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Autore: Luna_R    06/06/2006    0 recensioni
Luana credeva di avere tutto nella vita... poi arriva l'estate, con il suo dolce fluire, il batticuore e le emozioni velate, che la porterà a prendere decisioni importanti e a cambiare totalmente il corso della sua vita. Perchè niente è come sembra, neanche un anonima estate che arriva in punta di piedi.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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“Una dolce estate movimentata”

“Una dolce estate movimentata”

 

 

 

“THE MIRACLE.

FELICITA’, TI HO PRESA FINALMENTE.”

Chap n.33

 

 

 

Mi sono alzata stamattina, con l’odore di caffè che inonda le mie narici.

Mi alzo dal letto ancora insonnolita, vagamente lamentosa, per la notte insonne che ho passato.

E come avrei potuto chiudere occhio.

Ci siamo lasciati sorridendo per la bella serata, ma tristi dentro, per il lasciarsi nuovamente, fra qualche giorno.

Oh… ma perché?

Perché tutte a me?

Ci sono cascata di nuovo, questa doveva essere l’estate delle partenze, dello scappare dalla città senza problemi, senza pensieri; invece l’unico pensiero fisso e costante sarà lui!

Di nuovo.

Di nuovo un viaggio e di nuovo lui. Ossessionatamene lui.

 

Il vapore fumante che fuoriesce dalla tazza, salda nella mia mano, mi ipnotizza, in quella nuvola bianca e densa penso a le risate che ci hanno accompagnato ieri notte.

Sto davvero bene con lui, non ho parole per descrivere quello che provo quando ci sto insieme; a volte rabbia, perché non capisco i suoi silenzi e perché non esprime con le parole ciò che prova, a volte felicità, perché nella complicità di uno sguardo o un sorriso, riesco a leggergli dentro, senza aver bisogno di troppe parole.

L’attrazione fisica poi, passa in secondo piano, mi fanno impazzire i suoi occhi, mi piace il suo corpo modellato, ma ciò che sento scorrermi nelle vene non è solo passione carnale.

Io lo adoro.

Mi fa impazzire.

Ma il destino mi è avverso.

 

-“Guarda che ti squilla il cellulare, cretina!”-.

 

Mio fratello, attira la mia attenzione mollandomi un ceffone dietro la nuca.

Lo fulmino con lo sguardo, tirandogli contro una ciabatta.

Poi attizzo gli orecchi; il cellulare si spegne sull’ultimo trillo.

Ero così assorta nei miei pensieri che non mi sono resa conto da quanto è che squillava.

Mi alzo, lo afferro, accendendolo vagamente seria.

Uno chiamata persa e un messaggio sono in memoria, ad attendere di esser letti.

Mi appresto a farlo, ma mio fratello richiama la mia attenzione.

 

-“Insomma, hai già trovato il sostituto, eh?!”-.

 

Stamattina è in vena di farmi arrabbiare; girovaga in cucina, con addosso gli slip neri della play boy, che poi ho deciso di regalargli per il suo compleanno.

Si versa del latte, mi fissa, attende una risposta, sorride beffardo.

Corrugo la fronte, sfogliando distrattamente una rivista.

 

-“Uh?!”-. Rispondo vaga, non ho voglia di dare spiegazioni a un moccioso di sedici anni.

 

-“Ti sei rifatta subito, non hai perso tempo eh?!”-.

 

-“Ma che vuoi?! Ti sei alzato male stamattina?!”-.

 

-“Ti ho vista ieri sera, tutta abbarbicata a quello là… Marco!”-.

 

Sfoglio il giornale e di colpo le mie mani battono sul tavolo; rido, guardandolo sconcertata. Anche il nome sa! Oddio, lo conosce!

 

-“Senti carino… stavamo solo parlando..”-.

 

-“Sì come no, di letteratura? O lingua?! Forse la seconda…”-.

 

-“Ma sei disgustoso, mio Dio! E poi che fai, mi pedini adesso?”-.

 

-“Certo. Io devo sapere tutto!”-.

 

Gli tiro addosso la rivista, ed anche il pacco di biscotti in cui stava trafficando;

mi appoggio di peso allo schienale della sedia, braccia conserte e faccia incazzatissima, continuo a parlargli.

 

-“Tesoro sono maggiorenne, vaccinata e abbastanza responsabile da sapere che cosa farne della mia lingua, perciò fatti gli affaracci tuoi”-.

 

-“Sì una volta! Adesso non ti si riconosce più, tocca starti dietro come una badante!”-. Ride, imitando la voce di mia madre.

 

-“Oh sì certo, peccato che non sto qui a subirmi la paternale da un semi sedicenne, perciò…”-. Poggio le braccia sul tavolo facendo leva per tirarmi –“ ti saluto! Bye… e finisci tutto il latte poppante, mi raccomando!”-.

Gli rubo un morso al biscotto che aveva appena inzuppato, e corro in camera mia.

 

Finalmente un po’ di pace, mi sdraio nuovamente sul letto, il braccio piegato a sorreggere la testa leggermente inclinata.

Quanti pensieri, pillole di tempo passato, trascorso, vissuto in quest’estate quasi al termine.

Domani è già agosto, domani parto.

Vorrei tracciare un bilancio, ma c’è poco da tracciare, quando le emozioni non sono ancore finite.

Eppure, mi sembra trascorsa una vita. No non è decisamente tempo di bilanci.

Improvvisamente mi ricordo del messaggio da leggere e delle chiamate; afferro il cellulare da sopra la mensola e me lo porto dinnanzi gli occhi.

E’ Marco. L’ho pensato tantissimo, ho paura per ciò che succederà.

 

“Queste giornate passate con te, sono stato veramente bene, più passa il tempo e più ho voglia di abbracciarti. C’è qualcosa di speciale in te, mi manchi un bacione

 

Paura ?!

Cos’è la paura, quando il ragazzo più bello e dolce della terra ti da sicurezze?

E’ solo un sentimento che non ti appartiene più.

Perché io sono speciale per lui.

E allora, è venuto il tempo di fargli capire quanto lui, lo è per me. Subito!

Afferro il telefono, lo chiamo.

Mi risponde sempre allegro, con quella voce ridente, solare, che aprirebbe anche un cielo nuvoloso di novembre.

Parlo sommessamente, gli dico che voglio vederlo, non voglio perdere più tempo, perché voglio farlo mio, una volta per tutte. Da oggi all’eternità.

Mi dice che lui adesso non può uscire, è in caserma.

 

-“Caserma?! Che diavolo ci fai in caserma?!”-.

 

-“Mi congedo. Basta non posso aspettare oltre!”-.

 

-“Beh, ma ti manca poco ormai..”-.

 

-“Non importa! E poi, mi serve agosto libero! Ma non farmi domande, tanto non ti dico nulla!”-.

 

Non so se preoccuparmi o meno, ma lui ride e quindi rido con lui.

Di tutto il resto, non me ne frega nulla.

Ci salutiamo dandoci appuntamento nuovamente di sera.

Nuovamente al cancello verde.

Attacco sorridente, mi vesto di fretta, quasi senza più pensieri ed esco.

Senza meta, sì proprio senza meta.

Come la mia dolce estate movimentata.

 

 

*****

 

-“Allora che fai, mi vieni a prendere?!”-.

 

Simona è dall’altro capo del telefono, ci stiamo organizzando per la serata e dimenticavo d’averle promesso che avremmo passato del tempo insieme, prima della mia partenza.

Mi mordo il labbro; ultimamente la vedo più serena, seppur senza il suo amore, che mi dispiacerebbe non godermela un altro po’.

La prospettiva di starle lontana in questo mese mi deprime, lei è una di quelle persone che sanno rallegrarmi la giornata, anche con niente.

Dall’altro lato c’è Marco, abbiamo un appuntamento, ma ritardare la sua veduta, non farà altro che accrescere la voglia di stargli accanto.

Così, prendo la mia decisione.

 

-“Ti passo a prendere fra dieci minuti, fatti trovare giù mi raccomando!”-.

 

Digito brevemente un messaggio, in cui faccio le miei scuse a Marco, spostando l’appuntamento direttamente in comitiva. Capirà.

Chiudo la zip del mio giubbetto di jeans, prendo le chiavi della macchina ed esco.

 

Masini è leggermente in sottofondo, le strade sono vuote e desolate, stasera c’è un arietta fresca in circolazione, che mi mette uno strano buonumore nonostante più le ore trascorrano, più si avvicini la mia partenza.

Metto la freccia, ho appena passato il semaforo, svolto a sinistra imboccando la stradina del comprensorio dove vive Simona.

Lei è ad attendermi, sul fondo della strada.

Spengo la macchina, scendo e corro verso di lei.

Ci abbracciamo forte.

Mi sussurra in un’ orecchio qualche parolina dolce, prima di accucciarsi sulla mia spalla.

Quanto è tenera la mia amica, ma come farò senza di lei, non lo so!

 

-“Senti, tu mi vieni a trovare, sì?! Ti ospito anche tutto il mese sai?!”-.

 

-“Magari ciccia.. ti prego salvami dai miei noiosissimi genitori!”-.

 

-“Sarò la paladina della tua estate donzella! Vieni pure quando vuoi, le porte sono aperte!”-.

 

Ride, spingendomi un po’ all’indietro. Poi si stacca, fissandosi su un punto nel vuoto dell’oscurità della strada.

Le sventolo una mano dinnanzi agli occhi, ridendo già di gusto.

Simona ha una capacità di incantarsi spaventosa; poggia lo sguardo su qualcosa e voilà, ne resta ipnotizzata per lo meno cinque minuti.

 

-“Ehi là! C’è nessuuuuuuno?!”-. Sembro la particella di sodio della pubblicità.

 

-“No aspetta che mi sono incantata…”-.

 

Appunto. Lascio perdere, la partita è persa in partenza.

Ma poi la guardo e guardo il buio; se lo fissa così, vorrà pur dire qualcosa.

Allora mi metto a fissare anche io il suo punto lontano e restiamo così, come due sceme ipnotizzate sulla strada.

Uhm…non si vede nulla di che, i lampioni sono spenti e sono le dieci di sera; che intuizione eh?!

Ma no, voglio restare seria, qualcosa ci sarà…oddio non ci riesco, non riesco a staccare la testa da questo corpo, non posso far a meno di pensare!

Sono un caso disperato. Sì-sì.

Sto per arrendermi, quando la mia vicina di ipnosi mi da una gomitata.

 

-“Oh, ma quello là… è Marco?!”-. Indica con il mento il fondo della strada; una macchina, arriva minacciosa verso noi.

 

-“Ma che dici…non può essere lui!”-. Poi guardo meglio, ma nel farlo l’auto ci ha già raggiunte fermando al sua corsa. –“Oddio è lui… ma che ci fa qua?!”-. Bisbiglio, Simona alza le spalle, poi mi guarda seriosa come a voler dire..

 “Davvero non lo sai?!”.

 

-“Ciao eh!”-. Spalanca il suo finestrino, rompendo i nostri silenzi.

 

-“Ciao! Che ci fai qua?!”-. Mi avvicino, ma lui apre la portiera e si porta giù.

 

-“No, voi che ci fate qua… al buio e impalate come due zombie! Mi avete fatto quasi paura!”-. Si porta una mano al cuore, imitando un infarto.

Simona si poggia sulla sua fiancata.

 

-“Però sei ancora vivo…”-. Ridacchia, roteando gli occhi al cielo.

 

-“Senti nanetta, non sono qui per te perciò…”-. Gli da una leggera spintarella –“puoi anche toglierti di torno!”- e si porta dinnanzi a me.

 

-“Hai visto che ore sono?!”-. Mi fa, guardandomi negli occhi.

 

-“No…”-. Sussurro, girando il polso per vedere l’ora.

 

-“Ti stavo aspettando con impazienza, sono le dieci e non vedendoti arrivare ho intuito che potevo trovarti solamente qua…”-.

 

E’ qui per me, mi ha cercata e mi ha trovata.

Annuisco, un brivido corre sulla schiena.

Mi tuffo fra le sue braccia, baciandogli il collo.

 

-“Ehm-ehm scusate… ci sono anche io! E lo spettacolo è pessimo! Non sapete fare altro che abbracciarvi, voi due?! Bleah…”-.

 

Simona sbuca da dietro l’auto, con una faccia tra lo schifato e lo sconcertato; ci fissa entrambi, batte nervosamente un piede sull’asfalto giocherellando con i suoi riccioli.

 

-“Dovrai insegnarmi tecniche di seduzione Marylin Monroe dei poveri!”-.

 

-“Ovvio, che facciamo?! Andiamo o dobbiamo mettere radici qui?!”-.

 

Io e Marco la guardiamo, per un attimo un sorriso complice spunta su tutte e tre le labbra; un sorriso giovane e felice, come quelle tre persone.

 

-“Musica!”-. Mi urla Simona nelle orecchie. Non le concedo il bis, accendo lo stereo che illumina il frontalino in un istante.

Marco mette in moto, sicuro e deciso nella sua guida che tanto amo.

Rotonda. Destinazione prescelta.

 

Scendiamo dall’auto e alcuni ragazzi del gruppo ci vengono incontro; nelle loro facce abbronzate leggo serenità, spensieratezza, un’estate lunga e dolorosa per alcuni, ma pur sempre fantastica.

Amo queste persone, l’incredibile semplicità che si respira fra questi volti, l’armonia di legami uniti anche se pur superficialmente, uniti comunque.

Perché ognuno di loro darebbe la pelle per l’altro, anche se non amico fino in fondo, anche se ultimo arrivato.

 

-“Che c’è?! Sei pensierosa?!”-. Marco mi arriva di fianco, poggiandomi un braccio sulla spalla. Ci sediamo insieme sul muretto, sempre vicini- vicini.

 

-“No macchè, pensieri stupidi! Insomma ti mancavo eh?!”-.

 

-“Sì.”-.  Risponde timido, abbassando la testa per soffocare il sorriso, come fa di solito quando arrossisce.

 

-“Anche tu. Sai, ultimamente ti sto pensando tanto…”-.

 

-“Ah sì?! Sono molto felice. Anche io ti penso sempre…”-.

 

Gli accarezzo una guancia, lo vedo socchiudere gli occhi e trattenere un sospiro.

Vorrei baciarlo, vorrei stringerlo forte, ma c’è il mondo intorno a noi.

Fuggo via con lo sguardo, cambio discorso.

 

-“Insomma domani parto… tu che combinerai invece qua, fra questi pazzi?!”-.

 

-“Mi suiciderò sicuramente senza te…”-. Mi guarda, ride. Mi sta prendendo in giro lo scemo! Gli mollo un buffetto sulla fronte, colpendolo perfettamente.

 

-“Ah…vuoi fare la fine dell’altro giorno?!”-.

 

-“Magari, vorrei stare sola con te.”-. Sussurro, un po’ gattina.

 

Detto- fatto. Mi prende in braccio, facendosi largo verso la gente, in direzione della sua macchina; poi si ferma, tentenna, torna indietro fermandosi di fronte Simona.

 

-“Salutala adesso, perché ho intenzione di farla mia per tutta la sera!”-.

 

Simona ci guarda a bocca aperta, annuisco inconsapevole, almeno quanto lei.

Si alza, mi stampa un bacio umido sulla guancia e mi sussurra un “Poi mi chiami perché voglio sapere tutto” all’orecchio, prima che Marco mi rapisca definitivamente.

 

-“Allora hai pensato a un posto dove andare?!”-. Mi fa, appena mi abbandona sul sedile della sua Polo.

 

-“Non so… ci vorrebbe un posto speciale.”-.

 

Lo vedo confabulare qualcosa, sorridere e sgommare lontano verso qualcosa che ancora non so.

 

Quando ci fermiamo, siamo al parco sotto l’autostrada; sorrido, questo posto in qualche modo ci appartiene, come la scena madre di un qualsiasi film d’amore.

Ma questo è il nostro, e la regia è ancora tutta al lavoro per scrivere un finale degno di un’incantevole storia d’amore alle prime battute.

Scende per primo, fermandomi il braccio, intento ad aprire la portiera; fa il giro dell’auto, venendomela ad aprire lui.

Come ogni buon gentleman che si rispetti.

Quanto è dolce.

Mi prende per mano, addentrandosi con me nel parco.

 

-“Andiamo sulle altalene?!”-. Gli indico, con un braccio teso nell’aria.

 

-“Stavo pensando la stessa cosa! A chi arriva primo?!”-.

 

E si mette a correre, lasciandomi spiazzata; accondiscendente, bimbo, allegro, corre ed io con lui, che non voglio certo perdere la gara.

Il vento mi scompiglia i capelli, l’aria umida si appiccica sulla mia faccia, arriviamo insieme, storditi, paonazzi, affaticati ma gioiosi.

 

-“Non barare siamo arrivati insieme!”-.

 

-“Di poco, ma ti ho superato signorina, ammettilo!!”-.

 

-“No!!!”-. Gli sposto l’altalena, sulla quale si stava poggiando. Per poco non ruzzola fra la fanghiglia.

Mi spinge ma riprende subito, facendomi sua; si siede, con me sulle sue gambe.

 

-“Sai che farò questa estate?! Niente, perché il mio cuore sarà lì con te.”-.

 

-“Non intendevo, quel fare… perché se ti azzardi ad andare con un’altra, t’ammazzo!”-.

 

-“No, giuro che ti sarò fedele…”-. Ride. Giù un altro buffetto sulla fronte.

 

-“Ma noi, cosa siamo?!”-. Stavolta lo guardo seria e non so come me ne sono uscita, ma l’ho chiesto perché sinceramente lo ignoro davvero.

 

-“Siamo… siamo… lo sai che non lo so?! Scopriamolo.. no?!”-.

 

-“Diventiamolo più che altro…”-.

 

Mi accarezza i capelli e poi la guancia, fredda.

Ma dentro c’è un fuco ardente.

 

-“Allora stabiliamo cosa possiamo diventare: domani io parto e qui non ci piove, quindi o lasciamo perdere tutto restando amici, o lasciamo le cose a metà, ognuno si fa i cavoli propri e ci rivediamo a settembre, o in alternativa…”-.

 

-“In alternativa?!”-. Parla a raffica, curioso, voglioso di sapere.

 

-“In alternativa ci…”-.

 

-“..Ci?! Dai, non fare la scema che mi stai facendo morire!!!”-.

 

-“Ci mettiamo insieme.”-. Bisbiglio, mangiandomi le parole, quasi.

 

-“Ma sai che non ho sentito?!”-. Mi sta prendendo in giro lo so, ma voglio andare a fondo.

Voglio stare con lui.

 

-“Ci mettiamo insieme. Ci fidanziamo e ci comportiamo da stupidi, chiamandoci trenta volte al giorno, parlandoci con la voce tutta smielata, dicendoci cose sdolcinate e lacrimevoli. Chiaro così?!”-.

 

-“Allora già stiamo insieme io te…”-. Ride. Lo guardo, ha ragione! Poi continua –“anche perché restare amici non si può, siamo più che amici io e te, farci i comodi nostri per poi ritrovarsi a settembre, sarebbe troppo squallido per quello che proviamo l’uno per l’altra… per cui non resta che metterci insieme.”-.

 

-“Dici sul serio?!”-. La voce mi muore in gola.

 

-“Serissimo. Lo voglio, davvero.”-.

 

-“Marco mettersi insieme a me, così, è un impegno, lo sai.”-.

 

-“Voglio impegnarmi, allora.”-.

 

-“Ma io starò lontano tutto questo tempo, tu resterai qui…insomma è complicato!”-.

 

-“Il mio cuore è con te, lo è con te da quando ti ho conosciuta, non saranno cinquanta chilometri a farmi dimenticare tutto questo! Fidati di me.”-.

 

-“Mi… mi fido.”-.

 

-“Allora, si fa?!”-. Mi allunga la mano, tendendomi il braccio.

 

-“Si fa.”-.

 

Rispondo sicura, allungando la mia.

Le mani si stringono, come a voler sigillare un patto.

Poi basta uno sguardo, pochi attimi spesi l’uno negli occhi dell’altro, per perdersi in un bacio dolcissimo e lunghissimo.

 

-“Siamo le uniche persone, che si mettono insieme, stringendosi la mano! Non siamo mica normali io e te!”-. Mi dice, quando ci stacchiamo.

 

-“Perché avevi qualche dubbio, per caso?!”-. Gli rispondo, ridendo.

 

-“Speranza, si chiamava speranza! Ahimè è morta oramai…”-. La sua voce afflitta, va rompendosi con quella sua risata che amo tanto.

 

Allora lo guardo, rompendo le sue parole con un abbraccio impetuoso e forte.

 

-“Sono la tua ragazza… che effetto che fa!”-.

 

-“Perché avevi dubbi, che non lo saresti diventata?!”-. Mi fa il verso.

 

-“Speranza, si chiamava speranza! Ma ahimè, è morta ormai…”-.

 

Mi guarda scuotendo la testa, allora mi alzo e comincio a scappare; conosco quell’ espressione e se stavolta mi fa sua, mi uccide sul serio!

Ci alziamo quasi insieme, correndo nel buio come due pazzi.

Ma l’amore è un po’ così. Pazzo, folle, squilibrato.

E corre anche esso.

L’amore corre, su un filo sottilissimo, passa per un giornata monotona e scialba e finisce con l’incasinarti l’estate, la vita.

 

Se questo fosse un film, allora filmerei questa ultima scena finale, con una telecamera che ruba la felicità dai volti dei due protagonisti, alzandosi da terra per inquadrare dall’alto, quei due giovani che si rincorrono fra le altalene di ferro e legno, in quel parco illuminato soltanto dalla magia dei loro sorrisi.

E li porterebbe su… su… fino alla luna, fra le stelle e il cielo.

Il cielo limpido, scuro, tetto di una fantastica favola.

 

E intanto… quei due giovani corrono ancora.

Come l’amore, che passa impetuoso per una dolce estate movimentata.

 

 

  
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