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Autore: Memento    03/06/2006    13 recensioni
Rufy alle prese con una stravagante situazione. Realtà o paranoia? E' successo davvero qualcosa?
Genere: Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Monkey D. Rufy, Nami
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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DON'T WAKE
(Non Svegliarti)




*

Lei stava dormendo.
Non sapeva... non era sicuro di cosa fosse realmente accaduto.


*
Era cominciato tutto in modo piuttosto normale, per i loro canoni. Era notte fonda, una di quelle tante che si frappongono tra una nuova avventura ed una appena conclusa, e lui aveva fame.
Aveva fame, si diceva, continuava a ripeterselo come un motivetto di una canzone; ma questo non era importante.

Per farla breve era sceso dal letto borbottando, aveva preso il suo cappello e si era diretto verso la cucina, sperando vivamente che Sanji non fosse in agguato davanti alla porta con una padella in mano. Invece era arrivato sano e salvo; fin lì.

Entrato l'aveva vista. Stava bevendo un qualche intruglio, pensò pigramente mentre l'osservava, e scarabbocchiava le sue carte. Probabilmente ragionava sulla rotta da adottare, ma a lui non erano mai interessate quelle cose. Comunque lei aveva alzato lo sguardo e sbuffato. Giustamente se ne era risentito ed avevano iniziato un qualche sciocco battibecco, davvero una stupidaggine, dimenticandosi il motivo per cui si era alzato. Poi però gliel'aveva chiesto lei ed allora se ne ricordò–– una deliziosa polpetta, quella che aveva mangiato-– ma nemmeno questo era poi così essenziale.

Quello che da... più di un'ora, sembrava rammentare non appena svegliato-– lei tira pugni anche nel sonno-– era che cosa cavolo lei ci facesse nel suo letto e con lui. Cioè, non che fosse successo davvero qualcosa.

Appena finita quella deliziosa polpetta l'aveva addocchiato di nuovo e poi detto: "Mi fai venire da te?". Lui, ecco, lui non capiva, ancora, perchè avrebbe dovuto, visto che la sua camera ce l'aveva. Fatto stà che aveva aperto bocca ed articolato, "Si, certo".

Alla fine aveva scoperto perchè aveva fatto quella strana domanda–– a pensarci bene era tutto talmente strano da parere un sogno.

Da quando avevano cambiato barca, pace all'anima della cara Going Merry, lui aveva posto nella sua stanza, solo per vanità, una bella scrivania; "Mogano", aveva commentato lei vedendola per la prima volta. Convinto che si trattasse di un complimento, aveva risposto "Grazie." e si era beccato un calcio... ma non era questo che voleva dire!

Aveva questa scrivania, e siccome lei doveva-– doveva?-– lavorare ancora per un po' sulle sue carte nautiche aveva preferito stare comoda. Ma alla scrivania-- non... nel letto.
Non che fosse particolarmente infastidito dalla situazione; nemmeno dispiaciuto, a dirla tutta. Si trattava d'un letto grande, i privilegi del Capitano... ma, quello che lo irritava, era il non capire il perchè lei ci stesse sopra.

Si era un po' spaventato trovandosela davanti. Forse... forse era solo spiazzato. Dopotutto non si ricordava molto di quel che era accaduto-– cosa mai doveva essere mai accaduto?–- prima di assopirsi. Non era neppure colpa sua perchè una volta sazio gli veniva sonno e, diavolo, erano anche le cinque del mattino. Se doveva esserci qualcosa di strano in tutto questo, era lei.

Non aveva notato lo svolgersi dei fatti, ecco. Ricostruendoli, da quei pochi frammenti di ricordo che la sua memoria intontita conservava, era successo più o meno questo: lei era andata alla scrivania, lui a letto.

Non si era preoccupato di spogliarsi in sua presenza, di cosa doveva mai preoccuparsi? Credeva, anzi, che entro poco tempo se ne sarebbe andata, tra un minuto o più; non aveva nemmeno tentato di conversare, assorta com'era. I capelli le ricadevano sulle spalle fasciate in una maglietta di seta e quando le accarezzavano il collo non sembrava accorgersene, troppo concentrata, come sempre comunque, quando faceva quel genere di cose; gli occhi brillanti... si domandava se anche lei avvertisse la stanchezza ghermirla o il sonno, qualche cosa, insomma... e pensando vagamente a quello si era addormentato.
Poi, vuoto totale.

Finchè, voltandosi tra le lenzuola, sveglio o quasi da un irritante solletico sulla nuca, non si era accorto che si trattava del suo respiro regolare, sdraiata a non più di due centimetri di distanza. Adesso era completamente lucido, e lei dormiva.

Comunque, nonostante le sue incoerenti digressioni mentali, ancora non capiva che ci facesse lì.


*
E se la svegliassi? pensò, magari potrei scuoterla un po'.
Si mordicchiò il labbro inferiore, dolorosamente consapevole che era da più di un'ora che rimuginava sul da farsi senza chiudere occhio. Erano le sei e l'alba stava iniziando a sorgere. Vedeva i primi raggi di luce posarsi sulle sue spalle... nude?

Non è che... non potesse addormentarsi, ma era nel suo animo, istintualmente curioso fino all'osso, quindi era ovvio che volesse svegliarla e chiedere, "Che cavolo ci fai qui?".
"Mmmh..." mugugnò lei; lui trattene il respiro. Si alza? No, no, sta solo dormendo. Ancora. Sospirò piano e si rimise steso.

... E cosa è successo, tra noi due?

Se solo Sanji ne fosse venuto a conoscenza... talvolta, fra loro, solo raramente, ne parlavano. Delle ragazze, cioè. Oddio, Sanji ne parlava sempre e comunque. Usop, quando era particolarmente ispirato, raccontava diversi aneddoti su lui ed una bellissima principessa bionda che doveva essere Kaya; Zoro invece faceva battutacce o dormiva. Lui ascoltava per un po', ma alla fine si annoiava.
Un'altra cosa che non capiva.

Però, in quel momento, era a conoscenza che, quasi scoppiò a ridere quando lo realizzò, se Sanji fosse entrato nella sua stanza l'avrebbe trucidato senza rimorso, e sapeva anche che avere Nami nel letto era insieme paradossale e divertente.


*
Ogni tanto pensava a ciascuno dei suoi compagni. Ogni tanto pensava anche a lei. Cosa poteva dire di lei? Che non lo faceva dormire, ammise ridendo sul serio. Lei era... molto strana.

Molto bella. E perfida.

Lei era tante cose... in effetti trovava difficoltà nel descriverla, o anche nel tracciare il suo carattere, e quello non era proprio niente male! Lui aveva sempre creduto di avere una sorta di dono, di vedere un certa bellezza, al di là di quella fisica, nelle persone che sceglieva per suoi compagni; di riuscire a scovare... elementi speciali.

Tutti i suoi ragazzi erano speciali, ed anche lei. Ma... quando la pensava gli veniva da aggiungere subito dopo un veramente poco onorevole "Boh" perchè... ecco, non riusciva a–– di nuovo quella parola-– capirla, insomma.

Nami era molto indipendente. Libera; non sopportava le gabbie e se qualcuno tentava di catturarla lo graffiava; spinosa, un fiore velenoso. Molto grazioso, ma malvagio. Malvagio? No. Anche... solo un poco. Ma ciò che lo irritava, e segretamente gli piaceva, era il fatto che ogni volta avesse tentato di afferrarla, definirla, esclamare: "Tu sei fatta così", lei trovava sempre un modo per sfuggirgli, per smentirlo, per rispondergli: "Visto? Non mi raggiungerai mai".
Ma il solo fatto di provare stizza per comportamenti del genere lo faceva stare male con sé stesso, perchè lui non era così...

Così come?

Lei lo faceva sentire inquieto, come se non fosse... proprio puro come sembrava. Talvolta gli era capitato di pensare, senza un particolare motivo, che la ragione per cui lei, in un primo periodo, non voleva legarsi a lui-– a loro–- fosse perchè non era giusta. O buona o... pura?
Credeva, un tempo, che fosse come tutti gli altri? Che la volesse tenere in gabbia?

In effetti, forse non l'aveva ancora raggiunta. Inseguita sì, per molto e continuamente. Ma poterla vincere... quello no. Ed era un lato di lei che ammirava, appunto. Ma lo faceva anche infuriare. "Come", si diceva, "Non erano questi i patti". Era tentato di pestare i piedi come i bambini, "Non era giusto", quasi pensava osservandola andarsene con la Going Merry un giorno di tanto tempo fa, legata a nessuno, neppure a lui, e... sola.

Sola. Forse era stata anche quello. Invece adesso aveva lui. Loro. Erano tutti amici.

Non voleva che fosse sola, voleva soltanto che fosse felice, che sorridesse e, magari, gli rimanesse accanto. Non poteva obbligarla, perché forse, forse, nel momento in cui lo avesse fatto lei lo avrebbe davvero lasciato–– ma ci teneva davvero tanto e sperava di riuscire a trasmetterglielo.

Lei lo spiazzava. Lo sorprendeva, ecco, era come il vento... aveva mille sfumature e mutava; fredda e pungente, o anche dolce. Lei era forte, ah, testarda e vulnerabile, lei era... molte cose, appunto. E quasi ammetteva: "Non riuscirai a prenderla, sai." eppure andava bene così, perchè gli era accanto.

Se non altro l'aveva legata a sé con amicizia e gratitudine.

Però, si domandava per la prima volta in quella notte strana, davvero andava tutto bene? Davvero gli sarebbe bastata questa... consolazione...?
E se un giorno avesse deciso di andarsene? Non credeva che sarebbe realmente successo, ma non aveva mai una sicurezza, e se avesse veramente voluto... non l'avrebbe certamente costretta a… sarebbe stato bene lo stesso?

Si ripeteva che poteva poteva vivere e sentirsi come più le piaceva. Era nata per essere libera, amata ed odiata. Era eccezionale ed intelligente fino all'irritante; era acida e talmente buona da far piangere... e se poi piangeva lei era la fine di tutto.

Lei era libera, purché stesse con lui.

Ecco, era questo pensiero, che lo turbava. Molto, davvero...

"Tu sei la MIA compagnia!"

Non aveva detto così, quando l'aveva aiutata? E tolte quelle catene, non ne aveva sostituite–– inconsapevolmente, era sicuro di questo, altre, attorno alle sue sottili caviglie, più piacevoli e tenui, per dirla sua?
Ne aveva reclamato il possesso, tempo fa. Dunque la voleva per sé. E volerla libera e volerla sua–– ma non "sua" nel senso osceno del termine–– erano due cose che si si scontravano inevitabilmente tra loro. Per questo, ogni tanto, non si sentiva a posto.

Però era il suo salvatore, e lei, dopo che l'aveva pretesa ad Arlong Park aveva risposto "Si", questo se lo ricordava perfettamente. E comunque aveva scelto di stare con lui-– loro. In fondo non doveva davvero preoccuparsi.

Era... solo qualcosa, di ancora piccolo e nascosto, che magari, magari, si sarebbe ingigantito col tempo ma solo se ci avesse prestato attenzione. E preferiva evitare. Forse... non desiderava nemmeno sapere perchè fosse venuta con lui, da lui, che si trattasse di questa notte oppure dell'inizio del loro viaggio assieme.

Forse era meglio lasciare le cose come stavano, ed attendere silenziosamente un risveglio incerto.



E N D

  
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