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Autore: crissi    25/09/2011    16 recensioni
Se Nanny si fosse rifiutata di accondiscendere il generale, andandosene a servizio altrove? Se avesse lasciato Oscar tutta sola a vedersela con l’educazione maschile imposta dal generale, senza che né lei né di conseguenza André, il suo punto fermo, potessero prendersene cura? Se André da piccolo fosse stato adottato da un nobile ed avesse mantenuto il suo carattere posato, ma spiritoso come da ragazzo? Se Victor non avesse dovuto sfidare Oscar diventando il suo innamorato, fedele, solitario vice? Se la bionda avesse scelto di non arruolarsi nella Guardia Reale, ma di ritirarsi ad Arras, arrivando a conoscere prima del tempo le condizioni di vita dei suoi contadini? Se questi due giovani uomini avessero saldato una amicizia ed Oscar ci fosse finita in mezzo? Ovviamente, più monelli, se non un poco libertini, in quanto ancora non conoscono la donna della loro vita, OOC per via delle diverse esperienze in gioventù e dello stato sociale.
“Re del mondo”, come Jack sulla prua del Titanic, quando la gioventù rende invincibili, quasi arroganti nella certezza di potere tutto, esponendosi di conseguenza. Tanti “se”, una sola grande svolta.” Con FAN ART
Genere: Azione, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: * Victor Clemente Girodelle, Alain de Soisson, Altri, André Grandier, Oscar François de Jarjayes
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno
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I re del mondo cap. 1

“I RE DEL MONDO”  di Crissi


“Se Nanny si fosse rifiutata di accondiscendere il generale, andandosene a servizio altrove? Se avesse lasciato Oscar tutta sola a vedersela con l’educazione maschile imposta dal generale, senza che né lei né di conseguenza André, il suo punto fermo, potessero prendersene cura? Se André da piccolo fosse stato adottato da un nobile ed avesse mantenuto il suo carattere posato, ma spiritoso come da ragazzo? Se Victor non avesse dovuto sfidare Oscar diventando il suo innamorato, fedele, solitario vice? Se la bionda avesse scelto di non arruolarsi nella Guardia Reale, ma di ritirarsi ad Arras, arrivando a conoscere prima del tempo le condizioni di vita dei suoi contadini?
Se questi due giovani uomini, belli e sicuri di sé,  avessero saldato una strana amicizia ed Oscar ci fosse finita in mezzo? Ovviamente, più monelli, se non un poco libertini, in quanto ancora non conoscono la donna della loro vita, OOC per via delle diverse esperienze in gioventù e dello stato sociale.
“Re del mondo”, come Jack sulla prua del Titanic, quando la gioventù rende invincibili, quasi arroganti nella certezza di potere tutto, esponendosi di conseguenza. Tanti “se”, una sola grande svolta.”
Titolo preso dalla omonima canzone “Les rois du monde” dello spettacolo teatrale “Romeo e Giulietta”, colonna sonora ideale.
Ispirato da questa immagine de “La dama di picche” di Karmilla, riferita ad André ed a Victor:
“… dagli sguardi che riceviamo temo che stiamo facendo la figura dei dongiovanni in cerca di una preda. Se la situazione non fosse così delicata, ci sarebbe da riderne e magari anche da approfittarne, chissà.”




Capitolo 1 “Moralisti… Noi?!”

25 dicembre 1755

Una villa in collina, una delle tante costruite quando il Re Sole decise di portare la sua luce a Versailles, un secolo prima.
Le famiglie più importanti lo avevano seguito e, come pianeti, si erano stanziate alla giusta distanza dal loro astro.  
Non troppo vicine da infastidire Sua Maestà, non troppo lontane, in modo da poterne ammirare quotidianamente la luce che su di loro, sudditi e figli, egli irradiava.
La magione era immersa in un parco centenario che d’estate diventava l’invidia dell’Eden.
Non sterminato, ma estremamente curato; geometricamente preciso, ma non freddo e rigido, lasciava spazio al colore, all’esotico e ad un non so che di ribelle con quei due filari di rose contrapposti, rosse da un lato, bianche dall’altro, posate dalla prima contessa che vi aveva dimorato.
La storia di famiglia, vecchia di oltre trecento anni, diceva lo avesse fatto in memoria delle sue origini inglesi, lei, figlia di una Lancaster e di un York (1), fuggiti nel mezzo della guerra delle due rose, unitisi contro il volere delle famiglie, proprio come Romeo e Giulietta.
Tutto in quella casa indicava che l’attuale  proprietario teneva all’ immagine del suo casato e alla sua personale, di uomo rigoroso, ma al tempo stesso amante del bello.

Ed in quel momento, pochi minuti dopo la mezzanotte, in quello che oramai era il giorno di Natale, nella casa c’era agitazione, c’era preoccupazione per quel momento della  vita di una donna, forse il più atteso e temuto, che per alcune può significare anche la morte.
La mano di lei stringeva convulsamente le lenzuola madide di sudore.
Non era al suo primo parto e sapeva chiaramente che qualcosa non andava come avrebbe dovuto.
“Non c’è niente che non va”, aveva ripetuto fino allo sfinimento il medico, ogni volta che l’aveva visitata, ogni volta che lei aveva posto la domanda con solo lo sguardo, perché a parole non le era permesso aver paura.
Madame De Jarjayes non poteva mostrarsi debole.
Aggraziata, sì; elegante, sì; modesta, sì, ma paurosa, no!
Eppure lei aveva paura.
Paura di soffrire.
Paura di morire.
Paura per il suo bambino.
E … paura di mettere al mondo un’altra figlia.
Una figlia che lui non voleva.
Ecco cosa non andava in quella gravidanza: non voleva che terminasse, perché se fosse nata ancora una femmina, sarebbe stata la fine di tutto.
Era stato amore, il loro matrimonio?
“Sì.”
Lo era ancora?
“… Sì.”
Lo sarebbe stato anche dopo la sesta figlia?
Marguerite non voleva doverlo scoprire.

Lui,  François Augustin Reynier de Jarjayes, passeggiava nervosamente nel salottino della moglie; lo stesso passo svelto e deciso di quando passava in rivista le sue truppe, ma le truppe erano cinque bimbe nervose ed intimorite.
Intimorite dalle urla della madre, che giungevano più frequenti dalla stanza vicina.
Intimorite dal cipiglio del padre, troppo irritato.
Intimorite dallo sguardo preoccupato che la loro governante, la loro cara Nanny, aveva lanciato loro l’ultima volta che si era affacciata, prima ti tornare da Madame.

Il generale De Jarjayes si fermò davanti alla finestra e posò entrambe le mani sulle tempie martellanti.
Una creatura stava venendo al mondo e lui riponeva in quest’essere tutto: il suo futuro, la sua posizione, la possibilità di continuare la vita a testa alta in quella società.
Un grido di dolore, l’ultimo, ed un vagito interruppero il martellare di tanti “e se…?” nella sua testa.
Jarjayes tirò un sospiro di sollievo.
Con passo più  incerto di prima, si portò verso la stanza di Marguerite ed incrociò Nanny che già gli stava portando l’ultimo nato.

-    E’ un maschio, vero! E’ un maschio stavolta!
La governante non staccava gli occhi dal frugoletto ancora sporco di sangue e liquido amniotico.
-    E invece no: è una bellissima bambina! – esclamò con tutto l’amore di cui era capace.
Il mondo di Jarjayes crollò all’istante.
-    No… - fu il pensiero esternato e pronunciato a labbra serrate.
-    E invece sì – ribatté testarda la vecchina, non presagendo la valanga emotiva trattenuta da quel semplice “no”.
-    Non-è-possibile… - ribadì l’uomo sillabando. – Nella casa di un generale c’è un assoluto bisogno di un figlio maschio … e a me non nascono che femmine! – sottolineò con disgusto per sé stesso.
Marron alzò lo sguardo perplesso su di lui.
Lo conosceva da sempre. Era stato” il suo primo bambino”: lo adorava e sapeva che lui adorava lei. Perché quelle parole?
Allungò timidamente le braccia col fagottino verso di lui.
Non poteva dire sul serio, non il suo Augustin…
Ma l’uomo voltò le spalle. Troppa delusione, troppa vergogna per lui.
L’ultima dei Jarjayes, non esitò a far sentire la propria voce. Un vagito prepotente squarciò il silenzio.
Il padre sorrise suo malgrado.
-    Certo che ha dei polmoni potenti… - mormorò. Si volse appena, guardando governante e figlia dal di sopra della spalla.
Uno sguardo che a Nanny piacque per nulla.
Si avvicinò alla balia e fece per prendere la piccola.
Nanny, spaventata dalla luce nei suoi occhi, provò a trattenere il neonato, ma l’uomo glielo strappò letteralmente dalle mani e cominciò a cullarlo, mentre lo sguardo continuava a peggiorare.
-    Sì… ecco cosa farò… Ti alleverò come un maschio: tu sarai “mio figlio”
Marron ebbe un colpo al cuore e si portò la mano al petto.
-    Ma,  signore… Non potete!
Lo sguardo di lui la incenerì.
-    Non-posso? … Come osi? Tu! …  dire a me cosa non posso fare!  
Mosse un passo verso di lei. Marron, ne saltò due veloci all’indietro.
Mai lo aveva visto così furente.
-    Se non sei in grado di rispettare il mio volere, puoi andartene anche subito. – sibilò - Anzi, …  vattene! Crescerò da solo questo mio figlio. Gli darò la migliore educazione, i migliori precettori. Ci sarò io a condurlo in ogni passo della sua vita. Sarà uomo. Sarà forte. Sarà il mio erede. La tua presenza non è più gradita, donna!
Voltò le spalle alla governante, cominciando a mormorare alla neonata assurdità su un futuro nell’esercito, che a lui pareva quasi imminente, su medaglie, onori, riconoscimenti che l’attendevano e che avrebbero portato lustro ai Jarjayes.
Per Marron, sbigottita e senza parole, non ci fu possibilità d’appello. Ma neppure lei avrebbe provato a chiederne, a supplicarne uno, con quella condizione. Era innaturale, una pazzia, una assurdità. Solo questo riusciva a pensare.

Fra gli abbracci delle sue bambine, che l’avrebbero sempre ricordata, Marron Glacé si congedò dalla famiglia che serviva fin dalla tenera età. Si allontanò dalle persone che aveva tra le più care al mondo, mentre il generale assisteva a tutto da lontano, dietro la finestra del suo studio.
Aiutata da uno dei domestici, la donna piccola e rotondetta, si issò sul carretto del mugnaio che si era offerto di darle un passaggio fino a Parigi.
Là, una parente l’avrebbe ospitata finché non avesse trovato posto come governante altrove.
Avrebbe cercato un nuovo impiego senza una raccomandazione del Generale.
Non sarebbe stato facile, ma qualcuno avrebbe capito, magari anche giustificato la sua ribellione,  perché la pazzia di quell’uomo  stava già passando di bocca in bocca.
Fu così che Marron Glacé cambiò lavoro.
Fu così che cambiò il destino di Oscar Françoise de Jarjayes.



Versailles, 18 giugno 1784,venerdì

“Nous on fait l'amour on vit la vie
Jour après jour nuit après nuit
A quoi ça sert d'être sur la terre
Si c'est pour faire nos vies à genoux
(2)
(Noi facciamo l’amore, viviamo la vita
Giorno dopo giorno, notte dopo notte
A che serve esser sulla terra,
Se è per fare le nostre vite in ginocchio)



Il giovane uomo dagli occhi di smeraldo sorrise alla cameriera che l’aveva riconosciuto e ne carezzava i lineamenti con lo sguardo.
-    Lui c’è? – chiese, indicando la porta chiusa della camera da letto.
-    Sì, ma … non è solo… - bisbigliò la fanciulla, arrossendo.
-    Chissà perché non ne sono sorpreso, Marie… - rise piano e, strizzando l’occhio,  le fece segno di non parlare, col dito davanti alle labbra.
Premette sulla maniglia della porta, l’aprì appena e, nella penombra, intravide un campo di battaglia.
Bottiglie di vino, due calici, due corpi indistinti nel grande letto…
Traversò la stanza diretto alle grandi finestre, attento ad evitare gli abiti sparsi al suolo e tirò d’un colpo le tende.
-    Miseriaccia, Marie! – borbottò il giovane nudo fra le lenzuola, coprendosi gli occhi con una mano per ripararsi dalla luce che lo colpì in pieno.
-    No, non sono la tua povera cameriera… - mormorò l’altro.
Alzò un poco la testa ed aguzzò lo sguardo per distinguere la figura stagliata come una sagoma scura contro le vetrate luminose.
-    Maledizione, Grandier … che ti salta in mente di svegliarmi all’alba! – bofonchiò ricadendo col capo sul cuscino, dopo aver riconosciuto l’amico in uniforme blu.
L’altro sorrise.
-    Prendo nota che alla prima occasione ti regalerò un orologio funzionante, Victor … E’ quasi mezzodì.
-    Ossignoresantissimo … che notte… - borbottò portandosi una mano alla fronte dolorante.
Si lamentò un paio di volte. Prese respiri profondi, quindi, facendo appello agli addominali di tutto rispetto, si alzò seduto e, senza cerimonie, tirò il lenzuolo tutto dal suo lato, per avvolgercisi.
-    Beh, complimenti … - mormorò il moro, non potendo non ammirare le forme interamente svelate della giovane donna addormentata. Si avvicinò all’amico ancora ammirando la bella distesa prona, leggermente obliqua, col viso celato da una marea di morbidi ricci nerissimi, tanto lucidi che parevano dare riflessi blu.
-    Miseriaccia! … André, ma quanto puzzi!? – esclamò quello turandosi il naso quando l’ufficiale gli fu abbastanza vicino. Allungò velocemente una mano al comodino, dal quale prese uno dei suoi fazzoletti profumati e lo inspirò intensamente, guardando malamente l’amico.
-    Ho dovuto sedare una rissa tra i miei soldati ed il mio sergente mi ha vomitato addosso… - spiegò André stringendosi nelle spalle.
-    Dovresti piantarla di uscire con quel buzzurro …
-    Già, perché sedare le risse degli ubriachi nelle osterie, quando potrei occuparmi delle tue di sbronze, vero? Victor, che direbbe tuo padre se ti vedesse …  in queste condizioni! – ed indicò con un ampio cerchio di mano la stanza, puntando alla fine il dito su di lui.
-    Ti prego … non urlare… - disse quello premendosi le tempie fra le mani, percependo il bisbigliare quasi fosse chiasso da mercato - E poi è grazie a mio padre se mi sono sbronzato e sono finito a letto con … Chi è? –
André girò attorno al letto, sollevò un poco i ricci scuri della giovane donna e spalancò la bocca come una trota, alzando gli occhi allarmati sull’amico.
-    L’hai fatta grossa …
-    Chi è? – chiese ancora, impensierito.
-    La moglie di Fréville..
-    La marchesa di Fréville?… Ossignoresantissimo … - imprecò sinceramente preoccupato.
-    Guarda che stavolta non ti faccio da padrino… - si premurò l’amico, allungando un palmo ritto davanti a sé, a rafforzare l’avvertimento. Rammentava chiaramente com’era finita l’ultima volta che si erano trovati in un pasticcio simile e solo per pura fortuna non erano finiti nei guai, visto che il duello era vietato in Francia, ufficialmente.
-    Beh, almeno non potrà pretendere nozze riparatrici appena sveglia… - si rassegnò l’altro, che cercava sempre di trovare il lato meno nefasto di tutto.
Si riprese il capo tra le mani e posò i gomiti sulle ginocchia, avvilito, mentre i lunghi capelli ondulati gli ricadevano ai lati del volto; ma era evidente che ad angosciarlo non era il feroce doposbornia in arrivo e neppure la possibilità di un duello d’onore col marchese di Fréville.
-    Cos’è accaduto con tuo padre?
Victor si alzò accompagnandosi con un sospiro, restando nudo accanto al letto e, con aria completamente persa, cominciò a guardarsi intorno in cerca della veste da camera.
André la vide abbandonata sopra una chaise longue, la raccolse e gliela lanciò.
-    Ti prego … La vista dei tuoi “gioielli” di prima mattina è … deprimente!
-    Non hai detto che è quasi mezzodì?… - riuscì ad obbiettare, ancora confuso.
-    Ho mentito… Dicevamo di tuo padre!
-    Vuole che mi sposi. – confessò, faticando ad infilare la seconda manica.
-    Io? Con te!!! – esclamò il moro per testare la lucidità dell’amico.
-    Ma.. io! C’io mi sposi! … con una donna! … Smettila di prendermi in giro! – borbottò, annodando con un gesto secco la cintura.
Si recarono nel salotto a fianco, per parlare con più libertà, ed Andrè richiuse la porta della camera.
-    Victor, mi sembra naturale. Sei il suo erede, la tua è una famiglia importante e se vuoi fare carriera nella Guardia Reale …
-    Da quando dai ragione a mio padre? – lo interruppe, accostando una tenda per ripararsi da tutta quella dannata luce.
-    Ho sempre dato ragione a tuo padre. Divertirsi va bene, ma stai andando alla deriva, Victor! – sottolineò accennando a sedersi su di divanetto di un delicato verde acqua.
Victor lo gelò con lo sguardo: “non provarci nemmeno a sederti lì con quella lurida uniforme addosso”, pareva ordinargli.
-    Solo perché colgo i fiori che mi si offrono? – ribatté.
-    Hai bisogno di una donna, Girodelle. Una sola e, possibilmente, non sposata con qualcun altro. – spiegò lasciandosi cadere sul sofà, incurante della minaccia.
-    Sei l’ultimo che può farmi prediche. – ribatté, doppiamente stizzito, l’altro - Che fine ha fatto la piccola contessina?
-    Non ha funzionato… - rispose semplicemente il moro, allungando una mano sul vassoio di paste appena sfornate procurato dalla premurosa Marie non appena lui era arrivato.
-    Grandier … C’è solo una cosa di te che deve “funzionare”… - commentò l’amico indicando le sue parti basse – Mettitelo in testa o fatti frate! Le galanterie van bene solo se portano a qualcosa… O stai ancora aspettando il “grande amore”! –
André si volse a guardare lo sgargiante parco.
-    Canzonami pure, Victor … Continuo a pensare che “lei” sia là fuori, da qualche parte …
-    Sei un romantico inguaribile … Come siamo amici è inspiegabile… Marie! – tuonò inaspettatamente all’indirizzo della domestica.
-    Andiamo … Ti ho salvato la pellaccia, quella sera a Parigi! E’ per questo che siamo amici!
-    Marie!! …Veramente, ricordo di aver salvato io la tua… - precisò scendendo di un tono.
-    Forse eravamo abbastanza sbronzi da esserci salvati a vicenda… - osservò l’amico, perdendosi nei ricordi nebbiosi di quella sera di tanti anni addietro, quando lasciata la Bonne Table con un cospicuo quantitativo della cantina in corpo, si era imbattuto in una aggressione.
Malviventi di strada stavano derubando quel che si rivelò poi essere Victor Clément de Girodelle, rampollo di una delle più antiche famiglie di Francia.
Spinto anche dall’incoscienza causata dall’alcool, oltre che dal suo naturale altruismo e dal dovere imposto dall’uniforme, si era lanciato al soccorso, attirando le ire dei malviventi e mettendo sé stesso in una brutta situazione. Solo grazie al conte che aveva recuperato il fioretto, André non era stato trapassato vigliaccamente alle spalle da uno dei malviventi.
Si erano davvero salvati a vicenda.
Col tempo se ne erano anche fatte le reciproche colpe. Ma la loro era indubbiamente diventata un’ amicizia vera.
Victor lo aveva introdotto a corte, cosa che André, aristocratico di basso lignaggio, non avrebbe potuto permettersi.
André gli aveva fatto assaporare la vita notturna di Parigi, meno raffinata forse, ma assai più divertente che quella della rigida Versailles.

-    Ciò nonostante, continui a preferire le serate con quel troglodita del tuo sergente! – lo riportò al presente Victor - …. Marie! Miseriaccia! Ma dov’è finita? – tuonò.
-    Alain non è un troglodita, lo sembra solo … - si difese con un sorriso André - E poi, quel che è accaduto alla sua famiglia, poteva accadere a chiunque.
-    Già, hanno perso proprio tutto … Beh, un vero peccato che quella povera splendida sorella che si ritrova, non possa far vita di società… A tal proposito… Vieni al ballo di domenica sera? – esclamò cambiando argomento.
Spuntò la minuta cameriera.
-    Ah… eccoti, finalmente! Preparami il bagno, cara…
“Victor… Solo lui poteva mostrarsi così irritato e così cortese ad un tempo”, pensò l’amico.
-    Sì, signor conte! – confermò la fanciulla con un inchino, dileguandosi immediatamente dopo.
-    Ci penserò… Non mi sento dell’umore…
-    Non sei mai dell’umore! Avanti, ci divertiremo… Magari, domenica non passerai una notte fredda e solitaria… - lo canzonò.
-    Siamo a giugno …
-    Sì… e col caldo puzzi di più… Fatti un bagno!
-    Vado giù al canale a nuotare …. – disse alzandosi.
-    Bravo … così non mi appesti la vasca!
André accompagnò il sorriso ironico con un sospiro ed uscì  rubacchiando nel tragitto ancora una pasta dal tavolino della colazione ed un panetto di sapone dalle mani di Marie che arrivava ancora, ma col necessario per il bagno; uno dei famosi saponi profumati di Victor, conscio che Alain avrebbe cominciato a  chiamarlo “mademoiselle”  non appena entrato in caserma con quel “puzzo da femminuccia” addosso.

- continua

1)    Avevo una cotta per “La freccia nera” di Stevenson
2)    Tratto dalla canzone “Les rois du monde” dello spettacolo “Romeo e Giulietta”
Video: http://www.youtube.com/watch?v=b-TzguHJKxY
Testo (che ritroverete più avanti in bocca ad Alain) : http://www.youtube.com/watch?v=SKs_Qzgiwrk



***Avviso che la prima parte di ogni capitolo (in blu) riguarderà il passato dei protagonisti, ovviamente molto diverso da quello che conosciamo perché Nanny ed André sono mancati nell’infanzia di Oscar; non saranno scene in sequenza, ma attinenti alla seconda parte di ogni capitolo che si svolge “al presente”, il 1784. Probabilmente farete fatica a capire i “perché” di certe azioni, visto che le spiegazioni si avranno solo alla fine o quasi. Ci vorrà pazienza da parte vostra ed un poco di curiosità.
Inizialmente i protagonisti dovevano essere più giovani, ma poi l’ho slittata avanti, nel 1784, quindi André ha già 30 anni.
Avviso anche che non sarò rapida ad aggiornare perché la trama ha ancora delle lacune.
Ringrazio Karmilla per avermi dato la “licenza” per aggrapparmi alla strana coppia “André-Victor-amiconi” molti mesi fa, anche se questa storia non è collegata alla sua trama (decisamente meglio la sua, eh eh).
E’ passato il momento di temporeggiare, quindi, bella o brutta, lancio la storia; e sono consapevole che, ad un certo punto, Karmilla vorrà strozzarmi per la piega che prenderà (Ti prego! Non mordermi sul collo!!!)
: )

Sto anche preparando alcuni miei disegni per la storia e li carico sul sito Deviantart, link per chi li vuol vedere:
http://crissi123.deviantart.com/

Grazie a tutti!







   
 
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