I
personaggi di questa storia non mi appartengono (vabbè, il
personaggio
femminile sì, e porta il mio nome, anche se non sono io!).
Non scrivo a scopo
di lucro ma solo perché ho bisogno di svuotare la mia testa
(che è piena di
stupidaggini) e quello che scrivo non è reale ma
è frutto della mia fantasia.
Buona lettura!
«Come
puoi immaginare sono qui da molto, moltissimo tempo, e ricordo
innumerevoli
cose. Ricordo il giorno in cui, in piedi sul litorale, osservai un
piccolo e
all’apparenza insignificante pesce grigio che a fatica
tentava di trascinarsi
sulla spiaggia; uno dei miei fratelli maggiori mi disse di fare
attenzione, di
non calpestarlo, disse che c’erano grandi piani per quel
pesciolino. Ricordo di
aver osservato l’avvento dell’uomo, la nascita
delle civiltà, i “miracoli” che
quelle creature erano in grado di attuare. Nella maggior parte dei casi
non
riuscivo a comprendere gli umani: le loro brevi esistenze erano
dominate dai
sentimenti più primitivi come l’odio, la
cupidigia, la lussuria, la gelosia;
scatenavano guerre decennali per la sete di ricchezza e per il gusto
della
conquista, senza preoccuparsi di far stragi dei loro simili, ma allo
stesso
tempo avevano la capacità di creare le opere più
belle, opere quasi degne del
Paradiso. Come potevano costruire le Piramidi e desiderare
contemporaneamente
il sangue dei loro fratelli? Come potevano scolpire il marmo
più duro dando
vita a figure d’infinita delicatezza e meraviglia e nel
contempo trucidare
interi villaggi? Non ero in grado di capirli: nella loro infinita
semplicità
erano tremendamente complicati, concedimi la contraddizione, ed erano
così
lontani dal mio modo di vedere le cose. Passarono gli anni e divennero
secoli,
poi millenni. Il tempo per me non era così importante:
eseguivo gli ordini che
mi venivano imposti e, quando potevo, mi fermavo ad osservare quel
mondo tanto
strano che continuava a crollare e ricomporsi in un vortice senza fine.
E
quelle creature erano forti, erano indipendenti, erano libere nel loro
dolore,
nella loro gioia… avevano un destino che potevano cambiare,
erano in costante
lotta con loro stessi, con i loro simili, con il Cielo. Apparentemente
non
trovavano pace, ma la scintilla nei loro occhi era sempre accesa e la
paura
dell’ignoto e del futuro si mischiava con la fascinazione per
quella strada
ancora buia davanti a loro, con la consapevolezza di avere in mano il
potere di
crearsi un proprio percorso, con il brivido e l’amore
insuperabile per la
propria libertà. Tutto ciò mi era
incomprensibile. Poi accadde quello che,
ancora non lo sapevo, avrebbe cambiato per sempre la mia esistenza: mi
fu
assegnata una missione, una missione pericolosa, quasi impossibile. Ma
io sono
sempre stato un bravo soldato, sai? Nessun dubbio, nessuna esitazione.
Mi recai
all’Inferno per salvare un’anima, per riportare in
vita un uomo il cui destino,
evidentemente, non era quello di marcire per
l’eternità in quel pozzo nero. Forse
c’erano grandi piani anche per lui, non potevo saperlo, ma
obbedii e svolsi al
meglio il mio compito. Riportai sulla Terra Dean Winchester…
e la grande storia
ebbe inizio, l’evento più degno di nota tra quelli
che ricordo, importante
perché non avvenne mai, perché fu sventato da due
ragazzi, un vecchio ubriacone
e un Angelo caduto. Prima di allora non mi ero mai posto troppe
domande: quello
che mi veniva chiesto era semplicemente giusto, o almeno
così credevo; niente
scelte, quindi nessuna possibilità di sbagliare. Ma
loro… i miei protetti mi
insegnarono a prendere una mia posizione, a scegliere, scegliere
liberamente, in
base a quel che io ritenevo giusto, non in base a ciò che mi
veniva ordinato da
qualcuno troppo in alto perché io potessi vederlo. Per la
prima volta scorgevo
innanzi a me una sentiero ancora selvaggio e inesplorato: il libero
arbitrio
che, segretamente, avevo invidiato agli esseri umani; ne fui attratto,
assuefatto, ma notai che questi sentimenti così forti e
innaturali per me erano
accompagnati da qualcosa di più oscuro e nascosto, qualcosa
che tremava
incessantemente, sepolto in profondità. Era forse quel che
avevo scorto tante e
tante volte in quegli esseri? Ora capivo la loro costante paura, le
loro
angosce, perché quando ti senti libero, veramente libero di
scegliere, allo
stesso tempo non puoi evitare di chiederti: avrò fatto la
cosa giusta? E se mi
stessi sbagliando? Ma non ci sono risposte. Nessuno ti dà
delle risposte.
Imparai
ben presto che ogni cosa ha il suo prezzo: fermammo
l’Apocalisse, ma io fui
ucciso. Bastò uno schiocco di dita e mio fratello Lucifer mi
ridusse ad un
ammasso informe di minuscole particelle; quello che so per certo
però, quello
di cui sono sicuro, è che anche in quell’ultima
frazione di secondo prima di
morire non mi pentii delle mie decisioni. Ciò che avvenne
dopo… bhe, non posso
spiegarlo: fui semplicemente riportato indietro. Curai Dean e Bobby, ma
la
nostra perdita fu gravissima: Sam rimase chiuso nella gabbia con
Lucifer e
Michael, e io decisi che non potevo lasciare le cose in quel modo. Mi
recai nuovamente
nelle profondità dell’Inferno, questa volta
però con troppa sicurezza in me
stesso; peccai d’arroganza, fui cieco: quello che liberai
dalla gabbia non era
Sam, o per lo meno non era interamente Sam. Nonostante i segnali non
affrontai
la realtà, e con la convinzione di averlo salvato tornai in
Paradiso; i miei
fratelli mi accolsero come il nuovo prescelto dal Signore, come
l’Angelo
designato per guidarli. Tentai di spiegar loro che non ci sarebbe stato
nessun
leader, che ognuno di loro doveva esser libero di fare le proprie
scelte e
decidere del proprio destino ma sai, spiegare agli Angeli
cos’è la libertà è un
po’ come insegnare la poesia ai pesci. Inoltre mi si
presentò presto un altro
problema: mio fratello Raphael. Senza mezzi termini mi chiese di
piegarmi alla
sua volontà… e le sue minacce non furono certo
velate. Voleva liberare Lucifer
e Michael dalla gabbia, fare in modo che l’Apocalisse avesse
luogo: non era la
volontà di nostro Padre, era solo la sua. Raphael era pronto
a fare qualunque
cosa per ottenere quel che desiderava ed era sicuro di ottenere il
consenso
degli altri Angeli: disse che essendo soldati erano fatti per seguire e
obbedire, non per essere liberi, e aggiunse che chiunque avesse tentato
di
fermarlo e mettersi contro di lui sarebbe stato ucciso. Devo
ammetterlo,
Raphael è più forte di me: quando gli risposi che
non mi sarei mai messo dalla
sua parte e che avrei fatto di tutto per fermarlo mi mise facilmente
fuori
gioco. Così… così scesi nuovamente
sulla Terra con lo scopo di chiedere aiuto
ad un vecchio amico; quando me lo trovai di fronte, però,
esitai: che diritto
avevo di chiedergli questo ulteriore sacrificio? Dopo tutto quello che
aveva
perso, dopo tutto ciò che aveva passato… che
diritto avevo di distruggere la
sua nuova vita chiedendogli di abbandonarla e di seguirmi
nell’ennesima
missione senza speranza?» il tono dell’Angelo si fa
più basso, quasi un triste
sussurro. «Come posso annientare la felicità di
Dean, ora che finalmente ha
quello che vuole, quello che ha desiderato per tanto tempo?»*
«Sei
sicuro che Dean abbia davvero quello che desidera?»
«Sì,
io
credo… io credo di sì» risponde
Castiel, con poca convinzione.
«Bhe,
sai
una cosa? Io ho osservato Dean e… cioè, non
fraintendermi, non sono una specie
di stalker o qualcosa del genere ma ero lì, intrappolata tra
quelle poche case,
e tutto quel che potevo fare era rimanere ferma a guardare le persone
del
quartiere…»
L’Angelo
annuisce lievemente, come a dire: lo so,
non ti preoccupare, prosegui pure.
«Ehm,
comunque, tornando a Dean… mi ricordo del suo arrivo, mi
ricordo di aver
pensato che nascondesse qualcosa di forte e straordinario dietro quello
sguardo
sfuggente e quel sorriso scanzonato. Davvero, ho pensato che dovesse
avere una
storia incredibile da raccontare, peccato che mi fosse impossibile
chiederglielo.
La sera,
mentre me ne stavo seduta sotto lo stesso albero di oggi a fissare il
cielo,
vedevo Dean che si rifugiava in garage; di norma non entravo nelle case
dei
miei inconsapevoli “vicini” perché mi
sembrava di violare la loro privacy, però
la prima volta che l’ho visto chiudersi là dentro
mi sono incuriosita, così
l’ho seguito e mi sono affacciata a guardare. Stava togliendo
il telone che
copriva una macchina, una bella Chevrolet nera»
«Era
la
sua bambina…» interviene distrattamente
l’Angelo, inclinando il capo.
Di nuovo
quella posa irresistibile e innocente: questa volta la ragazza non si
trattiene
e scoppia in una piccola risata; poi riprende: «Dopo aver
scoperto del tutto
l’auto e averla ammirata per qualche secondo, ha preso una
birra dal frigo e si
è seduto sul cofano iniziando a bere lentamente. E sai una
cosa?» la ragazza si
volta per catturare gli occhi di lui. «Ricordo chiaramente
che ha rivolto lo
sguardo in alto, uno sguardo triste, anzi, quasi senza speranza. A quel
punto
mi sono avvicinata piano, mi sono seduta per terra davanti
all’auto e sono
rimasta a guardarlo mentre fissava senza posa il soffitto, anche se ero
consapevole del fatto che il suo sguardo andasse in realtà
ben oltre, che
giungesse fino al cielo. Non sapevo a chi stesse rivolgendo quella sua
preghiera silenziosa e disperata, ma ora credo di saperlo.»
Castiel
distoglie lo sguardo istintivamente, tornando a osservare le acque
calme e
limpide del lago.
«Questa
cosa è successa tutte le sere da quando si è
trasferito… e ogni sera io l’ho
seguito e sono rimasta lì con lui, seduta nel mio angolino.
Potrebbe sembrarti
assurdo, ma mi sentivo quasi meno sola in quei momenti.»
Il silenzio
cala per qualche attimo, l’unico rumore è quello
della brezza tra le fronde.
«Quindi
tu non credi che sia felice?»
«Non
lo
so, Castiel, posso solo dirti quello che ho pensato fino a poco fa,
quando non
sapevo nulla di ciò che mi hai raccontato. La mia
impressione osservando Dean e
la sua vita nel quartiere era che tutto fosse davvero perfetto, ma solo
in
superficie… capisci quel che intendo?»
«Ma
tu
non pensi che lui ami Lisa e che voglia stare con lei e Ben?»
«Bhe,
non
posso dire con sicurezza nemmeno questo, è ovvio,
però… ecco, si può voler bene
a una persona, si può provare affetto per lei, ma
l’amore è un’altra cosa. È
vero che io ho vissuto solo 25 anni, rispetto a te e alla tua esistenza
è
davvero niente, però forse qualche cosa la so
anch’io. Credo semplicemente che
l’amore sia qualcosa di potente, persino pericoloso in un
certo senso, e che
non vada confuso con il romanticismo e il sentimentalismo; credo che ti
porti
al limite, mettendoti nella condizione di non aver paura, di volerti
sacrificare
per la persona che ami, a costo di rischiare di perdere
tutto… forse perché hai
meno paura di rischiare la tua stessa vita che non la sua. Non saprei,
magari
sono solo stupidi pensieri che nessun’altro
condividerebbe…» dice lei
sorridendo lievemente e guardandolo di nuovo fisso negli occhi. Lui
nota che il
loro color nocciola vira al verde quando la luce diretta colpisce le
iridi e
all’istante pensa ad altri occhi, verdi, occhi che lo
guardavano con ironia,
con impazienza, a volte con rabbia… e altre volte con
qualcosa a cui non sa
dare un nome.
La
ragazza lo distoglie dai suoi pensieri: «Posso dirti una
cosa?»
«Certo»
«Tu
sei
dubbioso riguardo al fatto di chiedere aiuto a Dean, credi che abbia
già
sacrificato troppo e che non meriti anche questo…
però non pensi che lui abbia
il diritto di sapere e di scegliere da sé? Sai, il libero
arbitrio di cui
parlavi prima: non dimenticare che anche Dean ha il diritto di
averlo»
«Lo
so,
ma è così difficile decidere. È
capitato anche a te di avere paura, di pensare
di aver sbagliato tutto e sentirti persa?»
«Castiel…»
dice lei ridendo gentilmente. «Certo! Mi è
capitato ogni singolo giorno della
mia vita. Fa parte della nostra natura, non possiamo combatterlo.
Possiamo solo
continuare a prendere le nostre decisioni e, nonostante la paura e
l’insicurezza, convincerci di aver fatto la scelta giusta e
semplicemente
continuare per la nostra strada senza guardare indietro ad ogni
passo»
«Il
mio
primo istinto è stato quello di andare da lui…
forse dovrei davvero spiegargli
la situazione e lasciare che decida liberamente se aiutarmi o
no»
«Già,
forse dovresti. Sul serio Castiel, non lasciare che il dubbio ti
distrugga, vai
da lui. E poi fammi un ultimo favore se puoi…»
«Cosa
posso fare?»
«Ti
prego, non dimenticarti di me… perché so che
è giunto il momento di andare, lo
sento. Ho paura di svanire semplicemente nel nulla, come se non fossi
mai
esistita. Ricordi Blade Runner? ‘E tutti quei momenti
andranno perduti nel
tempo come lacrime nella pioggia. È tempo di
morire’»
«Non
capisco il tuo riferimento, ma ti prometto che non svanirai nel nulla e
che farai
per sempre parte dei miei ricordi» e le stringe ancora di
più la mano mentre lo
dice.
«Castiel,
se tu e Dean riuscirete a risolvere il tuo problema, se potrai
finalmente
vivere un periodo tranquillo… ti prego, fatti portare al
cinema!» dice lei
ridendo e facendo scontrare scherzosamente la spalla contro quella
dell’Angelo.
Per la
prima volta anche lui sorride.
Sorridendo
ancora si stringono forte la mano un’ultima volta, poi
sciolgono la presa e lei
dice solo: «Ora vai, e ricorda la tua promessa, ti
prego»
«Lo
farò,
non temere.»
Con un
ultimo accenno di sorriso l’Angelo svanisce.
È
tarda
sera ormai, e come ogni sera Dean si rifugia nel garage per stare un
po’ da
solo, per riflettere. Seduto sul cofano dell’Impala, beve a
piccoli sorsi la
sua birra fredda, immerso nei suoi pensieri. Un suono lo distoglie
però, un suono
che conosce, che ha imparato ad apprezzare, ad amare. Un attimo dopo
Castiel è
di fronte a lui.
«Dean»
«Cas.»
I’m a ghost,
you’re an Angel, we’re one and
the same, just remains of an age.
*Il
racconto di Castiel è ovviamente
stato preso in prestito
dalla puntata 6x20, con svariate aggiunte e/o modifiche da parte mia.
Piccolo
angolo dell’autrice
Un
ringraziamento speciale a tutti quelli che hanno avuto voglia di
leggere e
commentare il primo capitolo di questa mia storiella.
Se avrete
voglia di lasciare qualche parola anche per questo secondo capitolo ve
ne sarò
eternamente grata!
Kisses!
A presto,
Vale