Non
Si Dimentica
Quella
mattina Elena si risvegliò in un letto
che non era il suo. Si sentiva esausta e, dopo essersi scrutata
attentamente il
viso, aveva scovato due profonde occhiaie violacee sotto gli occhi. Si
lasciò
cadere sul letto con un mugolio lamentoso. Solamente allora
ricordò: bastavano
i nomi di Stefan e di Klaus; il suo fidanzato si era consegnato a
Klaus, per salvare Damon.
“No” sussurrò, alzandosi di scatto.
D’un
tratto si sentiva completamente sveglia. Era stato solamente un brutto,
orrendo
sogno. Doveva chiedere a Damon…
Elena corse giù per le scale fiocamente
illuminate, annaspando mentre chiamava il nome di Damon fino a sentire
bruciare
la gola. Il rumore dei suoi passi affrettati echeggiavano nei lunghi e
ampi corridoi
bui della pensione, quando le venne in mente quello che era successo
tra lei e
il vampiro la notte prima: si erano baciati. Niente di cui preoccuparsi troppo, in
fondo, ma era un ricordo marchiato con il fuoco nella sua memoria; era
difficile da ignorare, eppure doveva
riuscirci. Doveva dimenticare e trovare Stefan. Un bacetto a stampo
assolutamente innocente paragonato a un rapimento era niente.
Elena infilò con decisione il ricordo in fondo a un
cassetto del suo cervello e continuò a chiamare Damon a
squarciagola.
Dove diavolo si era cacciato?! Non poteva
essere lontano! Suo fratello era sparito per salvargli la vita!
Probabilmente Damon
stava nel soggiorno a studiare cartine geografiche per avere una vaga
idea di
dove fosse finito Stefan.
Elena arrivò nel maestoso e cupo salone, ma
tutto quello che vide fu un tavolo ricoperto da polvere, non da cartine
geografiche come invece aveva sperato, e il solito Damon Salvatore
intento a
riempirsi un bicchiere di qualche disgustoso alcolico decisamente
troppo forte.
“Devo parlarti” esordì Elena
frettolosamente.
“Che coincidenza. Pure io” disse Damon,
perfettamente calmo. Come poteva essere così tranquillo? Suo
fratello era stato
rapito e lui faceva l’indifferente?
“Dobbiamo parlare di ieri sera” continuò
Elena,
imperterrita. Damon la fissava con la perenne ed immutata
espressione di scherno, che sembrava
fosse in attesa di sfoderare uno dei suoi migliori sorrisi.
“Sì” concordò Damon. Elena
cominciò a studiare
un lembo della sua maglia; fissare Damon negli occhi la rendeva
nervosa: “Bene.
Stefan. Dobbiamo cercarlo” spiegò malamente lei,
ma le poche parole pronunciate
parlavano chiaro come un lungo discorso articolato.
Damon apparve un po’ deluso, ma Elena non ci
badò: “Sì. Ma prima devo parlare
anch’io di una cosa” disse il vampiro, sviando
l’argomento. Il vampiro sentiva che doveva per forza
affrontare quell’argomento
per stare bene, ma
avrebbe dovuto capirlo che quell’argomento
per Elena rappresentava il nulla, soprattutto in quel momento
così complesso.
“Damon, no! Dobbiamo cercare Stefan! Klaus
l’ha rapito, noi non possiamo starcene qui senza far
niente!” urlò Elena
cominciando ad essere preda del panico e della disperazione.
Damon sbatté i pugni sul tavolo e una crepa
lunga qualche centimetro attraversò il legno:
“Stefan non è stato rapito!”
precisò con furore. “Lui si è offerto a
Klaus”. Le sue parole suonavano come imperdonabili bugie
nelle sue stesse
orecchie.
Elena sentì le lacrime accumularsi negli
occhi: “Come puoi essere così insensibile, Damon?
Per l’amor di Dio, è tuo fratello!
Lui si è offerto per salvarti
la vita e ora il minimo che potresti fare è correre a
salvarlo da quel pazzo
furioso omicida!” gridò Elena, sbattendo i pugni
anche lei, con l’unica
differenza che il risultato fu un debole rimbombo nella sala.
Damon percorse il perimetro del tavolo a
velocità vampiresca per poi arrivare davanti a lei; le prese
le mani e le
strinse: “Perché, Elena, non ragioni? Klaus e
Stefan sono partiti. Klaus non
è così idiota da rimanere qui! E hanno avuto
tutta la notte per scappare verso un posto lontano introvabile! Dimenticalo e basta, Elena. È
meglio
così” la piccò Damon, con una nota di
amarezza nella voce. Le lasciò andare le
mani bruscamente e lei mormorò: “Ma io non riesco
a dimenticare”.
Damon, ormai alla porta d’uscita, si voltò con
un’espressione incredula sul viso: “Davvero? Nemmeno io, Elena, dimentico”
urlò addolorato. Uscì sbattendo la
porta, lasciando Elena senza il coraggio di ribattere ma soprattutto,
con il
ricordo del loro bacio più bruciante che mai.
Il vampiro, dopo aver attraversato i boschi
umidi e fangosi, si sfogò. Urlò per trasmettere
al mondo la sua rabbia: stava
perdendo Elena e Stefan. Stava perdendo
se stesso. L’amore non ricambiato era come un
paletto di legno particolarmente
appuntito che sfregava spietatamente contro i margini del suo cuore;
era come
la verbena che gli ustionava la pelle; era come se la sua testa fosse
il
bersaglio di un mitra spara proiettili di legno. Ma la cosa che faceva
più male
di tutte era la consapevolezza che lei
ricordava perfettamente. Damon era certo che lei ricordava.
Elena si
ostinava semplicemente a negarlo a sé stessa sperando,
inutilmente, di
dimenticare. Ma non si dimentica. E
presto anche lei sarebbe arrivata a questa stessa conclusione.
L’aveva pure
detto lei stessa: “Ma io non riesco a dimenticare”.
Damon camminò e, senza davvero volerlo, arrivò
alla casa di Barbie Vampira. Vide attraverso la finestra del soggiorno,
che
aveva le tende raccolte elegantemente ai lati della finestra, che
Caroline
stava parlando animatamente con sua madre, Liz. Si avvicinò,
voglioso di avere
una distrazione dai suoi pensieri che non fosse uccidere (Elena non
avrebbe mai
approvato).
Damon vedeva lo sceriffo ascoltare con
attenzione. I suoi occhi cercavano di vedere nell’adolescente
che le stava
davanti la sua piccola Caroline. E, nonostante ora fosse una vampira,
Liz ci
stava riuscendo. Vedendo i grandi occhi verdi di sua figlia, nella sua
mente
scorrevano le immagini di una vita: lei che spingeva
l’altalena e come Caroline
urlava divertita, i suoi costumi da principessa e i pomeriggi passati
assieme a
vedere Biancaneve sdraiate sul divano. Stava
ritrovando la sua bambina.
Caroline continuava a parlare come una
macchinetta, quando Liz la interruppe: “Tesoro…
è tutto molto interessante, ma
parli solo dei tuoi amici. Che mi dici di te?” chiese
curiosamente lo sceriffo,
sperando in quelle informazioni sulla vita amorosa della figlia che
quest’ultima
non aveva mai voluto condividere con la madre.
Caroline, se avesse potuto, arrossì:
“Io… ehm,
niente, direi...” farfugliò, imbarazzata. Damon
scosse la testa sconsolatamente
davanti alle pessime capacità di bugiarda della bionda;
quanto le serviva per
dire alla mamma che era cotta del lupacchiotto Lockwood?
Liz la guardò storto e solamente allora
Caroline sputò il rospo: “Tyler”
borbottò, fissandosi le mani.
Lo sceriffo strabuzzò gli occhi: “Tyler? Tyler
Lockwood?” chiese stupita.
“Sì” esclamò Caroline,
lasciandosi poi andare
a delle risatine emozionate. Non aveva mai chiacchierato
così intimamente con sua
madre e non si era mai resa conto di quanto le mancava. La vampira si
sentì
improvvisamente colta dalla voglia di dire quello che avrebbe dovuto
confessare
molto tempo prima. Non era quel genere di discorsi che si ama fare, ma
si
sentiva obbligata a parlare per la situazione intima che si era venuta
a creare.
Dopo aver preso un profondo respiro, Caroline parlò:
“Mamma, voglio dirti una
cosa”.
Liz la guardò con incalzante aspettativa.
“Vedi… si tratta di quando papà
è andato via e io ho cominciato a non parlarti
più. Ecco, non è stato un bel periodo per me. Ero
arrabbiata e cercavo qualcuno
su cui scaricare tutte le colpe e… ho sbagliato scegliendo
te. E la verità è
che io non ho mai dimenticato tutti
i
momenti che abbiamo passato assieme, tutti i giochi che abbiamo fatto
quando io
ero piccola e tutte le storie che mi hai raccontato.
Io ricordo tutto. Voglio solo che tu lo sappia”
concluse Caroline
con il respiro leggermente affannoso. Poi sorrise e scoppiò
a piangere di
felicità, contenta di aver confessato quello che sentiva
dentro il suo cuore. Era
come se il suo corpo fosse più leggero dopo quella
dichiarazione.
“Ti voglio bene, Caroline” rispose solamente
Liz, commossa, abbracciandola in un caloroso abbraccio.
La bionda la strinse forte per tutta risposta:
“Anch’io mamma. Mi dispiace”
sussurrò.
“Non importa. Ora basta. È tutto risolto. Ma
tienimi aggiornata su Tyler, ok? Non dimentico nemmeno io”
disse sua madre con
tono furbo. Caroline annuì senza staccarsi dalla madre,
scoppiando a ridere
insieme a lei.
Damon si sentiva preda da un misto di voglie
contrapposte: il suo orgoglio gli ordinava di vomitare, i suoi
rimasugli di
umanità gli suggerivano di sorridere come un ebete.
Decise
che la cosa più
giusta era lasciare loro la dovuta intimità e corse via,
questa volta pensando
a sua madre:
era
sempre stata presente, sia per lui che per suo fratello. Era buona e
dolce. I
suoi occhi azzurro cielo erano stati colmi d’amore, tutto per
lui e Stefan. Aveva
avuto lunghi capelli castano scuro, sempre lasciati sciolti e liberi
sulle
spalle per mostrare al mondo la bellezza dei suoi boccoli naturali.
Damon aveva
amato accarezzarli e sentire la loro morbidezza vellutata sul palmo
della sua
mano, così come aveva adorato la sua pelle liscia e
profumata che gli toccava
con immensa delicatezza le guance rosee. Sua madre era sempre stata un
rifugio
sicuro dalle punizioni di suo padre. Perderla era stato un dolore
fisico che
aveva superato solamente grazie a Katherine, ma non voleva pensare a
quella
stronza. Se qualcuno meritava di essere dimenticato, quello era lei.
Era così
simile a Elena, ma allo stesso tempo così diversa. Lo aveva
ammaliato, lo aveva
portato a fare scelte sbagliate, lo aveva accecato con la sua bellezza,
ma
nonostante tutto Damon non l’aveva dimenticata. E possedeva
il coraggio
necessario per ammetterlo.
Damon si ritrovò davanti alla casa di Elena:
l’aspetto così famigliare ed accogliente lo
invadeva di una strana forma di
piacere, derivato dalla consapevolezza che lì, tra quelle
mura e sotto quel
tetto, la ragazza che amava era cresciuta. Lì, su quella
veranda, era stato
convinto di averla baciata per la prima volta.
Scosse la testa come per allontanare pensieri
così idioti, ma non ci riuscì. Erano sempre
scritti nella sua mente, ad offuscargli
la ragione, i sensi e l’istinto, indelebili. Non poteva, e
non riusciva, a
dimenticare. Non si dimentica. La verità era che non era in grado di dimenticare. Non
dimenticava Katherine, non
dimenticava Elena.
Si avvicinò alla porta d’ingresso fino a
riuscire a toccarne la maniglia. Era normalissima, una normale maniglia
color
argento, ma era stata toccata da Elena più e più
volte. Bastava pochissima
pressione e sarebbe entrato nella casa di Elena, l’unica che
voleva amare in
quel momento. Probabilmente l’unica che abbia mai realmente
amato in tutta la
sua lunga vita.
Improvvisamente, la maniglia si abbassò da
sola sotto il suo tocco. Eppure era piuttosto sicuro di non aver mosso
un
muscolo.
Davanti
a lui stava la vampira Annabelle, figlia
di Pearl. La vampira Anna che doveva
essere morta.
Damon la squadrò per bene, non credendo ai
suoi occhi. L’amore rende ciechi, si dice, ma a quel punto
avrebbe aggiunto che
provoca anche le visioni dei fantasmi del passato. Lui aveva visto John
Gilbert
trapassare il suo cuore con un paletto di legno. Come
poteva essere qui?
“Anna?” domandò con tono incerto.
Lei chiuse la porta con uno scatto e si
appoggiò ad essa. “Damon! Grazie a Dio sei qui!
Là dentro c’è Vicky Donovan con
Jeremy. È… impazzita, continua a gridare che
vuole vendetta e… e vuole
ucciderti. Insieme a tuo fratello” concluse affannosa la
vampira.
Damon era turbato e cercava di ragionare:
“Cosa? Ma voi due siete morte!”
esclamò perplesso.
Anna scosse la testa: “Non importa come è
successo! Sarà qualche magia di qualche strega inesperta!
Quello che dobbiamo
fare ora è fermare Vicky” spiegava frettolosamente
lei, mentre Damon borbottava
qualcosa che aveva a che fare con “Bonnie”.
“Va bene! Ma prima devo capire che succede.
Levati di mezzo” ordinò, appostandosi accanto alla
finestra. In quel momento
cominciò ad origliare.
“Voglio vendetta!” gridava Vicky. La vera
Vicky Donovan. La morta Vicky
Donovan.
Jeremy la fissava preoccupato per la sua
situazione. Come poteva un morto tornare a vivere?
“Perché non dimentichi quello che ti hanno
fatto?” urlò disperato Jeremy, che tentava senza
successo di legarla con
qualcosa per tenerla ferma. Aveva realizzato che Vicky, la ragazza che
aveva
tanto amato e toccato in tutti i modi e i posti possibili immaginabili,
ora non
poteva più essere nemmeno sfiorata perché se
tentavi di accarezzare la sua
pelle liscia, trovavi l’aria, il vuoto, il niente
più totale.
Era uno spettro senza controllo, che nessuno e
niente di concreto poteva fermare. Ogni oggetto che sarebbe stato
normalmente in
grado di ferirla la trapassava come se fosse semplice e innocuo vapore.
Come se
fosse una visione; ma Jeremy la
vedeva, le parlava. Sapeva che lei era lì, più o
meno tangibile. Damon si
consolò nel vedere che non era l’unico a vedere
delle morte ritornate
dall’inferno.
Nel frattempo Vicky sorrideva minacciosa: “Tu
non sai com’è andata!” gridò
sadicamente.
“Allora spiegamelo, ti prego!” rispose Jeremy,
in preda al panico più totale. Vicky aveva
l’aspetto di una pazza indomabile; Jeremy
aveva paura di lei.
Vicky si lasciò andare in una risata fragorosa
e da brivido: “Bene. Ne sei proprio sicuro? Ok, la
farò breve: Damon e Stefan
Salvatore mi hanno trasformata e uccisa” sputò
lei, furiosa. “Ma ora sono qui.
E non la pasceranno liscia” sussurrò,
avvicinandosi sempre di più alla porta
d’ingresso.
Jeremy la doveva fermare, in qualsiasi modo e
a qualsiasi costo: “Aspetta! È passato tanto
tempo, se ti sforzi puoi
capirli…”.
Vicky era arrivata alla maniglia della porta;
una leggera pressione l’avrebbe abbassata e davanti a lei si
sarebbe presentata
la strada: il vento di Mystic Falls le avrebbe nuovamente accarezzato
il viso,
avrebbe rivisto la sua famiglia e gli amici. Voleva risentire tutto
questo;
voleva percepire sulla sua pelle tutto quello che aveva bramato in quel
lungo
anno passato all’inferno.
“Jeremy, ricordati bene questo: può passare un
giorno, una settimana, un mese, un anno, un secolo, un’era
addirittura, ma il
ricordo c’è sempre. All’inizio
è più forte, poi sbiadisce sempre di
più, fino a
diventare quasi invisibile. Ma non scomparirà mai il dolore
che qualcuno ti ha
provocato. Non si dimentica, Jeremy”.
Il ragazzo non ebbe il coraggio di replicare;
era tremendamente vero quello che lei aveva appena detto. Lui non
l’aveva
dimenticata, nemmeno con l’intervento di Damon. Lui non aveva
dimenticato
nemmeno Anna, che ora era fuori a chiamare aiuto.
La vide sorridere soddisfatta, perché aveva
capito di aver fatto centro.
Poi Vicky riuscì ad aprire la porta e, intenzionata
com’era ad arrivare alla pensione dei Salvatore, non si
accorse nemmeno che
Damon era proprio accanto a lei.
Quando Damon la vide correre furiosa nel
vialetto della casa si rese conto che, in fondo, lui si meritava la
vendetta di
Vicky. Perché effettivamente, non
si dimentica.
Non si dimentica l’amore che c’è tra due
fratelli anche quando c’è una promessa
di odio eterno, non si dimentica l’ossessione per una donna
senza cuore che
però è riuscita a guarirti, non si dimentica i
bei momenti passati con la
mamma, non si dimentica il primo bacio con la ragazza che ami davvero.
Tutto
rimane impresso nel cuore, per sempre.
Nel frattempo Vicky era sparita e Damon
sospirò, muovendo qualche passo giù per la
gradinata.
“Dove vai?” chiese Anna.
“Scappo. Mio fratello è sparito e lo devo
cercare. È mio fratello. E devo anche proteggermi da quella
matta che mi vuole
morto un’altra volta. Salutami Elena. Forse
tornerò per il suo compleanno.
Forse non tornerò ma rivedrà Stefan. E
un’altra cosa: lei crede che facendo
finta di non ricordarsi quello che è successo tra noi lo
dimenticherà. Dille
che non è così. Più lo ignori,
più ritornerà a perseguitarti. Non
si dimentica. Addio, Anna” concluse.
E con un soffio di vento, Damon sparì nella notte, lasciando
la vampira con la
bocca piena di domande e dubbi.
Damon correva per le strade in preda alla
disperazione e ai rimorsi. Ogni tanto trovava qualche cadavere
dissanguato che
gli intralciava il cammino e lo usava come traccia per il percorso da
seguire.
Prima o poi avrebbe trovato Klaus e Stefan, che probabilmente stavano
squartando corpi e distruggendo spietatamente villaggi.
Improvvisamente, Damon sentì un debole
singulto. Si voltò e vide un bambino di circa dieci anni sul
ciglio della
strada, gravemente ferito al collo. Si avvicinò e vide il
dolore nei suoi
occhi, colmi di lacrime miste a sangue. Stefan, Damon ne era certo, lo
aveva
risparmiato di nascosto e Damon lo avrebbe salvato. Non lo avrebbe
fatto per
Elena, ma per sé stesso e per Stefan.
Per non dimenticare che anche lui possedeva un
lato umano. Una nascosta vulnerabilità si celava dentro di
lui. Sperava che un
giorno Stefan avrebbe visto la sua vittima di nuovo viva e che si
sarebbe
ricordato che presto tutto sarebbe tornato com’era prima.
Perché non poteva permettere che si dimenticasse
dell’affetto di chi lo amava. Non
si
dimentica.
Damon diede il suo sangue al bambino, poi si
allontanò nella notte oscura e silenziosa.
Angolino
della Fra
Salve
a tutti
=)
Sono
tornata in
questa sezione. Questa OS è collocata, ovviamente, alla fine
della seconda
stagione. È una terza stagione alternativa, ovviamente solo
l’inizio. Ha partecipato
al concorso “What’s next?
Season three is
coming”.
Non
ho voluto
modificarla da come l’ho postata sul forum poiché
questa è l’OS che ha
partecipato, senza nessuna correzione. Quindi so perfettamente (lo
sapevo anche
quando l’ho fatta partecipare) che ci sono parecchi difetti,
soprattutto di “proporzioni”.
Per esempio, ho dato molto spazio ai Delena e il resto è
piuttosto affrettato. Ma
le regole del contest davano un limite alla lunghezza, e in una notte
ho fatto
quello che ho potuto. Spero che sia comunque di vostro apprezzamento =)
Ringrazio
Glo
nuovamente per
avermi informata e sarei felice se lo rifacesse in futuro J,
ma
anche Butterphil
e sistolina,
in quanto
membri della giuria.
E
soprattutto
grazie a chi leggerà e commenterà questa
cosa…
Bacioni
a tutti
Fra