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Autore: Daisy Potter    03/06/2006    3 recensioni
Una nuova vita insieme alla sua vera madre, ma anke il dolore per la separazione dai suoi amici e da lui … da Akito. Come vivrà Sana questa lontananza? E quali saranno i sentimenti di Akito, come reagirà?
Genere: Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Akito Hayama/Heric, Fuka Matsui/Funny, Sana Kurata/Rossana Smith
Note: What if? (E se ...) | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 5.

Akito si svegliò di soprassalto, mettendosi a sedere sul letto. Una goccia di sudore scivolò sul suo volto, mentre cercava di mettere a fuoco il luogo in cui si trovava. Lentamente, iniziò a riconoscere la propria stanza: i poster di karate appesi alle pareti, l’armadio a due ante sulla sinistra della stanza, la piccola scrivania accanto al letto, le foto attaccate sul muro sopra di essa … il volto sorridente di Sana, che fino a un attimo prima aveva popolato i suoi sogni …

Una fitta alla tempia gli fece strizzare gli occhi, e si portò una mano sulla fronte mentre si lasciava ricadere sul materasso. Sentiva la testa scoppiargli, e gli ci volle un po’ prima di riuscire a ricordarsene il motivo. Solo dopo qualche minuto rivide le immagini della sera prima: lui che si ubriacava in un bar, l’arrivo di Fuka, lei che lo accompagnava a casa, lui che la baciava, spingendola sul letto, vedendo in lei la sua Sana …

Ma che diamine ho fatto??! si urlò nella mente, rigirandosi nel letto e cacciando la testa sotto il cuscino, mentre l’emicrania continuava a tormentarlo. Restò sospeso nel dormiveglia ancora per un po’, finché lentamente non decise di alzarsi e di fare una doccia, dopo la quale andò in cucina e si preparò un caffé amaro. Quando l’ebbe finito, poiché continuava a ripensare a ciò che era successo la sera prima, con un sospiro prese il telefono e compose un numero.

“Pronto?” rispose una voce femminile dall’altra parte della cornetta.

“…”

“Pronto??!” chiese ancora, un po’ seccata.

Akito rimase ancora in silenzio.

“Pronto, c’è nessuno? Cos’è, uno scherzo??” chiese la voce alterata, finché il ragazzo non la interruppe.

“Fuka … sono Akito …”

Per qualche secondo si udì solo più il silenzio, finché Fuka non esclamò con entusiasmo, contenta finalmente di parlare con lui:
“Aky!! Finalmente ti sei fatto vivo! Stai meglio?! Quando ti ho lasciato l’ultima volta non avevi proprio una bellissima cera …”

Il ragazzo esitò un attimo prima di parlare.

“Sì, va un po’ meglio … senti io … volevo ringraziarti per avermi aiutato ieri e … vorrei … scusarmi, per come mi sono comportato …” si fermò un attimo, leggermente imbarazzato. “Sai … il bacio … e ciò che ho fatto dopo … scusami, Fuka”

La ragazza rispose con tono serio, ma dolce.

“Non pensarci più, ok? Te l’ho detto, non è successo niente …”

Mi sembra di aver tradito Sana, avrebbe voluto dire Akito, ma restò in silenzio, pensando alla stupidità di quel pensiero: lei non è mia … e continuò ad ascoltare la sua amica.

“So come ti senti, Sana manca anche a me”

Sentire pronunciare il nome della ragazza, nonostante lo avesse già pensato poco prima, gli fece male.

“… Aky? Ci sei ancora?” chiese Fuka dopo un po’, non sentendo più la voce del ragazzo.

“Sì” si sforzò di rispondere Akito, dopodichè decise di terminare la chiamata.

“Senti, ora devo andare. Ciao” e chiuse la comunicazione senza dare il tempo a Fuka di fermarlo. Lei avrebbe voluto aiutare il suo amico, fare di più che riportarlo semplicemente a casa dopo una sbronza, riuscire a farlo parlare, a farlo sfogare, a fargli capire che c’era chi si preoccupava per lui ed era pronto a dargli il suo sostegno, ma lui non gliene diede l’opportunità ed ora, con un sospiro di rassegnazione, fissava la cornetta del telefono, ormai silenziosa.

Akito si lasciò cadere sul divano, dopo avervi scaraventato il telefono, che per fortuna finì tra un paio di cuscini, e chiuse gli occhi. Si odiava. Si odiava per come stava trattando tutti i suoi amici, senza più rivolgere loro la parola, si odiava per ciò che era successo la sera prima, si odiava per non aver saputo mai esprimere i suoi sentimenti, fino a perdere la persona alla quale teneva di più. Semplicemente, si odiava, ogni parte di se stesso.

“Ben svegliato, Akito.”

Sobbalzò sul divano, voltandosi di scatto e trovando suo padre in piedi dietro di lui.

“Sei rientrato tardi, ieri sera” continuò il Signor Hayama. Lo stava fissando, ma le sue non erano parole di rimprovero. Ripresosi dallo spavento per la sua comparsa inaspettata, il ragazzo si limitò a mugugnare in risposta all’affermazione.

“Non volevo, ma ho sentito la telefonata: hai detto che Fuka ti ha aiutato, ieri sera. È successo qualcosa?” gli chiese leggermente preoccupato.

Akito distolse lo sguardo da suo padre.

“Niente che ti interessi!” gli rispose bruscamente. La freddezza del figlio non stupì il Signor Hayama, sapeva com’era fatto, ma sapeva anche che quell’atteggiamento significava che il ragazzo stava soffrendo, ma non voleva confessarlo. Poi pensò al resto della conversazione che aveva sentito, e replicò:
“Capisco, ma … tu e Fuka state insieme?”

Gli occhi ambrati di Akito si sollevarono di scatto e si fissarono in quelli del padre fiammeggiando, un’espressione mista al dolore e alla rabbia scaturiva da essi:
“Io e Fuka non staremo mai insieme! IO AMO SANA!!!”

Le sue ultime parole parvero riecheggiare nella casa per alcuni istanti, tale che fu la violenza con cui erano state pronunciate. Furono quella stessa forza e determinazione che fecero capire al Signor Hayama il vero problema. Durante il silenzio che calò tra loro, mentre Akito si chiedeva perché per la prima volta avesse ammesso quel sentimento con tale convinzione, l’uomo continuò a guardare il figlio senza dire nulla, finché non pronunciò una frase che Akito non avrebbe mai pensato di sentirgli dire:

“Diglielo, allora”

Il ragazzo si stupì della semplicità di quelle due sole parole. Per la prima volta, vedeva quella soluzione come la più facile ed ovvia, e non come un’impresa fuori dalla sua portata. Semplicemente, doveva rivelare i suoi sentimenti a Sana. Non gli importava di ciò che avrebbe pensato la ragazza, di ciò che avrebbe potuto rispondergli, semplicemente sentiva che non doveva fare altro. Di scatto si alzò dal divano e corse su per le scale verso la sua camera, dove indossò un paio di jeans e una felpa e prese alcune banconote dal suo portafoglio, poi si precipitò di nuovo di sotto, si fermò solo un istante per lanciare un’occhiata colma di gratitudine e determinazione al padre, e al suo cenno di assenso si fiondò fuori dalla porta di casa, iniziando a correre sul marciapiede.

Gli ci vollero pochi minuti per raggiungere un’altra abitazione, dove attese ansante e impaziente che qualcuno gli aprisse la porta. Iniziò a tempestarla di pugni, finché non sentì dei passi affrettarsi e una voce provenire dall’interno che diceva seccata:
“Ho sentito, arrivo! Un attimo!”

Un istante dopo la porta si aprì, rivelando la figura di una ragazza.

“Eccomi, che diav … Akito??!” esclamò la padrona di casa trovandosi di fronte il ragazzo. “Ma cosa ci fai, qui? Entra …”
“No …” disse lui “Ascoltami, Fuka, ho bisogno di un favore”

L’amica lo guardò con aria preoccupata: sembrava avesse perso la ragione.

“Aky, stai bene? È successo qualcosa?”

“Fuka, mi serve l’indirizzo di Sana! Ti prego, dammelo! So che lei ti ha detto dove abita! Dammi il suo indirizzo, ti prego!” le chiese Akito con foga.

“Cosa? Ma … perché?” Fuka era confusa dalla richiesta improvvisa del ragazzo.

“Devo parlarle … devo vederla! Non posso più aspettare: dovevo farlo fin da subito, ma non è ancora tropo tardi! Io devo andare da lei!”

Fuka rimase per un attimo a fissare gli occhi del ragazzo: finalmente brillavano di nuovo, era tornata in essi la lue della vita … e dell’amore. Trasse un profondo respiro, poi fecce un cenno di assenso con il capo e scomparve per qualche istante in casa. Quando tornò sulla porta, teneva in mano un foglietto, che porse al ragazzo. Akito lo prese e gli diede uno sguardo: c’era scritto un indirizzo, e qualche indicazione su come raggiungerlo aggiunta da Fuka, che avendovi abitato per molti anni conosceva molto bene Osaka. La ringraziò con un mezzo sorriso, il primo che compariva sulle sue labbra da mesi, prima di voltarsi e ricominciare la sua corsa, diretto questa volta alla stazione di Tokyo, pronto a prendere il primo treno che l’avrebbe riportato dalla sua Sana.

Questo era il penultimo capitolo, raga! Com’era? Sinceramente, forse avrei potuto fare meglio, ma qst è ciò che mi è venuto! Commentate cmq vogliate! Ci vediamo alla conclusione! Vvukdb Daisy J

  
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