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Autore: Shainareth    04/06/2006    5 recensioni
Assaporò finalmente quel morbido, umido contatto, quelle labbra deliziose che avevano a poco a poco catturato la sua attenzione.
Breve one-shot che ha come unica pretesa quella di descrivere la semplicità di una serie di sensazioni, la semplicità di un sentimento.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nami, Roronoa Zoro
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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UN BACIO


Assaporò finalmente quel morbido, umido contatto, quelle labbra deliziose che avevano a poco a poco catturato la sua attenzione. Le cingeva la vita e le spalle, ma non osava fare maggior forza per paura di farle del male. Era così sottile, quel suo corpo minuto eppure così provocante per la prorompente femminilità che ne modellava le forme… E ora aveva finalmente la possibilità di stringerla a sé. Sentiva il suo respiro lieve sulla pelle, sbirciava le sue ciglia lunghe, ripiegate contro il bel viso chiaro, i capelli rossi scompigliati dalla brezza premuti contro la sua spalla, le dita che gli carezzavano il collo. Se ne stava poggiata contro il suo ginocchio, le gambe stese sulle tavole della coffa che li riparava dallo sguardo indiscreto degli altri loro compagni, i piedi nudi, una mano a stringergli la maglia all’altezza del petto. Era bellissima: piccola, indifesa, morbida. Ogni parte del suo corpo gli sembrava soffice da impazzire, persino le mani, specie se confrontate alle proprie, rudi, grandi e ruvide. E i capelli? Seta. La pelle? Liscia, emanava profumo di mandarino. Si sarebbe tagliato un braccio per rivivere ancora una volta, una sola volta, quel momento: poteva abbracciarla, poteva respirare i suoi sospiri, poteva baciarla, poteva sentirla. La sentiva sua. Sua.
Il bacio si sciolse, e le sue labbra tornarono a cercare la pelle della compagna, posandosi lievi sul suo viso, sul suo naso, sulle palpebre chiuse, sulla fronte, sui capelli di fuoco. Non l’avrebbe saziato, ma almeno sarebbe servito a tenerlo calmo; o forse a renderlo più impaziente? La strinse a sé con più foga, quasi volesse annegare nel suo profumo, nel suo collo. La desiderava da matti.
E lei? Nami restava in silenzio, perdendosi in quegli attimi di pura, semplice gioia: sentirsi abbracciare in quel modo da lui era la cosa più meravigliosa cui avesse mai pensato fino ad allora. Eppure dovette ricredersi: non erano solo i suoi abbracci a farla fremere di felicità, affatto. I suoi baci erano capaci di farle perdere il contatto con la realtà. Si accoccolò contro il suo petto e si lasciò stringere, baciare, senza emettere suono. Si sentiva così piccola, fra le sue braccia… Si sentiva bene, protetta, amata.
Nessuno dei due pretese altro. Rimasero così, in silenzio, abbracciati l’una all’altro, scambiandosi carezze, baci che però non andarono più a cercare la bocca del compagno, quasi avessero timore di perdere qualche freno di troppo. Sì, poteva bastare. Per ora. Avevano vinto l’orgoglio, e questo era già tanto. Non ne avrebbero parlato, ovvio, ma andava bene così. L’importante era esser consapevoli di potersi lasciare andare, di tanto in tanto, pur con la paura di far torto a qualcuno. A Bellmer, forse, per averle promesso di non lasciarsi distrarre da carta e inchiostro; o a Kuina, per averle giurato di dedicare tutto se stesso solamente all’arte della spada. Ma come si poteva restare indifferenti davanti ad un tripudio di bellezza come Nami? Come si poteva non votarsi anima e corpo a Zoro? Come si poteva non cadere così amorevolmente in fallo?
La voce di uno dei loro amici spezzò l’idillio. Lo spadaccino borbottò un’imprecazione e lei rise. La mano dietro la nuca del giovane spinse quest’ultimo verso le sue labbra, e di nuovo le loro bocche si toccarono per un attimo, anche se in modo diverso da prima. «Scendiamo» lo invitò Nami, e lui dovette lasciarla scivolare via dal suo abbraccio, sentendo un groppo allo stomaco per quella perdita. Eppure era ancora lì accanto a lui, bella, perfetta. La sentì ridere di nuovo, monella, mentre lanciava una scarpa verso qualcuno che, dal basso, aveva osato commentare allegramente la sua completa mancanza di pudicizia, le snelle gambe che scendevano lungo la sartia, la gonna corta sollevata dal vento, i capelli rossi a solleticarle il viso. Sarebbe mai stato capace di amare qualcun’altra, in quel modo? No. Non poteva esistere amore più grande, desiderio più devastante per l’animo umano di quello che sentiva stringerli il cuore, fargli male al petto.
Non glielo avrebbe detto. O forse lo avrebbe fatto, ma non subito. Avevano ancora una vita davanti, e, si ripromise, da quel momento in poi avrebbero potuto vincere una per una le loro sfide quotidiane, infischiandosene delle paure, infischiandosene dell’orgoglio. L’avrebbe baciata ancora, l’indomani. Anzi, no. L’avrebbe baciata ancora quella sera stessa. E più a lungo, anche.
Ma dopotutto… perché aspettare il calar del sole? Ormai era sua.
  
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