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Autore: Malvagiuo    20/09/2011    2 recensioni
Risvegliarsi e scoprire che qualcosa di orrendo ti è appena accaduto... qualcosa di inspiegabile e di terribile, che non riesci a comprendere. Ecco la mia storia. Io sono morto. Ma sono ancora vivo. E il mondo intorno a me è cambiato.
Genere: Horror | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Il boato riecheggiò a lungo per diversi chilometri.
L’esplosione generata dalla bomba fatta in casa da Alessandro aveva sortito l’effetto desiderato. Una coltre di calore avvolse l’area circostante, mentre i corpi dilaniati degli zombi giacevano inceneriti tutt’attorno. Molti si muovevano ancora, ma non erano più in condizioni di minacciarlo. Fiammelle e incendi divampavano sugli edifici accanto e sulla strada, annerita per tutta l’estensione dell’esplosione.
Agganciatosi alla carrucola montata al di sopra del balcone, Alessandro si calò sull’asfalto imbracciando il proprio fucile. Aveva con sé un’arma nuova, qualcosa che non aveva potuto utilizzare finora. La estrasse e si avvicinò al più vicino dei rifiuti che ancora strisciavano.
Un disgustoso liquido nero colava da ogni poro di quella faccia devastata, presumibilmente cervello e residui di carne decomposta. Afferratogli il grinzoso cuoio capelluto con la mano guantata, Alessandro gli fece il giro attorno sedendosi sulla sua schiena e cominciò a segare fischiettando. Il morto naturalmente non emise gemiti di dolore – e questo un po’ smorzava il divertimento -, ma era evidente che cercava di ribellarsi. Scoperchiata la calotta cranica, Alessandro gettò i frammenti di pelle marcia che aveva reciso. L’osso nerastro e liscio appariva solido, e dovette colpirlo parecchie volte con il manico del machete per scalfirlo. Quando la superficie parve sufficientemente indebolita, Alessandro la sfondò con un pugno deciso. Il contatto con le cervella dapprima fu repellente, ma a poco a poco la vista della brodaglia rossastra che colava fuori parve appagarlo.
Estratta la mano, Alessandro si rialzò e s’incamminò lungo la strada principale. Non si accorse della sostanza nera e lucida che strisciava fuori dalla testa sfondata dello zombi. Anche se l’avesse notata, non si sarebbe accorto della sua particolarità.
 
Camminava da circa un’ora, e assaporò appieno la sgranchita di gambe che non si era potuto concedere da quando era cominciata l’epidemia. Ogni tanto intravedeva alcuni di quei cosi, ma erano troppo malridotti per costituire una minaccia. Quel flagello sarebbe terminato, su questo non v’era dubbio. La decomposizione avanzava anche per quegli esseri, e una volta raggiunto uno stadio avanzato cessavano di essere un pericolo. A giorni, l’esercito avrebbe ripreso possesso di quei territori.
Quindi, era importante godersi la pacchia finché poteva farlo.
Fu distratto dai suoi pensieri da un grido. Un grido umano. Anzi, di una donna. I cosi non urlavano. Probabilmente, aveva a che fare con una superstite.
“Ne varrà la pena?” pensò tra sé.
Ci rifletté un attimo.
“Si tratta pur di sempre di violenza” decise, scrollando le spalle. Poi cominciò a correre.
Le grida provenivano dal primo piano di un condominio, la cui entrata era sbarrata. Invalicabile per uno zombi, ma non per lui.
«Qui dentro dev’essersi rintanata una manica di stronzi. Come cazzo pensavano di resistere con una barricata di merda come questa?»
Abbattuta l’entrata con un calcio, Alessandro si avventurò al suo interno orientandosi con i rumori e le urla. Raggiunto il primo piano, fu guidato verso una stanza dove c’erano tre uomini e una donna. Nessuno di loro era uno zombi. La donna, a quanto poteva vedere, era abbastanza nei guai. Vestiti strappati di fresco e quei tre lupi arrapati che la tenevano ferma per darle una bella ripassata. Cose che potevano succedere, nello status quo.
I tre tizi erano troppo occupati per accorgersi di lui, talmente occupati che non si erano resi conto nemmeno che fosse già entrato nella stanza. Non avevano ancora cominciato a fare sul serio. Ma era questione di secondi, ormai. Quando il primo si calò i pantaloni per dare inizio alla festa, lasciò che si accorgessero della sua presenza ricaricando rumorosamente il fucile a pompa.
Il gruppetto si arrestò di botto e le tre teste si volsero di scatto all’unisono. Il violentatore numero Uno, quello con le braghe calate fino alle caviglie, aveva l’aspetto più bestiale. Colorito cinereo, lurido come un topo che ha appena fatto il bagno nella cloaca all’ora di punta. I numeri Due e Tre avevano una stazza simile, inferiore a quella dell’Uno. Non dovevano essere soggetti particolarmente benaccetti neanche prima del “disastro”.
«Buongiorno, signori. Sono Babbo Natale e sono venuto a portar doni».
«Chi è questo demente?» grugnì Due.
Alessandro, nonostante il fucile a pompa, non aveva un aspetto che incutesse timore. Lo sguardo placido, il sorriso sereno, le guance piene lo avrebbero reso un credibile Babbo Natale con il costume adatto.
«Dacci il fucile, stronzo. O preferisci che ce lo prendiamo da soli e facciamo anche a te il servizietto?» disse Tre, sputando.
Due non lasciò che Alessandro prendesse una decisione. Si avventò su di lui convinto di coglierlo di sorpresa. Quando una scarica di pallettoni si abbatté sul suo viso facendolo esplodere in migliaia di brandelli di carne, che andarono a decorare l’aspetto di Uno e Tre e anche la donna, nessuno mosse un dito per la sorpresa. Solo quando videro il corpo senza testa del compare, ancora tremante e disteso per terra, si resero conto che Babbo Natale aveva davvero un sacco di regali per loro.
«Tu che cosa vuoi per Natale, invece?» domandò Alessandro, sorridendo, a Uno.
Uno, che nel frattempo si era rimesso i pantaloni, riconobbe di essere nei guai.
«Va bene, ho capito. Ce ne andiamo. È tutta tua».
Un secondo boato, seguito da un urlo che esprimeva un dolore ben al di là dell’umana concezione. Alessandro aveva abbassato la mira e la seconda scarica di pallettoni aveva disintegrato la gioielleria di famiglia di Uno. Il povero violentatore si accasciò a terra, rannicchiandosi in posizione fetale e toccando la poltiglia sanguinolenta che fino a pochi secondi prima erano i suoi organi genitali. Lo stato di shock lo faceva tremare come se fosse preda di convulsioni, ma Alessandro non aveva tempo da dedicargli.
Tre aveva intenzione di vendere cara la pelle.
A differenza di Due, era riuscito a piombargli addosso e disarmarlo. Caddero entrambi a terra, il fucile venne scagliato lontano. Tre aveva un alito davvero pestilenziale, nemmeno un morto avrebbe puzzato tanto. Alessandro non si scompose più di tanto. Il povero Tre, avvinghiategli le mani intorno al collo, era convinto di strangolarlo. Ma il cacciatore si era trovato troppe volte in situazioni del genere per perdere la calma per così poco. Non tentò nemmeno di opporre resistenza alla sua stretta. Gli bastò far scivolare la mano destra lungo la coscia, estratte il pugnale da caccia e conficcarlo nel costato di Tre. Fu sgradevole il sangue che questi gli vomitò in faccia, ma era inevitabile, dopotutto.
Morì in meno di un minuto. Alessandro se lo scrollò di dosso e recuperò il fucile.
Nel trambusto si era dimenticato della donna. Pareva sconvolta e incapace di proferir parola. La degnò di uno sguardo e null'altro. Non era una preda, non più.
   
 
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