XXVI
Capitolo
Averla trovata in quelle condizioni mi aveva impensierito
parecchio.
Lo ero stato prima, quando voltandomi non l’avevo più vista, e
anche dopo quando l’avevo ritrovata. Io e Chris avevamo cercato di medicarle
quei graffi che aveva sulle mani e sul viso. Graffi che nessuno si spiegava.
Mi aveva raccontato di aver sentito delle grida e che seguendole
si era ritrovata a quel pozzo. Disse che parevano appartenere ad un bambino,
che le sembrava fosse spaventato e così si era sporta un poco per cercare di
vederlo e rassicurarlo.
Non ricordava
altro.
Non ricordava di
aver visto né sentito altro.
Io l’avevo trovata esageratamente oltre il bordo del pozzo, quasi
sul punto di caderci dentro. Le braccia, le mani e il viso freddi come il
ghiaccio e ricoperta di tagli. Aveva gli occhi arrossati e copiose lacrime le scendevano
sulle gote.
Aveva lo sguardo spaventato e tremava leggermente.
Da quel momento, fino alla fine della nostra esplorazione, non la
persi di vista un attimo e per tutta la notte la tenni per mano senza mai lasciarla.
Non volevo rischiare che si facesse male sul serio.
Finimmo di visionare la mansarda, all’ultimo piano, verso le sette
di mattina e, raggiungendo gli altri, uscimmo da quel luogo così
pericolosamente sinistro.
Mia madre ci aspettava sulla soglia di casa con un sorriso di sollievo
in volto. Entrando un dolce profumo di brioches appena sfornate ci invase le narici.
Tenevo ancora per mano Soph e guardandola mi accorsi che sembrava
essere sul punto di crollare. Occhiaie, graffi ed ematomi spiccavano molto più di
prima sul suo volto pallido.
Con un sorriso tirato, abbracciò mia madre e guardandomi disse
“Io preferisco andare a sciacquarmi mani e viso e infilarmi sotto
le coperte. Ho bisogno di dormire e comunque non ho fame”
“Si, per me è lo stesso” dichiarò Chris sbadigliando e seguendo
Soph su per le scale
Seguì entrambe con lo sguardo fino a quando la voce di mia madre
mi costrinse a voltarmi
“Cosa diavolo è successo? Perché Sophie è ferita in quella
maniera?” domandò preoccupata
Con un gesto mi avvicinai e la spinsi verso la cucina.
Avevo bisogno di
mangiare e di schiarirmi un po’ le idee.
Insieme a Jared e George, gli unici rimasti per la colazione,
spiegammo in breve l’accaduto e l’intera nottata.
“Sai più ci penso e più credo di aver capito perché Sophie si
trovasse vicino quel posso e il perché di tutti quei graffi”
“Beh, rendici partecipi” borbottò Jared mordendo il quinto muffin
al cioccolato
“Credo proprio che si tratti del piccolo Thobias” continuò George
con tono meditabondo
“Oh si ricordo … ma il fatto avvenne più di novant’anni fa … è
impossibile che…” lo interruppe mia madre portandosi una mano alla bocca e
sgranando gli occhi
“Beh, non poi così impossibile se pensiamo a quel posto” convenne lui
annuendo
“Allora? Di che si tratta?” ero seccato
Che cos’era quel
dire e non dire???!!!
“Beh, è la storia del piccolo Thobias McGee, il figlio della
governante di uno dei miei antenati. Si racconta che il bambino amasse giocare
in giardino, in particolar modo vicino a quel pozzo, e che un giorno vi cadde
dentro. All’epoca quella cavità era
usata quasi quotidianamente perché forniva acqua per lavarsi e fare il bucato,
quindi era colma d’acqua. I racconti sulla sua morte sono molto confusi. Alcuni
dicono che il bambino morì annegato quasi subito mentre altre storie raccontano
che l’eco delle sue urla si udì per ore. Secondo loro il bambino non morì
subito annegato ma fu semplicemente … dimenticato”
“E sua madre?” domandò Jared colpito
“La nonna, mia madre, mi raccontò questa storia una volta quando
ero molto piccola. Mi disse che la madre del piccolo, la governante, a fine
giornata non trovandolo in giardino si spaventò. Lo cercò per tutta la notte
tra i boschi, che all’epoca circondavano il maniero, ma che non lo ritrovò mai.
Ormai rimasta sola con un dolore troppo grande da sopportare si lasciò cullare
dalla follia e poco tempo dopo s’impiccò” concluse mia madre in un sussurro.
In quel momento, riportai alla mente le parole di Soph.
Davvero aveva
sentito quei lamenti? I lamenti del piccolo Thobias?
E se si, perché
solo lei? Perché non li avevo sentiti anche io o qualcun altro del gruppo?
Finito di mangiare ci alzammo e, insieme a Jared e George, mi
diressi su per le scale. Avevo bisogno di dormire e di riposare e lo stesso
valeva per i miei compagni. Stavo per
entrare in camera quando volli controllare le condizioni di Sophie.
A passo svelto ma silenzioso mi avvicinai alla porta della sua
camera e facendo attenzione a non fare rumore, l’aprì.
Lei e Chris stavano dormendo vicine, nello stesso letto, una
accanto all’altra.
Il viso di entrambe sembrava sereno e disteso. Si erano lavate e
cambiate ed ora dormivano profondamente.
Sentendo dei passi dietro di me, mi voltai. George e Jared si
sporsero per controllare.
“Abbiamo avuto la stessa idea” dissi sorridendo ad entrambi
“Già” bisbigliarono
Volevo entrare nella sua stanza, sollevarla tra le braccia e portarla
nella mia così da averla vicina e fare in modo che fosse al sicuro, accanto a
me.
Ma la lasciai lì, a riposare, e augurandole buon riposo richiusi
la porta senza fare rumore.