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Autore: tonksnape    03/06/2006    1 recensioni
Draco ripensa ai suoi 17 anni di vita e all'attacco a Silente cercando di progettare il proprio futuro. FF ha partecipato al 21° concorso EFP. Buona lettura
Genere: Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Draco Malfoy
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Draco

UN FALLIMENTO VERSO IL FUTURO

Draco osserva il proprio volto alla finestra.

Si sente stanco. Non fa nulla da giorni tranne mangiare e dormire, eppure è sfinito. Ecco, è l’espressione di un ragazzo… finito.

Poi sposta lo sguardo verso il mondo fuori da lì.

Si vedono solo interminabili tetti e camini, interrotti con regolarità dalle stradine che portano ai portoni di ingresso delle case. In alcuni casi si vedono le travi delle soffitte, in altri i tetti sembrano appena tirati a lucido. Tutto è avvolto dalla nebbia e dalla fuliggine di una estate che stenta ad arrivare.

Nel silenzio può sentire, al piano di sotto, qualcuno che si affaccenda in cucina. Forse sta organizzando la cena. Quando un rumore più forte (è caduto un coperchio) lo fa sobbalzare, rivolge lo sguardo verso la porta della stanza. Ma solo per un attimo.

Non gli interessa quello che sta accadendo.

I pensieri sono a casa, nella sua casa.

Fino ad un anno fa circa la madre, in quel momento, sarebbe stata impegnata in una discussione con la cuoca riguardante le pietanze della cena del sabato, la cena di lavoro del padre, la stessa inalterata cena che ogni sabato da anni riuniva a casa Malfoy tutti coloro che il padre riteneva importanti per la sua carriera, per i suoi affari, per i suoi interessi politici.

Prima di entrare a Hogwarts partecipava anche lui.

Partecipava…. Si sedeva a tavola, sorrideva quando era necessario, rispondeva quando era necessario, osservava ogni volta che poteva.

Non gli era permesso fare altro.

Non intromettersi, non parlare senza motivo, non farsi notare più del necessario.

Ma poi, i giorni successivi, il padre discuteva con lui di quanto era accaduto, del perché era presente una persona e non un’altra, della scelta dei posti a cena, degli argomenti da affrontare, degli atteggiamenti da tenere.

Era la sua personale rivincita su quel branco di adulti tutti uguali, monotoni, indifferenti alla sua presenza.

A 10 anni conosceva i segreti d’ufficio di parecchi dirigenti del Ministero della Magia, conosceva i loro problemi in famiglia, la situazione economica, cosa temevano e cosa desideravano.

Durante la scuola era escluso dalla cena, ma il padre continuava a raccontargli tutto.

Anzi, erano aumentati i particolari piccanti, le amanti, i ricatti, i segreti che neppure il coniuge conosceva.

Aveva imparato, duramente, ascoltando conversazioni che non doveva sentire, che anche i suoi genitori erano nella stessa situazione.

Aveva imparato a riconoscere il momento in cui la madre trovava un nuovo amante o il momento in cui il padre metteva termine ad una relazione.

Aveva anche imparato che c’era un legame tra loro che non si sarebbe mai spezzato, qualcosa che non aveva nulla a che fare con l’amore o i sentimenti, ma con il potere.

Anche grazie a queste cene il padre era rimasto ad Azkaban solo per alcuni giorni alla fine del suo secondo anno e non c’erano state conseguenze.

Nessuno sapeva quali leve erano state mosse per far aprire le porte della prigione, ma erano riuscite a raggiungere lo scopo.

Draco idolatrava il padre.

Avrebbe desiderato poter essere esattamente come lui: potere, fascino, controllo.

Nella casa dei Serpeverde si stava allenando a farlo: era stato il capo indiscusso della Casa, era ricercato dalla maggior parte delle ragazze, anche più vecchie di lui, sapeva tutto di tutti perché tutti desideravano compiacerlo raccontandogli cose nuove e interessanti.

Fuori dalla Casa incuteva timore. Anche odio, insofferenza, fastidio, disagio, rabbia. Ma non lo preoccupavano. Erano pur sempre un modo per parlare di lui.

Quello che gli mancava era essere al centro dell’attenzione: doveva esserci lui, non Potter.

Quel piccolo insignificante mago attirava tutti come miele.

Ma c’erano stati dei bellissimi periodi.

Quando era tornato il Basilisco, per merito di suo padre e Harry era stato considerato colpevole da molti per la sua capacità di parlare serpentese. E poi durante il Torneo Tremaghi, quando tutti lo consideravano colpevole della morte di Cedric. E poi gli articoli di Rita. Aveva indicato esattamente cosa doveva esserci scritto.

E l’anno precedente quando aveva potuto rifarsi grazie alla Umbridge.

Era stato perfetto: poter comandare, pretendere, dirigere. Era stato un anno in gran parte piacevole, interessante. Aveva potuto muoversi con grande libertà a scuola. Nessuno osava fermarlo perché erano tutti interessati a Potter.

Aveva spiato parecchi studenti a loro insaputa, aveva controllato alcuni professori, si era addentrato in zone sconosciute della scuola scoprendo passaggi segreti.

Peccato alla fine quella battaglia che aveva portato suo padre in prigione.

Il padre gli aveva insegnato proprio quello: libertà di fare quello che voleva, capacità di comandare e di controllare gli altri.

Non certo a preoccuparsi di quello che accadeva alle altre persone, fossero anche in suoi genitori. Adesso era cresciuto un po’ troppo per credere ancora che il padre fosse infallibile.

E poi si era realizzato il sogno: finalmente poteva servire l’Oscuro Signore, poteva riscattare suo padre, rinchiuso ad Azkaban dopo la battaglia al Ministero.

Qualcuno diceva che era stato un errore di Lucius Malfoy, un imperdonabile errore, perdere la profezia, fallire.

Ma Draco pensava che la sua missione avrebbe sicuramente permesso anche al padre di uscirne a testa alta: suo figlio, il suo unico figlio scelto come Mangiamorte, scelto come arma dall’Oscuro Signore per uccidere il nemico più forte.

Dalla finestra Draco può vedere, al limite dell’orizzonte, qualche luce che si muove. Delle automobili babbane probabilmente, che corrono lungo la strada, verso casa.

La luce sta diminuendo sempre più velocemente. È quasi buio, è quasi notte.

Avevano corso a lungo quella notte, fuori da Hogwarts. Piton aveva corso e lui lo aveva seguito. Non sapeva quale fosse la meta, ma non aveva altra scelta.

Aveva fallito.

Aveva fallito.

Aveva fallito.

Non riusciva a pensare ad altro, neppure al fatto che il suo compito era stato portato a termine da qualcun altro e che quindi la missione aveva avuto successo.

Silente era morto, lo aveva visto a terra. Piton aveva agito al suo posto.

Mentre il fiato usciva con sempre maggiore difficoltà dai suoi polmoni, Draco continuava a ripensare a quello che era accaduto.

Aveva esultato all’annuncio che doveva presentarsi come Mangiamorte per poter riscattare suo padre. Non aspettava che questo. Gli avevano comunicato di presentarsi all’Oscuro Signore per poter essere ammesso in quel gruppo esclusivo di potenti.

La madre aveva pianto disperata.

E aveva pianto ancor di più quando gli era stata presentata la missione che doveva portare a termine.

In quel momento, durante l’estate che precedeva il suo sesto anno, di fronte agli occhi di serpente dell’Oscuro Signore, Draco aveva cominciato a capire l’enormità di quello che gli veniva richiesto. Era fermo in piedi, rigido dalla tensione, con la vista abbagliata dalle candele che non gli consentivano di vedere chiaramente neppure colui che gli stava parlando. Uccidere Silente, il suo Preside, la persona più importante di Hogwarts, il mago più potente dopo colui che gli stava dinnanzi in quel momento.

E proprio allora aveva cominciato a sentire le prime fitte di dolore allo stomaco, sottilissime, quasi una lama che incideva leggera la carne.

Durante l’anno scolastico, quando il dolore era aumentato sensibilmente, aveva cominciato a comprendere che si trattava di paura. Non tensione, ma paura. Paura di fallire, di non essere all’altezza. E anche paura di uccidere.

La consapevolezza di essere solo.

Quando si immaginava la scena finale si fermava al momento in cui avrebbe lanciato l’Avadra Kedavra. Non lasciava mai che i suoi pensieri potessero proseguire, potessero immaginare le conseguenze. Solo fino all’apice del successo, si ripeteva in quei momenti, mentendo a se stesso, poi tutto sarebbe stato più facile.

Bugie.

Qualcuno sta bussano alla porta.

Draco sbatte gli occhi, smette di sognare.

Guarda la porta, aspettando che si apra, in silenzio.

Bussano nuovamente.

E la porta si apre leggermente.

Il volto acquilino di Piton varca la soglia, stanco.

"È ora di cena. Scendi."

La porta si richiude.

Gli occhi di Draco si stringono, finalmente mostrano un po’ di interesse. Chissà dove va il Professore tutto il giorno. Hogwarts è chiusa, è estate. Silente non c’è più. Chissà se riapre.

Ma chi se ne importa, lui non sarà comunque lì.

E dove sarà?

Questa è la domanda che lo tormenta da settimane. Dove può andare? A casa c’è solo sua madre che piange.

Nei giornali la notizia della morte di Silente non ha ancora trovato un colpevole certo, ma è chiaramente indicato che si tratta di seguaci dell’Oscuro Signore e che è coinvolto uno studente minorenne.

Suo padre in prigione. La sua casa perquisita in più occasioni. Lui che non partecipa ai funerali del Preside. Non ci vuole molto ad immaginare che ci possa essere qualche collegamento.

Almeno Draco immagina questo. Non sa ancora che il piccolo Potter era presente, che lo ha sentito, che ha capito la sua paura e poi il suo piano, che ha capito chi lo ha aiutato e chi ha colpito Silente. Lo ha visto solo inseguirli nella notte, ha sentito la rabbia di Piton quando gli ha urlato contro il suo rifiuto di essere considerato un codardo.

Chissà perché Potter lo ha chiamato codardo?

Lui, Draco, è un codardo.

Ha fallito.

Non desidera dividere la cena e la tavola con quei due derelitti.

Un relitto umano, un servo implorante e un misero professore di Pozioni e di D.A.D.A.

Un professore che ha intralciato i suoi piani. Un professore che si è alleato con sua madre, certi entrambi del suo fallimento.

Draco sospira.

E respira. Ogni tanto é consapevole che ancora il cuore batte e i polmoni si riempiono di aria.

Cosa fa lì, dove andrà?

Per alcuni giorni si è chiesto, impaurito, perché l’Oscuro Signore non gli chiedeva motivo del suo fallimento, perché non lo chiamava al suo cospetto.

Erano stati giorni lunghi, segnati dal pianto e dai crampi allo stomaco della paura per il futuro. Dalla collera verso se stesso e la propria inettitudine e dalla collera verso Piton che gli aveva tolto il suo successo.

La rabbia aveva lasciato spazio solo alla paura.

Soprattutto quando Peter Minus si era accorto che lui si irrigidiva e tremava quando sentiva nominare il Signore Oscuro.

Minus gli aveva raccontato con estrema cura e eccessiva libertà (ne usciva come il protagonista, come se la presenza di Potter o degli altri Mangiamorte fosse stata ininfluente) quanto era accaduto durante l’ultima prova del Torneo TreMaghi, insistendo in particolare sul suo ruolo di fedele servitore, fedele fino a perdere parte di se stesso, della propria vita, del proprio futuro, del proprio corpo.

Non certo come lui, imberbe ragazzino impaurito incapace di sacrificare se stesso.

Erano state quelle le parole che aveva usato.

In pochi giorni la paura lo aveva avvolto completamente.

Il rientro di Piton dalle sue scorribande quotidiane era il momento peggiore. La richiesta di Voldemort di vederlo poteva arrivare solo da Piton, l’unico a sapere in quel momento dove si trovava Draco.

Solo dopo tre giorni di terrore Draco aveva osato chiedere qualcosa.

"Perché devo rimanere qui?"

Piton lo aveva guardato di sfuggita, come se la sua presenza gli mettesse tristezza.

"Per essere al sicuro. E pronto a rispondere all’Oscuro Signore quando ti chiamerà."

"Per uccidermi?"

Piton allora lo aveva fissato stupito.

"Ucciderti? Perché? Gli servono tutti i suoi seguaci ora, anche i ragazzi di 17 anni possono essere utili."

"Non ho agito da seguace dell’Oscuro Signore."

Draco guardava Piton che gli aveva risposto sprezzante.

"Era la tua prima volta. Ed era un compito oltre le tue possibilità. Sei stato scelto perché potevi agire dall’interno. Ma ti hanno chiesto l’impossibile, per un ragazzo della tua età. L’ho spiegato chiaramente anche all’Oscuro Signore. Ha risposto che si aspetta di meglio durante il prossimo scontro."

Draco aveva capito.

Piton l’aveva difeso, l’aveva scusato, l’aveva giustificato. E per questo gli era stata data una seconda possibilità.

Di dimostrare il suo valore in battaglia.

Allora alla paura si era avvicinata la tristezza.

In quel momento ricorda Pansy. Le sue mani sui suoi capelli. Le sue labbra. Il suo corpo.

Chissà se lo vuole ancora ridotto in quelle condizioni, chiuso in quel tugurio.

Chissà se accetta di stendersi con lui in quella branda polverosa che usa come letto.

Draco ride. Ride di sé, ma ride.

Pansy.

Probabilmente verrebbe, illusa di poterlo aiutare, di potergli essere al fianco. La donna del capo. Un ruolo adatto a lei.

Mirtilla. Un fantasma per amico…

Draco ride con tristezza delle sue conquiste.

Una ragazza quando era nel successo, un fantasma per consolarlo nella sconfitta.

E adesso è solo.

Però un messaggio a Pansy potrebbe anche mandarlo.

Degli altri non gli interessa poi molto. Tiger e Goyle sono solo dei perdenti. Se li prenderà Zabini come guardaspalle per il prossimo anno.

Se ancora ci sarà Hogwarts.

Un bel passato da ricordare. Ma adesso deve concentrasi sul futuro. Cosa può fare?

Tornare a casa è impossibile. Sarebbe spedito immediatamente al Ministero. Sua madre gli ha scritto con fermezza di rimanere al sicuro con Piton.

In quella casa non riesce più a stare. Si sente prigioniero.

Ad Hogwarts non può tornare.

Amici dai quali andare non ce ne sono. Si sentirebbero subito a rischio e nessuno di loro ha abbastanza fegato o interesse (Zabini ad esempio) per aiutarlo.

Gli amici potenti di suo padre saranno ormai spariti di fronte al fallimento completo della famiglia.

Può solo andarsene da lì e provare a farcela da solo.

Gli servono soldi.

Ma quelli può chiederli alla madre, che glieli consegni in qualche posto sicuro, senza farsi scoprire. Di soldi ce ne sono.

Come scappare dall’Oscuro Signore è il problema maggiore.

È impossibile farlo, a dire il vero. Ma Draco pensa che in fondo non importi poi molto a Lui di un ragazzo fallito di 17 anni. Quindi con buona probabilità non avrà interesse e energie da spendere per ritrovarlo. È una persona inutile ai suoi occhi.

Non lo ha tradito e la missione è stata portata a termine. Si è solo rivelato un incapace. E l’Oscuro Signore non ha motivo di cercare degli incapaci.

Quindi potrebbe anche ritenersi libero.

Condannato, ricercato, inetto, fallito, ma libero.

Draco si porta le mani alla faccia e rimane così, in piedi, le spalle curve. Mentre le lacrime scendono, ancora, a bagnargli il viso.

Pochi minuti dopo si trova a tavola.

Piton lo ha chiamato ancora e l’ha attirato al piano inferiore con la promessa di una lettera della madre.

Draco ha accettato il ricatto ed è sceso. Ha sete.

Mentre beve direttamente da una brocca l’acqua fresca con gli occhi chiusi sente l’arsura placarsi.

Poi osserva la tavola con quei tre piatti pieni di carne e verdura.

Piton è già a tavola. Minus prende il suo piatto e si siede sul divano, distante.

Draco riempie nuovamente la brocca e ricomincia a bere.

Si mette seduto per mangiare qualcosa. Se deve scappare almeno che accada a stomaco pieno.

Piton gli consegna la lettera.

Draco la apre per leggere quelle poche righe.

"Mio adorato figlio, ti chiedo ancora di rimanere dove sei, al sicuro. Vorrei poterti portare da me, accoglierti a casa. Ma la situazione non lo permette. Qualsiasi cosa ti sia necessaria fammelo sapere via gufo e provvederò immediatamente, ovunque ti trovi. Aspetta momenti meno bui e ricordami. Con affetto. Mamma"

Richiude con cura la lettera e la appoggia vicino al piatto.

"Avrei bisogno di vestiti. Quale gufo posso usare per scrivere a mia madre?" chiede guardando Piton, ancora intento a mangiare.

"Quello che trovi, direi. Non scrivere nulla che possa svelare dove sei ora." Il professore risponde osservandolo con curiosità. "Se ti serve qualcosa posso anche andare a prendertela nuova."

Draco scuote la testa per rifiutare la proposta.

Meglio mangiare, salire di sopra e scrivere quando è solo.

Velocemente prende quello che c’è nel piatto. Anni e anni di educazione aristocratica buttati dalla finestra: se il padre lo vedesse mangiare in quelle condizioni, curvo, senza masticare, veloce, lo prenderebbe a schiaffi pur di fargli rispettare l’etichetta.

Draco sorride tra sé e sé. Libero anche da questi riti formali.

Finita la cena si alza senza chiedere il permesso a nessuno prende un pezzo di pergamena da una scrivania vicina, una penna e sale nella sua stanza polverosa.

Seduto alla finestra, la pergamena appoggiata alle ginocchia pensa a cosa scrivere per non allarmare la madre.

Riflette a lungo prima di tratteggiare le parole sul foglio. Non può sbagliare e lasciare tracce in una brutta copia. Deve scriverla e spedirla senza possibilità di controllo da parte di Piton.

Dopo molto tempo si decide a scrivere.

"Madre, anch’io desidererei essere con voi. Ma capisco che devo rimanere per il mio bene. Mi mancate. Per quanto riguarda le mie necessità, vi chiedo di potermi far avere del denaro per poter pagare ciò di cui posso aver bisogno. In particolare vorrei potermi prendere dei vestiti nuovi, decorosi e il necessario per poter approfondire i miei studi con i testi del prossimo anno scolastico, anche se non potrò frequentare la scuola.

Vi chiedo inoltre la possibilità di affittare uno spazio mio, più personale qui vicino, dove poter accogliere i pochi amici rimasti senza chiedere la disponibilità del Professor Piton oltre il necessario.

Credo sia importante poter disporre del denaro sufficiente a pagare i primi mesi di affitto. Vorrei inoltre portare a termine questo progetto prima di renderlo noto al Professore per non farlo sentire in obbligo nei miei confronti più di quanto non lo sia già. La sua vicinanza sarà sufficiente ora per la mia protezione. Per questo vi chiedo di inviarmi il denaro sufficiente direttamente a me con il gufo che porterà questa lettera.

Vi penso sempre con affetto. E spero di potervi rivedere quanto prima.

Vostro figlio."

Rilegge la lettera più volte per essere sicuro di aver scritto tutto ciò che pensa essere importante.

Poi la arrotola, la chiude e la mette attorno alla zampa del gufo.

Ha scelto un gufo che non è proprietà di nessuno degli abitanti della casa.

Lo manda dalla madre e rimane in attesa.

La notte è scesa velocemente. Ora i vedono solo le luci delle case e dei lampioni e qualche automobile babbana che ancora circola, solitaria.

Draco osserva ciò che accade nelle case, osserva i proprietari muoversi nelle stanze, impegnati nelle attività di ogni giorno. Molti sono anziani signori che si godono il silenzio della sera, qualche libro, quello strano oggetto chiamato televisione.

Ci sono pochi giovani e tutti soli.

Draco chiude gli occhi vinto dal sonno, seduto sul davanzale della finestra, appoggiato alla parete.

Lo risveglia il ticchettio del gufo che batte con il becco sulla finestra.

Draco guarda immediatamente la sua zampa. C’è un sacchetto legato, un grosso sacchetto. E l’animale appare stanco.

Apre velocemente la finestra e prende il sacchetto dalla zampa lasciando l’animale libero di andare a caccia.

Il sacchetto è pesante. Contiene denaro. Abbastanza per andarsene e stare al sicuro per un po’. La lettera della madre la lascia sulla finestra. Leggerla farebbe troppo male.

Ha deciso di provare a cercare Pansy. È la persona che riesce a manipolare meglio delle altre. Non ha solo paura di lui, ne è attratta.

Proverà a rimanere qualche giorno da lei imponendole il silenzio.

Poi deciderà.

Adesso Draco si muove in fretta, con destrezza. Prende la sacca che gli ha portato Piton con i suoi vestiti, che ha fatto preparare alla madre settimane prima e ci infila dentro tutto quello che gli appartiene. Sono poche cose in realtà. Afferra anche la penna.

Prova a scendere di sotto per vedere se può rubare qualcosa di utile.

Minus sta russando sulla poltrona con una bottiglia ai suoi piedi.

Piton non si vede, ma questo non significa che non ci sia.

Draco osserva la stanza fermo sulla soglia. Ha lasciato la sacca dietro al muro.

Non vede muoversi nulla e si decide ad entrare. Gli occhi si sono abituati all’oscurità e si guarda attorno per scegliere quello che gli può essere utile: della pergamena, una piantina babbana della zona che ha visto usare a Piton e che è sempre aperta sul tavolo, un otre di pelle che riempie di acqua e dei biscotti ancora chiusi nella loro confezione.

Minus continua a russare.

Draco torna alla porta osservandosi attorno.

Poi afferra la sacca, butta dentro quello che ha preso tranne la piantina e apre la porta di ingresso.

Non accade nulla. Non ci sono sistemi di allarme particolari.

Draco non li ha mai sentiti, ma è la sua preoccupazione più grande. Che qualcosa lo fermi proprio sulla soglia.

Esce.

E chiude la porta dietro di sé.

Nessun rumore.

Allora comincia a camminare sempre più sicuro, sempre più veloce. Non sa neppure in che zona si trova.

Via di là. Via dal passato.

Può accadere qualsiasi cosa ora, ma è già nel suo futuro.

Da solo. Fallito.

Nel suo futuro.

  
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