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Autore: Ella_Sella_Lella    22/09/2011    2 recensioni
Perchè non possiamo sempre parlare solo dei buoni.
Le cose brutte nella vita accadono, anche quelle belle, ma scommetteteci tutto quello che avete in tasca, che siano spiccioli, gomme da masticare o l’anello di fidanzamento più costoso del mondo, ai mezzosangue capitano sempre e solamente cose brutte. Prima di tutte e bene che spieghi alle vostre menti, di fragili, ingenui e ciechi, sopratutto ciechi, mortali cosa siano i mezzosangue, sono semplicemente una razza di creature, una spanna più alta degli uomini, una spanna più bassa degli dei, sono il frutto dell’amore proibito tra questi, dei e umani, simili in vizi e pregi, diversi in potere. I mezzosangue sono gli eroi della mitologia Greca, o Romana o Tuscia, alla fine qualunque religione politeista arcaica studierai, comprenderai che esistevano questi fantomatici Eroi, a cui i fumettisti si sono ispirati per descrivere quei divertenti machoman in calza maglia, fico no?
Buona Lettura
Genere: Avventura, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altro personaggio, Luke Castellan, Nuovo personaggio
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Spoiler!
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Allora questo capitolo credeteci o meno non voleva farsi scrivere. Ma dopo una lotta ci sono riuscita. Vorrei tanto ringraziare piccola lettrice ed Aly Chan e chi legge-segue e preferisci.
Kenny volevo che fosse volutamente un pazzo lunatico e spero in futuro di poter motivare il perché, come anche Az non è propriamente linerare.
Questo capitolo potrebbe contenere un leggero Spoiler del quarto libro.
Allora il secondo nome di Kenny detto una sola volta è molto importante è verrà spiegato perché. Lui indossa un parca arancione, ma solo perché si chiama Kenny (era più forte di me, non potevo non farlo) se non capite non vi preoccupate.
La bocca dell’infero è il luogo sotto la scuola superiore di Buffy, l’ammazza vampiri.
Bene : http://www.facebook.com/photo.php?fbid=2176938356133&set=a.1934048524039.110214.1627105285&type=1&theater
Questo è il link, per vedere un mio disegno con il paint (sono diventata abbastanza brava) di Mary del mio accaunt di fb Ella Sella Lella.
Buona lettura
Ps-Sappiate che non sono soddisfatta di questo capitolo, ma ho provato a riscriverlo in 500 modi diversi.






La storia mai detta di Mary Uknow




La trilogia di Phoenix: La bocca dell’inferno




Eravamo andati via dall’appartamento ancora nervosi, chi per l’incontro per una vecchia opalescente, chi perché se la filava dal proprio matrimonio e chi perché doveva raccogliere le idee per sabotare l’olimpo. Quando fummo tornati ad immergerci nel caotico caldo di Phoenix che ignorava deliberatamente di trovarsi all’inizio dell’inverno visto il clima afoso che regnava incontrastato. Luke invitò Zotico Joe a proseguire da solo, “Vai a Panama da Tammy e Kelli” gli impartì facendo nuovamente riferimento alle due orride dracenee, che non avevo ancora avuto l’onore di incontrare, ma di averne vista una sola lungo le strade di Roma. Il gigante antropofago si congedò da noi non prima di aver emesso un commento su quanto sarebbe stato delizioso banchettare sulle carni di Soraya con la sua splendida Pasticcino, ovviamente lo disse in greco antico perché la donna non capisse. “Chi è Pasticcino?” chiesi io con non curanza, guardando Luke, Aziza aveva emesso un sospiro di sollievo quando l’antropofago era andato via, tranquillizzandosi sul fatto il lestrigone non avrebbe mangiato sua madre e ringraziò Luke silenziosamente, stringendosi a lui in un abbraccio, troppo affettuoso per i miei gusti. Lui non la scansò, al contrario di come aveva fatto con me; E mi resi conto che era già la seconda volta che Aziza l’abbracciava e che Luke le permetteva di farlo. Quando la figlia del fato si fu slegata dall’abbraccio, l’elfo gigante dalla chioma grano ardente mi guardò storto, prima di sibilare un Non è importante. Soraya non ancora completamente rilassata che continuava a puntare gli occhi scuri sull’edificio dove era collocata la sua casa, aspettandosi da un momento all’altro di vedere un’inferocita donna indiana uscire da lì, mentre continuava a fissare le chiavi della sua macchina, “Andiamo?” domandò poi, risvegliandosi dai suoi pensieri. Luke sorrise, sfilandosi dalla tasca un foglietto ripiegato più volte e malconcio, che non avevo mai visto, lo aveva aperto, c’erano scritti delle cifre e l’aveva passato alla donna, “Potrebbe portarci qui? Sono coordinate” aveva chiesto(e spiegato) poi, indicando i numeri, Soraya aveva sorriso.


La macchina della signora Shah era una cabriolet niente male, verniciata di un metallizzato brillante. C’eravamo coricati in macchina, davanti Aziza con sua madre, seduta sul posto del conducente, e dietro sui comodi sedili c’eravamo seduti io e l’elfo congiuratore. Soraya aveva armeggiato per una decida di minuti con il navigatore satellitare, incerta su come i dovessero inserire delle coordinate, mentre la figlia guardava distrattamente fuori dal finestrino, Phoenix in inverno. “Ok! Possiamo andare!” esclamò Soraya, rimettendo apposto il navigatore ed allacciandosi la cintura, Aziza mormorò qualcosa di rimprovero alla mamma, che la squadrò in malo modo, prima di togliere il freno a mano e mettere in moto la macchina, che schizzò a tutta velocità sulla strada sufficientemente trafficata dell’Arizona. “Che posto è quello delle coordinate?” chiesi a Luke, avvicinandomi appena a lui e permettendo alle nostre spalle di toccarsi, il ragazzo mi guardò senza dire niente, come ogni dannata volta, “Dimmelo” mi imposi, pizzicandolo sulla spalla, Luke mi guardò in malo modo ma io non desistetti dal contatto visivo. Io volevo la risposta a quella domanda e volente o nolente l’elfo abbindolatore avrebbe cantato come il gallo alle sei del mattino (Sono morta passatemi i paragoni pessimi). Luke per la seconda volta in quella giornata era totalmente assoggettato a me,rispose: “Non lo so, Kenny mi ha dato le coordinate” sorrisi soddisfatta, smettendo di esercitare l’Errore su Luke.


Quando il bellissimo ragazzo biondo riprese controllo di se stesso, mi guardò fisso intensamente con quei suoi splendidi occhi colore del cielo limpido di mezzogiorno, era uno sguardo un po’ spaesato, poi era rinsanito ed infine si era incupito parecchio, “Mai più Mary Unknown dovrai permetterti di giocare con le mia mente!” impartì. Evidentemente al manipolatore per eccellenza non andava a genio di esser sottomesso al volere di qualcun altro. In un’altra circostanza con altri occhi che mi fissavano perforanti avrei di certo espresso qualche mellifluo commento, ma non in quella situazione con gli occhi di Luke accessi da un furore cieco, “D’accordo” bisbigliai appena un poco spaventata. La prima volta l’elfo troppo cresciuto non aveva preso a male l’utilizzo della sua mente, per un motivo stupido come il cibo ed anche perché era stata un incidente, quella volta però io l’avevo voluto. Ma era stata l’ultima volta, giurai poi sullo Stinge che non avrei mai esercitato alcuna Illusione, Errore o Tracotanza sulla mente di Luke, e lo feci. Mi tenni per tutto il resto della mia vita lontana dalla mente di Luke, ma assolutamente no dal suo passato, non almeno da quando trovai la foto di quella ragazza. Con gli stessi dolci denotati della ragazza di Seattle, gli occhi blu, la pelle chiara come i raggi di luna, ed i capelli neri brillanti, ma diversa nei connotati, più marcata, più fiera e più bambina, con lineamenti fisici propri. Ma la diversità maggiore era in Luke ed il suo modo di guardare ossessivamente quella foto, Luke non la guardava da innamorato, non più almeno, aveva lo sguardo di chi era stato arso di quel dolce sentimento, ormai nient’altro che una fiammella sotto la cenere, Luke la guardava con rispetto e malinconia, di tanto in tanto era rispettoso ed oneroso, ma la maggior parte della volta guardava la foto in debito, perché lui era lì vivo e lei non c’era più, perché Luke voleva rovesciare l’olimpo anche per lei. E non mi sembrava dopo aver trovato quella foto così strano pensare che la ragazza di Seattle avesse quelle precise caratteristiche fisiche, ma ora è troppo presto per parlare della foto e di lei.


Eravamo ancora a Phoenix quando Soraya si era accostata vicino al marciapiede in prossimità di una panchina dove un ragazzo semi nascosto dal giornale leggeva, “Il navigatore segna qui!” enunciò la donna, battendo una mano delicatamente sullo strumento. “Bello. In una normalissima parte di Phoenix!” esclamò Aziza, dando tranquillamente voce ai miei pensieri, “Già” disse seccato Luke, prima di aprire lo sportello e sgusciare via dalla macchina, cosa che poi alla fine facemmo tutte e quattro, “Quindi?” chiesi, con le mani sulla vita, guardandomi in torno. “Abbi pazienza signorina Unknown, c’è ancora tempo!” disse una voce alla nostre spalle, ci voltammo scoprendo che a parlare era stato la persona seduta sulla panchina che prima che stava leggendo il giornale, che in quel momento aveva rinchiuso, mostrandoci un volto giovanile, un ragazzo di circa la mia età forse qualche anno di più, con i capelli castano scuro e quel classico viso da schiaffi, ma non era male neanche un po’. L’unica cosa che mi spaventò fu il fatto che sapeva chi fossi, mentre io non ne avevo idea. Luke lo guardò con nervosismo all’inizio, ma poi si era rilassato, lo conosceva; “Kenny, perché siamo qui?” domandò irritato, il ragazzo sorrise sfrontato, riaggiustandosi meglio il colletto del parca arancione, “Per qualcosa che ti piacerà, Capo” esclamò malizioso. E quello signori miei era( o è?) Kenneth Eleno James l’indovino.


Kenny si avvicinò a noi, abbandonando il giornale sulla panchina, si fermò davanti la mamma di Aziza e chinò il capo rispettoso, poi delicatamente, lentamente ed elegantemente le prese una mano e posò le sue rosee labbra su di essa, come segno di rispetto. “Signora Shah è più incantevole di quanto avessi visto” bisbigliò malizioso lui, Luke lo richiamò irritato, mentre Soraya confusa ed imbarazzata ritraeva la mano, Aziza guardava il ragazzo come se fosse stato una qualche creatura mostruosa. Il figlio Traditore di Ermes, afferrò Kenny dal colletto del parca di un colore vivace, da farlo sembrare un vigile del fuoco, e con poca grazia lo trascinò via, per parlare in privato, di argomenti, che senza nessuna sorpresa, non c’era dato sapere. Aziza chiese alla madre inglese, perché anche io potessi intendere, cosa avesse visto in quel ragazzo, “Tesoro, è come me. Un mortale” rispose interdetta la signora Shah, assottigliando gli occhi scuri e guardando il ragazzo che con un sorriso sbruffone e molte gesticolazione intratteneva un discorso di certo molto importante ed interessante con Luke; “Bene” bisbigliai io. Quando i due ragazzi ritornarono nel nostro campo auditivo (ed anche visivo) il comandante annunciò che per la madre e la figlia era arrivato il fatidico momento degli adii; “Lasciamoli cinque minuti” disse Kenny cercando di esser comprensivo, mettendosi a braccetto con me. C’era da dire dell’indovino che di tanto in tanto fosse un ragazzo molto espansivo, forse eccessivamente espansivo.


Io, Luke e Kenny eravamo poco distanti e guardavamo le due donne, che si sussurrava toccanti parole in farsi, con le lacrime agli occhi. Si stringevano amorevoli e tristi. “Avrei voluto dire addio anche io a mio padre” bisbigliai, Luke si incupì Kenny mi accarezzò i capelli, con molta dolcezza, che non mi mise in imbarazzo, non lo conoscevo neanche, ma lo adoravo lo stesso. Come per Jazz avevo avuto un antipatia a pelle, per Kenny avevo avuto una simpatia istantanea e dopo che avrete, grazie alle mie parole, la possibilità di conoscerlo, non potrete fare a meno di amarlo anche voi. Aziza e Soraya continuarono a parlare a bassa voce, non sapevamo cosa si stessero dicendo, sia per il tono basso, sia per la lingua diversa; le due donne si abbracciavano e si stringevano, in lacrime, poi la signora Shah aveva messo le mani nella sua borsetta e ne aveva estratto una collana con tante perle di vari colori, varie fantasie e varie grandezze, gli sussurrò qualcosa e le mise al collo di Aziza. Quella era l’arma che il padre di Az aveva lasciato in dono alla figlia quando ella era nata, solo che prima di capire come funzionasse, ne sarebbe passata d’acqua sotto i ponti, anche perché Kenny non avrebbe potuto aiutare l’araba a capirlo, visto che il suo essere Figlia del Destino, la rendeva assolutamente impossibile da percepire nel futuro. Per questo per me l’Indovino aveva potuto dare informazioni precisissime e per Aziza no, Kenny in futuro c’avrebbe spiegato che la figlia del Fato, era effettivamente l’unica persona per indovini, Oracoli o dei di cui il destino fosse ignoto, se non a Moros stesso, perché avevano un dono che a noi altri non era stato concesso, la capacità di scegliere. E fidatevi, per quanto vi sembri di possedere la propria vita non è così, siete solo degli Dei, siete le loro marionette, pesavamo allora che essi troppo occupati non si fossero accorti di noi, ma non era così: Loro si erano accorti. Loro sapevano. Per questo siamo tutti qui. Tranne Aziza che era l’unica vera padrona di se stessa, Lui che si è redento prima della fine e Kenny, che esattamente non so che fine abbia fatto. La sua capacità di vedere Oltre gli aveva salvato il fondoschiena, credo.


Soraya si allontanò sulla sua Cabriolet dopo aver salutato anche me e raccomandato a Luke il benessere della sua bambina, insomma il pastore che affida al lupo le sue pecorelle, direi adesso, allora non emisi commenti, ma scommetterei sulle tre possibilità che gli Dei regalando agli eroi quando muoiono, e che a me non erano spettato, che Kenny l’aveva pensato. Rimanemmo in silenzio qualche minuto, io aspettavo che Luke impartisse qualche ordine, come era solito fare, ma quello taceva, non che la cosa mi stupì più di tanto. Poi dopo una serie di interminabili minuti l’elfo arcigno si rivolse a Kenny,“E ora?”. Si guardavano intensamente, il biondo superava il moro di almeno mezza testa, facevano uno strano effetto.
Kenny sorrise malandrino, di chi la questione la sapeva lunga, “Ti ho preparato un piano C! E ti piacerà” esclamò licenzioso, rivolto al ragazzo. Si voltò verso di me e la sua eccitazione si affievolì un po’, come se non pensasse che io l’avrei trovato tanto bello.


E volete sapere una cosa? Kenny c’aveva preso. Quella sarebbe passata alla storia come il più disastroso piano C di sempre, be forse non tanto, in onore di quel piano C, che Crono era risorto, ma in onore di quello stesso piano che Luke aveva firmato la sua condanna, come tutti del resto. Io no, perché? Ero semplicemente già morta, indovinate a causa di cosa? Del piano C! Tutto si collega alla fine. Eravamo come tessere di un puzzle nelle mani di una forza superiore, il papà di Aziza.
“Sono tutto orecchie” esclamò il biondo, toccandosi appena la cicatrice biancastra che solcava il viso, che non l’abbruttiva ma lo rendeva addirittura più affascinante. Ok, l’ammetto, i figli di Ermes mi piacevano.


Il fantastico piano di C di Kenny, distava a due isolati ed era nascosto dietro una bella porta rossa, su cui scritto ‘Non entrare-Percioloso’ ma da bravi mezzosangue incuranti del pericolo, stavamo di fatti organizzando una rivolta contro gli oppressori olimpici, ignorammo deliberatamente quella scritta. Ad aprire la porta ci penso Luke, ci mise pochissimo con il solo ausilio di un fermaglio per capelli che era rimasto in testa ad Aziza, dopo che si era disfatta la chioma da matrimonio. La porta si apriva su un cunicolo buio, con il pavimento fatto di san pietrini e le pareti di mosaico. “Cos’è?” chiese Az, con le mani nelle tasche dei jeans stretti, anche io guardai il cunicolo buio, era una strana sensazione quella che mi saliva dalla bocca dello stomaco, sentì la voce di mia madre ancora sussurrami qualcosa alle orecchie, Scappa, finchè puoi. E la mamma a plagiare doveva esser anni luce avanti a me, perché arretrai appena, “Cos’hai?” mi chiese Aziza, la guardai nei suoi occhi miele brillanti, e poi mi misi a correre.


“Mary!” si mise ad urlare il mio nome Luke davvero infiammato da un ira crescente, Kenny gli mise una mano sulla spalla, “Se avessi i miei occhi capiresti” bisbigliò solo comprensivo. Aveva capito che mia madre doveva avermi parlato. Aziza non restò ferma invece, parti al mio inseguimento veloce come il vento. Quando mi trovò ero seduta sul marciapiede che mi passavo tra le mani uno dei miei pattini da Roller, mi veniva da piangere e non sapevo neanche perché. “Mary” cominciò la figlia del destino con tono incerto, chiedendosi se potesse permettersi o meno confidenze con me, “Cosa c’è che non va?” mi chiese balbettante ed incerta, cercando la combinazione di parole più appropriate e delicate, mossi il campo in un segno di negazione, “Mia mamma ha detto scappa. Ed io l’ho fatto” risposi secca. Riuscendo a rigettare indietro le lacrime, inutili, “Non so perché mi viene da piangere” mormorai comunque, senza smettere di giocare con il pattino. Aziza si lasciò scivolare sul marciapiede accanto a me, con un sorriso caramelloso sul volto, “Perché gli dei sanno cosa ci aspetta. Qualcosa in quel posto deve accadere” bisbigliò la mora cosciente che con nessuna di quelle parole mi avrebbero consolato, ma erano lì a ricordarmi che il Destino era lì e che volente o nolente nessuno mai sarebbe potuto fuggire. Tranne Az, ovviamente. “Il destino è inevitabile. Anche per me. So chi è mio padre. L’ho scoperto e so che mi rende le cose più facili. Ma per nessuno è davvero evitabile” cominciò per consolarmi lei, passandosi una mano sui capelli lunghi e flessuosi, il suo sorriso era ancora accondiscende e comprensivo, “Ma nessuno, Mary, dovrebbe affrontarlo da sola” enunciò, prendendomi una mano, senza smettere di fissarmi. Quello è stato il preciso momento in cui ho capito, che quella era la mia migliore amica, che sarebbe stata franca nel bene e nel male.


Cosa mi succederà mamma? Le chiesi, sapevo le regole, sapevo che non mi avrebbe potuto rispondere, infatti non lo fece Quando accadrà? Riprovai, senza lasciare la mano di Aziza, Non oggi Mary, rispose solamente, prima di spingere me ed Az a tornare da quei due. Luke mi guardava incupito ed abbastanza adirato, immagino, ora, che non gli avesse fatto piacere la mia fuga, allora non gli prestai per la prima volta neanche un briciolo d’attenzione. “Ben tornate signore!” esclamò Kenny malizioso, ma nei suoi occhi leggevo una velata tristezza nel guardarmi; vi potrà sembrare strano a descrivervelo ora, ma effettivamente L’Indovino era esattamente così, con duplice personalità che convivevano insieme da un lato il malizioso e malandrino ragazzo con la faccia da schiaffi, dall’altro il dolce ed amichevole ragazzo orsacchiottoso. Puntammo tutti gli occhi sul ragazzo, che aveva di proposito deviato lo sguardo da me, per non guardarmi, “Ho una bella sorpresa!” cercando di ritornare ad avere il sorriso malandrino, “È un’ora che lo ripeti. Pensi che arriverai mai al dunque Ken?” chiese un Luke abbastanza irritato dai fatti appena avvenuti. L’irritazione di Luke se possibile alimentò solamente la malizia del ragazzo dalla doppia personalità, “Bene!” cominciò, indicando l’ingresso buio fatto di mosaico e di san pietrini, “Questa è la bocca dell’inferno” enunciò con un sorriso soddisfatto. E lo era davvero. Il mio inferno per la precisione. Guardammo tutti dentro il buco oscuro, una pessima sensazione correva su tutta la mia schiena, l’elfo gigante non aveva cambiato di una virgola la sua mimica facciale, Az invece aveva pensato abbastanza cosa dire, poi aveva detto la cosa più naturale che le veniva in mente: “Tipo quella di Sunnydale?” i due ragazzi la guardarono attoniti, “Cosa Shah?” domandò Luke, per la prima volta colto da confusione. Io invece cominciai a ridere, veramente tanto, e come Aziza che adesso guardava le confusa i due perché non avevano capito la sua frase, anche a me regalavano occhiati accigliate; “Questa è stata bellissima” disse alla figlia del destino battendoli una mano sulla spalla, con un sorriso ilare ancora sulle labbra, senza più preoccuparmi di quello che c’era oltre la porta, “Grazie Mary!” esclamò Aziza soddisfatta che qualcuno avesse capito. Luke decise di ignorarci deliberatamente pensando che il mio eccessivo plagiare la gente mi avesse reso stupida e che probabilmente fossi contagiosa; “È quello che penso?” chiese Luke, riferendosi allo strano vicolo buio oltre la porta, ritirando fuori anche il Famoso Piano C, Kenny annui, poi disse: “Uno dei vari ingressi del labirinto!” esclamò, prima che il malefico e manipolatore elfo gigante congiuratore ci richiamasse all’attenzione.


Luke sorrise malefico sapere dove fosse un altro ingresso del labirinto, era qualcosa di molto utile, ma direi di riparlare più avanti del labirinto e tutto quello a cui è legato. C’è tempo ed è faticoso ammettere che è la parte peggiore della storia, quella che effettivamente cambierei, almeno il finale. “Quindi cos’è la bocca dell’inferno?” chiese comunque Kenny, mentre l’elfo gigante richiudeva la porta con un sorriso soddisfatto, “Un luogo di forte magia e mistero da cui escono solitamente mostri della serie Buffy” rispose Aziza con tranquillità, “Be allora ci assomiglia” esclamò con euforia Kenny, prima di abbandonarsi ad una noiosa spiegazione della fondazione del labirinto ai tempi della Greca Arcaica, aggiungendoci i nomi di un mucchio di persone di cui avevo sentito parlare ad epica. Mi avvicinai a Luke, non pretendendo da lui neanche una risposta, “A che pensi?” chiesi, davvero non mi aspettavo che mi rispondesse, ma l’elfo di bell’aspetto lo fece ed anche con un calore inusuale per lui, “Che c’è la faremo. Boicotteremo il campo e l’olimpo!” sorrisi radiosa anche io, dimenticato davvero ogni brutta sensazione.


“Bene direi che ora di andare a Panama, no capo?” chiese Kenny guardando Luke, come i bambini guardano i loro genitori quando vogliono qualcosa, “Si” rispose il biondo abbandonando ogni parvenza di emozione e ritornando l’uomo di granito inviolabile da nessuna emozione di sempre. Così ci incamminammo alla ricerca di auto, che Luke si procurò facendo una pesca miracolosa nelle tasche di un uomo dall’aspetto ricco, tirato tutto a lucido con un completo di una firma famosa d una stoffa pregiata. “Come ci riesci?” gli chiesi, quando Luke tornò da noi con le chiavi tra le mani, “Mio padre” disse con rabbia, come se quello fosse l’unica giustificazione plausibile, c’era anche da dire che da quando aveva avuto nove anni a quando ne aveva avuti quattordici era vissuto per le strade d’America facendo affidabilità solo su quel talento che suo padre gli aveva dato; “Eloquente come sempre” bisbigliai irata. Ero pronta ad andare via, finché non vidi la terza ed ultima donna opalescente: Era una donna, alta, con i capelli biondi, ma non vivi, più un biondo sbiadito, di qualcosa che aveva perso lucentezza, la pelle livida da sembrare di marmo, gli occhi scuri ed accusatori, pieni di lacrime fino all’orlo, il volto era crucciato da un espressione addolorata, come di chi era destinata a soffrire incessantemente, si mordeva le labbra quasi a sangue, era vestita di bianco ed emanava angoscia, mi sentivo triste ed inadeguata solamente a guardarla, “Mary che succede?” mi domandò Aziza, scossila testa in neagazioen. Luke mi guardò appena, Kenny invece non si voltò verso di me, ma guardò direttamente la donna, “Intrigante” mormorò, prima di prendermi la mano e condurmi via, “Troverei sempre tre signore piangenti e rugose che ti inseguiranno Mary, sei pur sempre figlia di Ate” ridacchiò, prima che il biondo ci ordinasse di salire in macchina. Cercai di nuovo con lo sguardo la donna opalescente, ma come tutte le altre era già scomparsa, “Iniziano a non piacermi” constatai, prima di chiudere lo sportello della macchina, con la mano ancora intrecciata con quella di Kenny, “Evitale. Il tuo sangue le attira, ma non potranno mai raggiungerti” mi rivelò l’indovino, con sorriso soddisfatto, “Speriamo” bisbigliai.
   
 
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