adesso!, pregai, serrando le labbra, nel tentativo di controllare i gemiti d'orrore del mio stomaco.

Ma come aveva fatto ad uccidere la lettera S?
In confronto a Lyanne, quella persona era un energumeno, un robot fatto di cemento... e la sua morte era stata causata dall'emorragia provocata dai tagli del filo metallico allacciato più volte attorno al collo, in seguito al soffocamento.
Cercai di concentrarmi.
Dove aveva potuto prendere quel filo?
All'Ospedale vigevano regole incontestabili riguardanti in primis la sicurezza dei dipendenti. Ogni oggetto classificato come pericoloso veniva conservato in appositi armadi dei quali solo il dottor Yagami e suo figlio possedevano le chiavi.
Dovevo tornare a casa, chiamare Light e ricontattarmi in qualche modo con Mail. Persi momentaneamente la presa sul volante a causa di una cunetta. Gli pneumatici stridettero, mentre le ruote sfregavano con forza sulla ghiaia, sollevando polvere e granelli di roccia.

 

                                                                                                            ***

 


Lasciai il motore acceso e mi fiondai in casa, spalancando la porta d'ingresso e dirigendomi in soggiorno. La mia mano scattò ad afferrare il cordless, vagando a tentoni sul mobiletto in legno di ciliegio, dato che non mi ero neanche preoccupata di accendere le luci. Pregai che ci fosse la linea.
Le mie dita composero meccanicamente il numero di cellulare di Light, mentre salivo le scale che portavano in camera mia. Schiusi la cabina armadio, nel lato destro della stanza, e aprii l'ultimo cassetto del mobile, dove conservavo la biancheria intima.

<< L'utente da lei chiamato potrebbe avere il cellulare spento, o non raggiungibile; la preghiamo di riprova...>>

<< Nah, fanculo Light!>>, sbraitai, mollando a terra il cordless e iniziando a scavare fra i reggiseni, finchè le mie dita si chiusero attorno ad una scatolina rossa. Tolsi il coperchio, senza nemmeno tirarla fuori dal cassetto, estraendo una semiautomatica.

Controllai che fosse carica, prima di afferrare nuovamente il telefono e correre giù per le scale, due gradini alla volta.
Collegai il cellulare al caricabatterie. Avrebbe dovuto apparirmi il numero del telefono dal quale mi aveva chiamata quel ragazzo.

No. Pensai. Non ho tempo.

Accesi le luci in salotto, aprendo il mio portatile, con l'intenzione di spedire una mail sul sito dell'Ospedale. Quando non c'ero io, i dipendenti controllavano frequentemente la posta, quindi c'erano buone possibilità di...
Neanche il tempo di appoggiare le mani sulla tastiera, che lo schermo bianco del computer divenne nero, così come tutto il salotto, quando le luci del lampadario e delle bajour si spensero di colpo, accompagnate dal rombo di un tuono violento.
Niente elettricità = niente computer = niente e-mail.
Mi lasciai sfuggire un sospiro, prendendomi la testa tra le mani e rassegnandomi a dover aspettare che il cellulare si caricasse, quando un altro pensiero mi colpì, fugace e improvviso come una pugnalata.
Niente elettricità = niente caricabatterie funzionante.

<< Oh, no!! Maledizione, maledizione! No!!>>, gemetti, correndo verso la mensola e urtando lo spigolo con la gamba. Staccai la spina e provai ad accenderlo.

Era rimasto attaccato sì e no venticinque secondi.

D'accordo, tentai di calmarmi. Accenditi, ti prego. Fammi fare solo una chiamata.

Mi precipitai in giardino, i lampi che si rincorrevano l'un l'altro, illuminando con la loro luce accecante la strada per uscire da lì senza che incespicassi.
Una volta in macchina, sbattei con forza la portiera e feci una brusca retromarcia, per poi rimettermi in carreggiata.
Premevo freneticamente i tasti 9-1-1, pregando di riuscire a farcela.

<< ...Andiamo, dai! Fammene fare solo una!>>, continuavo a supplicare, tenendo gli occhi fissi sulla strada, anche se il temporale non mi permetteva di vedere quasi nulla, pur con gli anabbaglianti e i fendinebbia accesi. Feci ruotare al massimo i tergicristalli.

Mi sfuggì un sospiro soddisfatto quando vidi la chiamata inoltrata.

<< Qual'è l'emergenza?>>, chiese una voce maschile e fredda.

<< Ci serve aiuto, abbiamo una...>>, iniziai.

Se avessi detto: << Abbiamo una ragazza pericolosa e preda di disturbi dissociativi nell'Ospedale>>, non si sarebbero nemmeno allarmati.

Mi ripresi quasi subito.

<< Abbiamo un'intrusa nell'Ospedale, temo sia molto pericolosa e non riesco a contattarmi con i miei colleghi!>>

Nella contea di Winchester dimoravano tre ospedali, situati per lo più verso il centro della città. Il Wammy's Hospital, invece, proprio per il fatto che venne progettato tempo addietro come manicomio, fu costruito in periferia, verso l'aperta campagna; era un edificio bicentenario. A quei tempi i metodi di revisione e le tecniche di cura erano piuttosto rudi e grotteschi, sicchè decisero di tenere aperto l'Ospedale lontano dalla città, affinchè le urla dei pazienti non giungessero alle orecchie dei borghesi e del popolo.

La stazione di polizia più vicina era esattamente dalla parte opposta.
Ci avrebbero messo come minimo trenta minuti per attraversare tutta la contea.


    
                                                                                                         ***

 

Il contatore dell'Ospedale, seppur un rottame, era ancora dotato di una spia d'emergenza funzionante, che gli infermieri correvano ad attivare nei sotterranei ogni qual volta che avveniva un black out.
Fu questa la prima cosa che scatenò nella mia testa un assordante campanello d'allarme: il Wammy's Hospital era completamente avvolto dall'oscurità. Non vidi volti emergere dai vetri delle lunghe finestre nere dei piani superiori, né la spia rossa segnalare che la recinzione elettrica era attiva.
Spensi i fari e il motore.
Poi, silenziosamente, mi infilai la pistola, in modo che il manico sporgesse dal retro dei pantaloni, poi lo nascosi sotto la maglia.
Fu allora che mi parve di sentire un tonfo. Smorzato, appena udibile, proveniva dall'interno della costruzione.
In circostanze diverse sarei entrata dal retro, ma dato che il giardino era completamente buio e non c'era luce nemmeno sul portico, sarei passata inosservata.

Già, infatti, mi ritrovai a pensare... ma inosservata agli occhi di chi?

Il portone principale era socchiuso.
Lo aprii lentamente, con prudenza, ma senza riuscire ad evitare del tutto che i cardini cigolassero dolorosamente.
Tranquilla, scapata, la mia stessa ombra mi precedette, allungandosi timidamente lungo il pavimento e mischiandosi in fretta all'oscurità che stritolava la hall nella sua morsa nera.
Mentre procedevo a piccoli passi, tastando la parete alla mia destra con la mano, un turbine affollato di sospetti ruotò nella mia mente a velocità assurda, soggiogando il mio intuito a chinarsi di fronte alla repentina consapevolezza che doveva essere successo qualcosa di inaspettato, di strano.
I pazienti avrebbero dovuto trovarsi nelle loro stanze da un'ora... ma il personale che fine aveva fatto?
Esitai, una volta sfiorate le porte metalliche e fredde dell'ascensore.
Non potevano essere scesi tutti quanti nel sotterraneo, per attivare il contatore bastavano due persone: una che avvitasse i cavi e una che tenesse in mano una torcia.
E questa sera avrebbero dovuto essere in cinque, come tutte le notti.
Mi sfuggì un colpo di tosse.
Stavo per indirizzare la mia mano al pulsante di chiamata per verificare se il sistema di sicurezza fosse attivo, quando lo risentii.
Lo stesso tonfo.
Ma non era un tonfo; piuttosto una serie di colpi, secchi, provenienti dall'interno della Mensa Comune. Mi incamminai in fretta verso la fonte del rumore, ma quando giunsi alle ante, notai che un grosso lucchetto teneva sigillate le maniglie.
Mi sollevai in punta di piedi per dare un'occhiata attraverso il vetro della finestrella, in mezzo alle ante, frenando in tempo un altro attacco di tosse; c'era uno strano odore nell'aria, acre e pungente, sembrava quasi...

<< Ma cosa...!>>, balbettai, riconoscendo l'odore del metano provenire dall'interno della Mensa.

Non ne ero certa, ma l'odore si faceva sempre più forte man mano che restavo lì, davanti all'ingresso.
I tonfi che avevo sentito provenivano dalle ante di una finestra all'interno della Mensa, che non smettevano di sbattere, forse a causa del temporale.
Senza badare alle mie mani che continuavano automaticamente a cercare di togliere quel maledetto lucchetto, lo sguardo mi cadde sul pavimento della Mensa e il momento dopo mi mancò il fiato, quando riconobbi i tre corpi distesi a terra.
Sdraiati di pancia e di schiena, Bruce, Javier e Dean, i tre infermieri addetti ai reparti 1, 2 e 3 erano immobili, con gli occhi chiusi e un'espressione del viso neutra, come se stessero tranquillamente dormendo.
Picchiai freneticamente con la mano contro il vetro.

<< Ehi!! Bruce! Che sta succedendo... Dean?!>>

Non mossero un muscolo.
Il che mi fece improvvisamente sospettare che qualcuno li avesse portati apposta nella Mensa, e che, dopo averli storditi e chiusi dentro, avesse aperto al massimo il gas delle cucine.
Indietreggiai, mettendomi una mano dietro la schiena per usare la pistola, quando udii dei passi affrettati venire verso di me.

Mi voltai di scatto e sparai due o tre colpi di pistola, senza nemmeno prendere la mira, mossa dall'adrenalina e dal terrore puro che era riuscito ad invadere qualsiasi mio controllo mentale in una frazione di secondo.
Una delle pallottole colpì la grata di ferro collegata al condotto dell'aria sul soffitto e ribalzò, schizzando a velocità impossibile per l'occhio umano verso un punto indefinito della stanza, mentre la persona alla quale avevo inconsciamente mirato indietreggiava bruscamente, proteggendosi il volto con le braccia.

<< Ferma, ferma, ferma!!!!>>, gridò, riuscendo chissà come a sovrastare con la sua voce il rimbombo degli spari, mentre questo disperdeva il suo eco lungo tutto il corridoio; così mi bloccai, guadagnandomi il tempo necessario per riconoscere in lui la lettera B del reparto numero 5, il paziente Beyond Birthday.

<< ...Oh! Beyond...! Sei tu... accidenti, credevo fossi...>>, ansimai, avvertendo che la mia fronte si era imperlata di sudore ghiacciato. Lui non disse nulla, si limitò a fissare con una sorta di muto stupore la semiautomatica che stringevo saldamente nella mano. Non appena mi accorsi del suo sguardo, la abbassai in fretta.

<< Non volevo, è che... grazie a Dio non ti ho ucciso!>>, sospirai, provando quasi voglia di ridere per il rischio mancato.

<< Sì, lo ringrazio anch'io!>>, sbottò, lanciandomi un'occhiataccia. << Da quando alla gente è consentito possedere un'arma tanto graziosa e innocua?>>

Feci per rispondere che, in effetti, non era consentito, quando poco dopo realizzai che il paziente davanti a me non si trovava dove avrebbe dovuto essere.
Un caso grave, per di più... perchè era libero?

<< Fermo dove sei>>, dissi, puntandogli nuovamente la pistola contro, quando lo vidi avvicinarsi. << Fermo o sparo, ti avverto.>>

<< Ti assicuro che non ce n'è bisogno>>, esordì, sollevando appena le mani.

<< Allora spiegami che sta succedendo!!>>, gridai, consapevole di aver perso qualsiasi forma di fredda lucidità. << Che ci fai libero? Cosa hai fatto a quegli infermieri?!>>

<< Non sono stato io, lasciami sp...>>

<< Dov'è Light?>>, lo interruppi, aumentando la stretta sull'arma.

<< Yagami... è uscito dall'Ospedale con un altro infermiere. Avrebbe dovuto prelevarmi del sangue in infermeria, ma poi è scattata l'allarme. Dopo qualche minuto, le luci si sono spente e a quanto pare un paziente ha approfittato delle telecamere fuori uso per fuggire.>>

<< E dov'è Lyanne, adesso?>>, gli domandai, mentre il mio cuore prendeva a pulsare violentemente, minacciando di sfondarmi la cassa toracica.

L'espressione di B cambiò.
I suoi occhi indugiarono sul mio volto, accarezzandolo impercettibilmente con il rosso porpora delle sue iridi.

<< Non... mi pare di aver detto niente riguardo a lei, Naomi.>>, mormorò infine, con una piccola ruga di perplessità in mezzo alla fronte.

Feci un respiro profondo. Pessima idea.
Tossii per la terza volta, percependo chiaramente anche un lieve capogiro.

<< Allora chi è stato a rinchiuderli?>>, esclamai. << Non mi hai convinta per niente, Beyond!>>

Non aspettai la sua risposta.
Più tempo passava, più diventava pericoloso utilizzare la pistola, perciò mi voltai, puntai verso il lucchetto che serrava le maniglie e feci fuoco.
Scintille di fuoco arancione esplosero sui manici metallici, mentre il lucchetto si spezzava. Aprii le ante con un calcio e corsi verso i miei tre colleghi.
Ancora pochi minuti e l'aria lì dentro si sarebbe fatta irrespirabile.
Dopo aver verificato che respirassero ancora, mi voltai verso Beyond.

<< Chiudi le bombole del gas, mentre io li porto fuori.>>, gli ordinai, iniziando ad afferrarne uno per le braccia, trascinandolo verso la hall. << C'è qualche altro paziente che non è stato rinchiuso? Dov'è Lyanne?>>, ripetei, la voce affannosa per lo sforzo.

<< Perchè continui a chiedermi di lei?>>, chiese, tornando verso di me, senza incontrare il mio sguardo. A quel punto, mi fermai.

<< Perchè conosco la verità su quella ragazza, quindi non provare a fregarmi.>>
Lo dissi senza un motivo apparente, spinta dalla semplice consapevolezza che Beyond sapesse qualcosa da chissà quanto tempo.

Era stato provato che in costruzioni sorvegliate, soprattutto negli ospedali e nei carceri, nascessero rapporti particolari, attraverso i quali pazienti e detenuti venivano a conoscenza di segreti oscuri perfino ai dottori e agli avvocati personali.

<< E quale sarebbe questa verità?>>, mi chiese, insolitamente calmo.

Non risposi.

B si avvicinò. << Potrei aiutarti a portarli fuori, se tu mi togliessi questa.>>, mi suggerì, facendo un cenno alla sua cavigliera.

<< Puoi farlo benissimo anche con quella>>, ribattei, senza guardarlo, pregando che la polizia fosse vicina.

B sospirò. << Hai idea di quanto mi dia fastidio il fatto che non ti fidi più di me?>>

Di nuovo, non risposi.
Lui si voltò e pensò agli altri due infermieri privi di conoscenza.

Feci segno a B di uscire non appena sentii la sirena, ordinandogli di restare davanti a me. Due poliziotti vennero verso di noi, mentre gli altri due si diressero verso il boschetto.
Nascosi in fretta la pistola sotto la maglia, come avevo fatto prima: non ero più un agente dell'FBI e lunghe e concitate spiegazioni sulla mia sicurezza personale sarebbero servite a ben poco.

<< E' lei che ci ha chiamati?>>, fece uno di loro.

Informai loro dei tre infermieri e del paziente fuggito. Siccome ero arrivata pochi minuti dopo il black out, ipotizzarono che con molta probabilità non era ancora uscito dal giardino.
Quando però mi domandarono di B, rispose lui per me: << Sono un suo collega.>>
Non mi sfuggì lo sguardo appena perplesso che gli rivolse l'uomo in borghese, un attimo prima di fare un cenno a suo compagno, indirizzandolo ad entrare all'interno dell'edificio, ma io già aprii la bocca per ribattere.

Tuttavia l'occhiata che mi rivolse disse: << Tu parla e io dico loro della pistola.>>

Lo sguardo mi ricadde sulla sua cavigliera.
Dopotutto, finchè c'era quella non avevo molto da temere, anche se il mio istinto continuava ad avvertirmi di non abbassare la guardia.
Per il momento lasciai correre.
Il poliziotto ci ordinò di restare all'esterno dell'edificio, ma dopo una ventina di secondi silenziosi, parlai.

<< Quindi tu ne sapevi qualcosa?>>

B mi guardò di sottecchi. << Se rispondo di sì, mi spiegherai quella verità?>>

<< Se rispondi di sì, ti rinchiuderò io stessa in una cella d'isolamento e getterò via la chiave.>>

<< Allora no, non ne sapevo niente.>>

Serrai le labbra dal disappunto, frenando l'impulso di prenderlo a pugni.

<< Se avessi detto che avevo notato in quella ragazza qualcosa di diverso...>>, aggiunse, poco dopo. << nessuno mi avrebbe ascoltato. Dopotutto, ognuno degli infermieri crede che io sia un assassino schizofrenico. Anche tu lo credi. Pensano tutti che io lo abbia ucciso.>>

<< Taci.>>

<< Che io abbia ucciso L.>>

<< Non ho intenzione di affrontare l'argomento stanotte, B.>>, esordii, i miei occhi puntati sui suoi erano segnali d'avvertimento.

<< Lo vedi? Nemmeno adesso vuoi ascoltarmi.>>

<< Perchè sei un bugiardo. Sei stato tu ad ucciderlo.>>

<< Non sono stato...>>

<< SMETTILA DI RACCONTARMI MENZOGNE!!>>, gridai, schiaffeggiandolo così forte da fargli piegare la testa di lato.

Si raddrizzò subito, come se non avesse neanche sentito il colpo.
La mia mano pulsava e le lacrime minacciavano di scendere, ma non avrei mai pianto.
Non davanti a lui.

<< Togliti i paraocchi, Naomi. Non hai motivo di avere paura di me. Sono altre le persone dalle quali ti dovresti guardare>>, mi rivelò, sollevando appena una mano.

Anche se non gli avrei mai permesso di toccarmi, la sua mano si arrestò da sola; i suoi occhi si persero a fissare qualcosa alle mie spalle.
Feci appena in tempo a voltarmi per vedere una figura indistinta, una zazzera rossa correre tra gli alberi del boschetto, dirigendosi verso il retro dell'Ospedale.
Nello stesso momento, uscirono i poliziotti dall'edificio.

<< L'interno è sicuro, abbiamo trovato solo questo bambino. Era da solo, nella Sala Giochi, gli altri dovrebbero essere ancora rinchiusi.>>, disse uno di loro, indicando Near.

L'auricolare che l'uomo portava all'orecchio prese a vibrare.

<< Abbiamo trovato una ragazza. Siamo sul retro.>>

<< Vi raggiungiamo subito.>>, rispose il poliziotto, mettendosi a correre con il compagno attorno all'edificio.

<< Dove vai, Naomi?>>, mi chiamò B, quando feci per inseguirli. << Intendi lasciare libero un caso grave, ora che le recinzioni elettriche sono inutili?>>

Non c'era traccia di ironia nella sua voce.

<< Cos'è, stai cercando di impedirmi di andare?>>

B non rispose, limitandosi scuotere la testa. Near non guardava nessuno dei due, teneva lo sguardo ben piantato sui suoi piedi.
Per l'ennesima volta mi domandai se non fosse il caso di tenere d'occhio B, per evitare che fuggisse o che prendesse decisioni avventate... in fondo, in quegli ultimi giorni aveva passato un sacco di tempo in compagnia di Lyanne.
Per quanto ne sapevo era anche probabile che in quel momento la stesse aiutando, tenendomi lontana.
Però Light... non si sarebbe mai arrischiato di lasciare incustodito un paziente come lui, se non per una ragione seria e assolutamente imprevista, quindi dovetti rassegnarmi a considerare ciò che mi aveva detto prima come verità.
Il problema era che la polizia non sapeva nulla di Lyanne e non mi avevano neppure dato il tempo di avvertirli.
E Light... chissà dov'era, se stava bene.
Dire loro di non muoversi di lì ovviamente non sarebbe servito a nulla, specialmente con B. Perciò, maledicendo con tutta me stessa quell'orribile nottata,voltai loro le spalle e mi misi a correre verso la cappella del Wammy's Hospital.

 

                                                                                                                 ***

 

Non c'era traccia dei poliziotti, mentre i miei stivali affondavano, facendo scricchiolare i rametti rinsecchiti e gli sfilacciati fili d'erba ormai privi di vita da anni...la cappella era a pochi metri da me.
Avevo dato retta al mio istinto, e adesso ero indecisa se prendere la pistola o no.
Perchè ai piedi della cappella, seduta sul più basso dei gradini di quell'antica scalinata di pietra, con la testa celata dalle ginocchia sporche di terra, Lyanne singhiozzava silenziosamente, le dita che scomparivano fra i suoi riccioli d'argento alla luce della luna che accarezzava la sua pelle, ricoprendola di un impalpabile velo di porcellana, e dandomi per un momento l'impressione di guardare una statua.
Udii un fruscio alle mie spalle e vidi i due poliziotti di poco fa avvicinarsi prudentemente.
Il rumore fece sollevare la testa di Lyanne, che ci scrutò brevemente uno ad uno, per poi rattrappirsi su se stessa, quando uno dei due fece un passo avanti, tenendo sollevata la pistola.

<< No!>>, sussurrai, facendogli abbassare l'arma. << Aspetti, forse non ce n'è bisogno.>>, aggiunsi.

Lui la osservò con attenzione e probabilmente qualcosa nella sua espressione disorientata e piangente lo convinse ad abbassare l'arma.
Lyanne smise di tremare, ma riprese ad agitarsi quando gli uomini si avvicinarono.

<< Lasciate che vada io.>>, mi offrii. << Voi state all'erta. Se riesco a calmarla, potremo portarla via.>>

<< Cos'ha che non va?>>, borbottò quello alla mia sinistra, lanciando un'occhiata perplessa a Lyanne.

Mi avvicinai lentamente, sotto lo sguardo triste e allo stesso tempo indagatore di Lyanne, che non perdeva ogni mia mossa. Si ostinava a restare in silenzio e a trattenere le lacrime.

Perchè piangeva?

Sperai non si trattasse di qualcosa che aveva fatto. Sperai non si trattasse di Light.
Strinse le labbra e deglutì, quando le fui di fronte.

<< Lyanne...>>, sussurrai, anche se non sapevo cosa dirle.

Sempre che quella fosse ancora Lyanne.

<< Lu-lui è ancora qui>>, gemette d'un tratto, puntando i suoi occhi di quarzo ametrino sul mio volto.

Prima che potessi pensare a cosa risponderle, si tirò in piedi e mi fu addosso, circondandomi il collo con le braccia e nascondendo la faccia nell'incavo del mio collo. Per un momento mi irrigidii, ma poi le sue parole mi confusero ancora di più.

<< Non permettergli di avvicinarsi di nuovo a me! Io non voglio morire!>>, sussurrò con voce spezzata.

<< Lui chi?>>, le domandai.

Scosse la testa, aumentando la stretta.

<< Lo Shinigami.>>

Fu solo in quel momento che mi accorsi che i suoi movimenti e anche il suo modo di parlare non erano gli stessi di sempre. La voce, per esempio, seppur incrinata dal pianto, era diversa dal solito, più graffiante. Non avevo mai visto Lyanne piangere in quel modo.

<< La testa... mi fa tanto male...>>

<< Non c'è nessuno Shinigami, Lyanne.>>

<< Ti sbagli.>>, sussurrò al mio orecchio. La sua voce si trasformò in un brivido che mi raggiunse il lobo, facendomi quasi fremere, quando le sue labbra lo sfiorarono.

Un impeto di irritazione attraversò i miei occhi, mentre cercavo invano di ricatturare lo sguardo di lei, che si era nuovamente piegata.

<< Non mi sbaglio, Lyanne. Ci siamo solo noi. Devi fidarti di me, ti porteremo in un posto sicuro.>>, dissi, facendo per raddrizzarmi, ma le sue parole mi lasciarono perplessa.

<< Non intendevo quello, signora.>>

Mi teneva ancora ben stretta, in quello che fino a quel momento mi era sembrato un abbraccio carico di disperazione, e bisognoso di conforto.

Cosa fu a distrarmi?

La nota sconosciuta che avevo avvertito nella sua voce?

Il profumo della sua pelle, mentre mi teneva pressata sul suo corpo caldo?

Una delle sue mani indugiava fra i miei capelli, ma fu qualcosa di assolutamente nuovo e sconcertante - la strana sfumatura nel colore dei suoi occhi, ancora più impressionanti ora che erano lucidi come diamanti, a causa delle lacrime; lo sprigionarsi di una quanto mai strana e perversa tensione nel suo corpo, che prendeva sempre più forma ad ogni, singolo secondo - a non farmi accorgere di dove stava indirizzando l'altra mano.

Cara Naomi, forse questo è il suo modo di ingannare.

Senza preavviso, la sua stretta dietro il mio collo divenne spaventosamente ferrea, e mi impedì di allontanarmi da lei, mentre sollevava l'altro braccio, puntando la mia semiautomatica contro gli agenti colti alla sprovvista.
Poi premette ripetutamente il grilletto; sentii gli scatti del suo braccio, il suo sforzo repentino di mantenere la posa, sfidando il contraccolpo dell'arma, il rimbombo dei proiettili a pochi centimetri dietro la mia testa e le urla strazianti degli agenti.
Lo sgomento e la sorpresa riuscirono ad avere la meglio su di me all'inizio, ma mi ripresi immediatamente, afferrandole di colpo il braccio che reggeva l'arma e cercando di torcerglielo per farle perdere la presa.
Purtroppo la sua mano era ancora dietro la mia schiena, perciò le fu facile afferrarmi per i capelli e costringermi ad inclinare il collo in una posizione innaturale, per poi spingermi brutalmente a terra.

Quella forza non le apparteneva, non poteva essere sua.

Ma in realtà non era tanto la forza, quanto la violenza e il desiderio di distruggere che ne accompagnava i gesti.

Era la violenza di un animale, non di una persona.

La mia mente reagì di conseguenza, lasciandosi guidare dall'istinto, quando la vidi puntare l'arma verso la mia fronte, e sollevai una gamba, con l'intenzione di colpirla sulla caviglia che le era guarita da poco.
La colpii con tutta la forza che mi era rimasta e, contro le mie aspettive, perse l'equilibrio e la presa sulla pistola, che finì tra l'erba alta e secca del giardino.
Mi voltai appena, scrutando i corpi dei due agenti a terra. Uno dei due sollevò di poco il busto, per poi lasciare ricadere il capo al suolo, con un lamento soffocato. L'altro non si muoveva.

<< Capoeira...>>, la sua voce mi fomentò a concentrarmi nuovamente su di lei. Si rialzò con estrema cautela, saggiando il peso sulla caviglia colpita e osservandomi con un'espressione indecifrabile. Feci altrettanto e mi misi in posizione di difesa, pronta a rispondere a qualsiasi attacco successivo.

<< Complimenti, sono sorpresa.>>, prese a fare piccoli passi, girandomi lentamente attorno. Dapprima pensai che lo stesse facendo per trovare un punto indifeso da attaccare, ma quando indietreggiò compresi che stava per riprendere la pistola. << Sarei curiosa di scoprire quale avrebbe la meglio tra Capoeira e Bajiquan.>>

Con uno scatto mi gettai verso l'erba per riappropriarmi dell'arma, ma lei, essendo più vicina fu più svelta di me.
Riuscì soltanto a puntarmela contro, poichè intorno a noi risuonò un altro sparo, accompagnato dal suo lacerante urlo di dolore. Mi voltai, vedendo che uno degli altri due poliziotti aveva preso la mira ed era riuscito a farle saltare via la pistola di mano.

A giudicare dalle sue urla, doveva averle fatto anche molto male.

Infatti, Lyanne si inginocchiò, tenendosi il polso sanguinante contro il petto, mentre il secondo poliziotto correva verso di lei, le manette che brillavano in mano. Un lamento strozzato sfuggì dalle labbra serrate della ragazza.
Feci un respiro di sollievo notando che, a fianco del poliziotto, c'era Light. Zoppicava, ma stava bene.
Mentre il poliziotto si chinava e afferrava con scarsa gentilezza le mani di Lyanne, lo raggiunsi.
Anche se Light mi sembrava esausto e poco propenso a parlare, volli sapere cos'era successo.

<< La verità? ... Non lo so. Quando c'è stato il black out, le telecamere... Javier l'aveva vista aprire il portone principale...assurdo. Doveva avere un'altra di quelle graffette da qualche parte...>>

Mentre io mi interrogavo, chiedendomi di quali graffette stesse parlando, il poliziotto che le aveva sparato parlò attraverso l'auricolare. << Emergenza, serve un'ambulanza. Ci sono due agenti feriti.>>

Feci per chiedere a Light del suo collega, ma lui mi precedette: << Sam sta bene.>>

L'uomo in borghese fece alzare in piedi Lyanne, ma le gambe della ragazza faticavano a reggerla e la testa le ciondolava sul petto. Ogni tanto, però, lanciava dolorosi singulti.

<< Su cosa mi ero sbagliata?>>, dissi all'improvviso, avvicinandomi.

<< Cautela, signora.>>, mi avvertì il poliziotto, invitandomi a tenere le distanze.

Lei non reagì.

<< Lyanne>>, insistetti. << A cosa ti riferivi?>>

Lo scatto violento con cui sollevò la testa mi fece ritrarre. << Sul mio nome ti sei sbagliata, stronza!>>, ringhiò, sputandomi le parole in faccia con una dose di disprezzo e follia così intensa, da costringermi a indietreggiare dallo sgomento. Anche il poliziotto ne rimase scioccato.

<< Qual'è il tuo nome?>>, volle sapere Light, la confusione ben visibile sul suo volto. Già, lui non sapeva ancora nulla...

<< Ti chiami Melissa.>>, non era una domanda la mia. Mi aspettavo che avrebbe avuto una qualsiasi reazione, sentendo nominare quel nome. Invece, mi squadrò con occhi carichi di rabbia e ironia, quando un sorriso prese forma sulle sue labbra.

<< No. Emma>>, rispose, scoprendo i denti. << Emma Lankgrover. E ricordatelo bene, perchè questo è il nome della persona che ti caverà gli occhi.>>

 

                                                                                                                   ***

 


Winchester Rehabilitation Center, ore 1.04.

<< Non posso crederci.>>, sussurrò per la terza volta Light, una mano premuta a nascondere le labbra, come era solito fare sempre, ma accompagnata da una tensione che gli faceva tremare appena le dita. << Com'è possibile che... dai test sembrava tutto perfettamente in regola...>>

Sospirai.
Mi alzai dalla sedia e presi a camminare su e giù, per la sala d'attesa.
Le sedie di quest'ospedale nuovo di zecca erano scomode e le potentissime luci al neon mi facevano solo irritare gli occhi.
Da quando gli avevo raccontato tutto, Light non aveva espresso ancora alcun giudizio, alcuna considerazione... be', se non contavamo quella frase.

<< Era impossibile accorgersene da quei test, Light. Nessuno deve prendersi alcun tipo di responsabilità>>, lo rassicurai, riuscendo a nascondere il dubbio che forse, dopotutto, aveva ragione lui, affermando che avremmo almeno dovuto sospettare qualcosa.

Ci avevano informati subito riguardo allo stato di salute dei poliziotti feriti. Uno era stato dimesso subito dall'Ospedale, trattandosi solo di una ferita superficiale. L'altro invece aveva subito un'emorragia interna provocata da un proiettile che aveva raggiunto il fegato, perciò era stato necessario operarlo d'urgenza. I dottori non avevano saputo dire con sicurezza se ce l'avrebbe fatta.
I nostri colleghi stavano bene.
Avevano lasciato Near al Wammy's Hospital. Nonostante la situazione, il padre di Light aveva deciso di non allarmare gli altri pazienti e per questa notte sarebbe rimasto lui a controllare la situazione.

Invece, non c'erano notizie di Beyond Birthday.
Dopo la cattura di Lyanne, era semplicemente scomparso.

Non avevo intenzione di provare rimorso o senso di colpa, considerando che ero stata io, involontariamente, a permettergli di fuggire.
Solo ora che ero tornata a ragionare a mente fredda considerai che avrei potuto trovare una soluzione differente, ma ormai era andata così. E comuque la polizia era già sulle sue tracce. La cavigliera elettronica possedeva una spia di segnalazione, quindi sarebbero stati in grado di trovarlo senza troppe difficoltà.

<< Sono stato io a dire loro di andare ad occuparsi della Mensa, mentre io pensavo a B.>>, sbottò Light. << Lei li ha chiusi dentro e ha tentato di mandare a fuoco l'intero Ospedale...!>>

<< Light>>, esordii, mettendomi di fronte a lui. << Deve essere successo qualcosa, qualsiasi cosa...ci deve essere stata una ragione che l'ha fatta reagire. Pensaci un attimo, per favore. Vi eravate parlati, stasera? Prima del black out?>>

Lui non mi rispose.
Tenne lo sguardo piantato a terra e la cosa mi parve strana.

<< Non ti viene in mente proprio nulla?>>, insistetti, sperando in una risposta positiva.

Light sospirò, strofinandosi gli occhi con una mano.

<< Non lo so, no... non credo. No.>>, disse infine, evitando il mio sguardo.

Annuii, ma dentro di me qualcosa sussurrava: << Sta mentendo.>>

Ligth cambiò discorso. << Ma come ha fatto ad uccidere Sean?>>

<< Ci ho pensato bene.>>, risposi, tornando a sedermi. << Un paio di giorni fa avevo sentito Lyanne lamentarsi con Misa, non so bene su cosa, ma ha accennato al suo letto...>>

<< E allora?>>

I letti del nostro Ospedale non avevano i supporti di legno, perchè i materassi erano leggeri, perciò a sostenerli c'erano quattro fili di ferro, molto semplici, di quelli che si trovano comunemente nei letti a una piazza, a basso prezzo.
Forse Lyanne ne aveva sfilato uno.

<< Aveva detto che il letto cigolava fastidiosamente. Domani andrò personalmente a controllare.>>, conclusi, dopo aver spiegato il mio sospetto a Light, il quale sospirò.

Appoggiai la testa alla parete, dietro di me.
In questo Centro Medico le casse al soffitto vomitavano disgustose musichette commerciali che non avevano fatto altro se non saltare i nervi sia a me che a lui.

Emma Lankgrover... probilmente...anzi, sicuramente era una delle sue tante personalità.
Una decisamente violenta, per giunta.
Avevo già chiesto al distretto di poter fare dei controlli su quel nome.
Qualcosa sarebbe venuto fuori, sicuramente.
Per il momento, nessuno degli agenti mi aveva detto nulla, riguardo alla pistola, il che mi fece sperare che non se ne fossero accorti, o che fossero troppo presi da altro per ricordarselo; al momento, di problemi ne avevo in quantità industriale.

<< Lya... cioè, Emma...sì, insomma, lei ha accennato ad un'arte marziale...Bajiquan. Tu ne sapevi qualcosa?>>

Scosse la testa. << Non ne ha mai parlato. Non con me, almeno.>>

Chiusi gli occhi, iniziando a sentire i primi segni della stanchezza e dello stress.

<< Quindi quello è suo fratello?>>, sentenziò infine, costringendomi a riaprirli.

Mail era arrivato poco fa.
Avevano dovuto sedare la ragazza per medicarle il polso, e nonostante i tentativi e le suppliche del fratello, non gli avevano ancora permesso di vederla.
Mail si era fermato solo per stringermi la mano, senza nemmeno calcolare Light; a lui interessava solo la sorella, e in fondo, potevo anche capirlo.

Quando mi si era presentato, inizialmente ero rimasta senza parole.
Anche se spiccavano particolari differenti, la somiglianza con Lyanne era incontestabile. Era poco più alto di lei, ma aveva lo stesso taglio del viso, lo stesso naso, la stessa forma degli occhi, che però, invece di essere violacei, erano di un profondo verde scuro. I suoi capelli erano ribelli come quelli della sorella, ma di una tonalità più scuri, e il suo volto era privo di efelidi.

Infine, Light si alzò.

<< E' inutile stare qui. Forse a lui che è suo fratello lo permetteranno, ma per noi l'orario delle visite non inizierà fino a domattina e onestamente sono già abbastanza confuso per ricevere altre novità. A domani.>>

Lo guardai incamminarsi e sparire, voltando l'angolo in fondo al corridoio.
Presi in considerazione l'idea di aspettare ancora un po', magari sarei riuscita a parlare con Mail.

Ma in realtà ero esausta.

Mi alzai in piedi e uscii dal Winchester Rehabilitation Center, estraniando dalla mente qualsiasi ricordo, sospetto o avvenimento collegato a quest'ultima notte, riuscendo infine ad allontanare la tensione che ancora non mi aveva permesso di smettere di tremare.

 

 

                                                                                                                     [ continua]

 

 

 

 Buona sera, cari lettori.
Vi prego di leggere questa piccola tiritera, prima di chiudere, please :)

Chiedo subito scusa, so che avevo detto che avrei svelato cos'è successo a L in questo capitolo, ma ho finito proprio adesso di riscriverlo tutto da capo ( visto che mi sono accorta che la roba che avevo buttato giù tempo fa non era nemmeno degna di un po' di pietà) e ora ho prosciugato le forze =)

  Il prossimo sarà l'ultimo capitolo e occhio, perchè il punto di vista... sarebbe errato dire " tornerà", ma lo dico comunque, tornerà alla ex protagonista, ma NON sarà Lyanne... be', spero abbiate capito ;)

 


Avrete sicuramente intuito che la personalità aggressiva non era Melissa, ma questa Emma Lankgrover, ovvero una persona che Melissa aveva conosciuto bene nel periodo trascorso nell'Ospedale in Estonia.
Ho deciso apposta di non presentare Melissa.
Preferisco lasciarla nell'ambiguo, anzi, preferisco proprio non farla apparire neanche nel prossimo e ultimo capitolo.


Ora, siccome dalle recensioni mi è parso di capire che tutti voi siete andati a sbirciare su Wikipedia o non so dove riguardo alla Sindrome Borderline ( furbacchioni!!! :P), mi sembra inutile postare un intero paragrafo di spiegazione, quindi ne faccio a meno =)
Devo ringraziarvi in fondo, mi avete alleggerito un bel po' il lavoro!!!! XD


Eppoi.

Siccome qualcuno in precedenza mi aveva chiesto per messaggio di spiegare qualcosa che riguardasse solo ed esclusivamente Melissa, ho deciso di pubblicare, dopo il capitolo finale della storia un capitolo extra, diciamo, ovvero un capitolo senza punti di vista, che presenterò come la cartella clinica di Melissa riguardante il periodo trascorso nell'Ospedale in Estonia, MA: questa è solo una piccola aggiunta mia, dalla quale voglio trarre un po' di soddisfazione personale, quindi non siete costretti a leggerla, tanto meno a recensirla, ma se siete curiosi e pazienti ( come vi siete mostrati fino ad ora e io vi adoro per questo), ben venga.


Ultima cosa, poi ho finito, giuro XD

Dato che ho ricevuto parecchi messaggi in cui i lettori mi chiedevano di pubblicare un possibile seguito...ecco, personalmente ( dato che ho il sospetto che il prossimo capitolo potrebbe non soddisfare completamente, in quanto qualcosina rimarrà comunque in sospeso) non mi dispiacerebbe lasciare la storia così, con qualcosa che si perde nel vago, lasciando al lettore il diritto di immaginare il resto... però, se insistete, scriverò il seguito, dato che ho già ideato tutta la storia.

Per questo lascio la scelta a voi.

Vale a dire che nelle prossime recensioni che mi lascerete vi chiedo di esprimere la vostra opinione ( vi consiglio di farlo dopo il prossimo capitolo, con la fine della storia, ma se siete già convinti dite pure la vostra subito).

Ora ho finito veramente,

Buona notte,
Luce Lawliet   


     

   
 
Leggi le 15 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Death Note / Vai alla pagina dell'autore: Luce Lawliet