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Autore: Sweet Pink    20/09/2011    3 recensioni
Non vi è nulla di male a sognare un uomo che rispecchi virtù e, perchè no, vizi di un ideale letterario. La signorina Callie Honeycombe la pensava così. O almeno finchè sulla sua strada non incontra proprio il tipo di uomo che, al contrario, non potrebbe mai amare.
Genere: Romantico, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Su fronti nettamente opposti.'
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Here again! Tornata con un nuovo e, sfortunatamente per voi, ricco e lungo capitolo! Con questo ci avviciniamo alla vera svolta nelle vite di Alexander e Callie! Chissà, chissà se i sentimenti di questi due riusciranno finalmente a comprendersi? Come in un vero e proprio romanzetto di serie ‘B’ per ora ci stanno solo girando intorno!

Era scontato, no? :)

 Un mega bacio a tutti e a presto!

 

Sweet Pink

 

 

 

 

 

 

 

A Londra, si sapeva, la vita di società scorreva veloce come un fiume in piena. Durante la Stagione poi, il viavai di gente cresceva enormemente e gli eventi, come i concerti, i balli, il teatro o semplici inviti a pranzi e cene privati erano all’ordine del giorno. Se si era fortunati non si aveva l’occasione di passare neanche una sera in casa propria.

E alla signorina Honeycombe questo fatto andava  più che bene: era sempre stata un’amante della vita di società, come la madre, e non riusciva proprio a lasciarsi sfuggire un’occasione di divertimento. Era presente alle serate musicali, a teatro, da brava sostenitrice della musica qual era; partecipava con gioia a molti ricevimenti, vista la sua passione per il ballo e le chiacchiere; ed era la benvenuta nei salotti di molte famiglie londinesi, felici di avere come conoscente una così graziosa  e vivace ragazza.

Ovviamente non era lontanamente popolare come le signorine Thompson o sotto i riflettori come la signorina Duval, ma Callie di certo non ambiva a farsi seguire dall’occhio attento e capriccioso della Buona Società. Le era bastato osservare Alexander, che era il fiore all’occhiello di Londra insieme a tutti i suoi particolari amici. Sapeva essere sempre sagace e di spirito, qualche volta sfacciato, ma mai volgare. Era elegante e tutti i suoi modi, così studiati, non facevano che aumentare l’ammirazione dei signori e delle signore nei suoi confronti. E infine era un bel uomo, pure ricco. Chi l’avrebbe mai buttato giù dal suo piedistallo?

Callie l’aveva rincontrato in altre due o tre occasioni e, sempre facendo finta di non conoscerlo, non era riuscita ad impedirsi di osservarlo un poco da lontano. Gli occhi di tutti erano puntati su di lui e sui suoi amici: dai vestiti, alle schermaglie d’amore, a cosa avevano mangiato a colazione.

L’aveva trovato spesso in compagnia di ragazze diverse, ma aveva sentito pochissime voci biasimare il suo atteggiamento così sfacciato. E questo un poco le faceva rabbia.

“Egli è di certo libero di frequentare tutte le ragazze che vuole! È il principio che mi infastidisce!” si diceva lei, per convincersi che quel sentimento doloroso alla bocca dello stomaco non era gelosia.

Callie aveva avuto poi la sfortuna di incrociarlo un pomeriggio al parco: si stava godendo una passeggiata al fianco di Roy Carter, un suo amico di Londra, che era stata affiancata da una grande carrozza scoperta.

Alzando lo sguardo aveva subito inquadrato la magra figura della signorina Duval e quella alta di Alexander James Norris, alle redini di due bellissimi cavalli neri. L’uomo aveva posato per un infinito momento lo sguardo buio sul giovane accanto a Callie, prima di togliersi il capello a cilindro e salutare, con una certa freddezza nelle parole.

La ragazza castana si era inchinata, arrossendo. Come aveva immaginato, era stata la signorina Duval a volersi fermare a salutarli e non lui. D’altronde, ormai si evitavano in continuazione.

 

“Non so se questo potrà giovarvi a lungo….”

L’affermazione di Linda fece alzare gli occhi stupiti di Callie dal libro che era intenta a leggere “A che vi riferite? Parola mia, a volte sapete essere molto misteriosa!”

L’amica si girò verso di lei, portandosi lontano dalla finestra, picchiettata da una pioggerellina leggera. Il suo sguardo azzurro era un poco imbarazzato “Forse avrei dovuto dirvelo un po’prima, ma corre voce in giro che voi teniate troppo contegno nei confronti del giovane Norris e questo non giovi alla vostra reputazione in società…”

“Cosa?!”

“Vi assicuro che è la pura verità. Temo che in giro cominci a formarsi la convinzione che il modo freddo con cui trattate il signor Alexander vi faccia passare per una contadinotta poco educata.”

Callie spalancò la bocca, sbalordita  “Non ci posso credere! Io maleducata! Se solo si prendessero la briga di farsi un esame di coscienza!”

Linda si premurò di mettere a tacere i bollenti spiriti di Callie, che ora si era alzata e camminava impaziente per la stanza. “Non è ancora cosa affermata, ma è solo un brusio che fa capolino qua e là…non dovete darvi tanta pena!” fece la bionda, inseguendola in lungo e in largo per la camera.

Callie si fermò di botto “Quindi che dovrei fare?!” fece con aria ironica “Immagino che per non farmi distruggere dalla Buona Società io debba omologarmi a tutte le sue fanatiche signorine?! Neanche morta!” urlò infine.

Linda alzò gli occhi al cielo: quando si parlava di Alexander James Norris, l’amica perdeva il controllo. E ancora si ostinava a negare i sentimenti che provava nei suoi confronti.
”Io odio quell’uomo!”

Sapeva che non era vero, perché Callie era profondamente ferita. Ma non era Alexander che lei odiava, anche se le ricordava tanto il passato. La persona che veramente detestava era sempre e solo una, malgrado gli anni passati. Il giovane signor Norris era colui che aveva risvegliato il sentimento e i ricordi in Callie, un sentimento che le faceva male.

Bruciava e si stava pian piano consumando…

E Linda era quasi convinta che anche per l’uomo fosse lo stesso. Anche se erano lontani come non mai in quel momento. “Inutile. Callie si è arresa, non vuole più sapere né cercare di comprendere nulla di quell’individuo...”

La voce rassegnata della ragazza castana le giunse alle orecchie “Vorrà dire che dovrò cercare di essere un po’più finta con lui. Lo saluterò, cercherò di essere un po’più sorridente quando lo incontreremo…ma nulla più di questo.”

Linda le prese le mani “Non deve essere niente più di questo! Poi, qui ci sono io! Potete sempre contare sulla mia amicizia…”

“Ci sarò sempre io accanto a voi, qualsiasi cosa accada!”

Callie guardò i suoi occhi azzurri e fu invasa da un gran senso di tenerezza. Sorrise all’amica e l’abbracciò stretta “Non saprei come fare senza di voi, amica mia! A voi e alla vostra saggezza!”

La sentì ridere divertita. Socchiuse gli occhi, mentre il sorriso spariva dalle sue belle labbra.

Alexander…me l’hai fatta un’altra volta.

Poiché la tua fama può distruggere la mia reputazione nella società in pochi minuti.

Non odi anche tu essere così egoisticamente amato e ammirato?

Io ne sarei disgustata.

 

Callie era impegnata in una fitta conversazione con Linda, Margareth e altre due o tre signorine, riguardante il suo libro preferito. A fare da sfondo alle sue argomentazioni, il pianoforte strimpellato un po’maldestramente dalla signorina Duval, padrona della serata e della casa presso cui si era riunita metà Londra.

“Difenderò sempre e comunque Orgoglio e Pregiudizio, fino alla mia morte!” asserì Callie sorridente “Emma, purtroppo, non sono riuscita ad apprezzarlo fino in fondo!”

Fiona Thompson intervenne indignata “Che mi tocca sentire! È  il mio preferito senza dubbio alcuno! Come ha fatto a non piacerle?”

“Non dico che non mi sia piaciuto! Ma la figura di Eliza è insuperabile ai miei occhi!”

La voce intimidita di Margareth coprì il verso di disapprovazione di Fiona “E le due sorelle Dashwood? Ragione e sentimento?! Io…io preferisco di gran lunga loro due!”

A questo punto le varie opinioni si sovrapponevano le une con le altre e il cicaleccio delle ragazze era diventato alto e fastidioso. Linda, l’unica in silenzio, sospirò: era evidente che ognuna aveva idee molto diverse. Anche se il punto focale era che nessuno sapesse il vero nome dell’autrice di quei meravigliosi libri.

“Secondo voi ne scriverà altri?”

“Speriamo proprio!”

“Deve essere così!”

Per quanto le ragazze potessero essere impegnate in una lunga discussione, una sola frase bastò a ridurle al silenzio e all’attenzione.

“Oh! Signor Alexander ve ne prego, suonate qualcosa!” aveva esclamato la signorina Duval, con il suo trascinato accento francese. Aveva smesso di suonare e ora aveva preso a braccetto il giovane Norris che scuoteva la testa corvina, sorridente. “Non costringetemi, sapete che non suono che poche volte!”

Fiona Thompson, che conosceva sicuramente molto meglio Alexander della signorina Duval, si portò davanti ai due “Avanti, amico mio! Suonate veramente poco, ma così magnificamente bene!”

L’uomo si inchinò un poco di fronte alla donna che si era portata ora vicino a lui. Altri si unirono al coro dei ‘Vi prego suonate!’ e così Alexander non ebbe più vie di fuga. Si avvicinò al pianoforte e, sospirando rassegnato, disse “Solo per pochi minuti...”

“Oh, perché dovete fare così tante storie?” si lamentò la signorina Duval, nascondendosi leziosamente dietro al ventaglio colorato “Ora che so quanto siete bravo, sono ancora più curiosa di sentirvi suonare!”

Callie osservava il capannello che si era formato vicino alla figura alta dell’uomo. Quando l’aveva incontrato all’ingresso, ore prima, si erano di nuovo rivolti la parola dopo quell’incidente spiacevole. Niente di rilevante, ma erano bastati due saluti di pura e formale cortesia per farla sentire bene. Non avrebbe dovuto essere così: era solo perché la formalità glielo richiedeva che gli aveva rivolto la parola.

Però, in quel momento, si era sentita arrossire sotto il suo sguardo un po’stupito ed era stata stranamente contenta delle parole gentili che lui le aveva dedicato.

Io odio quell’uomo!

Callie si portò una mano sulle labbra rosee “Ad ogni modo…non posso perdonare il suo comportamento. Dall’inizio alla fine!”

La voce di Jane Thompson, cugina delle due sorelle più popolari di Londra, interruppe i suoi pensieri “Sapete perché il signor Alexander non suona quasi mai?”

Callie si voltò verso di lei, interessata “No, ma vedete, io non so quasi nulla di quel signore…”

Ed era così vero…

Perché sentiva quel impellente bisogno di capirlo? Di sapere?

“Beh, allora sarò io a dirvelo!” sussurrò la giovane sporgendosi verso di lei “Non è cosa certa, ma Fiona mi ha confidato ch’egli soleva suonare il piano praticamente ogni giorno. S’intende che parliamo ancora di parecchi anni fa, quando il signor Alexander viveva e studiava in Portogallo. Ma poi pare che sia accaduto qualcosa e ch’egli abbia giurato di non suonare mai più nemmeno una nota…mi chiedo che possa essere accaduto! E voi?”

“E sembra di impazzire poiché non si può dimenticare un dolore così grande…no, non è possibile. Ci si rassegna solo, alla fine.”

Callie rispose un vago ‘Non saprei ’ e posò lo sguardo sull’uomo con un sottile senso d’ansia: allora era vero. Era proprio come aveva immaginato. Una tragica perdita aveva segnato la vita di quell’assurdo damerino…si chiese ancora una volta di chi potesse trattarsi.

Una donna?

Le sue mani si strinsero istintivamente sul vestito “Perché mi sento così triste per lui?” pensò, non accorgendosi subito di avere gli occhi neri di Alexander James Norris puntati su di lei. Era così presa dalle sue preoccupazioni che non si era minimamente resa conto di avere uno sguardo un po’ malinconico puntato addosso. Si sentì arrossire: la guardava ancora con uno sguardo estremamente triste.

Ma fu un momento. Alexander si voltò verso il pianoforte e, osservandolo come se non sapesse bene cosa fare, cominciò a suonare. Se l’inizio era stato un poco incerto, dopo poco le sue mani si muovevano leggere sulla tastiera, come se stesse sfiorando i tasti. A Callie sembrava che non avesse fatto altro per tutta la vita se non suonare.

Accompagnava quella melodia meravigliosa con un’espressione serena, un sorriso a fior di labbra, un vero sorriso di tranquillità….e la ragazza non poté far a meno di esser completamente assorbita da quelle note, forse le stesse che aveva suonato per quella donna.

E quando la musica finì, si ritrovò ad applaudire con tutti gli altri; un sorriso che le sfuggiva dalle labbra “ Sembra incredibile che una persona tremenda come voi possa produrre qualcosa di così bello…” pensò, guardandolo alzarsi e gustarsi tutti i complimenti della cerchia che gli stava attorno.

“Bethoveen…” fece Linda, al suo fianco.

Callie annuì “ Sì, Moonlight sonata….eseguita perfettamente.”

“Come fate a dirlo? Non vi intendete moltissimo di musica!” la prese in giro l’amica ridendo.

“Per me era perfetta.” sussurrò la ragazza castana, gli occhi ancora puntati su Alexander e l’espressione pensosa.

Linda aprì la bocca, forse per dire qualcosa, ma fu chiamata da Margareth, e dovette quindi tacere la sua opinione in merito all’esecuzione del giovane Norris.

Callie era ancora immobile. Ora l’uomo se ne stava trincerato dietro ai soliti modi artificiosi e, con un sorriso soddisfatto sulle labbra, ascoltava le lodi di una signorina Duval più che sognante.

 “Che individuo impossibile….però, per un momento, è come se avessi intravisto la vostra anima, signor Alexander….ed è molto triste e malinconica. Quasi come la mia.”

Come se avesse potuto sentire i pensieri della ragazza, Alexander si voltò verso di lei perforando i suoi occhi nocciola con uno sguardo serio e calmo. Callie, sentendosi arrossire come un peperone, gli sorrise e si voltò di scatto, avviandosi velocemente nel salone adibito alle danze.

Si sentiva così in imbarazzo! Le sembrava ancora una volta di starsi impicciando nei suoi affari personali, come se non potesse farne a meno…proprio come una ragazzina ficcanaso.

Attraversò il piccolo corridoio che portava alla grande sala. Era quasi sulla soglia che la sua ‘corsa’ fu letteralmente bloccata da una stretta ferma ma gentile sul suo braccio scoperto. Voltandosi, ebbe la sorpresa di trovarsi di fronte ad Alexander e ritornò subito alla mente a quel giorno, nel giardino di casa sua.

“Lasciatemi il braccio…mi state facendo male!”

Ma ora non la stringeva affatto e, anzi, la stava osservando con uno sguardo stupito, come se nemmeno lui capisse cosa l’avesse indotto ad inseguirla e a fermarla in quella maniera.

“Signorina…signorina…”

Il suo tono era incerto, sembrava che non sapesse bene cosa dirle. E Callie, con il cuore in gola, non riusciva a muovere un solo muscolo: era in attesa delle sue parole. Forse finalmente le avrebbe spiegato, le avrebbe rivelato il mistero dietro al suo carattere indecifrabile, a quella meravigliosa musica di prima. L’avrebbe aiutata a capire.

“Io…” iniziò “…volevo solo…”

“Buonasera, Callie.”

Quella voce.

La ragazza e Alexander si voltarono verso la persona che aveva parlato. Callie si sentì ghiacciare: dopo anni di silenzio, anni passati a rimarginare la ferita e a vergognarsi di sé stessa, dopo anni di odio e rancore, lui era lì, di fronte a lei. Capì di non riuscire a muoversi né a parlare.

L’uomo sorrise e fece un breve inchino galante ad Alexander “Permettetemi di presentarmi, sono Henry William Bell…amico di vecchia data della signorina Honeycombe.”

Amico di vecchia data…era impossibile…

Sentì che Alexander rispondeva vagamente alla presentazione, mentre lei non riusciva a fare niente di meglio che starsene lì impalata a fissare quell’uomo comparso direttamente dal suo passato. Era affascinante come un tempo: lo stesso abbigliamento costoso, lo stesso sorriso artificioso e galante, gli stessi occhi azzurri che sembravano leggere la mente. Ci sarebbe stato quasi da ridere.

Sentì gli occhi neri di Alexander su di sé: la fissava preoccupato.

“Callie…” fece suadente Henry “ Posso presentarti mia moglie Paula?”

Sua moglie…

Doveva assolutamente andarsene via da lì.  Doveva scappare via.

 “S…sì, certamente…ma ora…” cominciò a balbettare “…devo proprio andare…sapete, ho sentito …che la signorina Thompson…sì, lei mi stava cercando urgentemente. Lieta di averla rivista, signore.” e s’impegnò per far trasparire più disprezzo possibile in quell’ultima parola.

Cercò di scansarlo, lasciandolo solo con Alexander poiché non dubitava che quei due sarebbero andati sicuramente d’accordo. Ma ovviamente lui le si parò davanti, bloccandole la sua unica via di fuga, cosa che era poi tipicamente da signor Bell.

Quante volte l’aveva fatto?

Tante, troppe.

“Ma come?” le sussurrò l’uomo “Non mi vedi da anni e, dopo tutto ciò che abbiamo condiviso, non vuoi parlarmi neanche un po’? Mi deludi Callie…avanti, almeno concedimi un ballo. Ti piace danzare, se non ricordo male.”

Callie spalancò gli occhi, inorridita. 

Come si permetteva di darle ancora del tu?

“Mi deludi, Callie…”

Notò che si stava per sporgere verso di lei, ma un braccio teso si intromise veloce nel suo campo visivo. Callie guardò perplessa Alexander James Norris che si portava davanti a lei, nascondendola alla vista del signor Henry.

“Mi spiace, ma questo è impossibile. La signorina Honeycombe stasera è con me. Gradirei, inoltre, che non si rivolgesse più a lei con questo tono, se non vi dispiace.”

La ragazza non poteva vedere gli occhi taglienti dell’uomo, ma le bastò sentire il tono freddo di Alexander per capire quanto fosse furioso. Abbassò gli occhi sulle sue scarpette verdi, arrossendo furiosamente: la stava proteggendo?

“Capisco…” rispose lentamente Henry Bell dopo un lungo momento “ …ho sentito parlare molto di voi, signor Norris. Si dice che abbiate la società londinese in pugno…siete degno erede di vostro padre David, sapete?”

Il tono irrisorio con cui era stata pronunciata l’ultima frase indicava che non si trattava affatto di un complimento, ma la voce di Alexander rimase comunque fredda e calma “Ne sono onorato, signore. E ora, se volete scusarci noi andremmo…buona serata.”

Prese Callie per il polso, mentre questa guardava imbambolata la scena, incredula che il signor Norris Junior la stesse difendendo come un vero gentiluomo, e la trascinò lontano da lì, all’interno del salone.

“Arrivederci Callie” soffiò Henry, ormai solo.

 

Vi era così tanta calma ora: si sentiva completamente vuota. Fino a pochi momenti prima le era sembrato di soffocare, tanto il passato la stava  inghiottendo. Tanto il cuore sembrava essersi fermato e aveva così sconnesso ogni nervo del suo corpo, gettandosi in balia dei ricordi. Ricordi resi reali dalla presenza di quell’uomo che ormai da anni non aveva più rivisto. L’aveva trattata come se non fosse mai accaduto nulla, come se quattro anni non fossero mai passati.

Ma in quel preciso istante, con le voci e la musica che le giungevano smorzate, come lontanissime, e la brezza notturna che le muoveva un poco le ciocche di capelli sfuggite dall’acconciatura, era perfettamente tranquilla. Respirò a fondo, godendosi quel momento di pace: sapeva che non sarebbe durato molto.

“Vi sentite meglio?”

Callie si voltò verso l’uomo al suo fianco: si era completamente scordata della sua presenza. Alexander James Norris se ne stava appoggiato al muro bianco a braccia incrociate e la osservava con aria seria e concentrata, ignorando completamente i capelli corvini che, mossi dal vento, gli ondeggiavano continuamente sopra gli occhi.

“Si dice che abbiate la società londinese in pugno.”

Callie riposò lo sguardo sul panorama di fronte a lei. Non che fosse interessante, solo comignoli di case lontane, ma non aveva proprio voglia di incontrare quegli occhi neri “Sapete…” cominciò “...vi sono andata incontro per salutarvi, poche ore fa, solo perché girano strane voci sulla mia educazione. Sembra che la vostra fama possa distruggere anche la reputazione di una campagnola come me, signore. Per quanto possa io averne!”

Alexander sospirò e, con un sorrisetto saccente disse “L’avevo immaginato. E, credetemi, ne sono veramente dispiaciuto….”

“Bugiardo.” sussurrò Callie sorridendo anch’essa in maniera alquanto ironica “State perdendo la vostra sorprendente abilità di fingere, sapete?”

“Da quando ho incontrato voi, probabilmente….”

“Non posso più guardare nessun altra da quando ho conosciuto te.”

L’uomo scosse la testa, scacciando quel ricordo scomodo.

Fissò la figura esile della ragazza castana che si stagliava di fronte a lui, illuminata da una pallida luna e dalle poche candele posate qua e là sul pavimento dell’ampio balcone. I suoi occhi nocciola erano persi lontano e Alexander per un secondo pensò che non fosse veramente lì con lui, ma in un altro tempo, nel passato. Gli venne anche in mente che quella situazione li rispecchiava perfettamente: Callie sempre nella luce, poiché nemmeno la sofferenza in lei era nascosta; e lui invece nell’oscurità intento ad osservare.

Così, visto che la signorina Honeycombe non sembrava intenzionata a spezzare in alcun modo il silenzio che si era creato e nemmeno a guardarlo in faccia, chiese “Cos’è successo?”

Callie si voltò perplessa verso il cono d’ombra dove si trovava il damerino “Cosa?”

“Lo sapete benissimo, signorina…con quell’uomo, intendo.”

La ragazza ebbe un sussulto agitato. Di certo non avrebbe dovuto dirgli nulla, d’altronde non solo erano affari suoi personali, lui era praticamente uno sconosciuto e lei lo detestava; ma Callie sentì d’aver paura del suo giudizio. Però poi si ritrovo lei stessa a dire, con voce incerta “ Tanti anni fa…soggiornò per un anno presso la nostra zona…è lì che mi ha corteggiata.”

“Eravate innamorata di lui?”

L’uomo non toglieva gli occhi da lei nemmeno per un secondo. Il tono delle sue parole era calmo ma leggermente freddo e Callie si chiese il perché. Come si domandava il senso di quella sua domanda. Era semplicemente assurdo!

Abbassò gli occhi, arrossendo “Sì… Per mesi pensai di essere ufficialmente impegnata con lui. Avreste dovuto vedere la felicità di mio padre, di tutti i miei conoscenti! E poi lui era perfetto! I suoi modi così galanti, il suo rango, la sua sagacia, il suo abbigliamento così elegante e costoso! Tutti mi dissero che era il partito perfetto e anche io ovviamente lo credevo!”

Si accorse di stare quasi urlando e quindi tacque, imbarazzata. Dall’ombra Alexander la fissava attentamente, ancora in silenzio.

“ Ovviamente  ti ho corteggiata…ma non sei mai stata di certo l’unica. Stai cominciando ad annoiarmi, Callie.”

“Finché…” ricominciò piano lei fissando il pavimento “…non mi accorsi che qualcosa non andava. Si scoprì che il mio promesso sposo mi aveva raggirata poiché frequentava altre donne, tra cui la ricchissima ereditiera che ora è diventata la sua cara moglie devota. Oh, vi erano stati dei segnali, ma io non vi avevo dato peso perché, sapete, l’amavo!” e qui rise aspramente.

“E cosa avete fatto quando avete scoperto chi fosse realmente?” chiese la voce seria dell’uomo al suo fianco.

Callie alzò le spalle “ Mi misi in testa che tutto poteva essere sistemato, che magari mi amava davvero. Solo me e nessun altra. Lo supplicai, lo pregai in ginocchio…perché non se ne andasse. Ma quando vidi che davvero era solo stata un gioco buttato via, che lui non sarebbe mai rimasto…allora mi infuriai e lo raggiunsi a casa sua prima della partenza. Lo accusai, tutto il mio rancore represso esplose.”

“Tu mi hai sporcata! Avevi giurato di amarmi e invece mi hai solo usata! Io ti odio!”

Alexander era stato immobile tutto il tempo ad osservare i cambiamenti d’animo di Callie durante il suo racconto: prima strillava, in preda alla rabbia, mentre ora stava tremando. Capì che doveva essere accaduto qualcos’altro. Normalmente, non avrebbe dovuto importargliene nulla; mai si faceva coinvolgere dai sentimenti altrui, mai gli era importato veramente qualcosa delle donne che frequentava. Ma con la signorina Honeycombe sembrava andare tutto a rovescio, malgrado i suoi numerosi sforzi.

Quella sciocca ragazzina ha troppo potere su di me…

“E lui cosa fece?”

Callie si voltò verso di il signor Alexander. L’uomo la guardava ancora con quell’espressione seria e imperscrutabile di prima. Si chiese cosa stesse pensando in quel momento e se la paura che lei aveva provato nel rivivere quei momenti raccontandoli fosse penetrata un poco anche nel suo animo insensibile.

Tremò violentemente.

“Mi picchiò per mettermi a tacere.”

Callie sorrise leggermente vedendo Alexander staccarsi istintivamente dal muro e lasciar cadere la sua facciata di ghiaccio, l’espressione sorpresa ora stampata sul volto delicato.

Capite ora, perché non riuscirò mai a fidarmi di voi, signor Alexander?

Così brillante all’esteriore, mentre dentro siete pieno di egoismo corrotto…siete buio.

Devo trovare il coraggio di voltarvi le spalle e andarmene. Di non guardarvi più.

“Io non sono come quell’uomo.”

La ragazza castana spalancò gli occhi sorpresa. Guardò il damerino portarsi lentamente fuori dall’ombra, esattamente davanti a lei. La luce illuminava i suoi occhi neri e Callie capì dal suo sguardo serio che non stava affatto scherzando.

Qualcosa cominciò ad agitarsi dentro di lei.

Vedendo la sua figura così vicina, voltò la testa e puntò una mano sul petto dell’uomo cercando in qualche modo di mettere distanza fra il suo corpo e quello di lui. Di ricostruire quel muro andato in pezzi troppe volte.  “Non dite così…non ditemi così, per favore!” sussurrò.

Perché doveva rendere tutto più difficile?

Perché doveva mostrarle un’altra parte di sé proprio in quel momento?

Ora che si era rassegnata a non voler più saper niente di lui.

Alexander non si fece smuovere dalle preghiere della ragazza: Callie le sembrava più indifesa e innocente che mai, piena di luce. E il fatto che cercasse furiosamente di resistere gli dava la giusta forza per andare fino in fondo. La voleva. La desiderava disperatamente.

 Poiché da quando l’aveva conosciuta non faceva che consumarsi, bruciando poco a poco.

Non poteva sopportare che non lo guardasse in faccia, che quei bellissimi occhi nocciola così luminosi non si volessero far macchiare un poco dai suoi. Le prese il volto arrossato fra le mani e la voltò delicatamente, obbligandola a finalmente a guardarlo “Io non vi farei mai del male…”

Callie corrugò un poco le sopracciglia. “ State mentendo….ve l’avevo gia detto in passato: questi modi falsi su di me non hanno alcun effetto.”

Anche perché del male, voi me ne avete già fatto…

“Ora siete voi che mentite…signorina Honeycombe, siete una piccola bugiarda, sapete?” fece lui sfoderando un sorrisetto divertito che rese il suo viso, a parere della ragazza, ancora più irresistibile.

Come al solito, le mani fresche di lui sembravano lasciare un marchio invisibile sulle sue guance arrossate e Callie sentì il solito bisogno di fuggire mescolato al desiderio di rimanere inchiodata lì.

Ma poi l’uomo tolse la sua presa su di lei delicatamente e le poggiò una mano sulla spalla “Ora vi sentite meglio?”

A parte il rossore che rischiava di farla assomigliare ad una ciliegia e il fatto di esser prossima ad un infarto; Callie era pronta ad ammettere di sentirsi più sollevata, svuotata da quella confessione fatta non solo ad una persona estranea, ma a quell’uomo impossibile che diceva di detestare.

“Eppure anche prima, è stato lui a salvarmi dal passato e portarmi qui…” pensò la ragazza, per poi rivolgere un incerto sorriso grato ad Alexander e dire “Sì, sfogarmi con voi, anche se inaspettato, mi ha aiutata…lo devo proprio ammettere!”

Ma questo non implica che ora io mi fidi di voi…

…però un poco siete migliorato ai miei occhi signor Alexander James Norris.

“Temo che dovremo tornare dentro.” asserì lui voltandosi verso l’interno di casa Duval e togliendo la mano dalla spalla di Callie “Le vostre amiche si staranno chiedendo dove siete finita e tutto il resto degli invitati starà di certo parlando della mia scomparsa!”

La ragazza castana cercò di reprimere un risolino divertito e disse, in tono forzatamente serio “ Non per me. Credo che prenderò congedo e farò chiamare una carrozza, d’altronde questa serata è stata un po’troppo e mi sento veramente stanca.”

È stato un po’troppo rivedere quell’uomo e confessare tutto a voi.

Sento di dover pensare.

Alexander si voltò verso di lei con lo sguardo pensieroso “Sarò felice di accompagnarvi a casa con la mia carrozza, in questo caso.”

Lei sussultò, sorpresa. “N…non ce n’è veramente bisogno!” balbettò imbarazzata “Poi, di certo la signorina Duval rimarrà molto delusa, come il resto dei presenti,  dalla vostra assenza!”

L’uomo, con un gesto di noncuranza, le rispose indifferente “Non è importante. A me non interessa molto ciò che Londra pensa di me…e in qualsiasi caso nessuno mi biasima mai troppo.”

Callie si morse un labbro e disse in tono severo “Non credo di essere molto d’accordo su questo vostro modo di pensare…è talmente egoistico!”

Ma da quanto tempo aveva smesso di interessarsi a qualcuno che non fosse solo ed esclusivamente sé stesso?

“Immaginavo che mi avreste risposto così.” commentò lui con triste ironia. Lui e quella ragazzina non sarebbero mai riusciti ad andare d’accordo veramente su qualcosa, d’altronde con le parole non riuscivano a fare altro che ferirsi o fraintendersi. Era terribilmente testarda nei suoi confronti.

E questo di lei, gli piaceva.

D’altronde chi si metterà mai in testa di darmi contro?

  
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