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Autore: Kurookami    23/09/2011    3 recensioni
Questo è un GDR di Hetalia basato su “Aooni”, un horror game creato da noprops.
L’obbiettivo principale è fuggire, ma questo gioco ha molte differenze rispetto al lavoro originale.
Essendo un GDR esso contiene numero elementi del genere, quali battaglie, collezione di oggetti, eccetera…
Non si desidera creare alcun disturbo al creatore di “Aooni”.
E questa è la fine della spiegazione di HetaOni.
Genere: Generale, Mistero, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Allied Forces/Forze Alleate, Axis Powers/Potenze dell'Asse, Un po' tutti
Note: Otherverse | Avvertimenti: nessuno
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Stava quasi per andarsene, quando si ricordò di aver visto qualcosa, nella libreria.
Come… Una chiave, forse?
“… Non vorrei, ma… Meglio andare a controllare.”.
Sospirando, tornò nella stanza dove aveva combattuto la cosa, cercando con lo sguardo intorno –anche se in maniera abbastanza frettolosa-.
Un luccichio sulla scrivania attirò la sua attenzione.
La chiave!
La prese sollevato, notando poi, sorpreso, una piccola incisione su di essa.
 
Chiave dell’attico del quarto piano.
 
Beh, almeno ora aveva la possibilità di cercare quei due in altri posti.
Si diresse nuovamente verso la porta, guardando quasi con rammarico le librerie.
“Ci sono così tanti libri qui. Se non fossi così di fretta di sicuro ne sfoglierei qualcuno.”.
Ne sfiorò uno con la punta delle dita, attratto.
“… Beh… Se ne guardo uno solo non causerà certo problemi, giusto?”.
Il pensiero era troppo allettante.
Prese uno che sembrava particolarmente interessante, e lo sfogliò, giusto il tempo per darne una semplice occhiata generica.
Stranamente, finito si sentiva come… Più forte.
Lo rimise al suo posto, uscendo dalla stanza senza per fortuna incontrare quell’essere.
Rimase un secondo a pensare alla prossima stanza dove cercare.
Teneva ancora in mano la chiave appena trovata.
“Mhm… Potrei già usarla.”.
Fece spallucce, dirigendosi allora verso il quarto piano.
Lì, entrò grazie alla chiave nell’attico, guardandosi intorno con aria curiosa.
Sembrava normale.
Nulla di insolito.
Osservò in giro, constatando che non c’era nulla di particolare.
Tranne…
Non appena passò accanto alla libreria, sentì uno strano rumore.
 
O meglio, dei versi.
 
Cauto, si sporse leggermente dietro di essa.
Lì, il suo sguardo venne ricambiato da quello di un povero Mochi.
“Oh, un Mochi. Sei incastrato?”.
Chiese il giapponese, pensando prima alla sicurezza della povera creatura, piuttosto che domandarsi che diamine ci facesse lì.
Allungò un braccio, cercando di aiutarlo ad uscire.
Tirò un paio di volte, ma niente.
Non si voleva smuovere.
“Ah, non riesco a tirarti fuori. Non così.”.
Constatò, piccato.
“Povera creatura… Penso che Germania potrebbe essere in grado di tirarti fuori, credo.” Riflettè, lisciandosi il mento con fare meditativo “Mi domando se vorrà venire fino a qui per questo.”.
Poi però si ricordò che il tedesco non voleva saperne di uscire da dietro quella tenda…
“Mh, forse dovrei trascinarlo fuori… No, in ogni caso prima glielo chiederò.”.
Lasciò a malincuore il Mochi, per tornare nella stanza dove era rimasto il tedesco.
Quando entrò, però, vide che c’era qualcosa di strano.
La tenda di prima era inspiegabilmente sparita, per lasciar posto ad una porta in ferro battuto.
“Cosa…? C’era già questa porta?” pensò, osservandola “E’ forse uno scherzo della mia immaginazione? Eppure sono sicuro che non fosse di ferro…”.
Confuso –prima creature strane, poi porte apparse dal nulla- bussò lievemente alla porta.
“Uh… Germania, hai un minuto?”.
Si sentì come un rumore di… Lavori? Che cosa stava combinando l’altro, al di là di quella porta?
“Sei tu Giappone? Qual è il problema?”.
Gli rispose la voce del tedesco, stranamente affaticata.
“Vedi, c’è un misterioso Mochi incastrato nel muro in una delle stanze al quarto piano” cominciò “Mi spiace un po’ per lui così mi chiedevo se potessi provare a tirarlo fuori da lì…”.
“Capisco. Okay, andrò a tirarlo fuori. Ho solo un favore da chiederti, credo.”.
Un favore?
Ma cosa prendeva al biondo?
“Certamente, se è qualcosa che io sono in grado di fare.”.
“Ecco, mentre stavo correndo, ho fatto cadere la mia frusta. Credo che noi dovremmo avere qualche tipo di arma nel caso quella Cosa si faccia vedere nuovamente.”.
La frusta?
“Per favore, potresti cercarla, se non è un eccessivo problema?”.
… Ah!
“Che coincidenza!” disse sorridendo piano l’asiatico “Ho trovato la tua frusta poco fa!”.
“Oh…”.
“Aspetta, te la passo…”.
Disse, riuscendo a dargliela dallo spiraglio che l’altro aveva lasciato con la porta, per poi richiuderla subito dopo.
Che comportamento strano…
“Era appoggiata sul letto vicino alla porta.”.
“Oh, capisco… Ehm, grazie…” fu tutto quello che proferì il tedesco.
“Di nulla. Dopotutto l’ho trovata per puro caso. Ora andiamo su al quarto piano…”.
“Oh! Giappone!” cominciò l’altro, stranamente agitato “Mi dispiace, ma…”.
“… Si? Cosa c’è?”.
“Ah… Io sono veramente, veramente dispiaciuto, ma…” Dal tono sembrava il contrario. “Al momento sono pure veramente affamato. Non è che hai da mangiare?”.
Il giapponese sospirò: il biondo era abbastanza difficile da accontentare.
“Da mangiare… Mi dispiace, ma non ho portato del cibo con me. Non ho nemmeno niente che possa essere usato per cucinare.”.
“Capisco! Quindi, se non è chiedere troppo, potresti andare a cercare qualcosa da mangiare?”.
“Sì, è troppo!”.
“Cosa?!” fece l’altro, indignato. “Qu-Questo è impossibile! Che possibilità ho di trovare del cibo in un posto come questo?!”.
Il tono del tedesco si fece allora lamentoso.
“Ti prego! Non ho più forze in questo momento. Qualsiasi cosa andrà bene, trovami solo del cibo, okay?”.
“…”.
Non riuscì a trattenere un sospiro di fastidio.
“Va bene, darò un’altra occhiata in giro. In ogni caso devo anche cercare Italia…”.
“Fantastico!! Ti ringrazio” esclamò il biondo, sempre da dietro la porta “In ogni caso, hai trovato mio fratello?”.
“No. Ma lui dovrebbe stare bene. Credo…”.
“Perdonami per tutti questi problemi. Oh, in ogni caso” intanto la porta si aprì di poco, giusto il necessario per mettere fuori il braccio “Prendi questo con te.”.
E così il giapponese si ritrovò con in mano una… Birra.
“… Una bibita?! E birra, oltretutto?!”.
“Ah, ti ringrazio. Ora vado allora…”.
“Okay, grazie.”.
Mentre se ne andava, dopo queste semplici parole di commiato, udì dietro la porta i rumori di prima.
Come… Se il tedesco stesse lavorando a qualcosa.
“Cosa diamine starà mai facendo lì dentro?”.
  
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