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Autore: midorijpg    26/09/2011    3 recensioni
Salve!
Ecco, questa ff è venuta fuori da un sogno che ho fatto...rendetevi conto della mia demenza.
Enjoy!
Dal primo capitolo:
"Dovevo incontrarlo, sentivo di potercela fare.
Niente mi avrebbe fermato, in quel momento.
Pochi secondi dopo, però, era sparito.
Guardai freneticamente a destra e a sinistra, senza successo.
Ero dietro al palcoscenico: c'erano tante persone, sembravano tutte indaffarate e nessuno sembrava fare caso a me, una fan completamente sconosciuta, infiltratasi di nascosto dietro le quinte per seguire un angelo fuggevole.
"
Genere: Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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A Midsummer Night's...Reality

Act One
 

 Il buio cominciava a calare.
Aspettavo seduta al mio posto da almeno due ore.
Lo stadio era quasi completamente vuoto quando arrivai lì.
Stava incominciando a riempirsi in quel momento, e io mi stavo quasi addormentando, nell'attesa.
Non sembravo neanche una loro fan, se non fosse stato per il blocco di fogli che tenevo in mano insieme alla biro, con lo scopo di farmi fare un autografo alla fine del concerto.
Ero in quinta fila, quasi praticamente attaccata al palco.
Era un posto stupendo, ero riuscita a vedere tutto il soundcheck.
Ma ci stavano mettendo davvero troppo a salire su quel fottuto palco e fare quel che dovevano fare.
Era ormai buio e i posti alla mia destra e alla mia sinistra erano già occupati da un pezzo, come tutti quelli intorno a me.
I miei occhi stavano per chiudersi, quando, all'improvviso, dei potentissimi fasci di luce illuminarono il palco e finalmente il gruppo salì, facendo esplodere il pubblico in un boato di entusiasmo.
Ovviamente mi attivai subito e incominciai ad urlare anch'io.
L'intro fu vivace, Tie Your Mother Down riusciva sempre a scuotermi.
Ero talmente presa dal ritmo di quella canzone che mi misi a dimenare la testa a destra e a manca quando Freddie cantava: "Get that big big big big big big daddy out of doors!", seguendo la batteria, e beccandomi anche degli sguardi straniti dalle persone ai miei lati.
Ma a me non importava.
La musica era la sola cosa che contava in quei frangenti.
Il concerto scorse e ogni canzone, una più bella dell'altra, riusciva a mandarmi in fibrillazione completa, come fosse stata la prima volta che le sentivo.
Quando fu il turno di Love Of My Life, arrivò il momento più bello di tutto il concerto.
Freddie e Brian da soli, sul palco buio, illuminati da un faro sopra di loro che emanava una luce angelica.
Brian sfiorò la sua dodici corde con delicatezza, quasi fosse stata una persona a cui non voleva fare male, e la fece cantare come un usignolo a primavera.
Freddie incominciò a intonare le parole della canzone, e il pubblico (me compresa) si unì a lui.
Ad un certo punto, finì improvvisamente e tutti noi spettatori continuammo a cantare, guidati da Freddie che ci coordinava con ampi movimenti del braccio, quasi fosse stato un direttore d'orchestra di musica classica.
Concludemmo la canzone insieme a lui, con un applauso più forte di tutti gli altri.
Mentre cantavo con lui, non mi ero mai sentita così bene, così viva, così libera.
Mentre cantavo, sentivo la sua voce intrecciarsi con la mia, penetrarmi nel corpo e raggiungere il mio cuore, inebriandomi completamente di musica e di parole.
Dopo quella Love Of My Life, mi dissi che non avevo mai provato delle emozioni così profonde e che la musica non aveva mai avuto un così grande potere su di me.
Dopo, toccò a '39, una delle mie preferite per via del suo tono country e per ciò che narra, una storia fantascientifica.
Brian chiamò sul palco gli altri componenti della band.
- Al basso... Mr. John Deacon! -
Boato.
- Alle maracas e, qualche volta, voce... Mr. Freddie Mercury! -
Altro boato.
- Alla batteria, e con i pantaloni tigrati... Mr. Roger Taylor! -
Ulteriore boato, anche se meno appassionato del precedente.
Io non mi mossi.
Sul palco era appena salito un angelo.
Come Brian aveva detto, portava un paio di pantaloni tigrati simili piuttosto ad una calzamaglia, abbinati ad un gilet ornato di macchie di leopardo, stretto in vita con una fascia di seta, e delle semplici Adidas classiche.
Era mostruosamente affascinante.
Certo, non riesco neanche a contare le volte in cui l'avevo visto in fotografia, ma averlo quasi davanti mi provocò delle emozioni mai sentite prima, come se fosse stata la prima volta che lo vedevo.
Avevano incominciato a suonare.
Roger, con il suo tamburello e la sua grancassa, coordinava tutti e si guardava intorno con fare divertito.
I suoi capelli biondi risplendevano sotto i riflettori, ogni volta che li scuoteva sembrava rimandare quella luce verso il pubblico, verso di me.
Dal misero posto in cui ero, seppur molto vicino, riuscivo a vedere la vivacità dei suoi occhi azzurri, che risaltavano su quel mare di giallo, arancione e nero che aveva addosso.
Aveva un'aria feroce, un po' per via dei suoi vestiti e un po' per il sudore sulla sua fronte, ma allo stesso tempo mi sembrava delicato come un fiore di pesco, per via della seta che gli cingeva la vita e per la sua pelle bianca alla luce del riflettore.
Ero rimasta ad ammirarlo senza neanche rendermene conto, completamente offuscata dalla sua bellezza.
Vedevo i suoi occhioni azzurri scorrere ampiamente sul pubblico davanti a sé con fare soddisfatto.
Ad un certo punto, il suo sguardo si fermò su un punto preciso: me.
Mi guardava con insistenza, sorridendomi e facendo, di conseguenza, spuntare un raggio di sole nel bel mezzo della notte.
Io mi resi conto solo poco dopo di quel che Roger stava facendo.
Cioè, stava guardando me, proprio me, nessun altro al di fuori di... me!
Dire che ero in sovreccitazione era poco.
Ma non dovevo cercare neanche di dimostrarlo.
Appena mi resi conto che mi stava guardando, gli sorrisi anch'io, arrossendo leggermente.
Lui, forse notando le mie reazioni, mi fece l'occhiolino, senza smettere di guardarmi e sorridere.
Solo a quel gesto, diventai praticamente di brace e il mio cuore si mise a battere fortissimo.
Stava veramente facendo l'occhiolino a me?!
No, era sicuramente un sogno.
Volevo scuotere la testa per ritornare alla realtà, ma a quanto pareva, nella realtà c'ero, eccome.
La canzone finì e Roger si dileguò al suo posto, dietro alla batteria.
Il concerto scorse, e verso la fine tutti incominciarono ad accalcarsi verso le transenne che dividevano il pubblico dai camerini.
Non so come, ma sulle note di God Save The Queen riuscii ad attaccarmi alla transenna, sempre con il mio blocchetto e la mia penna in mano.
Il pubblico chiese il bis, ma, evidentemente, i Queen avevano di meglio da fare.
Ormai era notte inoltrata e io ero letteralmente schiacciata sulla transenna da quelli dietro di me, che pressavano e spingevano per avere un misero autografo.
Passò quasi un quarto d'ora, e dei Queen neanche l'ombra.
Improvvisamente, vidi una macchiolina dorata nel buio del retro palco: Roger.
Avevo una speranza di rivederlo.
Ad impedirmelo, però, c'erano una sbarra di metallo e un buttafuori muscoloso che mi avrebbe di sicuro spezzata in due come uno stuzzicadenti se avessi osato valicare quella barriera che mi separava dalle star.
La fortuna volle che si scatenarono delle incomprensioni in un punto lontano dal palco e che videro intervenire il nerboruto buttafuori, distraendolo da quelli che, come me, erano attaccati alle transenne.
Appena fu abbastanza lontano, un'idea mi balzò alla mente.
Con uno scatto da gazzella, saltai oltre la transenna e corsi nella direzione in cui poco prima era sparito Roger.
Dovevo incontrarlo, sentivo di potercela fare.
Niente mi avrebbe fermato, in quel momento.
Pochi secondi dopo, però, era sparito.
Guardai freneticamente a destra e a sinistra, senza successo.
Ero dietro al palcoscenico: c'erano tante persone, sembravano tutte indaffarate e nessuno sembrava fare caso a me, una fan completamente sconosciuta, infiltratasi di nascosto dietro le quinte per seguire un angelo fuggevole.
Ad un certo punto, una persona mi passò davanti svelta, infilandosi il giubbotto, dal quale era caduto un bigliettino cartonato.
- Aspetti! Le è caduto... - provai a dire, ma lui era già avanti.
Diedi un'occhiata al biglietto.
Portava il nome di un albergo e il suo indirizzo.
Poi tornai con lo sguardo allo sconosciuto e vidi che gli si era parato davanti niente meno che Brian, il chitarrista.
- Oh, Brian! - esclamò.
- Ehi, Freddie, sai mica dov'è finito Roger? - chiese Brian.
Cazzo, era Freddie!, mi dissi.
Mi nascosi dietro una parete, per non farmi scoprire, e ascoltai quel che si dicevano.
- Lo sto cercando anch'io, caro. Dev'essere già andato all'hotel. -
- Già, hai ragione. A volte quel batterista è proprio un asociale, non ci aspetta neanche a pregarlo! - si lamentò il chitarrista.
Lo sguardo mi cadde nuovamente sul cartoncino arancione che tenevo ancora in mano.
O la va o la spacca, pensai.
La notte era ancora lunga e Roger non aspettava altro che me.
Uscii dal retro del palco, chiamai un taxi e mi feci portare a quell'albergo.
Quando fui arrivata, chiesi subito alla reception l'ubicazione della sua camera.
La signorina mi disse un numero, ma probabilmente sentii male o comunque non capii bene, fatto sta che andai davanti alla porta di questa stanza e, raccogliendo tutto il mio coraggio, bussai timidamente e chiamai:
- Roger? -
Nessuna risposta.
L'ansia dentro di me cresceva, i minuti passavano.
Roger non rispondeva.
Mi ero appena seduta di fronte alla porta della camera, quando davanti mi si parò una persona.
- Oh! - esclamò.
Io alzai lo sguardo e arrossii immediatamente.
Davanti a me c'era lui, John Deacon, il bassista.
Scattai in piedi e serrai la bocca, completamente in imbarazzo.
- E tu chi sei? - mi chiese con un gentile sorriso.
- Io...io... - balbettai.
Mi sorrideva sempre di più, incitandomi a continuare.
Io mi calmai, presi una boccata d'aria e dissi, abbassando lo sguardo:
- Io sto cercando Roger. -
- Oh, abbiamo qui una fan del nostro batterista! - rise John. - Beh, se continui a stare davanti a questa porta, non lo troverai mai. -
Io lo guardai e alzai un sopracciglio in modo interrogativo.
- Questa è la mia camera. - mi disse sorridendo.
Tutto d'un tratto diventai più rossa di prima e spalancai gli occhi, completamente imbarazzata.
"Oh, merda!" erano le uniche parole che avevo in mente in quel momento, mi scorrevano davanti agli occhi, sembravano illuminarsi nella mia mente come se fossero state delle insegne al neon.
- Ma non preoccuparti. -
La voce di John mi fece alzare gli occhi.
Era davanti a me, la sua mano amichevolmente posata sulla mia spalla.
- Sai, ti consiglio di andare sul tetto. - mi disse.
Altra espressione interrogativa.
- Fidati. Da lassù si gode di una splendida vista, te l'assicuro... -
E facendomi l'occhiolino entrò nella sua camera.
Restai sulla soglia ancora basita.
Che cavolo ci poteva essere sul tetto, di così interessante?
Ma alla fine mi decisi, salii le scale fino all'ultimo piano.
Tanto vale, mi dissi, visto che l'unica cosa di Roger che avevo visto era stato quell'occhiolino che mi aveva rivolto durante '39.
Magari un'occhiata alle stelle mi avrebbe rilassato.
Arrivai di fronte ad una porta.
La aprii e la leggera brezzolina della sera cominciò a torturare la mia pelle.
Guardai avanti a me e subito il mio cuore si fermò per qualche secondo, per ripartire più veloce che mai.
Lui era lì, con le gambe distese e le mani appoggiate a terra, con la testa al cielo e la chioma bionda che luccicava alla luce della luna.
Restai a guardarlo per un tempo indeterminato, poi mi strinsi il blocchetto al petto e, alzando lo sguardo alla luna, sussurrai:
- Grazie, John. Da qua si gode davvero di una stupenda vista. -
Ma probabilmente non dev'essere stato un sussurro, perché come finii di pronunciare quella frase, lui si girò lentamente verso di me.
Quando mi inquadrò con i suoi occhioni, mi sentii come illuminata da due fari di una macchina della polizia che colgono sul fatto un ladro che ha appena svaligiato una banca e cercai di farmi più piccola possibile.
- Oh! Sei tu! - esclamò.

 

To be continued...
 

Dreamer's corner:
Ok, non so esattamente da dove sia venuta fuori questa...cosa  o___o
So solo che una notte ho fatto un sogno che mi è rimasto in testa, talmente era realistico.
E...questo è il risultato xD
Naturalmente questa storielluccia è moooooooooooolto più romanzata è.è
Le cose che Brian dice sul palco sono vere (o, perlomeno, quasi, visto che la parte in cui annuncia Johnny mio non l'ho capita T.T), le potete sentire nel disco di Live Killers.
Beh, che dire, aspetto commenti, se ce la fate xD spero vi piaccia! :D
See you,
Midori

   
 
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