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Autore: KairiNoKodomo    02/06/2006    0 recensioni
Kyo è un ragazzo come tutti gi altri. Ma ha un talento particolare: lui può vedere "loro"
Genere: Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
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Yume no Ryoushi

Yume no Ryoushi

…“LORO” NON SONO ALTRO CHE MUTI BISBIGLI…RICHIESTE SUPPLICHEVOLI DI ORBI SERVI DELLA CUPIDIGIA…PRIGIONIERI DI FUNEBRI GABBIE ARGENTEE CHE L’UOMO TRACCIA NELLA COERENZA…

 

Solitudine.

Questa sensazione orribile, di oppressione, che attraversa rapida il tuo corpo fino a renderti praticamente immune a qualsiasi voglia di “andare avanti” fa da padrona al mio corpo ormai da giorni. Anche ieri, mentre attraversavo spedito il grigio viale che separa quel fottuto parco ( che per inciso ormai è la dimora di tutti i drogati o degli alcolizzati della città) e la stazione degli autobus, sotto quello che doveva essere un sole estivo ma che alla fine si riduceva ad un minuscolo punto pallido appena percettibile in quel cielo così biancastro, la sentivo in me. Continuavo a camminare, ma in me cresceva ad ogni passo un senso di nausea probabilmente causato dall’odore malsano di gelsomino che proveniva da quel fottutissimo parco o dal fatto di aver passato la notte insonne. Come anche la notte prima, quella prima e quella prima ancora. In effetti sono passati 5 giorni dall’ultima volta che ho chiuso occhio e tutto per una stupida illusione.

E oggi rieccomi, punto e a capo.

1…2…3… Muovo passi lenti in balia di quell’odore acre che aleggia intorno a me.

Mi sento ancora così male.

Così debole.

Per pochi minuti penso che sarebbe tutto più semplice  se chiudessi gli occhi e mi accasciassi su quel suolo tanto detestato. Ho voglia di piangere. Ma non riesco…ed a pensarci è così fastidioso, sapere che è tutto così ripetitivo intorno a me. E’ come se qualcuno avesse fatto un copione e l’avesse distribuito a chi mi sta intorno. Patetico, no?

 

 

Erano le sette di sera ed ero chino sulla scrivania, come al solito bardata da milioni e milioni di fogli e foglietti. Le cuffie del lettore mp3 nelle mie orecchie rendevano sensato quel silenzio ovattato che mi circondava. Forse ero immerso nei pensieri funerei che sono solito avere o forse ero solo intento a capire qualcosa dei compiti di matematica, che odio indiscutibilmente, per il giorno dopo; di preciso non ricordo cosa facessi in quel momento.

Canzoni dal sapore amaro si susseguivano nelle mie orecchie, ma io non facevo altro che starmene comodamente disteso (un po’ come fanno i cani per strada d’estate)a braccia conserte su quel minuscolo tavolino… abbandonato nel rincorrersi dei successi dei Diru tra i miei pensieri.

L’orologio alto di fronte a me segnava ancora le sette.

-Fottuto orologio del cazzo! Un giorno vai e un giorno no…- gli urlai contro prendendolo in mano per vedere cosa non andava. Feci a tempo ad aprire la cassa del buffo orologio pezzato…Perché un tipo come me ha un orologio-mucca nella sua stanza? Beh, questa è tutta un'altra storia…forse un giorno nel varrà la pena raccontarla, ma non adesso…

Feci per aprire la cassa dell’orologio quando sentii una voce. Era sottile quasi impercettibile; proprio per questo, pensando che fosse solo una mia impressione continuai ad ascoltare “The Final”.

1……2……3……4……5……6…Mi resi conto che non poteva essere soltanto la mia fantasia. Appoggiai le mie enormi cuffie sul collo per poter ascoltare meglio e fatto ciò mi girai verso la porta; lei era lì. Non fui per niente stupito nel vederla davanti a me. La luce illuminava la sua pelle chiara rendendola così cerulea, quasi come fosse neve. Lunghi capelli corvini le scendevano a ciocche sul collo per arrivare quasi fino alla vita. Mi scrutava con i suoi occhi timidi senza proferir parola.

-Silenziosa vedo, come al solito d'altronde…- le abbaiai dopo qualche secondo.

-E tu Kyo,sei sempre più cordiale…- mi rispose lei ironica ma senza perdere la sua calma.

-In ogni caso, a cosa devo questa visita?- le chiesi ignorando la sua battutina dopo essermi alzato e aver appeso nuovamente l’orologio alla parete.

-Lo sai benissimo- sospirò lei ancora ferma sull’uscio della porta. -Aki Andou- proseguì con tono serio.

-Aki Andou?- le domandai, inarcando il sopracciglio destro.

-Si- rispose lei senza aggiungere nulla.

-Oh no…ci risiamo! Non ho intenzione di farlo…non sono il tuo schiavetto!- finii per urlarle dopo aver capito cosa intendeva.

-Ma…devi farlo!- disse lei alterandosi leggermente.

-No…non mi va…non DEVO fare nulla e in ogni caso se ci tieni tanto perché non lo fai tu, Arashi?!- replicai sbuffando –Credi che se potessi non lo farei? Che mi piaccia rivolgermi ad un idiota come te!? Ti ricordo che nessuno tranne te mi può vedere e, purtroppo, solo tu puoi aiutarla!- mi rispose tutto d’un fiato.

-oh, grazie dell’idiota…- le risposi ormai infuriato –non sono affari miei! Sbrigatela tu! Trova qualcun altro e fallo fare a lui, magari trovi qualcuno che non sia un idiota…- ma ancora prima che riuscissi a finire la frase lei non c’era già più. Lei è fatta così: prima compare silenziosamente, ti ossessiona e poi scompare senza preavviso. Mi sembra così lontana la prima volta che l’ho vista comparire sull’uscio di quella porta per chiedermi aiuto. E’ come se la conoscessi da sempre; lei è comparsa nella mia vita quando ero ancora un bambino. La ricordo ancora, piccolina con due grandi trecce che le ricadevan sulle spalle e con il suo orsacchiotto nero tra le braccia. Era una notte d’estate ed era anche la prima volta che dormivo da solo in un letto, a dir la verità ero terrorizzato. Sentì un pianto provenire dall’angolo più vicino alla finestra della mia stanza. Mi alzai e armato di quel poco coraggio che avevo mi avvicinai alla finestra e la vidi: stava piangendo raggomitolata in quell’angolino stretta al suo orsacchiotto. Le strinsi la mano e le chiesi perché piangeva. Mi rispose che era sola e che non aveva nessun amico e io di tutta risposta le dissi che sarei stato io, il suo amico. Da quel giorno la vidi praticamente ogni giorno ma inspiegabilmente ogni volta che dicevo a qualcuno della sua presenza questi mi guardava come se fossi stato matto. Successe così tante volte che all’età di dodici anni mia madre mi mando da uno psicologo. Uno di quegli omini da strapazzo che non fanno altro che guardarti ed analizzarti e così smisi di vedere Arashi, questo è il suo nome.

Circa un anno fa la rividi comparire sulla porta della mia stanza. Era molto cresciuta ma in se era ancora percettibile la piccola Arashi che conoscevo. Mi chiesi perché era tornata, mi chiesi se stavo diventando matto. Lei se ne stava lì a guardarmi voleva il mio aiuto. Cominciò a farneticare, a dire che io ero speciale e che potevo vedere “loro”. Che potevo vedere attraverso le paure della gente e tutte delle cose che per me erano, e sono tuttora, senza senso.

Lei li chiama “ombre”, mi ha spiegato che sono spiriti creati dalla gente nei momenti di sconforto come unica ancora di salvezza e che solo i bambini, non essendo ancora accecati dal troppo realismo riescono a vederli, ma che comunque vivono tra noi. Infine mi ha detto che io ho l’insolita capacità di vederli, che io sono “Il sognatore”. Da quel giorno si presenta qui con un nome, una persona che io dovrei aiutare dalla disperazione.

Io!? Non ha senso, ho già abbastanza problemi per i fatti miei!

 

Mi accovacciai in un angolino del mio letto a piedi uniti. Posai nuovamente le cuffie sulle mie orecchie, proprio quando stava per iniziare “Berry”.

 

I'm Sorry

I didn’t men it

I’ll be good

I’m gonna kill you

I’m gonna blow your head off…like raspberry jam

 

Quelle parole mi risuonavano in mente come un disco rotto. Vorrei essere più gentile con lei, ma ogni volta che la vedo e sono consapevole che lei abbia un nome per me questo mi fa imbestialire.

 

[ I’m gonna kill you ]

 

Continuai ad ascoltare quella canzone come ipnotizzato. Nella mia mente vagavano mille pensieri:

Aki Andou. E se fosse veramente in pericolo? Se forse la mia non fosse la decisione più giusta?

Ma in fondo è la mia vita, posso farne quello che voglio. Ma ho un dono, delle responsabilità. Non l’ho chiesto io.

Una battaglia infuriava nella mia mente ed io ero lì come spettatore muto, unico testimone della mia fottuta insanità mentale.

 

  
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