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Autore: Nackros    25/09/2011    3 recensioni
Marte, quella era la meta, la sua nuova casa.
Era quel pianeta che osservava quando ancora la sera si poteva sedere tra le tegole ed il comignolo e che pensava fosse così irraggiungibile.
Era stato reso vivibile “apposta per tutti noi esseri umani”, avevano detto.
Avevano costruito sul suolo rosso di quel corpo celeste, lavorato per rendere l'atmosfera vivibile, ma non erano riusciti a salvare la Terra.
Per questo si trovava lì, sul retro di una navicella spaziale, a guardare la Terra allontanarsi sempre di più da lei, troppo immersa nei suoi pensieri per accorgersi della presenza alle sue spalle di un ragazzo che la scrutava meravigliato.

[...]
In un futuro forse neanche troppo lontano la Terra non è più abitabile e gli esseri umani si preparano a compiere la più grande migrazione mai avvenuta.
Ed è proprio sul retro di una navicella in rotta per Marte che due ragazzi, dopo tanto tempo, si rincontrano.
Dal capitolo 5:
Lentamente tutto stava tornando come prima, o almeno per quanto ciò fosse possibile.
Ma come in ogni cambiamento c'era sempre qualcuno che rimaneva indietro; Gwen si sentiva esattamente così, in ritardo, come fosse troppo tardi per poter recuperare.
Lì in piedi, in attesa di rientrare a casa, si rese conto di essere l'unico punto fermo in un mondo che continuava a scorrere, a mutare. Era una sensazione strana, un po' come quando ci si siede sulla panchina di una stazione e si vedono tutti partire, mentre tu rimani fermo ad osservare il mondo che va avanti senza aspettarti. Come se la sua presenza non avesse importanza in mezzo a tutto quel via e vai di vite.
Nessuno si sarebbe fermata ad attenderla. Tanto valeva rimanere ferma ad aspettare. Ad aspettare cosa, poi?
Genere: Romantico, Science-fiction, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Gwen, Trent | Coppie: Trent/Gwen
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Lo so, sono pazza.
 Probabilmente ho qualche strano disturbo mentale che mi ha permesso di scrivere questo nuovo capitolo.

Ebbene sì, ho deciso di continuare questa fanfiction, inizialmente nata come one-shot.
L'idea di dargli un seguito era veramente troppo forte ed ho ceduto alla tentazione.
Spero di non aver rovinato tutto...
Un enorme grazie va a tutti quelli che hanno recensito il primo capitolo, spingendomi a scrivere ancora.
Che sia stato un'errore? A voi l'ardua sentenza u.u
Per il momento vi lascio con la storia ;)

 





Quando Gwen si svegliò il mattino successivo non aprì subito gli occhi.
Lasciò prima che il profumo di Trent gli inondasse i polmoni, lasciandosi invadere da una sensazione di pace interiore che da molto tempo non provava.
Non le serviva sollevare le palpebre per sapere che lui fosse ancora lì, a fianco a lei.
Poteva avvertire la sua presenza dall'odore che inebriava la stanza e dal suo respiro lento e regolare.
Spostò leggermente il capo, in modo da appoggiarlo al petto nudo, lasciandosi così cullare dal battito del suo cuore che pompava ritmicamente, scandendo lo scorrere del tempo.
Quando decise di socchiudere gli occhi non ci fu nessuna luce abbagliante a stuzzicargli la vista.
Nessun raggio di sole pronto ad infiltrarsi nella stanza.
“Niente più albe o tramonti” si ripeté mentalmente, con malinconia, osservando la luce bluastra provenire dalla piccola vetrata.
Quel pensiero la riportò immediatamente alla realtà.
Doveva ancora abituarsi all'idea di trasferirsi lontano dalla Terra.
Rimase ancora a fissare le stelle fisse e brillanti del cielo, prima di spostare lo sguardo alla stanza.
Quando vide i vestiti sparsi per terra ebbe come la conferma che ciò che era accaduto la sera precedente non fosse stato un sogno.
Un sorriso si disegnò naturale sul suo viso.
Si accoccolò ancora di più tra le coperte mentre il suo sguardo ritornò a posarsi sul disordine della stanza.
Le sembrò quasi impossibile che ciò che aveva fatto fosse accaduto realmente.
Quanto tempo era che non vedeva Trent? Anni, probabilmente.
L'ultima volta l'aveva visto ad una riunione degli ex membri del reality, organizzata da Chris per fare una stupida intervista.
C'era stato solo una scambio veloce di parole tra i due, niente di più, se non qualche sorriso timido che aveva causato la gelosia di Duncan.
Già, Duncan.
Un amico, niente di più.
La loro storia era durata un po' prima che passione si spegnesse così, nello stesso modo in cui era nata. Niente bisticci, litigi o piatti rotti lanciati dalle finestre.
Soltanto la consapevolezza, nonostante le apparenze, di non essere stati fatti l'uno per l'altra.
Era stato strano vedere una storia finire così.
Certe volte avrebbe preferito che tutto fosse terminato con una litigata violenta piuttosto che provare l'indifferenza che aveva sentito nel momento in cui avevano preso la decisione di lasciarsi.
Il problema era che il fatto di separarsi da lui non gli aveva cambiato assolutamente niente.
Nessun pianto disperato, neanche una lacrima. Nulla.
La cosa terribile era stata la consapevolezza di aver sbagliato fin dall'inizio, nel momento in cui aveva attraversato il sottile confine che si era formato tra l'amore e l'amicizia.
Passando oltre aveva distrutto ogni possibilità di farsi perdonare da Trent.
Era quella la cosa che maggiormente l'aveva fatta stare male.
Gli ci era voluto del tempo per riuscire a capire che il vero motivo del suo malessere fosse stato quello.
Era stato difficile dover riconoscere quel suo errore a così tanta distanza di tempo da quando era stato commesso.
Ed ancor più complicato era stato il dover accettare che non ci sarebbe più stata occasione di tornare indietro per riparare tutto.
Si era dovuta arrendere alla realtà dei fatti, ed era stato terribile.
La sensazione di essere di nuovo sola la terrorizzava.
Dopo un primo periodo aveva provato a riempire quel vuoto ma mai ci era riuscita come in quel momento, tra le braccia di Trent.
Adesso poteva finalmente dire di sentirsi completa, senza più abissi da colmare.
Si sentiva anche in pace con il proprio passato, quasi fosse riuscita a rimediare ai propri errori.
Per un istante, nel mezzo di quelle riflessioni, il pensiero di aver commesso un nuovo sbaglio le sfiorò veloce la mente.
Infondo si erano appena rincontrati...
Ma fu un attimo; il tocco delicato di Trent che le sfiorava i capelli le fece cancellare immediatamente ogni preoccupazione, facendola sentire una stupida per il solo fatto aver dubitato di lui.
Gwen si girò su un fianco, sussurrandogli un “Buongiorno” a fior di labbra che subito venne ricambiato con un bacio dolce e delicato.
Era incredibile il modo in cui il tempo e la lontananza non avesse influito minimamente sul loro rapporto.
Entrambi avevano la certezza di non aver mai smesso di provare qualcosa per l'altro, come se i legami che li avessero uniti non si fossero mai sciolti completamente.
Erano bastate alcune ore passate insieme per riportare a galla quei sentimenti che in passato erano stati repressi per paura che divenissero fonte di dolore.
Si erano stancati di dover reprimere qualcosa di così profondo per la paura di dover soffrire.
Avevano deciso di amarsi, senza alcun limite, incuranti del dolore che ciò avrebbe potuto causargli.
Volevano soltanto essere di nuovo finalmente felici, insieme.
Il contatto tra le loro labbra si sciolse delicatamente, finché quelle di Trent andarono a sfiorare il collo della ragazza.
«Dormito bene?» chiese in un sussurro.
«Benissimo» mormorò lei, mentre un sorriso le si dipingeva sul volto, «mi sei mancato...».
«Anche te», disse stringendola più forte «terribilmente».
La sua bocca iniziò a sfiorarle il collo, scendendo fino alla schiena bianca e nuda, per poi tornare a posarsi sulla spalla.
«Questo non ce l'avevi prima» bisbigliò riferendosi al disegno sulle quali si poggiavano le sue labbra.
Proprio in quel punto, tracciato sulla pelle di Gwen, si trovava piccolo tatuaggio.
L'inchiostro nero era messo in risalto dalla pelle incredibilmente candida.
Tre semplici forme scure dalle sembianze di rondini erano incise sulla sua schiena e sembravano volessero prendere il volo.
«Che cosa significano?» chiese visibilmente incuriosito.
Gwen arrossì appena.
«Beh, ognuno sta a significare una cosa diversa... Questo» disse indicando la rondine posta più a sinistra, «rappresenta il nostro “trasloco”... Il volare via dalla Terra.»
Trent annuì e lei continuò a parlare.
«Quest'altro», continuò lei «l'ho fatto per David Huston... Era un mio professore quando studiavo all'Accademia. Gli devo molto, mi ha aiutato molto in un periodo non particolarmente felice.
Non penso che sarei riuscita a diplomarmi senza i suoi incoraggiamenti.
Era molto legato, come me, alla faccenda che riguardava l'inquinamento, alla soluzione del trasferirci tutti su Marte. Era totalmente contrario a questa decisione. L'hanno ucciso durante la Protesta del 22 aprile a Toronto. Non penso che sarei qui se non ci fosse stato lui...»
«Hai partecipato alla protesta del 22 aprile?» domandò incredulo Trent.
Gwen annuì seria.
«E' stato terribile» si limitò a spiegare.
Qualunque persona poteva ricordarsi chiaramente ciò che era avvenuto in quella giornata per le strade di Toronto.
Era stata una delle molte manifestazione che si erano tenute in tutto il mondo, durante gli ultimi mesi di permanenza sulla Terra.
Era stata organizzata, inizialmente, come una protesta pacifica finché i governi non avevano deciso di mettere a tacere le persone con il fuoco.
Già ai primi spari era scoppiato il panico generale tra la folla che aveva iniziato a scappare, schiacciandosi e calpestandosi, nel disperato tentativo di fuggire.
Era lì che David l'aveva aiutata a salvarsi. Poi lui era scomparso, volato via, proprio come la rondine che ora Gwen portava incisa nella carne.
In quel giorno la rabbia della gente era arrivata ad un apice mai raggiunto prima.
Pensare che fino a 11 anni prima nessuno avrebbe mai immaginato cosa sarebbe potuto succedere a partire dal momento in cui un gruppo di scienziati aveva
presentato orgoglioso una nuova scoperta.
Gwen ricordava di essere tornata da poco a casa dopo la fine della terza stagione del reality quando suo fratello gli aveva annunciato la scoperta di una strana particella.
Suo fratello aveva sempre avuto la fissazione per quelle complicatissime cose e lei, ancora di pessimo umore per le esperienze vissute, l'aveva completamente ignorato, senza fermarsi ad ascoltare qualcosa di più su quella strana faccenda.
Eppure, anche ai telegiornali e per strada, la gente non parlava d'altro.
Particelle d'ombra, in grado di generare enormi quantità di energia se messe in collisioni con altre.
Come se improvvisamente si fosse trovato il pezzo mancante di un grande puzzle, la scienza aveva iniziato a svilupparsi in una maniera straordinariamente impressionante.
L'energia che si era in grado di estrapolare da quelle particelle non era minimamente paragonabile a quella di qualsiasi altro combustibile.
Così tutto iniziò a evolversi come mai era accaduto prima.
Niente scenari futuristici come macchine del tempo o teletrasporti, ma progressi comunque di importante portata in qualsiasi più svariato campo; medicina, trasporti, fisica, chimica, matematica, astronomia...
Ma c'era gente che diffidava della scoperta di questa nuova fonte di energia.
Era veramente sicura e affidabile come tutti assicuravano?
Così dicevano, finché qualcosa non andò storto e tutto iniziò a declinare.
Era difficile riuscire a gestire una forza tanto grande ed era bastato un niente a rovinare tutto.
Avevano irrimediabilmente distrutto la Terra nel giro di un decennio; sbalzamenti del clima, modificazione dei paesaggi, estinzione di migliaia di specie...
Anche le conseguenze sociali erano state devastanti.
L'unica cosa che era rimasta era una tecnologia sviluppatissima, un pianete inabitabile e uno prossimo alla colonizzazione: Marte.
Così era iniziato tutto.
Così il signor David Huston era morto, lasciando un ricordo nella mente di molti e un insegnamento di vita ben più grande della storia dell'arte che si trovava sui libri di scuola.
Ed era così che Gwen e Trent si erano rincontrati, mentre ora lei gli raccontava la storia celata dietro quel simbolo inciso sulla sua pelle.
Trent rimase in silenzio, ascoltando gli sfoghi della ragazza sulle ingiustizie accadute negli ultimi anni.
Quando lei finì, lui si limito a baciarle con un gesto leggero la spalla, avvolgendo la sua mano tra quella di Gwen.
Annuì comprensivo e riprese ad ascoltare la storia di quei segni.
«E quest'ultima?» gli domandò soffiandole sul collo indicando la rondine rimasta, collocata in una posizione più centrale rispetto alle altre due.
«Mio padre» rispose in un sussurro, «Ma questa storia mi pare di avertela già raccontata tempo fa... Lui non centra niente con quello che è successo ultimamente. E' semplicemente volato via un po' prima del dovuto» bisbigliò con voce rassegnata, celando un velo di malinconia.
Seguì un momento in cui il silenzio cadde nella stanza, poi Trent avvolse la ragazza tra le sue braccia, avvicinandola al petto.
Chinò leggermente la testa, appoggiando le labbra nell'incavo della sua spalla.
«Ti prometto, Gwen» disse serio «che qualsiasi cosa succederà io non me ne andrò via. Qualsiasi cosa, Gwen, è una promessa».
Si strinsero ancora più forte.
Erano in volo, insieme, verso un luogo sconosciuto e nessuno dei due, una volta atterrato, avrebbe ripreso il volo senza l'altro.
Era una promessa, ed una promessa era tutto ciò che avevano mentre viaggiavano verso l'ignoto.

   
 
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