Storie originali > Storico
Segui la storia  |       
Autore: Junior    26/09/2011    1 recensioni
Questa è la storia di un soldato semplice, Francesco Poeta, umbro di nascita e arruolatosi alpino pochissimi anni prima dello scoppio della Prima Guerra Mondiale, destinata a mietere la vita di intere generazioni di giovani di tutta Europa. Non si parla di grandi gesta che si leggeranno sui libri di storia; non si parla dei grandi generali a cui verrano attribuite vittorie brillanti o sconfitte brucianti. Qui si parla di coloro che la guerra la vissero in prima linea, giorno dopo giorno, proiettile dopo proiettile, morto dopo morto. Loro erano i soldati semplici; loro erano la carne di cannone, destinata al massacro in nome di un giuramento alla terra natia; loro erano la guerra.
Genere: Storico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti | Contesto: Guerre mondiali
Capitoli:
   >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Il suo nome era Francesco Poeta, nato nel 1890 a Collestatte, in una piccola casetta ai piedi della cascata delle Marmore. Era il rumore della cascata a scandire la vita del giovane Francesco che fin da piccolo aveva sviluppato un amore intimo e profondo per la montagna. Egli adorava, infatti, inoltrarsi per la foresta che s'inerpica sui lati della cascata, per arrivare fino al lago di Piediluco e da lì bearsi della visione della valle della Neera, che s'allungava a perdita d'occhio.
Fu questo uno dei motivi, unito all'amore per la sua terra, a far sì che il 25 Ottobre 1911 giurò fedeltà all'Italia, servendo la patria tra le fila degli Alpini, nel Battaglione Cividale, 9° Reggimento.

Lontano da casa tra le montagne del Veneto, Francesco Poeta teneva sempre a ricordo l'Umbria, il centro del suo mondo che ormai s'allontanava man mano che da Sarajevo giungevano notizie sempre più preoccupanti sull'andamento di una situazione politica che lasciava poco adito all'immaginazione.

Fu lo scoppio decisivo della guerra, nell'agosto del 1914, ad aprire gli occhi al giovane Francesco che, fino a quel momento, aveva saputo della morte e dell'abominio della guerra solamente dai libri di storia e da qualche storia raccontatagli da suo nonno.

Passò un solo anno dall'uccisione di Francesco Ferdinando che la sua Brigata venne dispiegata per gli scontri che, aspri e senza pietà, si stavano perpretando contro gli Austro-Ungarici, nell'est dell'Italia settentrionale. Gli spostamenti erano la cosa che più mettevano angoscia a Francesco che attraversava i paesini di montagna come se neanche esistessero, con la mente rivolta al suo incerto futuro, senza il rassicurante rumore della cascata a fargli compagnia.
Paese dopo paese, insieme alla sua Brigata raggiunse lo Stelvio ossia il luogo che per molti di loro, a detta del suo Comandante, sarebbe divenuta la loro tomba: “Siate felici, Alpini!” disse il Comandante Luca Cordini guardando tutti i suoi uomini negli occhi, uno a uno. “Siate felici perchè non v'è maggior soddisfazione per un Alpino se non morire per la sua montagna, accolti dal suo freddo ma amichevole abbraccio. Noi oggi, infatti, non siamo venuti qui solo per difendere l'Italia ma per difendere la madre di tutte le madri. Che la Signora delle Cime ci benedica in questo arduo compito!”. Il discorso venne ovviamente accolto da grandi applausi e grida eccitate di tutti gli Alpini giunti per la missione affidata loro.
Era Francesco Poeta, in realtà, ad essere il più scettico. Pensava, infatti, che probabilmente il Comandante se ne sarebbe stato seduto nella sua tenda a fare una conta dei morti e a muovere i suoi soldatini di legno sulla mappa, padrone di vite che in realtà non gli appartenevano. Il soldato semplice, però, era anche molto fedele alla gerarchia e, sebbene serbasse questi commenti nel suo cuore, non esternava il suo piccolo malcontento, ricercando la voglia di combattere nei suoi motivi e nella sua etica.

I giorni passavano e i morti cominciavano ad affacciarsi all'interno del campo mentre Francesco aspettava che arrivasse il suo turno, che finalmente toccasse anche a lui a fare il suo passo verso l'inevitabile dipartita.

Era la sera del gennaio 1916, verso le sei e mezze di sera, quando fu richiamato insieme agli altri uomini destinati alla missione di quella notte: conquistare la trincea per la quale stavano combattendo ormai da giorni senza risultato.
Il Tenente Franco Asperti, un uomo sulla quarantina dai folti baffi grigi, radunò gli uomini sul piazzale dell'accampamento e rincuorò gli animi degli uomini: “Soldati...” e si schiarì la voce con un colpo di tosse profondo. “... non sono mai stato un uomo falso o pusillanime. Ecco perchè non sono qui a raccontarvi la favoletta prima di mandarvi a dormire. Lì fuori si muore. Si muore in continuazione e nelle maniere più orribili. Però, Signori, abbiamo giurato fedeltà alla bandiera e alla montagna: entrambe ci stanno chiedendo il nostro aiuto. I tedeschi hanno degli ottimi tiratori e questo lo sapevamo già. Quello che non sanno, però, è che voi, questa notte, combatterete con una nuova consapevolezza che sarò io a impartirvi.” e così dicendo la voce gli s'incrinò per un istante, l'idea del suo stesso discorso stava corroborando anche lui. “Voi Alpini, Voi Soldati semplici che ora andrete a combattere, avrete al massimo il vostro nome su quale lapide commemorativa una volta che questo scempio sarà finito. Le vostre gesta non saranno mai ricordate per quello che saranno in realtà. Ma senza di voi, Signori, questa guerra non si potrebbe portare avanti ecco perchè stanotte dimostrerete a voi stessi e alla vostra montagna che voi siete la guerra!” terminò così la frase alzando la voce fino quasi a superare il rumore degli spari in lontananza che echeggiavano sulle pareti delle gole delle montagne circostanti.
Francesco Poeta, che stava ascoltando quel discorso, senza neanche rendersene conto rilasciò la stretta dei pugni che autonomamente s'era serrata, facendo rincolorire la punta delle dita. Il battito del cuore aumentò quando s'accorse, guardandosi il dorso delle mani, di avere la pelle d'oca.
Io sono la guerra” sussurrò, battendo i tacchi all'unisono con gli altri, mettendosi sull'attenti.

  
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
   >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Storico / Vai alla pagina dell'autore: Junior