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Autore: Lennyk192    20/09/2011    1 recensioni
Sulla pergamena erano presenti pure e semplici anime gemelle, destinate ad amarsi per sempre.
Pensò che c'erano storie d'amore che diventavano immortali, così intense e memorabili che scaldavano il cuore di chi le viveva, e quello era proprio il genere di testimonianza del passato che desiderava portare con sè.
Genere: Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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                                                                    XI. LOSING YOUR MEMORY


                                                                                             "La memoria è tesoro e custode 
                                                                                                  di tutte le cose" _Cicerone_



Si sentiva precipitare nel vuoto. Parole confuse vorticavano nella sua testa, in una lingua che non conosceva, le orecchie ovattate udivano qualcuno pronunciare il suo nome.
Continuava a precipitare, a registrare volti dai contorni sfocati di persone che non aveva mai visto prima.

Qualcuno urlava, un uomo le sistemava un cappio attorno al collo, lo stringeva, facendole male.
Poi una porta di legno, chiusa. Delle voci maschili provenienti dall'interno, ancora frasi sconnesse.
"Alisha..."
Una voce la chiamava. Qualcuno la scuoteva, piano.
"Ali"
Quando riaprì gli occhi, la prima cosa che mise a fuoco fu la luce accecante dei raggi solari.
Poi si sforzò e pian piano l'immagine di un viso familiare le si palesò davanti. Eric.
Deglutì, accorgendosi di avere la gola secca e capì di essere sdraiata a terra, il busto sostenuto dalle braccia forti di lui.
"Ehi, bentornata tra noi" le disse il ragazzo, visibilmente sollevato, abbandonando la nota preoccupata nella voce.
"C-Cosa...che è successo?" balbettò con voce rauca, tentando di sollevarsi.
"Piano, fai piano" le raccomandò, aiutandola.
Una volta in piedi, sentì la testa girarle forte e le gambe cedere, un attimo dopo era di nuovo tra le braccia di Eric.
"Forse dovresti sederti" consigliò lui, con voce carezzevole, al suo orecchio. Così vicino, potè respirare ancora il suo profumo pungente, si aggrappò con le mani alla sua maglietta, mentre lui l'avvicinava al divano.
"Grazie" riuscì a sillabare, prendendo fiato.
Alisha si guardò attorno con aria confusa, ovunque, sparsi sul pavimento, c'erano frammenti di vetro.
La luce del giorno giocava a creare riflessi e piccoli arcobaleni sulla parete di fronte.
"Hai perso i sensi, ma non so per quanto tempo esattamente. Come ti senti ora?" le domandò la voce del ragazzo, mentre le porgeva un bicchiere d'acqua, che lei bevve avidamente.
"Mm non ne sono sicura. Insomma, mi sento fisicamente bene, ma...mi credi, se ti dico che l'ultimo ricordo che ho è di me che sbircio nel baule della soffitta?"
Eric le rivolse uno sguardo impenetrabile, che lei non seppe ben interpretare.
"L'importante è che tu stia bene" minimizzò poi lui, accarezzandole una guancia con il dorso della mano.
La ragazza sentì il viso avvampare a quel contatto, e smise di incolpare lo svenimento per il giramento di testa che la colse in quel momento.
"Come mai sei qui?" gli chiese dopo qualche istante.
"Hannah era preoccupata per te. Ha detto che saresti dovuta passare al locale ieri sera, dopo essere venuta qui, ma che non ti sei fatta vedere. Poi stamattina mi ha chiamato in preda a una crisi isterica, perchè non eri rientrata " spiegò, vagamente divertito, sedendosi accanto a lei.
Alisha si sentì in colpa per l'amica, ma di certo non avrebbe potuto prevedere tutto quello che era accaduto.
"Forse dovrei tornare a casa. Prima che chiami la polizia" scherzò, torturandosi il labbro inferiore con i denti.
"Probabilmente ne sarebbe capace" constatò l'altro. Poi si alzò e le porse la mano.

"Dio, ho un gran mal di testa! Credo che butterò giù l'intera confezione di aspirine" si lamentò la ragazza, una volta in macchina. Eric le scoccò un'occhiata interrogativa.
"E così, non ti ricordi proprio niente di questa notte?"
"No. Ho il vuoto assoluto"
Il ragazzo fece una breve risatina.
"Cosa?" chiese indispettita.
"Niente, è che...avevo sentito dire che durante gli equinozi accadono cose strane. Ma questo..."
"Definisci cose strane"
"Beh, sai...come la storia dell'equilibrio e l'uovo" riferì lui, poi guardando la sua espressione sconcertata, proseguì "Secondo il mito, a causa degli effetti gravitazionali del pianeta, durante gli equinozi, un uovo riesce a stare in perfetto equilibrio su una superficie piana"
Alisha scoppiò a ridere, scuotendo la testa.
"Ma è ridicolo! Quello si può fare tutti i giorni dell'anno, basta avere tanta pazienza e la mano ferma!"
Lo vide alzare le spalle, in risposta, e si soffermò a studiare il suo profilo.
Il suo viso appariva così rilassato, che per un attimo desiderò che quella calma si trasmettesse anche a lei.
"Lo so che sono indiscutibilmente bello, ma...
così finirai per consumarmi. " sussurrò il ragazzo, esibendo un sorriso malizioso, qualche secondo dopo.
Lei distolse immediatamente lo sguardo, abbassandolo sul ciondolo che le pendeva all'altezza del cuore.
"Piantala, stavo...stavo solo pensando"

E il premio per la peggiore bugiarda dell'anno va a...


"Oh, sicuro" la prese in giro, girando ad un incrocio "Allora, che cosa eri andata a fare in quella baracca ieri?" aggiunse serio, voltando la testa dalla sua parte.
I suoi occhi scuri la fissarono, in attesa.
Forse voleva studiarla.
Voleva capire se stava per dirgli la verità.
"Ah io...ti ricordi quando ti ho parlato di quei diari?"
"Quelli delle tue antenate, che sono andati perduti?" le ricordò, citandola.
"Si, ecco...non sono esattamente perduti. O meglio, lo sono, ma nel disordine della mia camera, non da qualche altra parte" ammise, alzando istintivamente lo sguardo su di lui, a sbirciare la sua reazione.
Lui sorrise e si finse stupito. "Ma davvero?"
"Lo sapevi" dedusse allora la ragazza.
"Te l'ho già detto che non sai mentire, Waldeck"  ridacchiò.
Avrebbe voluto dirgli che le dispiaceva, che si fidava di lui, ma non ne era del tutto sicura.
Se c'era una cosa che aveva imparato da Tara Patel era che riporre la fiducia nella persona sbagliata portava a gravi perdite. Così si limitò ad 
arricciare le labbra, trattenendo un sorriso.
Voleva sembrare offesa, o qualcosa del genere, ma non ci riusciva.
"Comunque, mancavano delle pagine e ho pensato di tornare a cercarle...inutilmente" proseguì la ragazza, mentre lui accostava.
Quando lui scese dall'auto, fece il giro e le aprì lo sportello dalla parte del passeggero, in un atto di galanteria così naturale che la lasciò basita per un attimo.
Ne sorrise, pensando a quando l'aveva definito un cafone.
"Vuoi che ti accompagni su?" chiese, con il tono di chi si aspetta di ricevere solo una risposta affermativa.
"Magari, grazie"
Tuttavia, il programma cambiò, non appena due occhi grigi incrociarono i suoi, dall'altra parte della strada.
"Chris" bisbigliò lei, sforzandosi di sorridere.
Eric si voltò di scatto, e l'indurirsi del suo sguardo le rivelò quale fosse il suo stato d'animo in quel momento.
L'uomo raggiunse i due e il suo sorriso si allargò, quando la prese tra le braccia.
"Ciao, tesoro" le disse tra i capelli, mentre lo sguardo di lei indugiava sulla figura alle sue spalle.
"Tutto bene? Non ti sento da un pò" aggiunse con apprensione.
"Mi dispiace, ho solo...voluto lasciarti del tempo per stare con tuo padre" mentì spudoratamente.
Non le era mai venuto così spontaneo prima di tornare a Salem.
Chris annuì, prendendole la mano, mentre si rivolgeva al fratello.
"E' strano vederti già sveglio a quest'ora" lo punzecchiò acido, circondando la vita della ragazza con un braccio, possessivamente. Eric puntò lo sguardo sul viso imbarazzato di lei, per un secondo, prima di tornare a fissare un punto indefinito oltre i due.
"Stavo facendo un'opera di bene. Mi conosci, non so resistere alle damigelle in pericolo" ribattè poi.
Per un attimo Alisha temette che venisse a galla la storia della villa, l'amnesia e il resto, ma Eric la salvò, cambiando rapidamente discorso.
"Ho delle cose da fare" si congedò, poi passandole accanto le sussurrò un "Cerca di stare bene", che la fece sorridere.
Mentre la macchina si allontanava da loro, la ragazza vide l'espressione arcigna di Chris mutare in una più dolce.
"Ti accompagno"

"Sei sicura che sia tutto a posto? Ti vedo pallida"
"Si, sto bene, adesso" lo liquidò lei.
"Adesso?"
"Ho avuto...un problema questa mattina presto e...Hannah ha chiamato Eric per riportarmi a casa"

Ma si, tanto ormai,

una bugia in più una in meno...

"Già. Eric, perchè il suo senso di responsabilità è famoso" scherzò l'altro, portandosi più vicino.
La ragazza non si spiegò l'irritazione che la colse in quell'istante. La bocca di lui prese lentamente possesso della sua, ma la sensazione di benessere che di solito quel contatto le trasmetteva, non c'era. Quando le loro lingue giocarono sensualmente, l'immagine del bacio tra lei ed Eric le balenò nella mente, facendola scostare di scatto da Chris.
Era sbagliato quello che gli stava facendo.
Lui la osservò attentamente, mentre regolarizzava il respiro, allontanandosi di qualche passo.
Decise che c'era una cosa, almeno, su cui non avrebbe più continuato a mentire.
"Chris, io...c'è qualcosa che devo dirti" azzardò, andando a sedersi lontana da lui, che continuò a fissarla stranito.
"Va bene" ammise con tono incolore, sembrava improvvisamente nervoso.
"Mi ero preparata un discorso, ma devo averlo dimenticato con il resto della mia serata"
"Come?"
"Nulla. Non importa" minimizzò, respirando a fondo, prima di proseguire "Non c'è un modo facile per farlo, ma voglio che tu sappia che sei un uomo fantastico, davvero. Mi hai resa molto felice in questi mesi e ti giuro che avrei...avrei voluto ricambiare i tuoi sentimenti. Ma non...ci riesco, mi dispiace" buttò fuori a fatica, la sua voce sembrava perdere sicurezza ad ogni parola, sotto lo sguardo scuro di lui.
Detestava le persone che rompevano con il relativo partner dicendo cose melense del tipo 'non sei tu sono io', ma nel suo caso era la verità. Era lei la ragazza d'acciaio che si lasciava sfuggire l'uomo perfetto, perchè incapace di farsi coinvolgere. Pensò distrattamente che, probabilmente, nemmeno resuscitando Freud e mettendolo sotto a lavorare su di lei, sarebbe riuscita ad uscire da quella condizione di apatia sentimentale.
Registrò la figura di Chris venirle più vicina, e focalizzò l'immagine del suo viso.
"D'accordo"
"C-Che cosa?" chiese confusa.
"Ali, cosa vuoi che ti dica? Non sono stupido, so che non mi ami. Forse non volevo ammetterlo, ma...va bene così"
"Non sei arrabbiato? O deluso, o..."
"In parte. Ma non ti costringerò a fare qualcosa per cui non sei pronta. Se mai cambiassi idea...io ci sono" sussurrò, asciugandole con il pollice una lacrima che era sfuggita al suo controllo.

Sono un'idiota.

Un'emerita cretina, masochista.

S'impose di riflettere sui numerosi aspetti della loro relazione che l'avevano convinta a troncare, per evitare di rimangiarsi tutte quelle stupidaggini, mentre lo vedeva aprire la porta.
"Solo..." continuò Chris, immobile e di spalle, con la mano sulla maniglia "Per il tuo bene, non innamorarti di Eric"
Fu come se una voragine l'avesse inghiottita, e sentì il battito accelerato del suo cuore pulsarle nelle orecchie.

                                                     ***

Tre settimane.
Erano passate tre settimane dalla notte dell'equinozio.
Ventuno giorni senza sapere che cosa le fosse realmente accaduto.
Cinquecentoquattro ore passate ad evitare in tutti i modi l'intera famiglia Warren, passate a chiudersi in se stessa.
Usciva di casa la mattina presto, lavorava assiduamente, tornava difilato a casa.
Non si lasciava il tempo di pensare, di lasciarsi tormentare da domande, dubbi, ansie.
Niente.
Dopo aver rotto con Chris, aveva chiamato sua madre ed aveva occupato le successive due ore a spiegarle quello che era successo.
Dal principio.
Quello che aveva letto sul diario di Tara, le pagine mancanti, la ricerca a villa Waldeck senza risultato, e infine la perdita di memoria.
Joanna non sembrò neanche particolarmente sconvolta da quelle parole.
Si era limitata a dirle che in quella casa erano sempre accadute cose bizzarre, che forse era stato una sorta di messaggio e che vi avrebbe presto trovato una spiegazione logica. 

Misteriosa, come suo solito.
E anche vagamente inquietante...


Ogni notte le capitava di fare dei sogni, come se vivesse la vita di un'altra persona, qualcuno che faceva parte del suo passato, ma che non riconosceva.
Col passare dei giorni, aveva riconosciuto una vaga familiarità con le voci e i volti sognati.
Un pò come le visoni di cui aveva scritto Tara, mai dettagli nitidi, mai nessun nome...
Un insistente bussare alla porta la fece tornare alla realtà.
Si sollevò stancamente dal letto accogliente e aprì la porta.

"Che c'è?" chiese bruscamente all'amica, ferma sulla soglia della porta, con il pugno ancora sollevato in aria.
"Ehi, noi andiamo a bere qualcosa. Vieni anche tu?"
Sospirò nervosamente, trovandosi ad invidiare la vita tragicamente meno problematica di Hannah.
"No, non mi va di uscire" rispose in un mugugno strascicato.
"Ok, ora basta" esplose irritata l'altra, con le mani sui fianchi, in una sua perfetta imitazione "Sono settimane che conduci una vita da ghiro. Non è da te! Se mollare il tuo fidanzato è stato così deprimente, vattelo a riprendere, ma non uscire più da queste quattro mura, non è una soluzione!" urlò, gesticolando furiosamente.
"Chris non c'entra affatto!"
"Beh, qualunque sia il problema, ora tu ti fai una doccia, ti vesti e vai a farti un giro. Hai bisogno d'aria" concluse, sbattendole la porta, e facendo quasi crollare il telaio.

Tutto quel tempo di isolamento l'aveva trasformata in un'apatica rompipalle.
Sbuffò e decise di farsi un lungo bagno rilassante alla vaniglia.
Dopo essersi immersa nell'acqua calda, si ricordò del ciondolo attorno al collo, fece per toglierlo, ma quando lo toccò un formicolio le percorse violentemente la mano e un'immagine nitida esplose nella sua mente.
La pietra al centro del pentacolo illuminata.
Era successo durante il fascio di luce che l'aveva investita, quella notte.
E si ricordò della scossa che l'aveva attraversata, probabile causa del suo svenimento.
Il suo cuore prese a battere più forte, invaso da una consapevolezza che ancora non aveva raggiunto la sua mente.

                                                                  ***
                                                                    
I deboli raggi lunari filtravano attraverso la finestra della sua camera, spalancata, dalle tende leggere e svolazzanti, carezzavano delicatamente quelle pagine sbiadite e stropicciate, mentre la ragazza seduta sul morbido materasso, avvolta in un accappatoio candido, cercava disperatamente una risposta.

Ti prego, fa che ci sia qualcosa di utile.

Qualunque cosa, pregava tra sè.

Nel grimorio di Shanti Patel, ovviamente non venivano citati episodi di amnesia legati all'attività dei pentacoli protettivi, come quello che aveva portato al collo negli ultimi mesi, e che ora aveva davanti.
Immobile, abbandonato sul comodino, che la sfidava ad indossarlo ancora.
Tuttavia si attribuiva al pentacolo la funzione di custode dell'anima di una strega, o per meglio dire, di un frammento di essa, che lo guidava alla ricerca della successiva e legittima proprietaria.
Quelle parole le penetrarono nella mente e lei lasciò che sanassero i suoi dubbi sulla natura maligna di quel ciondolo.
Girando varie pagine, cercò qualche altro argomento che potesse essere collegato all'accaduto.
Si fermò, però, notando di nuovo apparire quel termine scritto anche da Tara, Shanti spiegava con chiarezza che veniva perlopiù utilizzato in senso dispregiativo.

Waerloga.
Termine dialettale di origine scozzese.
Egli è un praticante di magia solitamente oscura e complessa.

Il nome stesso suggerisce la natura del suo potere, tradotto si riconduce a "bugiardo" o "traditore di fiducia", poichè letteralmente è "interruttore di giuramento". Posizione ereditaria, tramandata da padre in figlio, la sua sopravvivenza nel tempo è manipolata dalla magia nera, in modo che la stirpe oscura proceda.
In continua ricerca del potere.

Alisha lesse la didascalia tutto d'un fiato, il cuore le martellava forte nel petto.
Avrebbe voluto sapere di più riguardo i sospetti di Tara, consultare quelle pagine mancanti del diario e scoprire se avesse o meno ragione.
Lei dubitava di William, il figlio dei padroni cui era stata venduta.
Faceva sogni in cui qualcuno discuteva con John Corwin, ma non vedeva il suo volto.
Le tornò alla memoria la frase 'emblema di ogni tentazione' con cui lei aveva descritto il minore dei Corwin.
E se non si fosse sbagliata?
Se lui avesse davvero tentato di ingannarla, per portarla verso il male e assimilare la sua magia?
I warlock, come venivano definiti gli stregoni, erano in cerca di potere, e quale migliore occasione avrebbero potuto avere, William e suo padre, se non la strega che viveva nella loro tenuta?
Tante domande, poche risposte.
Ancora una volta.
Dopo tutto quello che era successo, anche lei aveva preso a credere nella magia di quella famiglia, per quanto questo si allontanasse profondamente dalla posizione che aveva sempre mantenuto negli anni.
Sospirò tristemente insoddisfatta e decise di seguire finalmente il consiglio di Hannah.
Doveva uscire da lì o sarebbe impazzita.

  
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