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Autore: Il_Genio_del_Male    25/09/2011    11 recensioni
Di maghi pasticcioni, filtri d'amore, oscuri intrighi e risultati inaspettati. Tutta colpa (?) di un drago slasher...
Genere: Comico, Parodia, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash, FemSlash | Personaggi: Merlino, Un po' tutti | Coppie: Merlino/Artù
Note: Cross-over, OOC | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Terza stagione
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- Questa storia fa parte della serie 'Once upon a time...' Questa storia è tra le Storie Scelte del sito.
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DEDICA: A Cloud, per la citazione che non ha indovinato ma che ben presto riconoscerà, e a feyilin.

NOTE: Il capitolo a seguire è il più lungo e il meno convincente che abbia scritto finora. E non lo dico perché mi faccio pare mentali su ogni singola parola che scrivo, ma proprio perché questo è il meno riuscito di tutti, almeno secondo me. Lascio a voi l’ardua sentenza, ma vi avviso per correttezza (e per pararmi un po’ le terga nel caso in cui sentiate il bisogno di tirarmi verdura marcia random o vi addormentiate nel bel mezzo della lettura per il troppo tedio, ahah). Spero che riusciate a trovarci lo stesso qualcosa di valido. Comunque una buona notizia ce l’ho: dal prossimo capitolo riprenderò le fila della storia e mi ricollegherò al prologo. E’ una promessa.

Buona lettura!

 

 

 

 

 

“When I lay my head down to go to sleep at night

My dreams consist of things that’d make you wanna hide

Don’t let me in your tower, show me your magic powers

I’m not afraid to face a little bit of danger, danger

I want the love, the money and the perfect ending

You want the same as I, so stop pretending

I wanna show you how good could be together

I wanna love you through the night, I’ll be your sweet disaster”.

(Natalia Kills, Wonderland)

 

 

Fino a poco tempo prima, Gwaine e Lancelot non si sarebbero potuti definire propriamente amici. Avevano avuto modo di combattere fianco a fianco diverse volte -solitamente per dare man forte ad Arthur o per difendere Camelot dallo stregone svitato, dal bellicoso aspirante invasore o dalla bestiaccia magica di turno- ed erano molto affezionati al principe e a Merlin. Condividevano anche un’infatuazione per la bella (vabbè) Gwen; infatuazione che però, nel caso di Gwaine, era durata da Natale a Santo Stefano. Al di là di queste poche cose, i due sentivano di non avere niente in comune: troppe differenze caratteriali, per non parlare delle loro totalmente discordanti filosofie di vita.

Era stato quindi con un certo distacco che si erano rivolti un breve cenno di saluto quando si erano incontrati nella stessa malfamata locanda di Arcores, un villaggio senza Dio e senza legge, coinvolti in una rissa con gli altri avventori ubriachi spolpi di Scivolizia. Chi avesse dato il via alla scazzottata e per quale motivo i baldi giovani ci si fossero ritrovati nel bel mezzo non è dato saperlo. Sta di fatto che, essendo uomini d’arme e d’azione, Lancelot e Gwaine non si erano fatti pregare per menare le mani. Terminato il parapiglia, erano rimasti solo loro in piedi, ansanti e l’uno di fronte all’altro, e il resto dei contendenti con le gambe all’aria: chi perché piombato in coma etilico, chi perché steso da un gancio sinistro ben piazzato e chi perché determinato a fingersi k.o. piuttosto che prenderne ancora. I due si erano scambiati una vigorosa stretta di mano ed uno sguardo complice alla “yo bro, siamo usciti vittoriosi da una rissa quindi potremmo anche andare d’accordo”, appianando così le loro divergenze (benedetta psicologia maschile). Quando, davanti ad un boccale di birra offerto dall’oste, avevano scoperto di stare entrambi dirigendosi a Camelot, era venuto loro spontaneo decidere di proseguire il viaggio insieme.

Mai idea si rivelò più azzeccata, giacché nei quattro giorni che avevano impiegato per giungere a destinazione essi avevano avuto occasione di scambiarsi confidenze, partecipare ad altre due risse, fumarsi qualche spinello e diventare, in una parola, amici. Durante un bivacco notturno, Lancelot aveva confessato candidamente all’altro che non era riuscito a levarsi Gwen dalla testa (de gustibus) e, dopo aver letto su Qui del coming out di Pendragon junior, aveva pensato che forse quella sarebbe stata l’occasione giusta per dichiarare amore imperituro alla ragazza e chiederne la mano (ripeto: de gustibus). Gwaine aveva borbottato in risposta che tornava a Camelot perché sentiva la mancanza di Merlin e del principe, che ne aveva abbastanza della vita raminga e che avrebbe provato per un po’ a mettere radici. Qualcosa nei suoi occhi sfuggenti e nel sospetto rossore delle guance avevano convinto Lancelot che l’amico gli stava omettendo qualcosa. Ma poiché era un giovine molto discreto e rispettoso non aveva indagato oltre e aveva finto di essersi bevuto quella mezza verità.

Il loro arrivo al castello (marcondirondirondello) fu annunciato ad alta voce dal soldato a guardia dell’ingresso principale, che dava direttamente sul cortile interno. Arthur, in quel momento proprio lì impegnato a supervisionare l’allenamento dei cavalieri più giovani, sorrise particolarmente gaio e fece cenno al piantone di lasciarli passare. Merlin, che invece passava di lì diretto al mercato, per la sorpresa si incartò su se stesso. A salvarlo dall’inevitabile capitombolo ci pensò il principe, che sorrise intenerito nel vederlo arrossire leggermente, per poi recuperare l’equilibrio e correre come un cucciolo scodinzolante ad accogliere i suoi amici – gli unici, se si escludeva il compianto Will. Gli si accostò, azzardandosi a cingergli le spalle con un braccio. Il mago, troppo di buon umore per imbarazzarsi e respingerlo, gli rivolse anzi uno dei suoi sorrisi a cinquantamila watt che secondo l’inconfutabile giudizio del futuro re era un’istigazione a delinquere e un’autorizzazione a mettere in pratica le proprie sconcissime fantasie. Deglutì a vuoto.

“Lance! Gwaine!” trillò Merlin saltellando in direzione dei due ragazzi, ormai smontati da cavallo.

“Che Pollicino ti benedica, vecchio mio! Non sei cambiato affatto” lo abbracciò con trasporto Gwaine assestandogli delle pacche affettuose sulla schiena.

“Nemmeno tu, sei il cazzone di sempre” rise.

“E tu il solito insetto stecco. Ti danno da mangiare a sufficienza?”

“Sta’ pur tranquillo, Gwaine. Mi assicuro personalmente che a Merlin vengano servite le pietanze più nutrienti e sostanziose servite durante il regal desco” rispose invece Arthur, con un sorriso gioviale ma interiormente molto seccato dall’intimità tra i due amici.

“Oh. Altezza, è sempre un piacere vedervi” mormorò Gwaine un po’ in difficoltà, scostandosi da Merlin per permettergli di salutare anche Lancelot e inchinandosi rispettosamente di fronte all’erede al trono.

Decisamente compiaciuto, il principe si schermì e offrì la mano all’altro.

“Non c’è bisogno di tutta questa formalità, amico mio. Posso considerarti come tale, non è vero?” disse con una sfumatura di sfida nella voce.

“Senza ombra di dubbio, Arthur” rispose ricambiando la stretta ma evitando un contatto visivo diretto.

Non del tutto convinto, l’Asino Reale concentrò la sua attenzione su Lancelot, cui Merlin stava facendo un sacco di feste. La cosa, però, non lo infastidì affatto: non percepiva il cavaliere come una minaccia, al contrario di Gwaine. Bah, non voleva pensarci.

“Mio prode Lance, quanto tempo” tese la mano anche a lui.

“Arthur, mio signore” rispose quegli accettandola, un filino nervoso.

“Ditemi, amici miei, cosa vi porta a Camelot?” chiese a quel punto l’erede al trono, squadrandoli con sincero interesse.

Gwaine ripeté la sua già collaudata bugia, che peraltro entusiasmò indicibilmente Merlin, il quale prese a tempestarlo di domande: quanto pensava di restare, se sapeva già dove alloggiare... Arthur comprendeva il bisogno quasi disperato del suo amato di tenersi stretti i propri amici (non si era veramente ripreso dalla morte di Will), ma erano proprio necessarie tutte quelle moine?

Si volse con aria interrogativa verso Lancelot. Era forse disagio, quello che leggeva nei suoi liquidi occhi d’onice? L’altro, prima di rispondere, respirò profondamente. Sì, era disagio.

“Arthur, voi sapete che vi stimo e che darei la vita per salvare la vostra. Se mai un giorno voleste richiedere i miei servigi di cavaliere, io diventerei con somma gioia il vostro più fedele servitore ed amico; senza nulla togliere a Merlin, la cui lealtà è una gemma  preziosa quanto inscalfibile”.

Arthur annuì, sebbene un po’ spiazzato, e lo incoraggiò a continuare.

“Sette giorni or sono ho avuto modo di apprendere su Qui una certa notizia. Credetemi, ho parecchi amici gay e l’idea che voi e Merlin stiate assieme mi riempie il cuore di letizia” continuò alquanto impacciato. Fece una pausa, e quando riprese a parlare sembrava più sicuro. “Vi sarete accorto della mia, beh, scuffia esagerata per Gwen... E dato che fino a poco tempo fa ne eravate innamorato pure voi, devo chiedervi se i vostri sentimenti per Merlin sono sinceri. In primo luogo perché, se lo farete soffrire illudendolo, non esiterò a privarvi della vostra virilità; poi perché avrei intenzione di sposare Gwen e di vivere con lei per sempre felice e contento”.

Un silenzio di tomba, pesante e denso come una colata di piombo fuso, seguì l’ultima affermazione di Lancelot. Il dolce cicalare di Merlin si azzittì di colpo ed egli fece una smorfia ansiosa indirizzata a Lance, mentre Gwaine inclinò il capo, curioso di assistere alla reazione del principe. I cavalieri interruppero l’allenamento, interdetti da tanta pacata risolutezza. I vari sguatteri e paggi che avevano assistito alla scena gelarono, già tremando al pensiero dell’esemplare punizione che il nobile avrebbe inflitto a quel ragazzo così temerario. Persino i piccioni si bloccarono in volo e i cavalli trattennero il fiato.

Arthur, da parte sua, posò una mano sulla spalla di Lancelot con espressione grave.

“Amo Merlin più di Camelot e di mio padre messi assieme, e non appena quest’ultimo si degnerà di allontanarsi da Cenred quel tanto che basta per apporre una firmetta veloce gli farò promulgare un editto che legalizzi i matrimoni gay, così potrò sposare il mio trottolino amoroso dudù du dadadàdisse terribilmente serio.

Il suddetto trottolino Merlin si schiaffò una mano in faccia, improvvisamente rosso come una rapa matura, e Gwaine ridacchiò.

“Per quanto riguarda Gwen, hai la mia benedizione: di lei non me ne frega più niente, detto tra noi. A mio parere avresti potuto scegliere una fanciulla più aggraziata e meritevole... Ma come si suol dire, de gustibus non disputandum est. E beccati la citazione colta, toh”. A quel punto si voltò verso Gwaine. “Dimenticavo: siete entrambi miei ospiti”.

 

 

 

Merlin non riusciva più a controllare quella mina vagante e impazzita che era diventato Arthur. Non che non fosse in un certo senso adorabile, quando lo incantava con i suoi occhi obliqui da gatto, lo ricopriva di attenzioni e gli dedicava appassionate parole d’amore; ma chiamarlo trottolino amoroso dudù du dadadà di fronte ai suoi amici era semplicemente troppo. Doveva mettere in chiaro giusto un paio di cosette e far capire all’altro che se solo avesse osato di nuovo fargli fare una tale figuraccia con un qualsiasi essere vivente dotato di intelletto e parola avrebbe provveduto di persona a evirarlo, sissignore. E pazienza per le notti di fuoco mancate. Gli aveva dato quindi appuntamento la sera stessa, dopo il desco, in quell’angolo buio di quel corridoio buio del terzo piano del castello (marcondirondirondello) dove Arthur gli aveva rubato il suo primo bacio. Non per romanticismo -giammai!- ma perché era l’unico posto tranquillo dove nessuno li avrebbe disturbati (o colti in situazioni compromettenti, coff coff).

Dopo una lunga attesa il nostro eroe arrivò alla conclusione, con una certa stizza, che tra i pregi del principe non figurava certo la puntualità. Va bene che era un Asino -e gli equidi, si sa, non hanno un gran senso del tempo- ma quanto gli ci voleva per salire tre o quattro rampe di scale, santa zucchina?

Finalmente sentì alle sue spalle un rumore felpato di passi. Si voltò, preparandosi a chiedergli conto di quel clamoroso ritardo. Aveva forse dovuto dare la caccia ad un troll o aveva per caso aiutato un lepricano a recuperare la sua pentola piena d’oro nascosta ai piedi dell’arcobaleno?

Ma non era Arthur l’uomo che gli si presentò alla vista, bensì Gwaine. Gwaine, con il suo fascino da guascone, la massa di capelli scomposti e l’atteggiamento alla “io so’ Romeo, er mejo der Colosseo”. Lo spericolato, ridanciano Gwaine, i cui occhi però apparivano in quel momento appannati, velati di mestizia.

“Gwaine”. Persino Capitan Ovvio se ne sarebbe uscito con qualcosa di più intelligente.

“Merlin, devo parlarti. E’ piuttosto urgente” l’altro non si perse in preamboli.

“Oh, uhm, cioè… ok. Però non adesso, eh? Rimandiamo a domani mattina. Devo conferire un attimo con Arthur”.

“Non posso aspettare fino a domattina, Merlin. Ti ho seguito fin qui apposta per parlarti. E poi non so te, ma io non vedo Arthur nei paraggi” ribatté alquanto seccato.

“Hai ragione, scusami” sospirò l’altro. “Non era mia intenzione essere scortese, ma i ritardatari mi danno sui nervi . Di cosa volevi parlarmi?”

“Cercherò di essere breve, lo prometto. Ma prima consentimi di farti una domanda: tu sei innamorato di Arthur?”

Déjà vu. “Sì” mormorò, impacciato ma al contempo stranamente sicuro di sé.

“Ne sei convinto?” insistette Gwaine.

“Sì, ne sono convinto. Lo amo, sebbene dorma ancora con l’orsacchiotto. Perché me lo chiedi?” rispose, un po’ ridacchiando e un po’ arrossendo.

Il viso dell’amico, al contrario, assunse un colorito terreo.

“Gwaine, ti senti male?” cominciò a preoccuparsi.

“No” l’altro scosse la testa e abbozzò un sorriso tirato, spento. “No, dovevo aspettarmelo. Sono stato stupido io a credere di avere ancora qualche speranza” disse poi abbassando lo sguardo sul pavimento.

Il mago gli si avvicinò, afferrandolo per la spalle con piglio deciso.

“A cosa ti riferisci, amico mio? Quali speranze?”

Egli si liberò dalla presa, arretrando di un passo. Poi rivolse a Merlin un’occhiata carica di amarezza, prima di rispondere-

 

 

 

Ammettetelo: state morendo dalla voglia di scoprire cosa stesse per dire Gwaine, eh?

Spiacente, gentile pubblico, siamo costretti a rimandare il momento della Grande Confessione. Perché vedete, proprio mentre l’affascinante moraccione raccoglieva il coraggio ed il fiato, nel corridoio buio del terzo piano fecero la loro furtiva comparsa alcuni servitori che Merlin conosceva solo di vista e si misero a trafficare con quelle che sembravano essere luci stroboscopiche e una palla da discoteca?? In nome di Donna Summer, da dove saltavano fuori quei marchingegni?

Lo stupore -per usare un eufemismo- dei due ragazzi crebbe in maniera esponenziale non appena i servitori si dileguarono, lasciando il posto ai musici di corte. Il bassista (il bassista?) urlò ai suoi colleghi: “E one, e two, e one two three four!” e tutti insieme attaccarono con la melodia. Melodia che, al mago, suonò familiare in modo inquietante in quanto gli ricordava tantissimo la canzone preferita di Gaius: stesso ritmo accattivante, stessa musichetta leggera e sbarazzina. Cominciò a sudare freddo.

Fu in quel momento -epico, tragicomico, topico: come più vi aggrada- che entrò in scena il cantante. Per poco Merlin non stramazzò al suolo e Gwaine rischiò un colpo apoplettico.

Alto, una chioma di capelli fin troppo lunghi, neri e lustri per essere naturali, un boa di struzzo rosa acceso e glitterato e una tuta di pelle nera attillatissima con tanto di scollo a V che gli scopriva sensualmente il collo e buona parte dei pettorali. L’insieme era al tempo stesso grottesco, gay all’ennesima potenza e morbosamente arrapante. Merlin cercò con lo sguardo gli occhi dell’individuo, ma una folta frangia li copriva. Eppure il suo istinto gli diceva che lo conosceva, e pure bene. Eseguì una radiografia completa del corpo perfetto (atletico ma non gonfiato, armonioso, con due spalle così e un culo che pareva scolpito nel marmo) del misterioso capellone; il tessuto aderente lo fasciava come una seconda pelle, evidenziandone in modo quasi pornografico i capezzoli turgidi. Gli ormoni impazziti del nostro eroe esplosero in un boato di apprezzamento di fronte a cotanta figaggine.

Esplorando il corpo umano, quante cose che impariamo, petto e muscoli gommosi: che spet-ta-co-lo!, Merlin li sentì cantare.

Momento momento momento.

I muscoli gommosi erano una prerogativa assoluta di un Asino Reale di sua conoscenza. Oh Zeus egioco, che fosse lui?

Finalmente l’arcano venne svelato. L’uomo del mistero si scostò la frangia dagli occhi azzurrissimi, da gatto, si esibì in un sorriso ammiccante che rivelava denti bianchi ma un po’ irregolari e con la mano sinistra -sul cui indice portava l’anello della sua casata- impugnò il microfono e cantò.

«L’indirizzo ce l’ho
Rintracciarti non è un problema
Ti telefonerò
Ti offrirò una serata strana
Il pretesto lo sai: quattro dischi ed un po’ di whisky!
Sarò grande, vedrai
Fammi spazio e dopo mi dirai
Mmmh… Che maschio sei!
»

Jesus Christ Superstar.

Arthur stava cantando -si fa per dire- la canzone più equivoca di tutti i tempi (non per niente la favorita di Gaius). Ragliando come l’asino che era. Con una assurda parrucca ed un boa di piume assolutamente da checca. E una tuta che, beh, inneggiava allo stupro.

Jesus Christ Superstar.

Il giovane Pendragon, da parte sua, si apprestava ad intonare i ritornello quando vide che alla sua esibizione stava assistendo un ospite non gradito: Gwaine. Prima le luci stroboscopiche lo avevano mezzo accecato, consentendogli di scorgere a malapena il destinatario della sua serenata, ma adesso distingueva perfettamente anche la zazzera dell’amico, la sua stazza. Digrignò i denti. Che cavolo ci faceva lui lì?

«Lui chi è?
Come mai l’hai portato con te?
» cantò rabbiosamente, indicando l’intruso.

Per fortuna il volume della musica non era alto, quindi Merlin provò a ribattere senza sgolarsi troppo.

“No Arthur, non è come pensi!” era chiaro che quello stupido aveva frainteso la situazione.

«Il suo ruolo mi spieghi qual è? »

“Ma che ruolo e ruolo, se solo la smettessi di cantare-” non si diede per vinto l’altro.

«Io volevo incontrarti da solo, semmai! » Arthur non aveva intenzione di cedere.

“OH INSOMMA, ASCOLTAMI UNA BUONA VOLTA! SE NON AVESSI IMPIEGATO CINQUANTA GIRI DI CLESSIDRA PER PREPARARE QUESTA MESSINSCENA MI AVRESTI TROVATO DA SOLO, RAZZA DI ASINO!” urlò esasperato.

Non diede mostra di grande savoir-faire, forse, ma almeno ebbe l’effetto di porre fine a quello strazio. I musicisti si interruppero all’istante e Arthur rimase a bocca aperta a mo’ di pesce lesso.

“Sia ringraziato Odino e l’intero pantheon celtico! Sei stonato come una campana, sappilo”.

Il principe si tolse la parrucca, evidentemente deluso.

“Uff, la prossima volta col cavolo che do retta a quella drag queen di Gaius. Mi ha giurato che Il triangolo funziona sempre come serenata, sebbene qualcosa mi dicesse che non avresti apprezzato”.

“Scommetto che ti ha convinto lui a conciarti in questo modo, vero?” indagò l’altro.

“Sì. Sai, in omaggio a Renato Zero. Sto così male?” era proprio abbattuto.

“Se ti levassi anche quel ridicolo boa saresti il sogno erotico di chiunque” rispose Merlin schiettamente, per poi avvampare immediatamente dopo.

Tuttavia ad Arthur sfuggì quell’apprezzamento involontario, intento a fissare Gwaine con sguardo inquisitore.

“Che ci fai tu qui, amico mio?” chiese con malcelato sarcasmo.

“Arthur, stavo per l’appunto cercando di spiegarti-” si intromise Merlin .

“No, lascia che parli io” lo zittì gentilmente l’amico. Indi si rivolse al sosia biondo di Renato Zero. “Avevo urgenza di parlare con Merlin, mio principe”.

“Davvero? E cosa avevi di così importante da dirgli, posso saperlo?” incalzò malevolo.

“In verità non ho potuto rivelargli alcunché, perché siete sopraggiunto voi” spiegò l’altro in tono sorprendentemente mite.

“Beh, cosa aspetti a parlargli: che a Lord Voldemort ricrescano i capelli?” insinuò velenoso.

“Arthur” lo ammonì Merlin.

“No, amico mio, Arthur ha ragione. Merito di essere trattato alla stregua di terzo incomodo, perché è proprio questo che sono. La verità è che, nei mesi trascorsi lontani da Camelot, ho capito di essermi innamorato di te” mormorò guardando lo stregone fisso negli occhi.

L’erede al trono ringhiò neanche troppo discretamente.

“Mi ero ripromesso di non rivelarti i miei sentimenti, ma quando mi è giunta voce che Arthur aveva perso la testa per te, non ci ho visto più: ho subito pensato che fosse uno scherzo di cattivo gusto, che lui ti stesse illudendo e niente altro. Per questo sono tornato, Merlin. Volevo la conferma alle  mie supposizioni, metterti in guardia, evitarti un dolore. Ma ero in malafede e mi è bastato vedervi insieme per capire quanto mi fossi sbagliato. Voi due siete anime gemelle, le due facce della stessa moneta (aridaje!, NdA), e poco fa me ne avete dato la prova: battibeccate come una coppia sposata da trent’anni” tentò di sdrammatizzare Gwaine.

Arthur nel frattempo aveva assottigliato gli occhi, come un gatto diffidente. Dunque non si era sbagliato, a percepirlo come una minaccia.

Merlin, mosso a compassione dall’evidente sconforto dell’amico, tentò di consolarlo.

“Ma no, Gwaine, non devi incolparti. Al tuo posto avrei agito anche io così, davvero. Ti capisco”.

“No, amico mio carissimo. Non giustificarmi. Io sono in torto, e merito di fare ammenda. Mi dispiace” sussurrò ad entrambi, respingendo il conforto del mago. “Adesso scusatemi, devo proprio congedarmi”.

Se ne andò con la coda fra le gambe, scomparendo nell’ombra del corridoio buio del terzo piano. Merlin era ancora troppo sconvolto ed imbarazzato per riuscire a ragionare lucidamente. Arthur, con la cattiveria derivata dal rancore e dalla gelosia, incrociò le braccia al petto e, con i suoi migliori faccia da schiaffi e tono strafottente, gli diede il colpo di grazia.

“Allora, Merlin, di che volevi parlarmi?”

 

 

 

 

Bien, eccoci qui. Siete ancora vive? Volete linciarmi?

Seriamente, ora più che mai mi farebbe piacere -e mi sarebbe anche utile- un vostro parere. Sono confusa, demotivata, ho il ciclo e domani ricomincia l’uni. Come sempre, un ringraziamento speciale e melodrammatico (lol) a chi recensisce, segue, preferisce e ricorda la mia bislacca storiella.

Ah sì, giusto una noticina: la citazione all’inizio del capitolo è di una canzone che ho scovato su Youtube qualche giorno fa, e me ne sono innamorata praticamente da subito... Leggete il testo completo e ditemi se non vi sembra perfettamente calzante per Arthur e Merlin!

http://www.youtube.com/watch?v=DEFKN5nfcYU (questo è il video con le lyrics)

http://www.youtube.com/watch?v=ayVuQLT00v0&ob=av2e (e questo è il video originale)

Un bacio a tutte!

 

 

   
 
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