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Autore: Fiery    19/09/2011    2 recensioni
«Non ho mai avuto modo di chiedertelo, nelle scorse settimane.» riprese a parlare Alaric, in mano un bicchiere d’asporto colmo di caffè dal profumo intenso, «Perché sei tornata a Mystic Falls?»
«Beh, è la mia città.» rispose Elena, mordendosi un labbro.
«Lo era, Elena.» la corresse immediatamente Alaric sorridendo con nostalgia, «Lo era.»
Genere: Angst, Generale, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Alaric Saltzman, Elena Gilbert
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Ginger'
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Timeline: dopo che Elena si è laureata al college.

 

Note:

Può essere vista anche come un seguito di “Why are you staring at me?” e un presequel di “Scacciaspiriti”. (tutte appartenenti alla serie “Ginger”, che è un ipotetico futureverse che ho creato)

Dedicata a Alis, perché l’ha richiesta in una recensione e perché ieri era il suo compleanno. Scusa il ritardo, tesoro! :) Ancora auguri.

Grazie a Anna per l’aiuto con il titolo :D

 

Disclaimer: I personaggi di “The vampire diaries” non mi appartengono (ma se lo fossero sarei taaaanto felice, sì :D).

 

 

 

 

I’m coming home

 

 

 

 

C’era qualcosa in quella scuola che le infondeva sicurezza, anche se non sapeva specificare esattamente cosa. La maggior parte delle persone avrebbe potuto associare il ritorno nel proprio liceo ad una sensazione di nostalgia o inadeguatezza non indifferente. In fondo, quella mattina, anche Elena si era svegliata agitata e nervosa per quel ritorno a Mystic Falls che aveva programmato da quando aveva preso la laurea.

Tornare nella sua vecchia casa era stato come prendere a pugni il passato e nello stesso tempo rievocare ricordi su ricordi. Si era addormentata nella sua vecchia camera, immersa nel silenzio e pregando in qualche modo che Jeremy aprisse la porta della sua stanza urlandole contro di non aver fatto il bucato. Per poi rendersi inevitabilmente conto che il ragazzo era ancora al college e non sarebbe tornato tanto presto.

Chiuse la portiera della macchina e iniziò poi a frugare all’interno della borsa per cercare il BlackBerry che aveva iniziato a squillare: il parcheggio del suo vecchio liceo era già pieno di ragazzi sui motorini e ragazze che sfoggiavano la loro prima macchina, o si abbracciavano dopo un’intera estate separati.

“Il mio armadietto è sempre al solito posto, vero?” la voce di Bonnie attraverso il cellulare la fece sorridere; nonostante la distanza tra le due, riuscivano sempre in qualche modo ad aggiornarsi e tenersi in contatto. Avevano scelto due college diversi: Bonnie viveva stabilmente a Boston con i suoi genitori da quando era finito il liceo, e non sarebbe tornata a Mystic Falls per nulla al mondo. Ormai la sua vita era lì e niente le avrebbe fatto cambiare idea; sembrava volersi allontanare il più possibile da quella città dove aveva scoperto di essere una strega e dove aveva perso persone a lei care.

“Sto per entrare in questo momento, anche se non credo siano cambiate molte cose.” percorse il cortile principale, osservando i più giovani guardarsi intorno incerti su dove andare, mentre i genitori parlavano con chissà quale futuro insegnante dei figli, “E’ tutto uguale a prima.”

“Già adocchiato degli insegnanti carini?” varcò la porta del liceo che affacciava direttamente sul corridoio pieno di armadietti, ridendo.

“No, Bonnie. E non penso neanche che sia il caso, visto che vorrei concentrarmi sul lavoro.” esordì, percorrendo il corridoio a passi svelti. Si fermò davanti alla porta del bagno dei maschi e trattenne inconsapevolmente il respiro.

“Non è vietato… dovevo esserci io. A quest’ora, grazie ai miei poteri di strega, avrei già trovato un uomo adatto a te.” scherzò l’amica dall’altra parte del telefono. Elena non riuscì a ridere a quella battuta, ma le sue labbra si incurvarono in un sorriso nostalgico.

“La prima volta non ci hai azzeccato molto.” fece notare, superando la porta del bagno per avviarsi nella sala professori.

“Scherzi? Tu e Stefan siete stati insieme per un sacco di tempo!”

“Hai predetto che veniva da Seattle!” scoppiò a ridere Elena.

Ci fu una pausa dall’altra parte, poi una smorfia si dipinse sul volto di Bonnie all’oscuro dell’amica, “Beh, non è che sbagliassi più di tanto. Avrà fatto il giro del mondo, prima che noi lo conoscessimo.”

Elena abbassò un momento lo sguardo, rimanendo in silenzio nel vociare allegro degli studenti, chiedendosi come molte volte dove fosse e cosa stesse facendo. Se stesse bene, se fosse ancora in contatto con Damon o avessero litigato per l’ennesima volta. C’era stato un momento, al college, in cui si era pentita della decisione che aveva preso. Aveva quasi deciso persino di seguire Caroline, che era venuta a trovarla, per poter tornare da lui. Per ritrovare i suoi occhi sinceri e poter assaporare di nuovo di quel contatto speciale e unico, che non aveva più provato davvero con nessuno.

“Scusa, non dovevo parlarti di lui.” esordì Bonnie.

“Sarebbe strano non pensare a lui o nominarlo, visto che passerò tutto il mio tempo tra queste mura.” Elena inspirò profondamente, davanti all’aula dove già alcuni insegnanti stavano bevendo il caffè e parlando delle classi a loro assegnate, “Ora devo proprio lasciarti.”

“Andrà bene, Elena.”

Annuì lentamente, salutando e ringraziando l’amica, per poi entrare nella saletta riservata ai professori; vi erano ancora la sua insegnante di latino e quella matematica, mentre il resto dei professori era evidentemente andato in pensione o si era trasferito.

«Sono lieto che sia tornata a Mystic Falls, ci voleva un po’ di spirito Gilbert in questa scuola.» affermò con sicurezza il preside quando entrò, porgendo le cartellette con i vari programmi per le classi ad una segretaria, «Anche se si sa già muovere per la scuola, preferirei che qualcuno l’accompagnasse e le spiegasse tutto.»

«Ci posso pensare io.» affermò una voce maschile, il timbro leggermente roco. Elena riconobbe immediatamente da chi arrivava: quando si voltò verso il nuovo arrivato, un sorriso più sollevato e felice le comparve sul viso.

«Alaric.»

Lo salutò, studiando la solita barba incolta e i capelli castani tenuti corti. Il suo viso era ancora stanco come un tempo, come quello di una persona che si alzava al mattino non sapendo bene cosa fare o perché faceva quel determinato lavoro. E anche il sorriso, un po’ riservato, non era cambiato.

«Come stai?» chiese, mentre ricambiava il suo breve abbraccio impacciato. Alaric non sarebbe mai riuscito a sciogliersi davvero nei suoi confronti, nonostante fossero stati legati da qualcosa che andava ben oltre il rapporto scolastico: era stato un amico, oltre quelle mura.

«Bene.»

Bugia. Elena riuscì a smascherarla subito, oltre il sorriso del suo vecchio insegnante di storia. Aveva vissuto anni nelle bugie, nei segreti: non poteva sfuggirgliene neanche una così piccola, soprattutto detta da lui. Alaric non era capace di mentire.

Uscirono in corridoio, per avviarsi verso l’aula di Letteratura dove Elena avrebbe insegnato. Aveva scelto quella facoltà al college in particolar modo grazie a sua madre; ricordava ancora quando le aveva regalato un libro di racconti fantastici e le aveva chiesto qual’era la parte che preferiva. Elena, dal basso dei suoi dieci anni, aveva risposto “il modo in cui racconta la storia”. Dopo quella frase lei e Miranda avevano iniziato insieme a coltivare la passione per la scrittura, libro dopo libro, diario dopo diario. Dopo la sua morte, Elena si era sentita come se mancasse un pezzo fondamentale in quella sua passione. Aveva iniziato a pensare che non poteva passare la sua vita a scrivere su uno stupido diario, non se non c’era più nessuno con cui condividere l’interesse per la scrittura. Oltretutto la sua vita era stata così piena di eventi da non lasciarle il tempo necessario a compilare almeno una pagina, per raccontare cosa stava succedendo nella sua vita. Ma forse era stato meglio così, poiché il giorno del diploma aveva ritrovato il suo diario e aveva sorriso, ripensando a quanto sembrasse semplice la sua vita prima di conoscere la verità sulle sue origini.

«Non ho mai avuto modo di chiedertelo, nelle scorse settimane.» riprese a parlare Alaric, in mano un bicchiere d’asporto colmo di caffè dal profumo intenso, «Perché sei tornata a Mystic Falls?»

«Beh, è la mia città.» rispose Elena, mordendosi un labbro.

«Lo era, Elena.» la corresse immediatamente Alaric sorridendo con nostalgia, «Lo era.»

Si fermarono davanti alla porta dell’aula, l’uno di fronte all’altra. Elena abbassò per un momento lo sguardo, pensando attentamente alle parole da utilizzare, ma quando lo riportò sul volto dell’uomo non riuscì che a pronunciare poche parole, «Spero lo diventi di nuovo.» gli appoggiò una mano sul braccio con naturalezza, «In fondo anche tu sei rimasto per questo, giusto?»

Alaric annuì, non sapendo come ribattere o persino negare quell’affermazione. Negare l’evidenza di fronte ad Elena era come prendersi in giro da soli. Aveva tentato di costruirsi una nuova vita dopo la morte di Jenna: molto presto si sarebbe risposato con una donna conosciuta un paio d’anni prima. Nei suoi progetti, ora, c’era lasciare il passato alle spalle.

«Un giorno me ne andrò, Elena.»

«Lo so.» mormorò lei, con un sorriso comprensivo.

Rimasero qualche attimo in silenzio, sorridendosi a vicenda, prima che si levasse un fischio molto eloquente da un gruppetto di ragazzi. Alaric fece una smorfia, mentre un ragazzino con capelli neri scompigliati si avvicinava ai due insegnanti, squadrando poi Elena con un sorriso malizioso.

«Ha fatto conquiste, professor Saltzman?»

«Questo sì che sarà un anno interessante!» esclamò un altro ragazzino, piegando la testa per guardare il fondoschiena di Elena, la quale sgranò gli occhi.

Alaric afferrò il quaderno che teneva nell’altra mano e lo diede in testa a entrambi i ragazzini, cercando comunque di non metterci troppa forza, «Entrate in classe voi due, muovetevi! E non fate i cretini con la professoressa Gilbert o alla seconda ora vi interrogo!» li ammonì tra le risate dei due. Scosse la testa rassegnato, «Credi di potercela fare?»

«Ti sembrerà strano, ma non vedo l’ora di entrare in classe.» scoppiò a ridere Elena, «Ci vediamo durante la pausa pranzo?» propose spostandosi dalla porta per permettere ad altri alunni di entrare.

«Certo! Siederai al famoso tavolo degli insegnanti, dove il preside avrà cura di vantarsi tutto il tempo della sua scuola.» lo interruppe un altro fischio, seguito da un’altra risata. Alaric diede una quadernata sulla spalla di un altro ragazzino, tra le risate di Elena, «Sempre che i ragazzi non ti scambino per una di loro e ti invitino alla festa di inizio anno.»

«Ci viene alla festa di inizio anno alle cascate?» domandò il ragazzo moro di prima, sbucando con la testa fuori dall’aula. Elena non rispose, bastò un’occhiataccia di Alaric per far rientrare lo studente in aula, «Volevo solo essere gentile!» lo sentirono borbottare.

«Grazie di tutto, ci vediamo più tardi.» rise Elena, facendo per entrare in classe.

«Elena!» la richiamò Alaric, costringendola a voltarsi verso di lui, «Sono contento che tu sia tornata.»

Elena inspirò profondamente, per poi annuire e sorridere a sua volta, «Anche io.»

  
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