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Autore: Hikari93    24/09/2011    7 recensioni
[Seto X Jono]
«Ti va un’offerta di lavoro?»
«Cosa?» spalancai ridicolmente la bocca.
Lui scosse il capo. «L’avevo detto che avevi problemi di udito… ti serve un lavoro sì o no?»
La domanda era diretta e la risposta anche. Era indubbio che avessi bisogno di soldi. Il mio ultimo lavoro, ovvero consegnare i giornali, era finito nel momento esatto in cui avevo mandato in malora la maggior parte dei quotidiani, dato che ero caduto rovinosamente dalla bicicletta. Il mio ego mi diceva di rifiutare, ma quel minimo di coscienza mi consigliava di accettare. «Di che si tratta?» Sempre meglio informarsi, prima.
«Niente che ti ammazzerà Katsuya, lo scoprirai a tempo debito. Ma voglio una risposta adesso. Accetti?» Mi porse la mano.
Ci riflettei su, ma mi pareva di avere una sola possibilità, anziché due, almeno se volevo sopravvivere dignitosamente. Strinsi la mano al mio peggior nemico, preparandomi al peggio.
Genere: Comico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Joey Wheeler/Jounouchi Kazuya, Seto Kaiba
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Missione convivenza





Prologo


 

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Era sembrata una giornata storta già dall’inizio.
Quando mi ero svegliato e avevo guardato fuori dalla finestra, la mancanza di nuvoloni troppo neri preannunciava una giornata piuttosto soleggiata. Non calda, ma tiepida perlomeno. Di certo, non mi sarei aspettato la pioggia scrosciante che si era scatenata non appena avevo messo piede fuori da casa e avevo sbattuto il portone con violenza. Avevo cercato le chiavi in tasca e contemporaneamente controllato l’orologio al polso, maledicendo il quadrante che, essendosi girato all’ingiù, mi impediva di vedere all’istante che ora fosse. Sapevo una sola cosa, però, e cioè che ero tremendamente in ritardo e che non esisteva il tempo materiale per accaparrare l’ombrello. Che, tanto per mettere la cosiddetta ciliegina sulla torta, era anche rotto, se non ricordavo male. Imprecai a denti stretti, rivolgendo l’occhiataccia peggiore che potessi al cielo, diventato improvvisamente scuro. Quasi a volermi rispondere, si fece spazio un tuono fragoroso, che scosse l’aria e fece sobbalzare il sottoscritto.
Stupidamente, tentai anche di forzare la porta, dato che la chiave sembrava essere miracolosamente sparita, mentre le gocce di pioggia, sempre più grandi, si facevano strada tra i capelli, scorrendo fin dentro il colletto della camicia e facendomi rabbrividire. Mi sarebbe venuta una polmonite, se non mi fossi mosso. E dire che ero considerato un ragazzo alquanto fortunato…
«Al diavolo la chiave» urlai voltandomi di scatto e cominciando a correre a più non posso. Il professore mi aveva avvisato: un altro ritardo e mi avrebbe sospeso per una settimana. Ormai scuse come “la sveglia non è suonata” oppure “ho aiutato una vecchietta per strada” non funzionavano più, anzi, suscitavano soltanto l’ilarità dei miei compagni di classe, soprattutto di uno in particolare. Preferivo non pensarci, del resto lo avrei sfortunatamente rivisto in mattinata. C’era soltanto una piccola nota positiva, quasi impercettibile, ma troppo importante, in tutto questo: era l’ultimo, maledetto giorno di scuola prima delle tanto agognate vacanze di Natale. Sospirai. Quanto amavo le vacanze, e quelle di Natale in particolare, perché erano le più durature. A detta di Anzu, andavo a scuola solo per attendere le vacanze. Non potevo darle tutti i torti.
Schivando le pozzanghere a terra, oltre che le vecchiette e vecchietti che avevano deciso di fermarsi a parlare proprio sul marciapiede su cui dovevo passare, tentavo con tutte le mie forze di appoggiare quanto meno possibile i piedi a terra. Per essere puntuale, avrei solo dovuto volare o disporre di una macchina. Cosa che non avevo ovviamente.
Nel mio campo visivo apparve il tetto dell’edificio tanto odiato. Istintivamente sorrisi. Di questo passo ce l’avrei fatta, e sarebbe stato il mio primo giorno da puntuale. Pensandoci, forse i professori avevano la loro parte di ragione, quando mi rimproveravano per i ritardi. Ma il bello era che Yugi si schierava anche dalla loro parte!
“Basta che ti svegli dieci minuti prima, non è difficile Jono!”mi aveva ripetuto solo l’altro ieri, con un sorriso che mi impediva di desiderare di picchiarlo a sangue. Yugi svalutava l’importanza del “riposare bene”. Non avrei mai potuto rinunciare a dieci minuti del mio dolce sonnellino!
Con la pioggia che continuava a cadere fitta su di me e sulla strada, con la possibilità di scivolare a ogni passo, mi ritrovai un macchinone blu davanti, parcheggiato proprio come se la sua intenzione fosse di ostruirmi il passaggio. Sbuffai, ma non ne feci una tragedia, anche perché tempo non ce n’era. Mi limitai ad aggirarlo, esponendomi per un periodo di tempo limitatissimo a probabili spruzzi d’acqua, da parte delle automobili che sfrecciavano incontrastate sulla corsia. Mi appellai mentalmente alla buona fede degli automobilisti, pregando affinché, vedendomi, rallentassero.
Ma a quanto pareva la sfortuna mi amava, quel giorno.
Non ebbi nemmeno il tempo di realizzare cosa mi stesse accadendo, che una limousine mi passò accanto. Fortunatamente, -molto strano, ma ebbi un minimo di buona sorte dalla mia parte- la velocità con cui avanzava era piuttosto ridotta, quindi si limitò a bagnarmi soltanto le scarpe che, comunque, erano già zuppe per via delle pozzanghere.
Mi voltai, e solo allora mi resi conto che sarebbe stato meglio un bagno in piena regola, seguito da una polmonite cronica, piuttosto che quello che realmente mi stava accadendo. Perché il proprietario della macchina doveva essere proprio lui? Tra tante persone che potevano permettersi una… forse no, non erano in molti coloro che potevano concedersi il lusso, in tutti i sensi, di possedere una limousine.
“Fà che non mi veda, fà che non mi veda”, supplicai, pur consapevole che Seto Kaiba mi aveva già inquadrato, fermandosi apposta al mio fianco. Feci finta di non dargli corda, anche se sentivo fortissimo l’impulso di spaccargli la faccia: era sempre così quando lo vedevo o lo sentivo parlare, sempre.
«Katsuya, in ritardo come al solito, suppongo.»
Odiavo la sua voce, la odiavo. Fischiettai, mettendomi le mani in tasca e ignorandolo.
«Sapevo della tua condizione economica, ma non avere neppure un ombrello…» continuò, sogghignando.
Cercai di resistere a ogni eventuale manovra che mi avrebbe condotto di filato in galera. Strinsi soltanto i pugni, immaginandomi che uno di essi potesse stamparsi in faccia a Kaiba, lasciando un bel ricordino su quel suo viso apparentemente perfetto.
Razza di vipera velenosa!
«Senti, Katsuya, mi è venuta un’idea. Ammesso che tu non abbia perduto nemmeno il dono naturale dell’udito, potresti ascoltarmi.» Fece una pausa, mentre –lo sapevo- se la stava ridendo sotto i baffi. Non ero interessato a sentirlo, eppure non mi mossi, aspettando che si decidesse a parlare. «Perché non scrivi una letterina a Babbo Natale, chiedendogli un ombrello?»
«E tu, invece, perché non vai al diavolo?»
«Oh, ma allora ci senti! Altrimenti avresti potuto aggiungere anche un paio di amplificatori sonori…»
«Ti stavo semplicemente ignorando!» urlai, puntandogli l’indice contro.
Mi puntò contro i suoi occhi gelidi e ridenti, in faccia aveva dipinto un ghigno derisorio. Ormai, ero abituato a quella faccia da schifo e quell’espressione da “io sono superiore a tutti”. D’un tratto, sembrò riscuotersi e alzò le braccia al cielo. «Non me ne ero reso conto. Sai, Katsuya, non sei capace nemmeno di ignorare la gente. Ma tranquillo, prima o poi troverai qualcosa che ti compete» rise.
Lo scimmiottai, ripetendo parole e frasi senza senso, imitando al meglio il suo tono. Simulai anche il becco in movimento delle papere, stringendo e riaprendo le mani e facendo combaciare le dita.
«Cosa ti prende? Ti senti nel tuo stato naturale di bestia irrazionale?»
«Nemmeno tu sei tanto intelligente quanto vuoi farti credere, Kaiba. Ti stavo semplicemente imitando» spiegai, dandomi delle arie, come se avessi detto la cosa più intelligente del mondo. Ma,non appena ebbi pronunciato anche l’ultima sillaba, mi accorsi dell’ulteriore figuraccia che avevo fatto. Probabilmente arrossii e assunsi l’espressione di un pesce lesso.
Una nuova risata me ne diede la conferma. «Sei un imbecille patentato, Jonouchi» asserì, prima di partire a tutto gas, spruzzandomi ancora.
«E tu sei un idiota, Kaiba!!!» gridai, attirandomi le occhiate curiose di alcuni passanti. Comunque, non ebbi il tempo di rimettermi a camminare, che una nuova vettura passò, stavolta bagnandomi completamente. Avrei voluto emanare altre migliaia di insulti contro l’essere più odioso del mondo, ma mi trattenei.
Il prossimo che mi diceva che ero fortunato, avrebbe ricevuto un cazzotto talmente potente, che le parole gli sarebbero ritornare in bocca, tutte quante!!!
Il suono della campanella dell’istituto, tanto forte da essere udita anche da dove mi trovavo, mi diede un’altra terribile certezza: sarei arrivato in ritardo anche quel giorno.

Arrivato in classe, zuppo come un pulcino, venni squadrato da capo a piedi dal professore della prima ora. Non tentai nemmeno di convincerlo, dirigendomi da solo verso il corridoio, pronto a restare lì in punizione per un’ora intera. Mi accompagnarono le risate generali, più il ghigno di Seto che mi bruciava sulla schiena, tant’era intenso.
Tutto bagnato, in punizione… cosa potevo chiedere di meglio?
Strano a dirsi, ma furono i sessanta minuti più tranquilli della mattinata, o almeno per quel po’ che ne avevo vissuto. Mi sembrava di essermi svegliato da millenni, tante erano state le cose –sfortunate cose– che mi erano accadute.
Quando il docente uscì, mi guardò in cagnesco, poi mi invitò ad andare in infermeria, così che potessi controllare se avessero qualche indumento asciutto. Capirai lo sforzo… dopo un’ora che ero rimasto a gocciolare come un vestito appena lavato, non mi sarebbe servito a granché. Tuttavia, feci quanto mi era stato richiesto, onde evitare di suscitare nuovi problemi.
«E ritieniti fortunato che non ti ho fatto sospendere!» mi disse arcigno.
Bla, bla, bla…
In infermeria trovai Mana, una ragazzina che non so per quale motivo si era trovata a fare l’assistente dell’infermiere vero e proprio. Di solito, non mi interessavo troppo ai pettegolezzi, a meno che non ci fossi io in mezzo, ovviamente. Quello di Mana non era il caso. Mana era una ragazza proveniente dall’Egitto e le sue caratteristiche, bene o male, avrebbero potuto far capire che era straniera. La pelle, infatti, era leggermente più scura rispetto alla mia. L’espressione del viso era sempre gentile e disponibile. Per quel po’ che ne sapevo, le piaceva scherzare e conoscere nuova gente.
Almeno a detta di Atem, mio compagno di classe, era così.
«Jono, ma come ti sei conciato!» Scattò in piedi appena mi vide. Mi osservò. «Hai mal di testa? Mal di pancia? Mal di qualunque cosa? Mahado dovrebbe arrivare a momenti!
Scossi la testa, avvilito. Mi sentivo mortalmente stanco. «Mana, non è che, per favore, riusciresti a trovare dei vestiti della mia taglia? Mi va bene tutto, purché possa togliermi di dosso questa roba bagnata.»
Lei sorrise, poi parve studiarmi: sembrava pensierosa. Si portò un dito sotto al mento e alzò lo sguardo verso il soffitto. «Dovrebbe esserci qualcosa… qualche vecchia divisa dell’ex squadra di calcio dell’istituto. Va bene?»
Annuii, dandole il mio consenso. Ormai che importava?
Asciugato e vestito alquanto ridicolmente, tornai in classe. Tra risate generali, tornai al mio posto. Lanciai uno sguardo anche a Seto, per vedere se stesse ridendo o anche solo sogghignando. Nulla. Era perso nella lettura di non so che libro. E approposito di libri… tastai la cartella, e aprendola trovai tutto impregnato d’acqua. Perfetto: dovevo solo sperare che, nel “caldo” mese di Dicembre, splendesse il Sole!
Mi accasciai sul banco, sfinito, fingendo di non sentire le battute che facevano sul mio nuovo -ma provvisorio!- look.
«Buongiorno Jono» tentò Yugi timidamente.
Alzai la mano, a dimostrare che l’avevo sentito.
«Ma che ti è successo? Sei passato sotto le cascate del Niagara per poi superare un provino di calcio? Per entrare a far parte della “grande nazionale scolastica”, poi!» rise Honda, che fu decisamente meno delicato di Yugi.
«Honda, se ci tieni ai denti, è meglio per te che la smetti» minacciai.
Lui mormorò degli scusa divertiti, mentre Yugi sospirava e scuoteva la testa.
Avvertii una mano darmi dei colpetti sulla spalla. Non feci in tempo a girarmi, che sentii parlare: «Jonouchi, è stata solo una giornata storta, non ti abbattere.»
Sorrisi: Atem aveva ragione.

«Vuoi un passaggio, Katsuya?»
«Eh?»
All’uscita della scuola, all’ultimo e desiderato trillo, almeno per quell’anno, Seto mi aveva rivolto la parola, approfittando forse del fatto che Yugi e gli altri sembravano essere stati risucchiati dalla folla di studenti in uscita.
«Ti avevo chiesto se volevi un passaggio in macchina, dato che non possiedi un ombrello. Ma a quanto pare la tua risposta è no.»
Ero stupito da ciò che avevo sentito.
«Del resto è meglio così, la mia macchina è di alto livello.» Il ghigno di disprezzo che mi riservava ogni volta era riapparso a deformargli il volto. I suoi occhi blu si erano tuffati nuovamente dentro ai miei.
Mi morsi il labbro e guardai in basso, incapace di sostenere il suo sguardo. Non c’era cosa che mi dava più fastidio. Io odiavo perdere, ma se si trattava di perdere contro Kaiba -fosse anche una semplice “gara di sguardi”-, mi sentivo dieci volte peggio del normale.
«Però c’è qualche altra cosa che posso offrirti, dato che mi fai pena.»
Alzai il capo, e mi sembrò che mi guardasse dall’alto al basso. Ne fui infastidito.
«Ti va' un’offerta di lavoro?»
«Cosa?» spalancai ridicolmente la bocca.
Lui scosse il capo. «L’avevo detto che avevi problemi di udito… ti serve un lavoro sì o no?»
La domanda era diretta e la risposta anche. Era indubbio che avessi bisogno di soldi. Il mio ultimo lavoro, ovvero consegnare i giornali, era finito nel momento esatto in cui avevo mandato in malora la maggior parte dei quotidiani, dato che ero caduto rovinosamente dalla bicicletta. Il mio ego mi diceva di rifiutare, ma quel minimo di coscienza mi consigliava di accettare. «Di che si tratta?» Sempre meglio informarsi prima.
«Niente che ti ammazzerà Katsuya, lo scoprirai a tempo debito. Ma voglio una risposta adesso. Accetti?» Mi porse la mano.
Ci riflettei su, ma mi pareva di avere una sola possibilità, anziché due, almeno se volevo sopravvivere dignitosamente. Strinsi la mano al mio peggior nemico, preparandomi al peggio.


 





Una long, una long, non ci credo!!! *______*
Spero tanto che vi piaccia perché, non riesco a negarlo, a me piaciucchia, e di solito le cose che mi piacciono non piacciono agli altri. Tengo in particolare all’IC dei personaggi, di cui lascio a voi il giudizio. Sapete, non so giudicare i miei stessi personaggi! >///>
Per favore, me la lasciate una recensione piccola, piccola? Pure se negativa o neutra, basta che mi fate sapere! >///<
Ho preferito uscire un po’ dal contesto di Yu-Gi-Oh!, inserendo così Atem in anima e corpo, e quindi non solo in spirito, e Mana. Mi piacciono entrambi come personaggi! >w<
Non so se ci saranno accenni di AtemXMana, decidete voi. A me piacciono anche AtemXAnzu a dire la verità, ma anche AtemXMana non mi dispiacciono, anzi! *___*
Comunque, il fulcro saranno Jonouchi e Seto! –w-
Oddio, li amo! <3
Vabbè, vi lascio! >w<
Fatevi sentire, okay? *___*

   
 
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