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Autore: BlueberryPie    23/09/2011    0 recensioni
Eppure lei era lì, il loro riflessi erano uno accanto all’altro.
Gli sorrideva timidamente, portandosi una ciocca di capelli rossi dietro l’orecchio sinistro.
In fondo lo specchio era sempre stato utilizzato per rincontrare persone altrimenti dimenticate.
Genere: Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Coppie: Lily/Severus
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Malandrini/I guerra magica
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“No... senti io non volevo.. “
“… chiamarmi schifosa Mezzosangue? Ma chiami così tutti quelli come me, Severus. Perché io dovrei essere diversa?”
Piton stava per ribattere, ma con uno sguardo sprezzante lei si voltò e varcò il buco del ritratto…
 
 
La grassa donna nel dipinto, visibilmente assonnata e irritata per essere stata così bruscamente svegliata nel cuore della notte, disse sgarbatamente al ragazzo Serpeverde fermo davanti a lei di tornare nel proprio dormitorio, dovunque esso fosse, prima che anche tutti gli altri ritratti venissero disturbati dai suoi passi lungo i corridoi.
Ma prima che la Signora finisse di parlare e lamentarsi, Severus era già andato via.
La testa gli faceva un male cane, ma non era certo il dolore peggiore che provava in quel momento: quello che sentiva dentro faceva più male delle umiliazioni e derisioni che subiva, più male dell’ essere sempre solo e del venire allontanato da tutti tranne che dai suoi due compagni in Serpeverde, più male del non avere ottenuto mai nessun successo scolastico o sportivo e non avere nessuna particolare abilità o talento, che lo rendeva mediocre e per niente interessante.
Ciò che gli ribolliva dentro era rabbia, ma soprattutto senso di colpa.
Senso di colpa perché era tutta colpa sua.
Averla persa per sempre, era colpa sua. Non poteva prendersela con nessun altro, tranne che se stesso.
James e i suoi amichetti avevano ragione: lui non valeva niente, ed era assurdo e sbagliato che una creatura come Lily passasse del tempo con lui, lui, un lurido Serpeverde, destinato al male e all’odio.
Severus continuava a camminare accecato dalla disperazione e con la vista offuscata dalle lacrime che gli riempivano gli occhi; era come se le sue gambe decidessero da sole dove condurlo.
Solo quando andò a sbattere contro un’armatura, sollevò il viso e si guardò intorno. Capì subito di essersi perso, non riconoscendo il corridoio in cui si trovava.
Vide una sottile striscia di luce provenire da una porta semiaperta. Era ovvio che non provenisse da una candela, e forse nemmeno da una bacchetta. Assicuratosi che nella stanza non ci fosse nessuno, Severus entrò.
La luce della luna filtrava da un’alta finestra e si rifletteva su una superficie piana che la proiettava direttamente verso la porta.
Severus si avvicinò alla superficie riflettente, accorgendosi, passo dopo passo, che si trattava di uno specchio. Era incredibilmente alto e maestoso, con una cornice dorata e un’incisione, che a causa della polvere, risultava illeggibile.
Appena i suoi occhi si furono abituati all’oscurità, Severus distinse i propri tratti riflessi: il naso aquilino, la pelle giallastra che a causa della luce sembrava quasi bianca, e i capelli, come diceva chi lo prendeva in giro, unti e appiccicati, come se fossero senza vita, ai lati del viso.
Fu solo a quel punto che si accorse che qualche altra cosa si muoveva nello specchio.
Severus si avvicinò e… Non poteva essere.
Si voltò di scatto, mentre tutte le terribile sensazioni che aveva dimenticato entrando nella stanza, tornavano a riempirgli la testa e a contorcergli le viscere.
Ma la stanza era deserta, proprio come si era assicurato prima di entrare.
Eppure lei era lì, il loro riflessi erano uno accanto all’altro.
Gli sorrideva timidamente, portandosi una ciocca di capelli rossi dietro l’orecchio sinistro.
Severus, confuso e incredulo, ma allo stesso tempo rapito dall’immagine, allungò una mano verso lo specchio, pensando magari di riuscire ad accarezzare il suo viso.
Ma non tastò altro che la superficie piana e fredda.
Eppure lei era lì. Lei esisteva. Solo nello specchio, ma esisteva. E continuava a sorridergli, sempre più spontaneamente a apertamente ora che lui le rispondeva.
 
Severus non sapeva da quanto tempo fosse nella stanza dello specchio quando sentì dei passi avvicinarsi e scorse una luce, molto probabilmente prodotta dall’incantesimo Lumos, procedere lungo il corridoio.
Il ragazzo si rivolse al riflesso di Lily, parlandole per la prima volta: “ Si sta avvicinando qualcuno, forse quel custode con la gatta. È meglio che me ne vada, ma prometto che continuerò a tornare da te. Ogni notte. Sempre.”
 
Mentre il ragazzo con i lunghi capelli neri si allontanava per il corridoio, dopo essere di corsa uscito dall’aula, il preside entrò nella stanza e si posizionò davanti allo specchio illuminato dal chiarore della luna, pronunciando l’incantesimo Nox per spegnere la luce della sua bacchetta, della quale ora non aveva più bisogno.
Lì davanti, si chiese se forse Minerva aveva ragione quando diceva che sarebbe stato meglio nascondere lo specchio in un posto più sicuro, in modo da tenervi per sempre lontani gli studenti.
Ma a Silente quello specchio piaceva molto.
E poi, pensava, non c’era niente di male nel voler vedervi riflesse cose che altrimenti sarebbero andate perdute, dimenticate.
Cose amate alla follia, che non si potevano rivedere e rivivere, se non in un misero e irraggiungibile riflesso.
 
Cose e, chissà, persone.
  
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