Sono così stanca. Di te, intendo.

Stiamo assieme da tre mesi. Il primo mese eri iper-appiccicoso, quasi mi davi il vomito, portandomi tutti i giorni mazzi di fiori, pupazzetti e cioccolatini.

Mi aspettavi fuori dalla classe, e pretendevi che ci tenessimo per mano fino a casa, dove tu, con riluttanza, mi lasciavi e scappavi via, tutto rosso. Ora che ci ripensi, eri così carino, sembravi un verginello alla sua prima volta.

Ma passiamo al secondo mese.

Lì ti sei iniziato a distaccare, ed io ho assunto il ruolo di 'ragazza' vera e propria. Venivo a prenderti sotto casa per andare a scuola, e tu mi facevi aspettare minimo un quarto d'ora. 

Poi in strada quasi sempre rifiutavi di farti prendere per mano, insistendo che era 'imbarazzante e alquanto equivocabile'.

Ma equivocabile cosa?, avevo pensato io, delusa.

Mi mettevi spesso in imbarazzo davanti ai tuoi amici, e solo una volta, quando ero scappata quasi in lacrime, mi eri corso dietro e mi avevi sussurrato delle scuse cariche di rimorso, abbracciandomi forte.

Poi, dal terzo mese in poi, non l'hai più fatto.

Anzi, diciamo che non hai più fatto niente.

Per la cronaca: siamo nella stessa classe, ma è come se per te fossi invisibile. Non fai altro che alzarti dal tuo banco ed andare dalle tue amiche, lì, tutte sorridenti e sempre pronte a far le puttane. Non ricordo quando le hai conosciute, ma da allora io, che dovrei essere al centro del tuo mondo, sono diventata invisibile. 

E sono stanca.

Sono stanca di te, del tuo modo di fare, di tutto.

Voglio urlare.

 

Sto tornando a casa.

Da sola.

Come al solito, tu ti sei allontanato con quella brunetta, che ti si struscia sempre addosso.

Vaffanculo.

I miei codini ondeggiano nel vento, sbattendo praticamente ovunque, ma sono così vuota che non me ne accorgo.

Vuota, già.

Eppure ritengo di non averti fatto nulla che potrebbe averti indotto all'allontanamento, ed inevitabilmente alla rottura della coppia.

Oh, si, non l'ho detto: stamattina mi hai mollato davanti a tutti.

Con nonchalanche, sei venuto al mio banco, ti sei appoggiato e mi hai fissato dritto negli occhi.

«E' finita, Hatsune.»

E mi hai chiamato per cognome. 

Poi te ne sei andato.

Immediatamente tutte le ragazze presenti in classe sono venute al mio banco, mentre io scoppiavo in un pianto degno di una scene queen.

Tutte, ovviamente, tranne la brunetta, che ti ha sorriso e si è precipitata ad abbracciarti.

Come si chiamava... ? Ah, già.

Sakine-san. Il nome non lo ricordo, o forse non voglio ricordarmelo, dato che è come una stilettata di veleno nel mio stomaco.
Perchè ti amo ancora.

Apro la porta.

La casa è vuota.

Mi sento vuota.

 

Ho saltato la scuola, per andare nel mio posto segreto.

Questo è un luogo di cui nessuno è a conoscenza, nemmeno le mie amiche più strette.

Perchè? 

Perchè semplicemente è mio.

Che poi non è nemmeno tanto nascosto. E' solamente una torre, con una lunga scala fino in cima. Avete presente l'albero maestro delle navi pirata?

Quello, si.

Però è diversa. In cima ci sono tre megafoni giganteschi, che formano una specie di tettoia.

Mi accingo a salire.

Le nuvole hanno tinto il cielo di grigio.

 

Arrivo in cima.

Mi appoggio alla ringhiera.

Prendo fiato.

Urlo.

 

AAAAAAAAAAAHHHHHHHHH————