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Autore: L_Fy    26/09/2011    34 recensioni
...Se lo disse anche a fior di labbra, sottovoce: "Veronica Alberice Scarlini della Torre, sei uno schianto."
Aveva diciotto splendidi anni, era raffinata, ricca, alla moda, trendy da morire, più fashion di Paris Hilton, più glamour di Anna Wintour, più sensuale di Monica Bellucci. Nessuno del centinaio abbondante di ragazzi della sua scuola poteva non sbavare mentre lei passava senza degnarli di un solo sguardo, nessuna delle 2000 oche della sua scuola poteva non morire d’invidia, nessuno del corpo insegnanti poteva non rimpiangere di non avere avuto un solo grammo del suo allure nella loro triste, patetica esistenza.
Quindi, non poteva essere altrimenti: lui finalmente l’avrebbe guardata.
Genere: Commedia, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Veronica fremeva: un po’ per il bacio con Bianchi, un po’ per l’adrenalina del momento, un po’ (tanto) per la rabbia repressa, le sue guance erano rosse, gli occhi brillanti come se avesse la febbre ed era evidentemente e completamente furiosa mentre guardava Tebaldo dritto in faccia senza maschere facendolo quasi indietreggiare.       
“Allora?” gli sputò contro Veronica, divinamente glaciale “Tu che dici allora a me, dopo quella sottospecie di telenovela che hai inscenato prima… “se non ti volessi così bene, penserei quasi che sei razzista, Veronica cara…” Puah! Sono io che dico allora a te, non tu che lo dici a me! Io voglio sapere, io esigo che tu mi dica il sacrosanto perché!”
“Il perché di cosa?” si mise subito sulla difensiva Tebaldo.
“Si può sapere il motivo, il profondo e inconcepibile perché tu debba essere sempre così stronzo? Così completamente, totalmente stronzo?”
“Che ho fatto stavolta?” si lamentò Tebaldo spalancando le fessure verdognole grondanti innocenza ferita.
 “Che hai fatto? Hai tramato tutto il tempo per distruggere la povera Gladi! Tu, sporco bastardo…”
“Sai che mi emoziono se mi fai troppi complimenti.”
“…doppiogiochista…”
“Meglio giocare doppio che non giocare affatto, mi hanno sempre detto.”
“… Bugiardo e subdolo…”
“Scommetto che hai baciato Bianchi.” buttò lì Tebaldo come diversivo: probabilmente aveva sparato a caso, ma la sorpresa dipinse rose scarlatte di verità sulle guance di Veronica e Tebaldo intuì al volo cos’era successo.        
“No…” commentò sinceramente basito “Tu… l’hai baciato davvero?”
“Non ti permettere di rivoltare la frittata in questo modo!” tergiversò Veronica ma Tebaldo non la stava minimamente a sentire.
“Tu e lui…? Cioè, Grimilde, hai seriamente baciato Bambi?”
“Non tirare in ballo le tue inutili metafore Disney!”
“Cioè… Hai davvero lasciato quell’inutile lumacotto vergine infilasse la sua lingua nella tua bocca?”   
Veronica rimase senza fiato e si sporse verso di lui coi pugni così serrati da farsi male.
“Io non… nessuno ha infilato niente a nessun’altro, chiaro? E comunque non sono assolutamente affari che ti possano riguardare, caro signor personificazione della perfidia! Tu piuttosto, cosa ti è saltato in mente di invitare Bianchi a casa mia?”
“Sicuramente non pensando che avrebbe finito per scambiare fluidi corporali con te.” ringhiò Tebaldo di rimando, altrettanto aggressivo.
“Non abbiamo scambiato fluidi!”
“E ci mancherebbe!”
“Ehi, nessuno ti ha elevato al rango di supremo supervisore dei miei fluidi!”
“Forse è di quelli di Bianchi che mi preoccupo!”
“Oh, certo! Mister perfidia il nuovo paladino difensore dei fluidi maschili! Preoccupati di quelli della tua colomba bianca che vola peggio di uno stormo di oche, grazie!”
“Lei per lo meno non si lascia mettere la lingua in bocca da tutti quelli che passano!”
“Io non mi lascio affatto…”
Non terminò la frase perché a forza di aggredire Tebaldo verbalmente, arrivandogli a un palmo dal naso, nel bel mezzo della filippica si ritrovò le sue labbra premute sulla bocca.
Non le fu ben chiaro se fosse stato lui o lei stessa, in preda a qualche raptus psichiatrico… in ogni caso, ancora più imprevedibilmente, il suo corpo rispose a quel bacio come attivato da un radar esterno: un attimo e Veronica era già spalmata contro il corpo seminudo e solido di Tebaldo, le dita infilate fra i suoi capelli neri, il seno premuto contro il suo petto.
Se baciare Bianchi era stato buono e dolce come mangiare un pasticcino alla frutta, baciare Tebaldo fu come scolarsi d’un fiato una pinta di vodka liscia. Anche se in vita sua l’aveva baciato un bel po’ di volte, non era mai stato con tanta veemenza. Il signorino snob che normalmente a malapena concedeva una stitica partecipazione, la stava stringendo saldamente fino a farle male e la sua bocca, le sue labbra, la sua lingua, non avevano proprio niente di gentile né di fruttato. Erano imperiose, esigenti, cattive… e sapevano esattamente cosa e come prendersi quello che volevano.
Ed era piuttosto evidente che volevano lei: tutta lei, ogni centimetro, ogni debole angolo del suo corpo. Le mani di Tebaldo la percorsero con durezza, senza pudore e senza grazia: uno schiaffo di puro desiderio, così potente che Veronica cominciò a tremare. E benché Gladi la stesse fissando con gli occhi sbarrati e la bocca spalancata, Veronica si concesse di godersi quel bacio fulminante con una partecipazione che non aveva mai sperimentato con niente e con nessuno.
Fu Tebaldo a staccarsi da lei e lo fece bruscamente, quasi spingendola via. Per un millisecondo i loro sguardi si incrociarono e Veronica ebbe la fuggevole, assurda sensazione di non essere l’unica a tremare: ansimavano entrambi e persino Tebaldo aveva momentaneamente appannato la sua aura composta e strafottente.
Veronica non fece nemmeno in tempo a indietreggiare del tutto che la sua mano partì di scatto mollando una sonora sberla sulla guancia del cugino che scattò di lato quasi al rallentatore.
“Non ti permettere mai più!” strillò oltraggiata la voce di Gladi uscendo dalla gola di Veronica “Non ti azzardare ad allungare mai più una sola delle tue untuose ditaccia verso di me, chiaro?”
Ci fu un secondo di cristallino e immobile silenzio: poi Tebaldo si raddrizzò ed era di nuovo freddo, altezzoso e impenetrabile come sempre. Benché stesse chiaramente avendo una crisi da personalità multipla e fosse sconvolta e ancora assurdamente e dolorosamente eccitata, Veronica non poté che ammirare la sua capacità di ripresa.
“Beh, ammetterai che la prova di quello che avevo appena affermato su di te è piuttosto palese, alla luce dei fatti.” la informò con voce ironica.
La luce dei fatti era che Veronica aveva baciato Bianchi e Tebaldo nel giro di dieci minuti scarsi. Mancava giusto un bacetto a Salvatore per fare l’en plein e confermare al 100% la teoria del perfido cugino.
“Sei tu che mi hai baciata!” reagì lei arrossendo furiosamente “Io di sicuro non ne avevo nessuna intenzione!”
Tebaldo serrò la mascella e per un attimo i suoi occhi lampeggiarono di un verde intenso, fosforescente: le si avvicinò di nuovo a un millimetro dal naso e Veronica non osò muovere un muscolo per paura delle proprie irragionevoli reazioni.
“Bugiarda” le soffiò contro Tebaldo con voce sprezzante “Bugiarda, ipocrita e manipolatrice. Tu…”
Si interruppe ed ebbe un attimo di incertezza quando si accorse che gli occhi di Veronica erano pieni di lacrime. Ne sembrò stupito, ma mai quanto lo fu Veronica stessa che indietreggiò e dovette distogliere lo sguardo per non cedere del tutto.
“Io sarò anche bugiarda” sussurrò con voce bassa “Ma se parli di ipocrisia e manipolazione parli solo di te stesso, Tebaldo. Tu che continui ad intrometterti nelle mie faccende per il solo intento di umiliarmi, senza una sola ragione al mondo.”
“Ti ricordo che sei stata tu a coinvolgermi nelle tue faccende” sottolineò Tebaldo “Mi hai telefonato, mi hai cercato, mi hai chiesto aiuto. Tutto questo sapendo bene come sono e cosa faccio quando mi intrometto.”
“Non pensavo di sicuro che il tuo concetto di aiuto usasse un modo così subdolo e bastardo di intromettersi!”
“Perché, Grimilde, io e te conosciamo un altro modo?”
“Io sì. Tu invece sei l’unico essere che non posso nemmeno chiamare persona capace di baciare qualcuno solo per dimostrare di avere ragione, pur continuando ad avere torto marcio.”
Tebaldo sbuffò, per niente impressionato.
“Senza una sola ragione al mondo?” la scimmiottò sprezzante “Non riesci proprio a guardare al di la del tuo prezioso nasino, Grimilde carissima. E la tua sceneggiata da virtù offesa è piuttosto patetica. Doverosa, per carità, ma risulta quasi surreale vedere Grimilde che finge così male di essere il virtuoso e integerrimo agnellino Gladi.”
“Io non sto recitando! Io sono… incazzata!”
Tebaldo indietreggiò di un altro passo sollevando appena il mento e il solito sopracciglio.
“Davvero un ottimo e oculato uso del temine volgare per dare peso al concetto: diventi sempre più brava a fingerti Gladi. Ma tu, haimé, non sei Gladi. Sei la perfida Grimilde che ha macchinato per avere Bianchi per sé, fregandosene della sua ragazza e dei suoi stessi desideri, perché se Grimilde vuole qualcosa, Grimilde se lo prende e basta.”
C’era un fondo di verità in quello che diceva, inutile negarlo: era il fatto che diventarne consapevole facesse così male che risultava davvero inconcepibile.
“Immagino che tu sia convinto di sapere chi sono in verità” tremò la voce di Veronica sorprendentemente dignitosa “Te le lascio le tue limitate convinzioni: il problema è solo tuo, visto che non riesci a vedere quella parte di me che è Gladi.”
Tebaldo rizzò le spalle e le gettò un ultimo, definitivo sguardo ricco di alterigia.
“Tu sei Grimilde, dalla punta dei piedi alla cima dei capelli” affermò serio “Questo non vuol dire solo che sei la più bella del reame, ma anche che l’unico cuore con cui hai mai avuto a che fare è rinchiuso in uno scrigno. E non è nemmeno tuo.”
Detto questo, girò i tacchi e uscì di scena, lasciando Veronica alle prese con qualcosa di estremamente doloroso e pulsante al centro del petto: forse non poteva essere il cuore di Grimilde, ma qualcosa di simile lo era di sicuro… e faceva un maledetto male d’inferno.
*          *          *
Serena si accingeva ad infilarsi sotto le coperte, dolcemente avvolta dal pigiama preferito e armata di un tomo di letteratura russa, quando la testa di sua madre sbucò da dietro al porta senza nemmeno bussare.
“C’è uno che ti cerca.” disse telegrafica.
Intanto, era strano che sua madre non bussasse prima di entrare: se la tirava sempre un sacco sbandierando al vento la propria accortezza nel salvaguardare la privacy dei figli e quello era un chiaro strappo alle regole. Poi, solo quando era agitata le veniva quella voce acuta e la parlata stile telegramma. Serena quindi rinunciò al diritto di replica e mollò subito il tomo russo sul letto.
“Chi è? chiese rassegnata: a quell’ora tarda non aveva proprio idea di chi potesse essere.
“Non me l’ha detto” rispose sua madre cupamente “Quando gliel’ho chiesto mi ha buttato un tale sguardo oltraggiato dall’alto in basso che tra un pò ci resto secca, come se fossi tenuta a sapere chi diavolo è quel bellimbusto con la faccia antipatica!”
Serena ebbe un immediato tuffo al cuore e sbiancò di colpo sgranando gli occhi: benché risultasse assolutamente impossibile che fosse proprio lui, la descrizione calzava a pennello a una sola persona…
“Tebaldo!”
“Cosa?”
“Quel… quel tizio… è T-Tebaldo Santandrea della Torre.”
“Il nobilazzo della scuola?” sembrò ammansirsi leggermente la madre “Beh, vedi tu. Ma per favore, fagli sapere che il pedigree non lo esonera dalla maleducazione, se pensa di arrivare a casa di estranei a quest’ora di notte senza nemmeno presentarsi.”
Certo, come no, pensò Serena soffocando in gola una risata isterica: Serena Colombi che dava a Tebaldo Santandrea della Torre del maleducato. Come dire, una puntata di Star Trek. Scapicollandosi in corridoio, a malapena arrivò alla porta ancora in piedi e mentre sgusciava oltre la soglia (figurarsi se faceva entrare Tebaldo nella propria microscopica e plebeissima casa!!!) si ricordò di essere in pigiama, cosa che le provocò un immediato mutismo.
“Buonasera” L’accolse Tebaldo con un arrogante sopracciglio alzato “Wow, che look elegante. Seratona con l’ambasciatore al Golf club, immagino.”
Benché stesse praticamente affogando nella vergogna, Serena riuscì a mantenere un tono di voce sufficientemente dignitoso.
“Che diavolo ci fai qui?”
“Visita di cortesia” rispose lui brevemente, riuscendo con quella sua altezzosa faccia da schiaffi a sembrare comunque quello dalla parte della ragione “Non mi fai entrare?”
Aveva un’espressione strana, notò Serena fuggevolmente: dietro la solita facciata altezzosa sembrava stranamente teso, pallido, agitato.
“Nemmeno per idea” sbottò quindi con sincero sbigottimento “Si può sapere adesso perché sei qui? Il perché vero, non un’altra delle tue solite scuse snob.”
Tebaldo le lanciò un’occhiata tiepidamente curiosa.
“Il perché vero non ti piacerà” confessò “Sono qui per concupirti.”
“Balle.” reagì Serena con convinzione: se quello stronzo pensava di poterla abbindolare come una scema qualsiasi…!
Ok, sì, poteva: la sua valvola mitrale era partita rombando come una moto da corsa al solo pensiero di avere Tebaldo così vicino, ma d’altro canto era stufa di fare sempre la figura della vittima. Perché dopotutto con Tebaldo non si era mai dimostrata niente di più di quello che lui le imponeva di essere, ovvero una ragazzetta svaporata e poco interessante con la spina dorsale di un celenterato. Per cosa, poi? Dimostrarle in tutte le salse che lei era un mollusco che non valeva niente e lui poteva averla quando gli pareva? Eh no: non gli avrebbe permesso di relegarla di nuovo a quel ruolo insulso e passivo.
“Se non ti spiace devo andare a dormire” ribatté quindi in tono dignitoso “Domani c’è scuola e nessuno dei due ha tempo da perdere in queste pagliacciate. Buonanotte.”
Ma Tebaldo non si mosse e siccome nemmeno lei poteva rientrare in casa perché si era chiusa fuori, la filippica perse di colpo tutto il suo virtuoso effetto nell’immobilità forzata.
Tebaldo lasciò perfidamente passare qualche secondo di imbarazzato silenzio prima che le sue labbra si incurvassero in un sorriso divertito.
“E così, siamo ancora qui.” commentò quindi prendendo una posizione rilassata: solo allora Serena si accorse di quanto era stato teso fino a quel momento.
“Te ne puoi andare, per favore?” singhiozzò quindi, rinunciando in un attimo al suo nuovo ruolo di eroina coraggiosa.
“Rilassati” la blandì la voce tranquilla di Tebaldo mentre si appoggiava indolente allo stipite della sua porta, costringendola ad allontanarsi per non sfiorarlo “Stranamente vengo in pace. Stasera non ho intenzione di mangiare cane umana.”
“Non sono tesa.” pigolò Serena tesissima e Tebaldo fece una risatina di scherno, ma con dolcezza.
“Se questo ti fa stare meglio, ti posso giurare che non ti bacerò.” la rassicurò poi con un velo di ironia.
Serena combatté ferocemente contro il sollievo  e la delusione.
“Bene. Comunque non avevo nessuna intenzione di farmi baciare, per la cronaca.”
“Si invece che ce l’avevi. Anche se ti ho messo in guardia dalla prima volta, tu ti sei presa una cotta per me, e se solo lo volessi ti lasceresti baciare eccome.”
“Ma tu senti… che presuntuoso!”
“Indubbiamente. Presuntuoso ma non bugiardo. Non questa volta, almeno.”
Aveva ragione, naturalmente: ma che glielo spiattellasse in faccia con tanta altera sicurezza rendeva tutto umiliante e decisamente snervante.
“Questa è l’opinione di un perfetto egocentrico: magari invece se provassi a baciarmi ti dare una sberla.”
Un attimo, un battito di ciglia e Tebaldo fu davanti a lei, dritto e travolgente con quei due occhi magnetici che le bloccavano il respiro e qualsiasi altra funzione endocrina.
“Davvero?” le sussurrò vicinissimo, così vicino che poteva sentire il calore delle sue parole sulla guancia “Vuoi che proviamo, agnellino?”
Serena iniziò a tremare, socchiudendo suo malgrado la bocca.
“Io… io…”
Certo che voleva. Ogni cellula del suo corpo agognava il contatto con Tebaldo e vibrava come un diapason nell’attesa.
“Tu non sei venuto qui per baciarmi” soffiò fuori quasi senza pensarci “Sei venuto qui perché sapevi che sarebbe stato facile ottenere quello che volevi… qualsiasi cosa fosse. Ma ti prego, sappi che più è facile per te, più è doloroso per me. Non… non lasciare che questo non conti niente.”
Alle sue parole, Tebaldo sbatté le ciglia e si immobilizzò, disorientato. Dopo averla fatta bruciare per un bel po’ sotto il suo sguardo, si allontanò senza averla nemmeno sfiorata.
“Da una parte sarei tentato di baciarti davvero” disse con voce piana, tornando ad appoggiarsi allo stipite “Sei una cosina così tenera e dolce… tanto dolce. Troppo dolce. Indigesta.”
Serena ci mise un po’ a recepire le ultime parole: quando carpì il significato, il cuore le precipitò di colpo sotto i piedi.
“Indigesta?” pigolò di nuovo, stavolta con voce tremante.
Tebaldo le lanciò un lungo sguardo che non bruciava più: anzi, era quasi uno sguardo di compatimento, di simpatia.
“Sei una cara ragazza, Serena Colombi: non particolarmente frizzante e simpatica, ma sei fondamentalmente buona e questa oggi come oggi è una qualità che nemmeno un pricipino viziato come me riesce a sottovalutare. Anche se sì, ero venuto qua apposta per baciarti proprio perché sei dolce e tenera. Ma hai ragione, naturalmente: sono solo uno stronzo e per una volta dovrei almeno provare a comportarmi bene.”
“Ok” sfuggì dalle labbra di Serena “Vedi… vedi che avevo ragione io…?”
“No che non ce l’hai. Principalmente se non ti bacio è perché so che in fondo non ci proverei gusto a baciarti. Se fossi stata una stronzetta qualunque l’avrei fatto lo stesso; per sport, per noia, per blanda curiosità… per un qualsiasi futile motivo che di solito spinge un principino viziato a fare tutto quello che fa.”
La bocca di Serena tremava forte: gli occhi le si appannarono mentre quelle crude parole le cadevano addosso, pesanti come macigni.
“Ma allora… perché cazzo sei venuto qui?” riuscì a dire tra le labbra insensibili.
Tebaldo girò lo sguardo in su: sembrava remoto e distaccato, ma persino lei nel suo stato confuso e dolente riuscì a vedere quanto gli costava mantenere ferma quella maschera.
“Perché sono qui stasera? Perché ti tratto male? Perché fingo di corteggiarti? Sempre per lo stesso motivo, mia cara. Perché sono uno stronzo. Il principino viziato di cui poc’anzi.”
“Non è vero” intuì Serena “Altrimenti mi avresti baciata. L’hai appena detto tu, no?”
Tebaldo sorrise.
“Intuitiva, piccolo agnellino. Ma non abbastanza per capire tutto.”
E invece Serena d’un tratto capì. Era una cosa talmente scontata che si sentì molto stupida per non esserci arrivata prima, anzi, si stupì che tutto il mondo non avesse già capito anche prima di lei.
“Tu sei innamorato.” esclamò con genuina meraviglia.
Tebaldo inarcò le sopracciglia, divertito e scettico.
“Spiacente di deluderti, cara, ma io non sono innamorato di nessuno. A parte di me stesso, naturalmente.”
“Si, è vero” ammise Serena ispirata dall’intuizione del momento “Ami te stesso più chiunque altro al mondo. E sei anche uno stronzo che non sa far altro che ferire la gente. Proprio per questo te la fai sotto e ti comporti da merda con tutti, perché hai paura di non riuscire a fare di meglio con le persone a cui tieni veramente.”
“Non c’è nessuno a cui tengo veramente” sentenziò Tebaldo con convinzione, ma al contempo si allontanò da lei come se la sua vicinanza gli bruciasse “Devo dire che la tua identità da dottoressa Cuori infranti è ancora più stucchevole e noiosa di quella della brava e dolce verginella. Vado via prima che mi venga il diabete, con tutto questo zucchero nell’aria.”
Aveva paura, intuì Serena in un flash sconvolgente: aveva paura di lei, di quello che gli stava dicendo… perché stava sfiorando la verità o perché stava semplicemente smascherando il suo gioco?
“Come vuoi” rispose dolcemente “Però ricordati, la prossima volta che vuoi venire a casa mia e svegliare tutta la mia famiglia per non baciarmi, fammi uno squillo prima, magari facciamo due chiacchiere davanti a una bella fetta di torta e un caffè.”
La faccia di Tebaldo per un attimo assunse un’espressione indecifrabile: soddisfatta, Serena pensò che forse, da quel incontro di boxe in pigiama sul pianerottolo, era uscita stranamente vincitrice.
*          *          *
Qualcosa di sospetto crepitava nell’aria quella mattina. Maria Vittoria aveva il naso troppo fino per non accorgersene subito e sfruttò la prima ora di inutile lezione di filosofia per analizzare la situazione e cercare di capire cosa non andasse.
Punto primo: Maria Beatrice e Maria Lucrezia avevano due facce strane quella mattina. Capelli freschi di lacca per Maria Beatrice, borsetta di Gucci nuova per Maria Lucrezia, look impeccabile per entrambe. Avevano chiacchierato amabilmente del più e del meno e nessuna aveva detto o fatto niente di particolare. Solo che Maria Beatrice sfoggiava un sorrisetto strano, quello che lei pensava sembrasse misterioso e leonardesco e risultava invece vagamente idiota e imbarazzante. Maria Lucrezia, per dirla in maniera triviale ma spiccia, sembrava invece avere qualcosa di appuntito infilato nello sfintere, saltellava rigida come un manico di scopa e inalberava l’espressione colpevole di chi si ritrova smutandato in pubblico. Quelle due avevano fatto qualcosa, realizzò Maria Vittoria con brillante acume: qualcosa che rendeva Maria Beatrice felice come una Pasqua e Maria Lucrezia imbarazzata come una vergine la prima notte di nozze. Ma non era tutto lì il problema. C’era il punto secondo, ovvero Veronica. Indescrivibile, quella mattina! Maria Vittoria si sentiva fondamentalmente una ragazza virtuosa; ok, a volte esagerava con lo shopping, a volte aveva anche il sospetto che passare tre ore dalla manicure fosse un po’ eccessivo… ma si riteneva una ragazza di buon cuore, nonché di ottimo look. Si sentiva quindi in serio dovere di aiutare un’amica in pericolo: quell’amica era Veronica e il pericolo era dato dalla mancanza di buon gusto che sembrava averla assalita quella dolorosa mattina. I suoi capelli erano in disordine: Maria Vittoria quasi non se ne capacitava, in tanti anni che conosceva Veronica non aveva mai visto i suoi capelli meno che impeccabili, disciplinati e assolutamente perfetti. Quella mattina, invece, erano normali. Semplici capelli senza lacca e senza l’evidente mano del parrucchiere. Maria Vittoria era basita. Sarebbe stata meno scandalizzata se avesse visto Veronica nuda nata con un piercing al capezzolo. Senza contare che quei capelli normali sormontavano una faccia pallida, seria, immobile come se fosse fatta di marmo. Non che Veronica fosse una tipa espressiva e piena di spirito, al massimo si limitava a sguardi arroganti o sorrisetti ironici, ma era comunque evidentemente diversa quella mattina. E il vestito… era quello di lino che aveva indossato il lunedì precedente. Cioè, un vestito indossato due volte la stessa settimana… inaudito!! Sembrava quasi che Veronica si fosse buttata addosso la prima cosa che aveva trovato in casa. Come dire, ecco aperte le porte degli Inferi con demoni svolazzanti tutto intorno tipo sciame di mosconi.
Non era nelle corde di Maria Vittoria chiedere chiaramente “c’è qualcosa che non va?” alle amiche: non funzionava così tra di loro. In caso di comportamento anomalo di solito c’era chi si nascondeva a costo della vita e chi tentava di scoprire le carte usando mezzi subdoli e piccoli raggiri. Così durante le prime ore di lezione, Maria Vittoria studiò qualche oculata domanda da sganciare alle amiche e quando finalmente suonò la campanella dell’intervallo scattò pimpante in mezzo al gruppo, più battagliera che mai.
“Allora, avete visto Tebaldo ieri?” chiese cinguettando: in caso di tragedia latente se c’era qualcosa di sicuro al mondo era che doveva essere coinvolto Tebaldo Santandrea della Torre.
Veronica infatti reagì con una specie di scatto epilettico a metà tra il ribrezzo e l’istinto omicida mentre Maria Beatrice si leccava i baffi miagolando e Maria Lucrezia guaiva nascondendosi la coda tra le gambe.
“Si.”, “Forse.”, “Assolutamente no!” risposero in perfetta sincronia, lanciandosi subito dopo uno sguardo sconcertato.
“Oh!” gorgogliò Maria Vittoria esultante “A quanto pare il nostro dottor Stranamore ha fatto un intenso giro di visite, ieri.”
“Ieri dopo la scuola era a casa mia” ringhiò Veronica con autentico risentimento “Si è comportato da iena più del solito così l’ho mandato fuori di casa a calci nel deretano. Cosa abbia fatto dopo essersi incoronato re degli stronzi non ne ho idea. E francamente non me ne frega.”
Sembrava vero, tanto era cupa e depressa.
“Io non l’ho visto.” pigolò Maria Lucrezia smentita subito dopo da un imbarazzante rossore sulle guance.
“Io invece sì” esclamò Maria Beatrice che non vedeva evidentemente l’ora di spiattellare la cosa in faccia alle amiche “L’ho visto molto bene, molto da vicino e in certi momenti anche molto svestito.”
“MariaBe!” sfiatò Maria Vittoria quasi scandalizzata, ma la cosa più comica fu vedere il rossore sulla faccia di Maria Lucrezia sfiorare vette violacee.
“Ma per favore!” strillò infatti esagitata “E quand’è che Tebaldo si sarebbe fatto vedere mezzo nudo da te?”
 “Ieri sera, mia cara. Sarai mica gelosa!”
“Gelosa io! Di una sporca bugiarda come te!”
“Mi stai davvero dando della bugiarda, Maria Lucrezia?”
“E’ esattamente quello che sto facendo, Maria Beatrice. Perché è tassativamente impossibile che tu abbia visto Tebaldo ieri sera, visto che era occupato con… altra compagnia.”
“Che grandissima… bugiarda che sei!”
“Io!”
“Tu!”
“Ragazze” le interruppe Veronica con voce secca “Non accapigliatevi come lavandaie in piazza, per favore. Per Tebaldo, poi!”
“Ma questa piccola faina bugiarda dice…”
“Ehi, a chi stai dando della gallina?”
“Faina, ho detto faina, e comunque hai ragione, gallina è molto più appropriato…”
“Ragazze!” esclamò Maria Vittoria deliziata “Sono confusa… State dicendo che siete uscite entrambe con Tebaldo ieri sera?”
Maria Beatrice e Maria Lucrezia non avevano evidentemente preso in considerazione quell’ipotesi: le loro facce sbiancarono mentre le bocche si schiudevano con un suono come di ingranaggi difettosi. Maria Vittoria stava crogiolandosi nel suo ruolo di gossip girl, vagamente disturbata dal pernicioso dubbio del perché Tebaldo non fosse andato a cercare anche lei, la sera precedente, quando successe una cosa stranissima.
Dai meandri bui che attorniavano l’area dorata delimitata dalla loro presenza, sbucò la figura allampanata di un giovane dai capelli biondi e l’aria impacciata. Maria Vittoria lo riconobbe immediatamente: Paolo Bianchi, lo scherzo di natura loro compagno di classe. Normalmente non lo avrebbe degnato di un’occhiata, ma il villico si era permesso di entrare nel loro aureo cerchio e quindi si sentì autorizzata ad inalberare il suo classico sguardo da “Sparisci dalla mia visuale, mollusco verminoso”.
“Buongiorno.” si permise di dire quello, e senza nemmeno un accenno di tono interrogativo nella voce.
Le tre Marie rimasero così esterrefatte per quell’insulto che rimasero tutte a bocca aperta, quasi dimenticando l’incidente diplomatico di poc’anzi.
“Ciao.” rispose a sorpresa Veronica e le tre Marie si girarono di scatto a guardarla come se avesse appena rigurgitato un bolo di bile verdastra sulle loro scarpe.
“Ciao, Veronica. Scusa se disturbo.”
Gli occhi delle tre Marie rimbalzarono su di lui, schoccati come se avesse aggiunto altra bile verdastra alla immaginaria montagnola fumante sulle loro scarpe.
“Non disturbi.”
Rimbalzo interrogativo su di lei.
“Ti volevo chiedere… forse mi dirai di no, ma ecco…”
Rimbalzo schifato su di lui.
“Prova a chiedere. Non mordo, stamattina.”
Rimbalzo attonito su di lei.
“Mi chiedevo se ti andasse oggi di venire con me … io avrei… avrei bisogno di parlarti.”
Rimbalzo flashato su di lui.
“Co… come? Uscire con te? Oggi?”
Rimbalzo comprensivo su di lei.
“Io… si.”
Rimbalzo omicida su di lui.
“Ok.”
A quel punto, forse incentivate dal continuo sbatacchiamento del cervello nella scatola cranica dovuto a tutti quei rimbalzi, le tre Marie erano così confuse da non saper più dove guardare.
“Oh, bene. Allora… ci troviamo al canile? Oggi sono di turno lì.”
“Al canile? Wow, che posto… romantico. Ok, ci sarò.”
“Bene. Ah, ok, bene. Allora a dopo.”
“Va bene, a dopo. Ciao.”
“Ciao.”
Bianchi se ne andò lasciando dietro di sé una scia silenziosa così densa che poteva raccogliersi col cucchiaio. Fu Veronica stessa a interrompere il momento d’impasse con una decisa scrollata di spalle.
“Allora, finitela di guardarmi in quel modo. Neanche avessi ucciso un cristiano.”
“Peggio!” sfiatò Maria Lucrezia che non vedeva l’ora di sfogare la sua frustrazione e il suo imbarazzo si qualcun altro “Hai accettato un appuntamento con Bianchi!”
“Bianchi lo scherzo di natura!”
“Bianchi il secchione sfigato!”
“Bianchi chi? Come cavolo si chiama Bianchi? Nemmeno lo so! Quello nemmeno esiste nel nostro mondo, Veronica! Che ti è saltato in mente di fare?”
Veronica si passò stancamente una mano sulla faccia: non sapeva ancora se nella sua testa urlasse più forte Gladi, esultando per l’invito di Bianchi, Grimilde, piangendo la propria totale rovina sociale, o Veronica, ammutolita dall’ultima performance del perfido cugino.
Di per certo sapeva solo che non aveva nessuna voglia di parlarne con le tre Marie. Né con nessun altro, a dire il vero.  
“Devo uscire.” disse di punto in bianco e prima ancora che una delle tre amiche potesse dire Gucci, le piantò in asso marciando via a passo spedito, sentendosi assurdamente meglio di prima.
  
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