Together
Le Ojamajo hanno 17 anni. Aiko un giorno scopre di avere un nuovo compagno di classe:
Leon. Quest’ultimo le svela che le figure nere sono fuggite e vogliono
vendicarsi sulle ex-streghette. Lui e gli altri Flat hanno il compito di proteggerle ed imprigionare le
creature maligne.
Dove
eravamo rimasti? Aiko scopre il segreto di Akatsuki, assistendo all’ “idea di Leon”. Quest’ultimo ha
deciso di travestirsi da “leggiadra donzella” e fingere di essere la fidanzata
del Principe dei maghi, per annullare l’imminente matrimonio tra la Principessa
Hana e il suddetto mago. Come previsto, Doremi e Tetsuya vengono attaccati da una figura nera, mentre sono
dispersi nel Nulla. Tuttavia una persona misteriosa li salva. Le altre ragazze
intanto scoprono che la chiave apparsa dal cerchio magico apre le porte del Bloody Blossom, nel quale ben
presto vengono a trovarsi Tetsuya e Doremi, accolti
da un anziano signore dall’identità ignota.
~
Capitolo 19
The place of relegated
freaks
~
Do what you, what you want, if you
have a dream for better.
Do what you, what you want, till you don’t want it
anymore.
Remember who you really are.
Do what you, what you want, your world’s closing
in on you now.
It isn’t over.
Stand and face the unknown.
Evanescence, What you want
Hana fissava il paesaggio decadente, su un piccolo
terrazzo del Palazzo Reale del Mondo dei Maghi. Ripensava agli occhi frustrati
del Principe di quel Regno e lo capiva. Sono
stata molto peggio io, avrebbe voluto dirgli, ma una sola parola sbagliata
– lo sapeva – lo avrebbe indotto a farle cambiare idea e ciò non era possibile…
Non era assolutamente concepibile. Ma la cosa che le faceva più rabbia era che lui non comprendeva. Immaturo, gliel’aveva detto in faccia e
allo stesso tempo se n’era pentita. Negli occhi del mago era comparso odio.
Nessuno l’aveva mai odiata così. E più di tutto, non le aveva dato una risposta
soddisfacente al suo insulto. Era
andato via, senza dire nulla, segno evidente che era stufo… di lei e di tutto
il Mondo della Magia, ma soprattutto di lei.
La ragazzina sospirò
col tentativo di scacciare l’angoscia. Perché si sentiva così? Non l’aveva
capito. Forse teneva più di quanto pensasse al rapporto con quel ragazzo.
Magari per lei non era solo un matrimonio per ragion di stato, ma qualcosa di
più.
Ad
interrompere quei pensieri fu un rumore di passi svelti. La principessa si
voltò, gli occhi color cioccolato erano persi e vuoti. La guardia Majorin le si era avvicinata.
‹‹Finalmente vi
ho trovata, Principessa.››
Il suo viso
sembrava preoccupato, ma la strega non mancò di inginocchiarsi al cospetto di Hana, al che lei con un gesto della mano glielo impedì.
‹‹È successo
qualcosa?›› le chiese, le sopracciglia aggrottate nel formare un’espressione
seria e curiosa allo stesso tempo.
La
guardia parve spaesata. In un primo momento, non seppe cosa dire, poi cominciò
a borbottare qualcosa: ‹‹Non so se possa rappresentare un bene o un male,
Principessa…››
La ragazzina la
fissò stranita.
‹‹Non capisco, Majorin.›› disse, ostentando quel che poteva definirsi un
mezzo sorriso.
‹‹Lo vedrà con i
suoi occhi, Principessa. Venga con me nella Sala del Trono.››
Majorin si voltò e si incamminò per il corridoio. Hana confusa la seguì, mentre il suo cervello si
arrovellava. Altre catastrofi, problemi, le figure nere, le sue mamme…? Erano
tutte ipotesi accettabili, ma non vedeva come potesse essere un bene. Solo
quando entrò nella Sala del Trono, dove il Re dei Maghi fissava un punto
indefinito davanti a sé, con un’aria serena, la Principessa accantonò ogni
possibile Apocalisse. Lo sguardo di lei andò a volgersi nello stesso punto dove
il Re stava guardando ed era come le aveva detto Majorin.
Non seppe se ridere o se piangere nel vedere quella bellezza dai capelli dorati
stringere il braccio del Principe Akatsuki.
‹‹Bene, ci siete
anche voi, Principessa.›› esclamò Akatsuki, mostrando
indifferenza e freddezza col tono che le aveva rivolto, ‹‹È giusto che voi
siate la prima a saperlo.››; indicò la ragazza al suo fianco, ‹‹Lei è la mia
fidanzata ed è una strega.››
La sua fidanzata mostrò un sorriso
sprezzante, stringendosi ancora più forte al Principe, e lei non poté fare
altro che serrare la mascella. Qualcosa
le si era annodato dentro. Qualcosa
le stava facendo graffiare i suoi palmi con le unghie. Qualcosa le stava facendo odiare quella bellezza dai boccoli
biondi.
Avanzò verso il
Principe, tenendo lo sguardo basso, onde evitare che la vedesse. I suoi denti
premevano sul labbro inferiore. Una mano rimase sospesa in aria per un momento,
ma il fine di quel gesto non si fece attendere molto: uno schiaffo. Il ragazzo
si andò immediatamente a toccare la parte lesa, mentre la ragazzina bionda ora
piangeva.
‹‹Non mi pento
affatto di averti dato dell’immaturo!›› gli aveva urlato, mentre un’altra
guardia faceva capolino della Sala Reale, attirando l’attenzione dei presenti.
‹‹Maestà.›› aveva
detto quest’ultima, ‹‹Le ex-apprendiste di Majo Rika
vogliono essere ricevute. Dicono si tratti di una faccenda importante.››
Akatsuki fissò la guardia terrorizzato e lo stesso fece
la sua fidanzata. Dopodiché si rivolsero
uno sguardo e cambiarono espressione più volte, come a voler comunicare
silenziosamente. Hana li guardava sconcertata, certa
che fossero impazziti, anzi no, certa che avessero qualcosa da nascondere.
Il Re si alzò in
piedi e fece un cenno alla guardia.
‹‹Falle entrare.››
disse, non spostando neanche per un attimo gli occhi dal figlio, ora
sospettoso.
Fantastico. Suo
padre non aveva certo una vista di falco, ma le ragazze avrebbero scoperto
all’istante l’imbroglio, e non solo quello. Avrebbero anche saputo del
matrimonio. Era rovinato.
‹‹Avanti,
ragazze, non mi pare sia il caso di interrompere la riunione del Re!›› stava
urlando una voce al di là del portone, che conduceva nella Sala Reale, che in
quel momento la guardia stava aprendo per permettere il passaggio delle streghette. Aiko ora guardava
perplessa il portone semiaperto. Era troppo tardi. Mosse il capo con
l’intenzione di dire alla ragazza dai boccoli dorati di voltarsi dall’altro
lato. Quella obbedì, sudando freddo. Le altre ragazze e Tooru
ora fissavano straniti i presenti. Dovete ammettere che vedere Akatsuki a braccetto con una bella fanciulla, Hana con le lacrime agli occhi e, allo stesso tempo,
un’aria interrogativa, e il Re e la Regina indifferenti a tutto quello, non era
certo qualcosa da potersi definire normale.
‹‹Venite avanti.››
disse loro il Re.
“Cavolo, cavolo, cavolo.”
‹‹Preferiamo
stare qui!›› strillò la sportiva.
La ragazza dai
capelli blu ricevette delle occhiate sbalordite.
‹‹Che hai, Ai-chan?›› le sussurrò Onpu.
Lei non trovò
risposta a quella domanda.
‹‹Avete ragione.
Meglio entrare.›› farfugliò.
Un’ultima
occhiata preoccupata, poi le ragazze si avviarono dentro. Aiko
stranamente allungò il passo, parandosi davanti alla coppietta.
‹‹Ciao, Hana!›› disse poi, salutando con noncuranza la ragazzina,
che ora aveva il medesimo sguardo degli altri.
‹‹C’è qualcosa
che non va, Majo Aiko Senoo?››
le domandò il Re, con un sorriso divertito.
La ragazza
interpellata mosse le labbra, senza tuttavia riuscire ad emettere alcun suono.
‹‹Non devi
preoccuparti, perché ho già scoperto tutto.›› continuò quello, mentre il suo
sorriso si allargava e un indice della sua mano si andava a puntare verso la
ragazza dai boccoli dorati, ‹‹Non mi avevi mai fatto divertire così tanto, Leon.››
Le mascelle della
coppietta felice cascarono a terra,
lasciando posto ad un’espressione sbigottita. Akatsuki
si riprese subito, per modo di dire, e fulminò con lo sguardo la sua fidanzata.
‹‹Due moine, eh?›› sbottò il Principe, nel
tentativo di fargli il verso.
L’espressione del
Re divenne seria.
‹‹Figliolo, credo
davvero di essere d’accordo con il ceffone che la Principessa ti ha poco
gentilmente concesso.››, il tono dell’uomo dava a quella frase un alone di
rimprovero non indifferente e Akatsuki non poté fare
a meno di non guardarlo in faccia, ‹‹Il tuo comportamento si è rivelato poco
adatto ad un buon sovrano, soprattutto per l’aver scelto, al posto di salvare
il tuo Regno, di mettere in scena una stupida quanto assurda commedia, sebbene
devo ammettere che Leon non sia male vestito a quel modo.››, un risolino a quel
punto gli era sfuggito sotto i baffoni, ma Akatsuki
non si lasciò trasportare dall’ironia del padre.
Dal canto loro, i
nuovi arrivati, fuorché Aiko, assimilavano ogni
minima parola del Re pur di capirci qualcosa, azione che si rivelò alquanto
complicata per l’assenza di taluni elementi.
‹‹Allora…››
cominciò il giovane mago, gli occhi stretti in due fessure, ‹‹non sarò più tuo figlio.››
La frase lasciò
senza parole il suo interlocutore. Quando gli sguardi dei due si incrociarono
di nuovo, il più anziano non riuscì a trattenere una smorfia confusa, mentre
l’altro lo fissava deciso.
‹‹Non sarò più il Principe.›› continuò questo,
voltandosi e dirigendosi a passo veloce fuori dalla stanza.
‹‹Aka!›› lo chiamò Leon, con l’intenzione di fermarlo, ma
neanche quello aveva smosso il Principe.
Hana guardò immobile la porta tornare indietro per
chiudersi, ma non passò neanche un secondo, che lo seguì. Doveva fermarlo.
~
‹‹Benvenuti
nel Bloody Blossom.››
L'anziano
signore, che aveva pronunciato quella frase, con un tono pressoché lugubre, si
alzò senza fatica dal trono, che aveva occupato fino a quel momento. Doremi
strinse più forte il braccio di Tetsuya,
evidentemente intimorita dal vecchio. Questo iniziò a scrutarli con interesse,
senza cancellare il ghigno dal suo viso, muovendo qualche passo intorno ai due
giovani, con la schiena curva a causa della veneranda età.
‹‹Sarei davvero
curioso di sapere cosa avete fatto per finire in questo posto anche voi.››
disse, fermandosi dopo aver fatto un giro completo.
‹‹Ci
siamo capitati per sbaglio e non sappiamo che posto sia questo.›› rispose la
ragazza dai capelli rossi, all’uomo che sembrò non crederle molto.
La
fissò con un’espressione scocciata, come se quella ormai fosse una routine.
‹‹Possibile che
tutti voi neo-abitanti del Bloody Blossom
siate così timidi?›› esclamò, ‹‹I crimini li commettono tutti, miei cari
mocciosi!››
‹‹Crimini?››
domandò Tetsuya.
‹‹Noi
davvero non sappiamo che posto sia questo.›› insistette la ragazza.
A
quella frase il vecchietto rise di gusto ed anche per un bel po’ di tempo.
‹‹State messi
bene allora!›› disse tra una risata e l’altra, poi fece una pausa, mentre il
suo ghigno si spegneva, per lasciar posto ad un volto serio, ‹‹Questo posto è
il luogo d’esilio per i condannati del Mondo Magico.››
La rossa
boccheggiò per un istante.
‹‹Esiste un posto
simile?›› domandò Tetsuya, più a Doremi che al
vecchietto.
‹‹Certo, che
esiste! Ci siete dentro!›› fece l’uomo, ‹‹Fu creato esattamente trent’anni fa.
In quel castello laggiù vi risiedono i criminali più temibili della storia del
Mondo della Magia, con tanto di scheletri di gente ormai morta. Inutile
spaventarsi, signorina.››, si rivolse a Doremi, notando che era sbiancata, ‹‹C’è
di peggio, credimi.››
‹‹Di… di peggio?››
‹‹Visto che non
conoscete la storia del Bloody Blossom,
ve la racconterò io.›› aggiunse il signore, con una punta d’orgoglio, come se
quel privilegio fosse concesso esclusivamente a lui, da molto tempo, ‹‹Tutto
cominciò appunto trent’anni fa ed, in quel tempo, i maghi e le streghe vivevano
pacificamente insieme. Perfino gli umani avevano il permesso di metter piede
nel nostro mondo. Ma il grande stregone, che succedette al precedente sovrano,
non era certo felice di quella situazione. Gli umani erano dei reietti,
nullità, e come tali dovevano essere trattati. Inoltre i maghi erano i soli a
dover custodire il potere, a parer suo, e così attuò il suo piano, per
sottomettere le streghe. Uccise la Regina del Regno, sua moglie, ma ciò non
sortì l’effetto che desiderava e le streghe si ribellarono e chiesero di
dividere i due mondi. Famiglie intere vennero allontanate, affinché i maghi e
le streghe vivessero separati e la nuova Regina, che fu proclamata, creò questo
posto. Il Re del Regno della Magia, per lo scellerato attentato, fu relegato
qui dentro, in assoluta segretezza, e lo stesso avvenne in seguito per altri
grandi personaggi che avevano desiderato potere e gloria.››
‹‹Grandi personaggi?›› fece Doremi,
ostentando un’espressione di terrore, misto a disgusto. Si chiedeva come
potessero i prigionieri di quel luogo essere giudicati con una tale positività dal
vecchietto.
‹‹Che
fine ha fatto il Re?›› chiese invece Tetsuya,
curioso.
‹‹Lui
è ancora qui.›› disse l’uomo, voltandosi a guardare il castello in rovina, ‹‹Si
è costruito quella dimora ed ora è vecchio e solo. Sebbene non siano cambiati i
suoi ideali, ha perso qualsiasi volontà di vendetta.››
Seguì un
silenzio. L’anziano signore rifletté a lungo su cosa dire ma, del resto, non
gli importava più nulla.
‹‹In realtà,
quello stregone ero io.›› disse dopo un po’, al che Doremi sobbalzò e si
nascose dietro Tetsuya.
‹‹Era
lei?›› chiese il ragazzo, senza scomporsi più di tanto.
‹‹Sì,
ma ormai non ho più nulla da fare, né qui, né in nessun altro posto.›› esclamò,
sul viso di nuovo un ghigno, ‹‹Sono soltanto un povero vecchio e il castello è
ormai occupato da nuovi inquilini.››
‹‹E
da chi?›› continuò a chiedere il ragazzo.
‹‹Ve
l’ho già detto.›› rispose il vecchio, mentre il suo ghigno si allargava, ‹‹C’è
di peggio. Ed il peggio è proprio lì. La feccia del Mondo della Magia risiede
là dentro: oscuri mostri, che cercano vendetta. Loro riescono ad uscire da qui
quando e come gli pare. Hanno spazzato via tutti. Sono rimasto soltanto io. Se
non avessi rinunciato al castello, a quest’ora non so che fine avrei fatto.››
L’anziano re, nel
parlare, sembrò fiero di quelle gesta, per nulla spaventato, quasi orgoglioso
di avere assistito a tutto quello.
Doremi
intanto sembrò mettere da parte la paura. Dalle parole dello stregone, sembrava
che qualche tassello stesse cominciando a mettersi al posto giusto. I mostri di
cui parlava potevano essere le figure nere. Magari, in seguito alla loro
relegazione nel computer di Oyajiide, erano state
portate lì ed, in qualche modo, erano riuscite a liberarsi. Doveva sapere se si
trattava di loro e, in particolare, se anche Hazuki
era lì.
‹‹Lei ci entra
mai al castello?›› chiese.
Il
vecchio fece una smorfia.
‹‹Certo che ci
entro, ma a patto che non ficchi il naso nelle loro faccende. Sono molto
suscettibili, se si tocca la segretezza delle loro missioni, e poi anche un
potente mago come me ha paura, quando sente urla echeggiare nei corridoi.
Solitamente prendo qualche provvista e fuggo via.››
‹‹Urla…››
borbottò Doremi, deglutendo.
Tetsuya capì all’istante le intenzioni che erano balenate
nella mente della ragazza.
‹‹Può portarci a
visitare il castello?›› chiese al posto di Doremi, con un tono determinato.
L’uomo si fece
serio e sospettoso allo stesso tempo. Si avvicinò a Tetsuya,
scrutandolo con fare indagatore. Doremi arretrò spaventata, mentre il ragazzo
non si mosse.
‹‹Cosa ci
guadagnerei?››
Tetsuya rimuginò un po’ su cosa rispondere.
‹‹La aiuteremo a
riconquistare il castello.›› buttò lì il ragazzo, guadagnandosi un’occhiata
ammirata da parte di Doremi, cosa che per un momento fece salire la sua
autostima; ma la smorfia scettica del vecchio smontò la loro felicità momentanea.
‹‹Voi mocciosi?
Non sembrate molto forzuti.››
‹‹Il fatto è che…››
bisbigliò timidamente Doremi, ‹‹noi crediamo di conoscere il punto debole delle
creature che occupano il castello. Abbiamo già avuto a che fare con loro.››
Lo
stregone continuò ad osservarla in silenzio.
‹‹Ne sei sicura,
signorina?›› domandò, con un’espressione simile a quella che di solito assumeva
Oyajiide in presenza di Onpu,
e Tetsuya non poté fare a meno di porsi tra lei e il
vecchio, a mo’ di scudo, mentre Doremi
mostrava un sorriso tirato.
‹‹Certo, maestà.››
‹‹Mi
piace questa gioventù d’oggi!›› esclamò il vecchio allegro, ‹‹Allora seguitemi!
Sarà una battaglia coi fiocchi.››, e si voltò, cominciando a camminare verso il
castello, mentre Doremi e Tetsuya si scambiavano
un’occhiata d’intesa.
~
Avere
gli sguardi truci dei propri amici puntati addosso non è proprio una situazione
che si può definire piacevole.
Nascondere degli avvenimenti importanti è sempre rischioso. Finisce che le
persone ti tengano il muso per tutti i restanti giorni della tua vita, una
volta scoperto tutto. Aiko aveva più volte provato a
spiegare che anche lei ne era venuta a conoscenza per il rotto della cuffia e
che con tutti i problemi che c’erano, quello del matrimonio combinato era solo
una piccola pulce insignificante, ma nessuno voleva ascoltarla. Erano tutti in
un grande salone adesso. Il re e la regina si erano allontanati e l’aria che si
respirava era veramente pesante. L’unica cosa che sfiorava il positivo era la
giovane Pop che, fissando Leon vestito da donna, scoppiava a ridere ogni cinque
minuti, peggiorando la situazione, in quanto tutti non avevano la minima voglia
di ridere.
‹‹Piantala,
Pop-chan, per favore.›› disse per l’ennesima volta Onpu, prossima all’esasperazione.
La
ragazzina si massaggiò la pancia dolorante per il troppo ridere e respirò a
fondo per riprendere il benché minimo contegno.
‹‹Scusa, non ce
la faccio!›› disse.
Aiko fissò il ragazzo seduto al suo fianco, sospirò e lo
pregò dicendo: ‹‹Leon, ti spiacerebbe tornare nelle vesti di un comune essere virile?››
Leon
non spiccicò parola. Si limitò a schioccare le dita, per ritornare ad un
abbigliamento normale. Era intento a rimuginare. Era preoccupato per il suo
amico Akatsuki. Era scappato così, dicendo quelle
parole a suo padre. Sapere che la principessa era con lui però lo faceva
sentire più sicuro.
‹‹You had to talk about
it!›› disse ad un certo punto Momoko, anche
lei con i nervi a fior di pelle, ‹‹I
thought we had no secrets… that whatever happened we
would have talked. I am very disappointed
in you, Aiko.››
Aiko, sebbene non fosse una cima in inglese, capì all’istante
che la straniera doveva avercela con lei. Non aveva mai visto le ragazze così
arrabbiate e, per certi versi, si sentiva in colpa. Tuttavia sapeva benissimo
che la causa di tutto quel macello era dovuta soltanto ad Akatsuki.
Insomma, ora capiva perché Doremi fosse costantemente arrabbiata con lui. Di
sicuro, sapeva di quella situazione, ma poiché per lei era risultato un
tradimento ancor maggiore, aveva preferito tenersi tutto dentro, magari per non
rischiare di scoppiare a piangere nel raccontarlo, di fare pena a qualcuna di
loro. E Tetsuya? Dal suo comportamento, era più che
probabile che sapesse anche lui. Forse, la storia del bacio tra la ragazza e il
Principe era solo per sviare eventuali sospetti.
‹‹Mi
dispiace.›› disse la sportiva, interrompendo l’affluenza di tutti quei pensieri,
al momento poco importanti, ‹‹So di aver sbagliato, ma ora questa cosa non deve
interessarci. Dobbiamo trovare Hazuki, Doremi e Tetsuya, poi potremo pensare al matrimonio combinato…››
‹‹Majo
Aiko ha ragione.›› bisbigliò una voce vellutata, a
qualche metro da loro.
Oltre
a quella voce, il fruscio dello strascico dell’abito della Regina attirò
l’attenzione dei presenti, e qualunque litigio divenne superfluo. L’unica cosa
veramente necessaria era avere informazioni sul Bloody
Blossom e su quello che conteneva. Così le ragazze
raccontarono del Magical Stage e della chiave,
aggiungendo i particolari, assimilati grazie a Kami.
‹‹So
cosa è successo. Vi tengo costantemente d’occhio.›› spiegò loro la Regina,
facendo poi una lunga pausa, per decidere da dove iniziare. Poi ritenne
opportuno informarle sulla storia del Bloody Blossom e su chi vi veniva rinchiuso, inducendo più volte i
presenti a dischiudere le labbra per lo stupore o per l’orrore. ‹‹Anche le figure
nere furono relegate lì.›› dichiarò infine la donna, lasciando basite le streghette e i due maghi.
‹‹Come
hanno fatto a lasciare quel posto?›› domandò Tooru,
trovando miracolosamente le parole da dire.
‹‹Loro
possiedono l’altra chiave.››
‹‹Ma
Kami-san ci ha detto che l’altra chiave è al
castello.›› ribatté Pop, incredula.
‹‹Non
più.›› rispose la Regina, ‹‹È per questo che ho mandato i Flat
in vostro aiuto, per proteggervi. Qualcuno l’ha rubata. Le figure nere non
stanno agendo da sole.››
‹‹Chi
c’è dietro?›› ebbe il coraggio di domandare Aiko.
‹‹Per
ora, non ci è concesso saperlo. La chiave, che è giunta a voi attraverso il Magical Stage, era stata perduta anni orsono. Non
conosciamo neanche dove essa sia stata finora. Ma ora che è in nostro possesso,
abbiamo la facoltà di entrare nel Bloody Blossom.››
‹‹And saving Hazuki?›› chiese conferma Momoko.
‹‹Sicuramente.››
concesse la Regina, incamminandosi verso una finestra e squadrando con un
sorriso due minuscole figure in giardino, intente a scambiarsi opinioni
riguardanti il Regno, e pensò che forse non era il momento di interferire con
le loro prese di coscienza. ‹‹Ritengo sia il caso che voi sei iniziate senza il
Principe. Quando si è confusi, è meglio crogiolarsi un po’ più a lungo nei
propri dubbi e realizzare ciò che è giusto.›› Detto questo, si voltò di nuovo: ‹‹Majorin vi indicherà l’ubicazione del Bloody
Blossom. Usate il Magical
Stage contro le figure nere, anche se siete soltanto in poche. Non siate troppo
coraggiose da provare a farcela da sole.››, poi si indirizzò ai ragazzi, ‹‹E
voi fate del vostro meglio per proteggerle. Io vi seguirò e vi offrirò il mio
aiuto… anche se sarò lontana.››
Le
streghette e i due maghi annuirono risoluti, senza
stare troppo ad interrogarsi sul perché e il come di quel misterioso aiuto, ed
in possesso della chiave, si diressero fuori dal salone, intenzionate a seguire
le direttive della strega Majorin.
Nessuno
aveva più messo piede nel Bloody Blossom,
dopo che la Regina stessa vi aveva fatto ritorno per imprigionarvi le figure
nere, qualche anno prima, e nessuno, al di fuori di lei, in un tentativo di
folle coraggio nell’entrarvi, ne era più uscito. Era un luogo temuto da molti,
anche solo per il nome che gli era stato accollato. Ciò che vi era all’interno
era un mistero per l’intera comunità magica, eccezion fatta per il Re e la
Regina. Tuttavia quest’ultima conosceva le potenzialità di quelle ragazze. Ce
l’avevano fatta più volte, sebbene ora la questione fosse ben diversa. Le
figure nere erano capitanate da qualcosa di più pericoloso. Non le ricordava
così agguerrite e avrebbe scommesso tutto nel dire che il loro potere era
lievitato in seguito all’incontro con quel qualcosa. Ma era nient’altro che un
puzzle. I pezzi li possedeva tutti. Poteva disporli a suo piacimento, ma non
giungeva ad una conclusione certa. Di personaggi oscuri ce n’erano stati molti
e tutti avevano avuto la stessa sorte. Per un certo verso, il Bloody Blossom era simile ad una
savana. Al suo interno, sopravviveva il più forte e, di sicuro, costui era a
capo di quel disastro.
‹‹Maestà.››
Quella
parola irruppe nelle congetture della Regina, come uno scoppio in mezzo al
nulla, e la donna fissò, dietro di sé, le due figure incappucciate, che
attendevano in ginocchio una sua parola.
‹‹Siete
qui. Ci sono novità?›› chiese la Regina, speranzosa.
Una
delle due si alzò in piedi, seguita poco dopo dall’altra, e disse, con una
certa inquietudine nella flebile voce femminile: ‹‹Loro due stanno bene ma, a
quanto ho visto, il Nulla è stato distorto. Credo vogliano tendere loro un
agguato.››, fece una pausa, come per trovare le parole giuste per proseguire, ‹‹Non
ho potuto seguirli oltre… Rischiavo di essere scoperta.››
‹‹Come
al tuo solito.›› borbottò l’altra persona incappucciata, liberando un tono di
voce maschile dalle finiture saccenti.
La
giovane si portò le mani sui fianchi e gli rivolse uno sguardo agghiacciante,
prima di ribattere: ‹‹Tu dove cavolo eri, mentre io mettevo a rischio la mia vita?››
‹‹A
tenere d’occhio i miei!›› sbottò lui, assumendo una posizione quasi simmetrica
a quella della compagna.
‹‹Ma
se erano qui fino a due secondi fa!››
‹‹Vi
prego.›› li fermò la Regina, ‹‹Non è il momento.››
I
due litiganti avvamparono per l’imbarazzo e chinarono il capo, mormorando mille
scuse, che terminarono solo quando la donna davanti a loro sollevò la mano
destra, mostrando loro il palmo.
‹‹So
di starvi chiedendo troppo.›› continuò la donna, ‹‹Ma dovrete intervenire
ancora una volta. Le ragazze, Tooru e Leon stanno per
attraversare la soglia del Bloody Blossom.
Sono certa delle loro capacità ma, allo stesso tempo, sono certa che la
prudenza non è mai troppa.››
‹‹Saremo
lì immediatamente.›› disse l’altra, ottenendo un assenso da parte del compagno;
e non attesero che un’altra parola uscisse dalle labbra della Regina. Si
smaterializzarono subito, mentre l’altra strega li guardava con la malinconia
negli occhi.
Troppe
persone erano in gioco…
‹‹… ma non tutte.››
si disse, mentre usciva dalla stanza, decisa a mettere a punto, con l’altro
sovrano, gli ultimi attimi di quel regno.
~
Quando
era un po’ più piccola, Hana si era ritrovata più volte
ai piedi di quell’albero, in giardino. Era una pianta particolare quella. A
giudicare dalle storie di Majoheart – che si era
ritrovata spesso a farle compagnia a palazzo, negli infiniti giorni in cui
aveva provato nostalgia per le sue mamme – quell’albero cambiava a seconda
dell’umore del mondo magico e dei
suoi abitanti. Anni fa, i petali erano di un bel rosa salmone dalle leggere
sfumature dorate. Quello, diceva Majoheart,
simboleggiava splendore, sia per la pace del mondo che per la serenità presente
negli animi delle streghe e dei maghi, una tranquillità riacquistata dopo molto
tempo, solo grazie alle sue mamme. Ciò le metteva allegria. Guardare quei fiori
la faceva sentire a casa, come se potesse sentire, in qualsiasi momento, il
calore e l’affetto che un tempo le venivano dedicati.
Ora
invece, nel tornare in quel giardino, poteva vedere il marcio in quei fiori, i
petali come bruciati dal troppo sole, gran parte dei rami spogli ed, ai suoi
piedi, una delle cause del malessere di quell’albero. Majoheart
era convinta che ogni piccola cosa potesse influire sullo stato d’animo di
quell’arbusto, ogni indecisione, ogni dubbio, ogni sconvolgimento; e se qualche
settimana prima era stata indotta a pensare che la causa di quel marcio fossero
le figure nere, ora poteva dire con sicurezza che il fiore che si stava
staccando, in quel preciso istante, dall’ennesimo ramo fosse dipeso dal
Principe Akatsuki, raggomitolato su sé stesso, con la
schiena appoggiata al tronco. Lui
sentiva sicuramente il suo dolore… ed anche lei.
Si
avvicinò al ragazzo con cautela. Non voleva che lui la mandasse via in maniera
troppo rude. Non se lo meritava. Non era colpa sua. Dovevano adempiere ai loro
doveri, si ripeteva a sé stessa; ma nel vederlo lì, debole e privo di difese,
si disse basta. Incatenò il suo buon
senso, se così lo si poteva chiamare, in un angolo del suo cuore, e continuò il
suo percorso fino a lui. Gli si sedette accanto e certamente lui sapeva che era
lì, ma non alzò il viso per guardarla. Hana lo sentì
singhiozzare e percepì la compassione che stava per attanagliarle la gola.
Strinse i denti, per trattenere eventuali lacrime, e sollevò una mano, incerta
sul compito da affidarle; poi si decise e l’appoggiò sulla spalla del ragazzo,
carezzandogliela dolcemente.
‹‹Scusa
se ti ho schiaffeggiato prima.›› sussurrò la bionda debolmente, senza
aggiungere altro e senza interrompere il contatto con la schiena del giovane.
Lui
non rispose, anche se Hana aveva sperato che dicesse
qualcosa, ma non fece neanche nulla per respingerla. Lei rimase per qualche
minuto a tastare la disperazione del ragazzo; sentiva i suoi sussulti con la
punta delle dita e col palmo della sua mano. Rammentò di quando anche lei si
era ritrovata accucciata su quelle radici a piangere, cercando in tutti i modi
di non dimenticare la voce di Doremi… in particolare la sua, a discapito delle
altre. Le era mancata così tanto. In quei giorni, tutti apatici e simili fra
loro, nessuno c’era stato veramente per lei, per consolarla o per mentirle
dicendole che l’avrebbe rivista presto.
A
quel ricordo amaro, poggiò la testa sulla schiena del ragazzo e portò anche
l’altra mano a porgergli carezze in quello stesso punto. Chiuse gli occhi e
ascoltò i battiti del suo cuore ed il diminuire dei singhiozzi. Sembrava più
quieto, anche se ugualmente triste.
‹‹Ho
fatto un casino›› bisbigliò e Hana si sentì sollevata
dal fatto che si stesse aprendo con lei, ‹‹Doremi sa tutto. Mi odia a morte…
Tutti mi odiano a morte.››
“Le hai detto tutto? Come hai potuto?”
avrebbe voluto urlargli, ma si costrinse a tacere per non peggiorare le cose.
Non era il momento delle spiegazioni. Quel che era fatto, era fatto, e il
pandemonio, avvenuto qualche minuto prima nella sala del trono, era poca cosa
in confronto a ciò che si celava dietro di esso e ai sentimenti che erano e
sarebbero stati inevitabilmente sacrificati.
‹‹Tu
la ami, vero?›› gli domandò, mentre i suoi occhi nocciola tornavano ad
appropriarsi di ciò che aveva davanti, quasi per avere un senso in più a
testimoniare la risposta che stava per arrivare.
‹‹Sì.››
E
non avrebbe mai creduto che un monosillabo potesse fare così male. Due lettere
e basta. Cosa potevano mai contare? Eppure si sentiva soffocare, come tanto
tempo prima… di nuovo sottratta dall’affetto… di nuovo sola. Strinse tra le
dita un lembo della maglietta del Principe e si chiese se quella fosse gelosia,
o semplicemente un capriccio, od un bisogno di attenzioni.
‹‹Va’
da lei, allora.›› disse soltanto, occultando al meglio la stretta allo stomaco
che stava provando.
Akatsuki finalmente alzò la testa e poggiò il mento su un
avambraccio, guardando dritto davanti a sé.
‹‹Non
posso.››
Il
suo tono era soffocato. Stava cercando di trattenere altre lacrime, ma non ci
riuscì per molto. Quelle sgusciarono fuori al primo nuovo singhiozzo, contro la
sua volontà, rigandogli le guance.
‹‹Perché?››
gli chiese Hana, mentre l’altro si asciugava gli
occhi col dorso della mano.
‹‹Perché...››
iniziò, esitando per qualche secondo, ‹‹anche se vorrei con tutto me stesso
essere al suo fianco, ciò non è possibile... È qualcosa di irrazionale. Sono
destinato ad altro... e lei
appartiene a qualcun’altro.››
La
Principessa si domandò chi mai potesse essere l’altro ragazzo, ma la risposta
non tardò ad arrivare.
‹‹Tetsuya...›› mugugnò Akatsuki, ed
Hana si stupì di quel nome e del viso da ragazzino
che le ricordava.
‹‹Lui?››
‹‹Sì.››,
e subito dopo abbozzò un sorriso, ‹‹Ma litigano così tanto da non rendersi
conto di ciò che li lega.››
Anche
Hana sorrise.
‹‹Come
allora.›› disse.
‹‹Già,
non hanno mai smesso.››
Seguì
un silenzio lunghissimo, durante il quale il Principe rifletté molto. La
ragazza che amava, amava un altro e lui non aveva nessun diritto di separarli. Tetsuya, del resto, si era fatto strada nel cuore di
Doremi, in tutti i modi possibili, per anni. Erano amici d’infanzia e si sa
come finiscono gli amici d’infanzia, soprattutto se entrambi si insultano
quotidianamente a vicenda, per nascondere l’imbarazzo ed i sentimenti che
provano, per poi esserci sempre l’uno per l’altra nei momenti giusti. E poi c’era
quello sguardo che il ragazzo dai capelli blu aveva assunto, quando lui, Akatsuki, l’aveva baciata. Lui l’avrebbe protetta sempre,
anche se era un semplice umano; ma soprattutto, lui avrebbe potuto farlo,
perché non aveva un regno da accollarsi. Non poteva scappare, non più, ma non
poteva neanche sposare Hana, visto il legame che c’era
tra lei e Doremi.
In
preda a quell’ultima consapevolezza, il Principe Akatsuki
scivolò via dalle attenzioni della Principessa Hana,
tirandosi su, in piedi, continuando a guardare davanti a sé.
‹‹Smetterò
di sottrarmi ai miei doveri per dei capricci.›› disse, risoluto, poi si voltò
verso di lei ed inchiodò i suoi occhi color ametista a quelli della ragazza, ‹‹Ma
resta il fatto che non potrò mai sposarti, Hana.››
‹‹Ma
dobbiamo!›› precisò lei, alzandosi;
il suo sguardo si era fatto battagliero.
Akatsuki scosse la testa.
‹‹Non
sono la persona adatta a te, piccola.››
Hana strinse i pugni più che poté, di nuovo presa dalla
tentazione di colpirlo, e soprattutto infastidita dal soprannome che il ragazzo
aveva scelto per lei.
‹‹Non
sono… piccola!›› gli urlò, ma non
proseguì oltre con l’esporre i propri pensieri; sarebbero stati discordanti con
i consigli, dati a lui poco prima, ‹‹Io sono la Principessa.›› disse solo,
cercando di giustificare meglio la sua testardaggine.
‹‹Ma
è ancora presto per te.››
‹‹Sono
perfettamente in grado di…››
‹‹Portare
sulle spalle un intero regno?›› concluse lui al suo posto, lasciandola
interdetta, ‹‹Penso di no.››
Seguì
una pausa e Akatsuki prese ad allontanarsi dal grande
albero semispoglio, ma la voce di Hana lo indusse a
fermarsi a metà strada: ‹‹Sai bene che non c’è scelta… Io non scapperò.››, ed in quell’ultima frase, il Principe percepì il
rimprovero verso sé stesso; era certo dell’allusione che aveva colto, perciò un
sorriso insipido gli si dipinse in volto, dovuto forse alla caparbietà da lei
mostrata che, dal canto suo, non aveva avuto il coraggio di presentare.
~
Aiko, Momoko, Onpu,
Pop, Tooru e Leon avevano camminato per ben dieci
minuti per il castello, svoltando in vari corridoi e passando attraverso
numerose porte, prima di capire che per giungere all’ingresso del Bloody Blossom non sarebbe
bastato girare una chiave nella toppa ed abbassare una maniglia. Mentre
seguivano il passo lesto di Majorin, quest’ultima
aveva spiegato loro che quel luogo era posizionato lontano dalla civiltà e che,
in seguito alla perdita della chiave, era stato isolato ulteriormente, tramite
vari incantesimi.
‹‹Ma
come avrete notato le figure nere hanno ugualmente trovato il modo per
violarli.›› aveva aggiunto infine, prima di aprire con un gesto della mano
l’ultima porta, oltre la quale si trovavano un numero inimmaginabile di manici
di scopa, ‹‹Raggiungeremo la foresta con queste e procederemo finché non
giungeremo a destinazione.››
‹‹Sta
dicendo che l’ingresso del Bloody Blossom
è nella foresta?›› aveva chiesto poi Aiko,
guadagnandosi qualche occhiataccia dalle sue compagne, che non avevano ancora
metabolizzato il suo tradimento. La
sportiva si era irrigidita e se fosse stata una caricatura di sé stessa,
l’avrebbero vista rimpicciolire. Leon le aveva preso la mano, intuendo il suo
disagio, ed entrambi si erano ritrovati con le gote più rosee.
‹‹Non
è precisamente nella foresta.››
Con
quella risposta, non avevano più proferito parola. Erano saliti sulle scope – Tooru dietro Onpu e Leon dietro Aiko – ed erano partiti. Avevano viaggiato per quasi
un’ora, zigzagando attraverso alberi di tutti i tipi, finché la loro corsa non
era stata fermata da un’altissima parete rocciosa.
‹‹Fly over it.›› aveva suggerito Momoko, che stava già per partire e passare oltre la
montagna, ma la loro guida l’aveva fermata con un gesto della mano sinistra.
Successivamente aveva alzato la destra e, chiudendo gli occhi, aveva disegnato
un cerchio nell’aria, davanti a sé.
‹‹Mostrati.››
aveva sussurrato, e la parete aveva iniziato a trasformarsi. Pian piano era
apparso un arco intarsiato di rubini, sostenuto da due massicci piedritti in
marmo. Al loro interno, poco dopo, si erano fatti strada dei rovi, e fu come
se, una volta posizionati nelle forme geometriche più disparate, questi
facessero parte delle sagomature di un grande portone. Infatti non ci volle
molto perché le piante diventassero marmo, le foglie smeraldi e perché la rosa
rossa, che era spuntata al centro, diventasse un foro perfetto per la loro
chiave.
Le
streghette e i due maghi erano rimasti a bocca
aperta. Era stato uno spettacolo incredibile a vedersi e, allo stesso tempo,
terrificante per i loro nervi. Aveva messo loro addosso una paura inspiegabile,
come se fosse stato il luogo stesso ad emanarla. Infatti erano sobbalzati, quando
Majorin aveva detto loro: ‹‹Andate.››
Onpu dunque si era fatta avanti ed aveva allungato la
chiave verso la toppa, con mano tremante; poi l’aveva girata lentamente,
scandendo il tempo con i rumori sinistri, che essa produceva, ed infine
l’ultimo scatto.
To be continued…
~
Dal
covo segreto dell’autrice
Ragazzi miei, scusatemi davvero. Sono la
bellezza di otto mesi che non aggiorno e mi rendo conto che questa fic è un atroce peso che ci portiamo dietro da ben tre
anni, sia io che voi, e che il mio stile cambia di capitolo in capitolo (spero
in meglio) proprio perché aggiorno di rado. Ho voluto prendermela con comodo,
perché non volevo inserire nessun tipo di cliché (come credo di aver fatto
spesso nei capitoli precedenti) e volevo rendere ancora più interessante la
lettura. Ho amato in particolare lo spazio che ho riservato ai sentimenti di Hana: la nostalgia, la paura di essere sola (come lo sono
stata io in questi mesi, lo ammetto) ed il coraggio (che, come Akatsuki, non ho). Spero davvero che nonostante i secoli
trascorsi dal capitolo 18, non abbiate abbandonato totalmente la speranza di un
mio possibile ritorno, perché lo dico e lo ripeto, io non abbandono voi,
dovessi aggiornare una volta all’anno, lo farò comunque. Ma non spaventatevi,
cercherò di far giungere il capitolo 20 un po’ prima del previsto, anche se
dubito fortemente che sarà l’ultimo. Me la sto prendendo molto, molto comoda e
mi piangerebbe il cuore concludere, in maniera poco degna di lei, questa
preistorica fic.
Voglio solo dire qualcosa riguardo la canzone
che ho scelto di citare per questo capitolo. Innanzitutto è dedicata ad Akatsuki (ed anche un po’ a me, visto che ci vedo molto
simili). Mi piacerebbe che ne leggeste la traduzione,
a questo proposito. Aka, fa quello che senti di dover
fare!
Infine – poi vi lascio stare – vi ricordo la mia
pagina facebook per seguire i miei deliri. Vi basta
cliccare sul mio “covo” sopra e sarete reindirizzati lì. Inoltre mi trovate
anche su Twitter.
Insomma avete milioni di modi per minacciarmi. Aspetto recensioni, commenti
sulla pagina e/o su Twitter.
A presto.
Vale
P.S. Vi amo!