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Autore: paperone    25/09/2011    0 recensioni
Nessuno sa che il più grande campione di scacchi di tutti i tempi è stato in Sardegna.
Il gran maestro Josè Capablanca, cubano, diplomatico di vaglia......
Genere: Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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IL SEQUESTRO DI CAPABLANCA
 

Nessuno sa che il più grande campione di scacchi di tutti i tempi è stato in Sardegna.
Il gran maestro Josè Capablanca, cubano, diplomatico di vaglia, ma soprattutto campione del mondo incontrastato per oltre vent’anni vi ebbe una piccola avventura.

Nell’anno 1929 , in Italia imperava il fascismo, in Sardegna diciamo che comandava ma non permeava le coscienze, da sempre il sardo è, in fondo, un anarchico inconsapevole.

Invitato da un ricco imprenditore dell’isola, il cavalier Lobina, grande appassionato di scacchi, l’otto di Agosto alle dieci di mattina il campione scese la passerella del piroscafo Roma, appena attraccato al porto di Cagliari.

Sulla banchina trovò ad accoglierlo il cavaliere, ma la prima persona che notò fu la moglie del cavaliere, una stupenda bellezza mediterranea dai capelli corvini, neri come solo i capelli delle donne sarde sanno essere.

Capablanca era alto, dotato di un’eleganza naturale e dava l’impressione di trovarsi sempre a suo agio in qualsiasi circostanza.
Dopo il solito scambio di convenevoli, il gruppo salì sull’automobile del cavaliere e dopo un’ora e mezzo di viaggio su una strada un po’ disastrata arrivarono nella lussuosa tenuta di villa Irene in quel di Iglesias.

Vigne ed oliveti sconfinati circondavano la tenuta, il caldo torrido dell’estate sarda ricordò al campione la sua isola lontana.
Dopo il pranzo, che più del solito era stato ricco, il cavaliere propose subito una partita al “juego de ajedrez” , che il cavaliere masticava un poco di castigliano.

Capablanca si degnò, ed ebbe inizio la partita, o il partido come lo chiamavano i due, Lobina ebbe il bianco ed impostò una partita di re, un apertura dei quattro cavalli.
Il campione rifletteva pochissimo prima di muovere i pezzi e dava al cavaliere tutto il tempo di riflessione che voleva, senza spazientirsi.
Fu una partita interessante, il campione avvisò il matto in quattro tratti alla cinquantesima mossa, ma il cavaliere si sentiva quasi vincitore: resistere cinquanta mosse al grande Josè Capablanca, lui, un dilettante…
Poi salirono in macchina, per un giro nei dintorni, in fine prima dell’imbrunire arrivarono in una bella spiaggia dalla sabbia bianca circondata da selvaggi picchi rocciosi.

Il campione si tolse le scarpe, rimboccò i pantaloni, e staccandosi dal gruppo volle fare una passeggiata da solo lungo la spiaggia
In quella solitudine,immerso nella bellezza di quel mare, pensava chissà all’isola di cuba, o forse alla scollatura di Irene la moglie del cavaliere…
La propria terra è come una moglie che si ama, si può tradire ma si torna sempre da lei, fisicamente e col pensiero.
La notte, a villa Irene, Capablanca dormì saporitamente e la mattina si svegliò come suo solito pieno di energie.
Il cavaliere, come suo solito avrebbe dormito fino alle nove, così , di primo mattino il nostro, dopo colazione, ebbe due ore buone per approfondire la conoscenza della bella padrona di casa.

La conversazione fu brillante come suo solito, e la signora non fu da meno, al che il campione capì chi comandava in casa Lobina, come in quasi tutte le case…

La seconda giornata fu di tutto riposo, dopopranzo ci fu un’altra partita svolta in tutta calma, durò quattro ore, ma era stato quasi tutto tempo del cavalier Lobina.

        
Inutile dire chi la vinse…
Ma la notte che seguì fu meno riposante, alle ventitré mentre era a letto si ritrovò fra le braccia la signora Irene.
 
La partita questa volta, fu persa dal campione per abbandono alla quarta mossa, stranamente l’avversaria non era contenta della vittoria… avrebbe avuto ancora voglia di giocare, comunque aveva degnamente vendicato le sconfitte del suo signor marito, mentre questi dormiva come un sasso.
La mattina, un prurito alle corna svegliò prima del solito il cavaliere, così, i tre fecero colazione assieme.
Ognuno per i suoi motivi, era di buon umore, ed un'altra passeggiata per i possedimenti del Lobina, confermò i tre in quell’umore.
Il cavaliere non mancò di dare sfoggio delle sue nozioni d’agronomia, che l’ospite ascoltò con interesse quasi pari a quello che Irene dimostrava per lui mangiandoselo con gli occhi.
 Il marito, tutto preso dal discorso attorno ai massimi sistemi dell’agricoltura, spiegava ora come avesse quasi pronto un trattato con dedica al Duce da dare alle stampe, e s’ immaginava già ministro dell’agricoltura.
Capablanca e la signora, pensavano alla rivincita che si deve sempre dare all’avversario sconfitto, possibilmente entro le ventiquattrore.
Ma quella notte la partita non avrebbe avuto luogo….
Nei paesi vicini, si era sparsa la voce di un gran signore, venuto dalle americhe, pieno di soldi, ospite a villa Irene, sicuramente un milionario.
Il gran maestro stava per conoscere un’altra usanza dell’isola.
Dopo l’imbrunire, quattro incappucciati armati di doppietta, fecero irruzione in sala da pranzo e si portarono via il campione.
Per il nostro, questa volta il viaggio fu alquanto scomodo, ma, come d’abitudine, non aveva paura, incappucciato con quasi nessun elemento o cognizione in merito, si preparava a giocarsi una nuova partita.
Il viaggio durò tutta la notte, quando arrivarono al nascondiglio del rapito, il più lucido era Capablanca, in fondo era lui il più assassino di tutti.
Strano, vero?   Non tutti sanno che il gioco degli scacchi contrariamente alle apparenze è il più violento dei giuochi.
Pensateci, l’obiettivo è sempre l’annientamento dell’avversario… Senza parlare della interpretazione psicologica che vede lo scacco matto come uccisione del proprio padre.
E, così, questa guerra, non era,che una delle sue tante guerre e, come sempre il campione era pronto a qualsiasi mossa.
Non era nuovo a vincere in condizioni d’inferiorità, ma doveva accertare le regole del gioco e raccogliere gli elementi per l’analisi della posizione per trovare la combinazione vincente.
Una cosa si deve dire di noi Sardi: quando abbiamo un ospite, volontario o meno non importa, gli usiamo la massima cortesia e il vitto migliore, sempre che sappia stare a tavola.
All’ospite, perché non si annoi, viene assicurata anche una buona conversazione.
In questo caso, all’inizio della prigionia, il campione dovette impadronirsi del misto di sardo ed italiano dei sequestratori, però molto del sardo è d’ascendenza spagnola, così l’apertura era intavolata alla prima settimana.
I quattro si alternavano a portare il cibo ed a conversare con l’ospite, ma, quando chiese una scacchiera per passare il tempo, il secondino diventò sempre il solito, diceva di chiamarsi Matteo ma il maestro, sapendo che in questi casi un nome vale l’altro, lo chiamava alfiere.
Alfiere si rivelo un’eccellente giocatore di scacchi, come certe gemme sarebbe restato sempre nelle profondità della terra, ma in quell’occasione si rivelo di forza pari al Campione.
Dovevo arrivare in questa terra selvaggia, per trovare un’avversario che mi tenesse testa, pensava il campione.
La prigionia continuava, ma senza noia, erano partite su partite,sia Alfiere che Capablanca in genere vincevano col bianco, sennò era patta(cioè pareggiata).
Ora se i due erano pari nel gioco, il maestro aveva dalla sua una conoscenza degli uomini che gli derivava da aver girato il mondo, anche per la sua carriera di diplomatico.
Aveva capito che Alfiere era il capo, con tutta quell’intelligenza, sprecata, non poteva essere altrimenti.
Fra grandi menti ci si ama o ci si odia, per fortuna sua Josè Raoul Capablanca era sempre piaciuto a tutti, questa volta non fece eccezione, Alfiere ormai lo considerava un amico.
Il sequestratore lo avrebbe volentieri liberato, era soddisfatto, quelle partite vinte erano il riscatto della sua giovinezza crudele di servo pastore, lui Matteo, era riuscito dove non erano riusciti i signori, cresciuti a vitamine e latinorum.
Però c’erano i compagni, e poi anche lui aveva bisogno di soldi perché non poteva sposare Franzisca senza un gregge suo bello grande ed un podere.
Lei, lo sapeva, l’avrebbe sposato anche povero in canna, ma i genitori di lei…ed aveva tanti pretendenti essendo la donna più bella del paese.
Per i compagni era semplice, bastava fingere un momento di disattenzione, ed il prigioniero sarebbe stato uccel di bosco…
Al Campione, lo aveva capito, sarebbe bastato attingere ai suoi fondi se dava la parola ma non era tipo da dare un soldo in casi come questi, il suo onore glielo impediva.
La soluzione venne spontanea, la pensarono contemporaneamente…
Torneo alle undici partite, chi vinceva aveva il denaro, o la libertà senza pagare, questo era un patto fra gentiluomini, nessuno avrebbe barato…
Alla decima partita si ritrovarono cinque a cinque, ma Matteo non era abituato quanto Raoul agli sforzi prolungati, così una banale svista diede la vittoria al campione del mondo nella partita successiva.
Due giorni dopo, Capablanca era sulla nave per l’Avana.
Due mesi dopo Matteo sposò Franzisca, grazie ad una misteriosa donazione proveniente, si diceva, da uno zio morto in america…
Due decenni dopo il campione regionale sardo di scacchi era un certo Giuseppe Lobina di diciannove anni, serio aspirante al titolo nazionale.
…Il suo stile, a tratti, ricordava quello di Capablanca.
 

  
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