~ Ventisette maggio.
Se
ti dicono di alzarti tu siedi e quando siedono tu alzati in piedi. Non aver
fede solo in quello che vedi, insegui i sogni fino a quando li credi veri.
Ero tranquilla, niente avrebbe potuto intaccare il mio buon umore, al limite
accrescerlo.
Voi come vi sentireste a tornarvene a casa dopo quattro piacevoli ore senza
uno straccio di interrogazione, con uno dei vostri cd preferiti a palla nelle
orecchie e nessuna preoccupazione scolastica fino a lunedì prossimo?
Felici, sollevati, esatto.
Avrei potuto saltellare se non fosse stato terribilmente stupido e troppo poco
da me.
L'unica cosa che mi stupiva era la non ancora avveratasi apparizione del cameriere
col biglietto 'cosavuoidipiùdallavita', ma – vabbeh – mi
sarei rassegnata.
Citofonai in re minore al palazzo dove mio padre ha il suo studio e lui mi rispose
quasi subito, aprendomi il cancello e dicendo "Sì, un attimo e arrivo".
Nemmeno il pensiero che quell'attimo sarebbe durato una mezz'ora abbondante
riuscì a buttarmi giù.
Una sola cosa avrebbe potuto, ma ero determinata più che mai a non pensare
a quel bel profilo, a quei capelli viola, a quel sorrisetto scaltro, a quelle
mutande, a quel petto magrissimo e cereo, degno del Dio che lo possedeva…
[*l'autrice ansima, su di giri*]
Mi ritrovai a sbavare inconsciamente, mentre consciamente pensai che, avendolo
visto poco prima in moto, lui avrebbe dovuto essere a casa, magari
sul balcone, a giochicchiare come suo solito a calcio.
Spostai lo sguardo dal dritto-davanti-a-me alla mia sinistra e rimasi decisamente
perplessa nel vedere, accanto al motorino-rottamandurum, anche una
bella moto tirata a lucido, verde e nera, che aveva un che di familiare.
Con un attimo di ritardo perché la stragrande maggioranza dei neuroni
era ancora in pausa-Carlo, collegai quella moto a un tizio e quel tizio a Renato
Ferrante, meglio conosciuto come Mascottino.
Sì, quel mezzo di locomozione era inconfondibilmente la moto che il Mascottino
e il suo amico si scambiavano, guidata una volta dall'uno e una volta dall'altro.
Sì, ma… che ci faceva quella moto lì?
Desiderai essere Sherlock o più semplicemente Topolino, oppure Conan,
ma solo per un attimo, perché il momento successivo il mistero fu svelato.
Semplicemente mi bastò lanciare un'occhiata al balcone giusto per vedervi
due figurette sdraiate vicine.
Mentre un dubbio maniaco si faceva lentamente spazio in me, senza nemmeno pensarci
mi fiondai su per le scale del palazzo di mio padre, di fronte quello incriminato,
e bussai come una folle all'unica porta del terzo piano.
Il mio augusto genitore venne ad aprirmi, era solo in ufficio, e senza degnarmi
di uno sguardo tornò al suo amato computer, senza il quale temo non possa
sopravvivere per più di due ore.
Io approfittai e uscii sul balcone, decidendo di fare la guardona e spiando
i due del palazzo di fronte.
Il mio ego yaoimane era già partito in quarta, ma la realtà fu
restia a farsi battere.
Partì anch'essa con una sgommata da record, decisa a raggiungere la mia
immaginazione.
Andrea.
Dario, o almeno credo si chiami così.
Il moro.
Il biondo cenere.
Quello figo.
Quello un po' meno figo.
Il proprietario del motorino rottamandurum.
Il proprietario della moto sacrosancta.
Insieme.
Vicini.
Molto vicini.
Su un balcone.
Lo stesso balcone.
Sdraiati – e qui la maniacalità ha il sopravvento su tutto.
Andrea che si solleva, puntellandosi su un gomito, al rallentatore, e volta
un po' il viso, osservando Dario.
Dario pure lo guarda, in effetti lo guardava da un pezzo.
Andrea non si muove, sembra paralizzato.
Poi…
Poi niente, rimangono così per almeno due minuti.
Finché Catalessi riparte per una delle sue missioni.
Andrea si riscuote, Dario rimane immobile.
Il moro si abbassa, arrivando fin quasi con una spalla al pavimento.
Dario continua ad osservarlo.
Magari è curioso, magari è stupito, magari è terrorizzato,
schifato.
Magari…
Però non si ritrae quando Andrea avvicina il viso e anzi è proprio
sua la mano che si appoggia su una spalla del moro…
Moro che esita sulla sua bocca, cretino, ormai l'hai praticamente fatto, che
ti costa sporgerti un altro po'?
Azz, è un do'aho alla stregua della baka saru.
Si risolleva e in meno di mezzo secondo è in piedi, si volta come a voler
rientrare in casa, e Dario non si muove.
Sangue freddo pari a quello della kitsune artica.
I paragoni parlano chiaro, cari miei.
Dario dice qualcosa, probabilmente, e Andrea si volta verso di lui al rallentatore,
quasi lo facesse apposta.
Finalmente il biondo cenere si muove, prende l'iniziativa, probabilmente ha
capito che se lascia tutto nelle mani del moro finiamo a Natale.
Si solleva con un sospiro a metà tra lo spazientito e il divertito –
che fa anche rima – che si sente fin da qua e raggiunge Andrea, paralizzato.
Scuote la testa e lo bacia, poi rientrano in casa, mi sa che il moro è
svenuto.
O forse morto.
Sono passate due settimane.
Ho visto la moto di Dario nel parco di Sinopia ancora qualche volta, non molto
spesso, a dire la verità, ma per contrasto Andrea ha cominciato a venire
sotto la nostra scuola quasi ogni giorno.
Aspetta il suo biondo cenere.
Che tenerezza.
Marilena non ci può credere, in effetti stenterei anch'io se non avessi
visto… beh quello che ho visto.
Oggi però il bel moro non c'è.
E, a pensarci bene, non c'era nemmeno ieri.
E ieri era venerdì, giorno in cui, di solito, il biondo cenere va a trovarlo,
e la moto del suddetto non era al suo posto.
Uhmm… sospetto.
Sono tentata di prendere da parte il Mascottino e fargli "Mascòtto,
ma mica per caso il tuo amico e il suo ragazzo hanno litigato?", ma sarebbe
abbastanza stupido anche questo [forse un pochino NdA XD].
Vengo distratta dalla stupenda visione celeste che il mio Dio mi riserva anche
oggi, e rimango in Catalessi fino all'arrivo al solito parco.
Immagino di vedere il motorino rottamandum, e invece non c'è.
Strano.
Poi qualcosa attira la mia attenzione.
Una specie di libro in mezzo alle piante proprio di fronte il balcone di Andrea.
Non mi incuriosisce la scena in sé, quanto il fatto che io, quella specie
di libro, lo conosco bene.
Raggiungo la sfortunata copia dell'annuario della Leonardo da Vinci 2004/05
e la recupero, sfogliandola un po'.
E' decisamente sgualcita, come se qualcuno l'avesse usata come valvola di sfogo.
Probabilmente è così? suggerisce la mia mente che con
una punta di soddisfazione scopre di avere ragione quando raggiungo la pagina
della fu Terza F.
O meglio, quella che dovrebbe essere la pagina della fu Terza F.
E' divertente, si passa dalla Terza D alla Terza I senza mezzi termini.
Mi scomporrei se non fosse che, da yaoimane e divoratrice di racconti, sono
abbastanza esperta in questo genere di cose dal poter intuire la trama fin da
subito.
Evitando accuratamente anche solo di sfiorare la Terza L, sfoglio velocemente
le restanti pagine dell'annuario, arrivando alle ultime due, riempite di dediche.
Cerco qualcosa che possa incriminare il mio bel moro, ma niente.
Allora, lampo di genio, torno alle prime.
Ecce solutionem.
Sulla prima pagina, dove non avevo assolutamente guardato, una calligrafia da
adulto, come quelle dei medici, ha abbandonato un pezzo di cuore.
Perché lo sai, Andrea, tre anni non sono abbastanza.
Niente firma, ma io so chi è stato, eccome se lo so.
Dopo un moto di tenerezza, la dura realtà.
E una domanda:
Che cazzo è successo a quei due?
Lunedì, ecce secundam
solutionem.
L'amico del Mascottino, Dario, quando arriva a scuola, è particolarmente
depresso.
Non ha la moto con sé, e questo è già un brutto segno.
Comincio a meditare sul da farsi.
O meglio, so benissimo cosa devo fare, ma non in che modo.
Intanto, però, vengo distratta dall'ennesima apparizione divina e sono
costretta, da brava fedele, a sbavare mentalmente per quelle gambe, per quelle
mutande praticamente all'aria, per quel fisico slanciatissimo, per quella sigaretta
che non sa quale fortuna possieda, per quegli occhi scuri, per quegli splendidi
capelli…
Intanto passa il tempo… in fretta, troppo!
Prima che io abbia pensato a come fare quello che devo fare
è già ora di andare.
Kuso.
Crono non poteva avere pietà di me almeno per una volta, nooo…
Però – cavolo – quando vedo Dario così schifosamente
depresso non connetto più.
Dire che ha il morale sotto i tacchi è un eufemismo troppo allegro.
Costringendomi ad ignorare gli spasmi di Elèna che ha a sua volta visto
il MIO dio, sbatto la cartella per terra e tiro fuori l'annuario di Andrea,
che mi son previdentemente portata dietro, e individuo il biondo poco più
in là.
Ma contemporaneamente registro anche un'altra informazione: per raggiungere
Dario dovrò passare nel campo visivo del dio.
Ma questo non è un problema perché:
a). non mi chiamo Elèna e non sono ossessionata dall'idea di piacere;
b). non posso permettere che il rapporto tra due quattordicenni vada a puttane!
Ne va del mio orgoglio di yaoimane! Poi porterei la loro storia sulla coscienza
per sempre!
Così, modello toro imbufalito, mi dirigo dal biondo, e potendo mi strapperei
il cuore dal petto (o meglio dalla gola, visto che ha deciso di piantare le
tende lì).
Fortunatamente per me (e m'inchino alla Dea Bendata), c'è il Mascottino
con Dario.
Sfortunatamente per me (k'so), il Mascottino e Dario decidono di fermarsi proprio
dove, ne sono certa, tra trenta secondi passerà Carlo.
Ok, peggio di così non può andare, quindi almeno cerchiamo di
farci notare!, suggerisce la parte di me ormai disperata dal mio one sided
love.
Facendo perno su quest'ultima faccia del mio ego, proseguo imperterrita fino
a raggiungere i due.
Il Mascotto (che in questo momento bacerei) mi saluta e gentile gentile mi chiede
come sto.
"Tutto ok, tu?"
"Si sopravvive"
Guardo Dario, che fissa i sassi, tracciando cerchietti per terra con un piede.
"Lui non se la passa granché bene, eh?" dico, giusto per vedere
se il Mascottino sa.
E lui, evidentemente, sa, perché arrossisce e si prodiga per
portare il discorso su un altro piano.
Io gli sorrido, poi mi rivolgo a Dario.
"Riportaglielo", e gli consegno l'annuario, allontanandomi poi, lanciando
un'occhiatina al Dio che s'è fermato sotto un albero, poco lontano.
Una muta speranza si anima, poi stramazza dopo nemmeno tre secondi di vita,
perché Carlo s'appoggia alla macchina che dovrà riaccompagnarlo
a casa.
Sì, beh, però ero quasi sicura che stesse guardando qui, un
attimo fa…
E' il trentuno di maggio,
mercoledì, sono passati due giorni.
Ieri la moto di Dario era di nuovo sotto casa di Andrea.
*.*.*.*.*
Andrea, Dario, il Mascottino, Marilena, mio padre, Elèna e Carlo esistono.
Anche l'io narrante di questa storia esiste, e probabilmente si tratta di me.
Tutto questo è nato nella medesima situazione descritta all'inizio della
storia, stamane, 27maggio2006, salvo per il fatto che la moto di Dario non era
sotto casa di Andrea.
Catalessi: cane. citazione
dal cd di CapaRezza 'Habemus Capa'.
Leonardo da Vinci: la mia (e di Andrea e Dario) scuola media.
Do'aho: cretino; Hanamichi Sakuragi.
Baka saru: Hanamichi Sakuragi.
Kitsune artica: Kaede Rukawa.
Kuso e k'so: catz.
Mascottino: mascotte; Renato Ferrante, mascotte ufficiale della IV A.
Rottamandum: la dicitura esatta sarebbe rottamanditurum, ma suona male. comunque
è latino maccheronico, vuol dire "che deve essere rottamato".
Ecce (secundam) solutionem: ecco la (seconda) soluzione, latino maccheronico,
rielaborazione dell'Ecco homo', di – mi pare – Pilato.
La citazione all'inizio vien da "Consigli di un Pirla", Articolo 31. non c'entra niente con la storia ma sono le esatte parole che quei due pazzi mi stavano sparando nelle orecchie quando m'è venuta in mente la storia. [*si sente scalpiccio, poi due bazookate. Il giorno dopo, un prete: siamo qui riuniti per rendere omaggio agli Articolo 31, il cui più grave errore è stato ispirare anarchy, attirando così su di sé la furia dei lettori di ffict*]