DEDICA: A Cloud che
è la mia fangirl
preferita, a feyilin (ti sono vicina, sis) e a draco potter che mi ha
suggerito
l’inserimento della pubblicità occulta dei
Pavesini.
NOTE: Rieccomi ad
infestare il fandom! Se
stavate iniziando a darmi per dispersa me ne scuso, ma ho trascorso
qualche
giorno a Vienna e non mi sono portata dietro il pc per aggiornare.
Veniamo al
capitolo in questione... Ricordate che vi avevo promesso che il
precedente
avrebbe segnato la fine dell’antefatto? Ecco, resettate. *si
scansa per evitare
i pomodori marci* Purtroppo la mia Musa ha deciso altrimenti, quindi
temo che
vi dovrete sorbire i retroscena ancora per un po’, ma non
temete: ne
succederanno comunque di cotte e di crude.
Spero di
cuore che vi piaccia, perché mi sono fatta prendere un
tantino la mano dal
delirio fangirleggiante e slasher.
Buona
lettura!
Quello che
seguì fu l’inizio della fine.
O meglio,
per Merlin segnò la fine della relativa e discreta pace di
cui aveva goduto
durante la sua permanenza a Camelot prima di quel maledetto giorno.
L’unica
nota
positiva di tutta l’incresciosa vicenda era che il malefico
piano di Morgause,
che prevedeva la prematura dipartita dei Pendragon, era andato a farsi
benedire. Anche se, col senno di poi, a Merlin avrebbe fatto comodo che
almeno
l’Asino venisse eliminato, fatto fuori, kaputt.
Davvero
beffardo, il destino: due anni trascorsi a farsi in quattro per
vegliare
sull’incolumità di Arthur, e adesso invece non
avrebbe esitato a porre fine
personalmente alla sua inutile esistenza. Qualsiasi sentimento
d’amore avesse
provato in passato per il principe era (temporaneamente) morto,
soffocato da un
crescente senso d’irritazione misto ad esasperazione che
aumentava di giorno in
giorno, di ora in ora.
Il gesto di
spruzzare il dannato filtro che aveva unito in un pornografico
slinguazzamento Uther
e Cenred sugli occhi del principe era stato sì inconsulto ed
avventato, ma
puramente istintivo, con l’unico scopo di liberarsi dalla
presa ferrea
dell’altro per mettersi in salvo. Ad essergli fatale, in
verità, era stato lo
straordinario tempismo della Polisucco, che aveva pensato bene di
esaurire il
suo effetto proprio quando Arthur era ormai sotto l’influsso
di quello che era,
senza più ombra di dubbio, un filtro d’amore
potentissimo.
“Merlin”
aveva esalato il principe con sguardo rapito, tendendo una mano verso
il servitore
per aiutarlo a rialzarsi.
“S-sire,
voglio dire, mio signore” aveva balbettato in risposta Merlin
con impacciato
distacco.
La corte
intera, a quel punto, non sapeva più su quale delle due
coppiette presenti in
Sala concentrare la propria attenzione, sicché faceva la
spola dall’una -i
sovrani un tempo nemici e ora pomicioni da far schifo-
all’altra, ovvero
l’erede al trono che fissava con gli occhi a cuoricino il
proprio esile e goffo
valletto ancora col culo a terra.
“Il
tono
formale con cui ti rivolgi a me mi ferisce, Merlin caro.
Torna a pronunciare il mio nome come eri solito fare: sulle
tue
labbra ha un suono così dolce e armonioso!” aveva
esclamato l’Asino Reale con
voce vibrante d’emozione e la mano sempre tesa verso
l’altro.
“Ma
anche
no… C-cioè, non mi sembra il caso”
aveva replicato il mago con scemata veemenza
(in nome del Grande Puffo, perché non sapeva resistere agli
occhi luccicanti di
Arthur?).
“Non
dire
castronerie, cuor mio. Ma orsù dunque, alzati ché
ci stanno fissando tutti con
gli occhi fuori dalle orbite. Chissà perché,
poi” aveva blaterato l’aitante
maschione tra sé e sé mentre Merlin si appigliava
alla sua mano e si tirava su,
vagamente intimidito.
“Sire
-volevo
dire, Arthur- potreste per cortesia lasciar andare il mio polso?
E’
imbarazzante” aveva borbottato, riferendosi alla delicata
tenaglia con cui il principe
sembrava volerlo
tenere appiccicato a sé.
“Per
quale
motivo dovrei?” l’aveva sfidato l’altro.
I due si erano
scambiati un’occhiata significativa.
“Non
ho
intenzione alcuna di svanire nel nulla o di darmi alla macchia,
Sire” aveva
mentito spudoratamente Merlin.
“E ti
aspetti che io creda ad un pessimo bugiardo come te? Suvvia Merlin:
sono
innamorato, mica scemo!”
“Io
non ci
giurerei, mio signore” aveva cercato di cambiare discorso.
“E non
provare a cambiare discorso, tanto non ci casco”.
Come non detto.
Il piccolo
Dumbo (ops) aveva alzato gli occhi al cielo, esasperato.
“Per
tutte
le carote di Britannia, siate ragionevole! Fino ad una clessidra fa non
mi
filavate di striscio”.
“Merlin.
Merlin. Merlin. Merlin” Arthur aveva scosso la testa con
commiserazione di
fronte a tanta deliziosa ottusità. “E’
ovvio che mi piacevi già da prima,
semplicemente mi sono innamorato di te adesso. Cosa
c’è di strano?”
“Dite
così
solo perché al momento non siete in voi. Ma non
preoccupatevi, troverò un modo
per aggiustare ogni cosa. Così voi potrete tornare ad
ignorarmi e ad andare a
caccia di gonnelle”.
La stretta
sul suo polso si era intensificata, la voce di Arthur si era fatta
più grave.
“Merlin,
mio
adorabile idiota, ascoltami una buona volta. Non so bene quali pensieri
frullino nella tua bella testolina, ma di una cosa sono certo: mi sono
innamorato
di te, non importa quando e per quale motivo. Ti amo e tanto mi basta;
se fossi
onesto con te stesso non aspetteresti un attimo di più per
gettarti tra la mie
braccia. Perché anche tu mi ami, benché alquanto
restio ad ammetterlo” aveva
concluso il monologo piuttosto tronfio.
“Santa
barbabietola, non vi ho mai sentito pronunciare tante idiozie tutte in
una
volta”.
“Smettila
di
tirare in ballo degli ortaggi innocenti e dimmi quel che voglio
sentirmi dire,
da bravo” gli aveva ordinato dolcemente Arthur.
“MAI!”
era
esploso Merlin con un’espressione sul volto a metà
tra il vergognoso e il
se-gli-sguardi-potessero-uccidere-tu-ti-troveresti-tre-metri-sotto-terra.
“Ma
perché,
colombello mio? Sappiamo entrambi che è la
verità” aveva tubato con fare
suadente il regal babbeo.
“Devo
pur
difendermi dai miei sentimenti per voi” era capitolato il
nostro eroe con le gote
purpuree e gli occhi bassi e una certa fierezza nel modo di chinare il
capo e
di serrare i pugni per il troppo imbarazzo che aveva strappato
all’altro un
sorriso intenerito ma pur sempre tronfio. Gli aveva circondato il magro
torace
con il braccio non impegnato a cingergli il polso, con un trasporto ed
una
disinvoltura a lui sconosciute.
La corte
-esclusi i sovrani, sempre intenti a limonare e a non staccarsi le mani
di
dosso- a quel punto aveva trattenuto il fiato, conscia che quello fosse
un
momento topico. Arthur aveva portato la fronte a contatto con quella
del suo
innamorato, lasciando solo pochi centimetri a dividere le loro labbra.
“E
adesso,
tortellino mio, direi che un bello slinguazzamento per la gioia delle
fangirl
che ci guardano ci sta tutto, no?” aveva proposto sornione ed
un poco arrapato.
“ARTHUR!”
aveva urlato in risposta Merlin mollandogli un ceffone niente male.
E’
proprio
il caso di dirlo: Pendragon junior vide le stelle, ma la cosa non
scalfì il suo
orgoglio asinino neanche un po’.
Nel giro di
pochi giorni la notizia dell’inaspettata e scabrosa love
story tra Uther
Pendragon e Cenred (cognome non pervenuto, sorry), per non parlare
della cotta
fulminante del Principe, aveva fatto il giro dell’intera
Britanna, rischiando
anche di giungere alle orecchie dei regnanti d’oltremare.
Tutto merito di Qui, la rivista di
gossip più venduta
dell’isola, e del suo malizioso nonché gayssimo
direttore Alphonsus Dominini,
al cui radar capta-pettegolezzi nulla sfuggiva. Non venne mai scoperto
il nome
del delatore.
Fu
così che
il popolo britannico diede prova di essere già molto avanti
in quanto ad
apertura mentale e tolleranza, poiché la scottante novella
non scandalizzò o
infastidì anima viva. Non mancarono i soliti saputelli che
sentenziarono
solennemente che loro l’avevano sempre sospettato, che quei
due non l’avevano
mai raccontata giusta. Fioccarono battutine irriverenti e motti di
spirito osé
riguardanti la gaiezza ereditaria dei Pendragon, della loro
abilità a cavalcare
i destrieri più imbizzarriti e nel maneggiare lance
acuminate (e qui ci
fermiamo, perché come già ribadito in precedenza
la storia è a rating verde/giallo),
ma senza alcun intento malevolo.
Ciò
non
toglie, tuttavia, che a Camelot il coming out dei reali ebbe un impatto
non da
poco. Il volgo si mostrò dapprima perplesso; ben presto
tornò a concentrarsi
sulla vita di tutti i giorni, ché di tempo per star dietro
ai capricci e alle stramberie
dei nobili non ne aveva. I membri della corte ed i cavalieri
manifestarono un
persistente e durevole imbarazzo, che non accennava a diminuire a causa
dei
frequenti e rumorosi -che Lord Voldemort mi perdoni- rendez-vous
notturni, ma
soprattutto diurni, della coppia formata da Uther e Cenred. Il sovrano
di
Camelot era talmente impegnato a dichiarare amore eterno al suo uomo,
da aver
lasciato il gravoso compito di mandare avanti la baracca al giovane
Arthur con
l’ausilio di vari ministri e consiglieri.
Che poi,
mormoravano le malelingue, anche sul principe ci sarebbe stato molto da
ridire.
Egli infatti prestava distrattamente attenzione alle incombenze che gli
spettavano in quanto vice re, si presentava in ritardo ai concili e
agli
allenamenti e vagava per il castello (marcondirondirondello) con un
sorriso
beota e beato sul volto, impiegando la maggior parte delle sue energie
e del
suo tempo libero a tartassare la sua anima gemella
con profferte amorose più o meno sfacciate.
Il povero
Merlin, di conseguenza, si era ingegnato lungamente su come dribblare
gli amorosi
assalti tesigli dall’Asino Reale. Pur avendo pubblicamente
ammesso i suoi
sentimenti -benedetta Mordor, che vergogna!- era ben lungi dal
lasciarsi
irretire dalle sue avances e a concederglisi a cuor leggero. Non che
non lo
avrebbe desiderato, figuriamoci, ma era perfettamente conscio del fatto
che
l’infatuazione di Arthur, per quanto lusinghiera potesse
essere per il suo ego,
era dovuta unicamente a quel filtro del ciufolo e che presto o tardi
l’effetto
si sarebbe esaurito. O almeno così riteneva,
perché il drago aveva
accuratamente omesso parecchie cosette
al riguardo.
Per queste
motivazioni, dunque, il mago aveva cercato quanto più
possibile di evitare il
suo signore e, onde sedarne i bollenti spiriti, si era lanciato in lodi
sperticate alle più avvenenti dame del castello
(marcondirondirondello) e in
particolare a Gwen, nella speranza che l’altro cogliesse
l’antifona. Si era
dovuto tuttavia arrendere, poiché l’unico
risultato ottenuto era stato di far
ingelosire quel cretino, che per ripicca si era fatto ancora
più appiccicoso e
impudente.
A ciò
pensava Merlin vagando per il palazzo, quando…
“Merlin,
virgulto di primavera bagnato di rugiada e presto anche del mio seme!
Ti stavo
cercando” lo gelò la voce insinuante di Arthur,
che con un sorrisetto
compiaciuto lo intrappolò in un angolo buio di un corridoio
altrettanto buio e
poco frequentato del terzo piano.
Il
servitore, che pensava di averlo seminato, si divise equamente tra il
panico
dovuto al fatto di trovarsi alla mercé del principe e il
disagio derivato dalla
neanche troppo sottile allusione sessuale. Sicché, col cuore
in gola ed il viso
in fiamme, simulò malamente una grande pace interiore mentre
gli rispondeva a
tono.
“Davvero,
Arthur? Desiderate chiedermi qualcosa?”
“Sì:
secondo
te cosa fa Federica Pellegrini quando non nuota?”
“Eh?”
ribatté preso in contropiede.
“Chupa!”
scoppiò a ridere l’altro senza ritegno, neanche
fosse un marmocchio di cinque anni
–il che non era da escludere a priori, in effetti.
“Arthur,
per
carità, ricomponetevi e comportatevi da persona seria quale
dovreste essere”
sbuffò infastidito,
incrociando le
braccia al petto.
“E’
anche
per questo che mi piaci, lo sai Merlin?” Arthur
tornò serio. “Non esiti a
rispondermi per le rime e a rimbrottarmi quando necessario, non cerchi
di
conquistare la mia benevolenza con mille salamelecchi e sei
così diretto, pure troppo.
Prima di innamorarmi di te la tua brutalità mi dava sui
nervi proprio perché
sapevo di meritarmela, per questo ti ho mandato alla gogna innumerevoli
volte”
continuò come a scusarsi.
“Bei
tempi,
quelli” esclamò Merlin roteando teatralmente gli
occhi, scherzando solo in
parte.
Si
irrigidì
un poco quando l’altro lo tirò affettuosamente per
il fazzoletto che portava
annodato al collo, avvicinando così i loro visi in modo
preoccupante.
“Qui a
corte
e in città mi invidieranno in molti, visto che sono riuscito
ad accalappiare il
migliore partito di tutta Camelot” mormorò con
tono intimo.
“E’
la
checca che è in te a parlare, adesso” Merlin
inarcò dubbioso un sopracciglio,
passando al ‘tu’ senza accorgersene.
Arthur a
quel punto lo omaggiò di una delle sue risate a gola
spiegata che mettevano in
bella mostra la sua chiostra di denti bianchissimi e lievemente
irregolari, e
che facevano tremare le ginocchia di più di una fanciulla (e
di un fanciullo a
noi caro). Fu esclusivamente grazie a quella visione di fossette e
labbra
carnose curvate all’insù che l’Asino
riuscì a rubargli un bacio senza che lui
protestasse; così Merlin giustificò la sua
arrendevolezza, mentendo fino ad un
certo punto.
Se da una
parte Pendragon padre non aveva dato mostra di essersi accorto della
tresca di
suo figlio, dall’altra essa suscitò il sincero
interesse dei familiari e degli
amici intimi di entrambi i ragazzi.
Hunith,
pazza di gioia, appese sulla porta di casa una bandiera arcobaleno e
intontì le
malcapitate comari di Ealdor con farneticanti discorsi riguardanti
unicorni,
fanfiction e slash. Gaius, mantenendo un certo riserbo, espresse il suo
sostegno a Merlin strizzandogli l’occhio con aria complice ed
offrendosi di
spiegargli come funzionavano i fatti della vita.
Morgana,
neanche a farlo apposta, si rivelò essere una fervente
fangirl che shippava i
due “tontoloni innamorati” praticamente da sempre.
Tirando anche lei in ballo
le fanfiction (Arthur non era sicuro di voler scoprire di cosa si
trattassero),
tempestò sia il fratellastro sia il suo amichetto di domande
assurde: “Chi di
voi è il top e chi il bottom?”, “Quanto
spesso lo fate?”, “Avete mai praticato
il BDSM?”, “Posso scrivere una lemon su di
voi?” e così via. Se non fosse stato
che in questo modo la ragazza non aveva più il tempo di
tramare alle spalle di
Uther con la complicità della sorella, Merlin
l’avrebbe già messa a dormire con
i pesci, come insegnava il buon Don Vito Corleone. Al gruppo di
supporto della
giovane coppia si aggiunsero anche i cavalieri di Camelot e due nostre
vecchie
conoscenze, Albus e Gellert. Totalmente ignari del fatto che il giovane
mago li
avesse visti all’opera, i diabolici
amanti non perdevano occasione per scambiare occhiate
d’intesa con i
piccioncini e salutarli con tanto di manina ogni qualvolta li
incrociavano nei
corridoi. Arrivarono persino a regalare loro due spille multicolori
(arcobaleno, ovviamente) che recitavano: Per
il Bene Superiore. Forse
avevano semplicemente esagerato col Blumele.
Le uniche
persone che non fecero esattamente i salti di gioia e anzi si
incazzarono come banshee
furono Morgause e Gwen, entrambe per ovvi motivi.
Per
l’ennesima
volta la strega aveva visto andare in fumo di fronte ai suoi costernati
occhi
la possibilità di fare scacco matto ai Pendragon e nuovamente a causa di quel Merlin. Era quindi
comprensibile che le girassero alquanto, tanto più che, pur
rassegnatasi all’idea
che Cenred non sarebbe uscito dalla camera da letto di Uther per i
prossimi
anni, non poteva nemmeno contare sull’aiuto di Morgana. Aveva
provato a
parlarle, ma la sorella aveva liquidato il luogotenente platinato (non
dimentichiamoci del suo travestimento) frettolosamente, mormorando
qualcosa
come “fandom”, “NC-17” e
“rating rosso”. Sicché la povera donna
non sapeva più
con quale santo, divinità, daimon,
entità o forza oscura prendersela.
Altro
discorso per Gwen. La donzella già si immaginava con la
corona sul capo e
dozzine di cavalieri ansiosi di servirla, in tutti i sensi,
e con cui cornificare Arthur. Non le importava granché
sposare un
uomo che avrebbe amato sempre e soltanto il suo fedele servitore -non
ci voleva
un genio per capirlo, filtro o non filtro- perché a sua
volta ella nel cuore e
nella mente serbava il ricordo di Lancelot. Ma ormai ogni speranza di
imparentarsi con la famiglia reale era perduta. La cocente delusione
fece
emergere il lato più meschino della ragazza, che senza
soluzione di continuità
insultò pesantemente il principe, accusandolo di essersi
servito di lei come
specchietto per le allodole, e tagliò i ponti con
quell’intrigante di Merlin,
reo di averle soffiato il posto di futura regale consorte.
I nostri
eroi però non ebbero occasione per soffrirne troppo o farsi
dilaniare dai sensi
di colpa, giacché esattamente una settimana dopo
l’uscita dell’ultimo numero di
Qui fecero il loro arrivo a Camelot
due ospiti inattesi e quanto mai graditi: Lancelot e Gwaine.
Uff, che
fatica! Odio scrivere al computer, mi si incrociano gli occhi e ho
sempre il
terrore di lasciarmi scappare qualche errore di battitura. Ma questa
storia mi
da troppe soddisfazioni e voi lettrici siete fantastiche, quindi non mi
lamento
affatto.
Allora, che
ve ne pare? Aspetto con trepidazione -e un po’ di ansia- i
vostri pareri…
Un grazie
sentito e di cuore a chi segue, preferisce e ricorda e soprattutto alle
fedelissime che recensiscono ogni capitolo.
Love you
girls!