Il
Cilindro di carta
Era
una giornata fredda e dal clima malsano, come non era solito vedersene
nell’inverno
piemontese.
Il
piccolo Aldo, conosciuto tra gli amici come Aldolino, spazzacamino di
professione, ritornava stanco sulla via di casa, non a causa della dura
mattinata di lavoro, ma per le rozze maniere degli scorbutici cittadini
di
Torino, che lo avevano scacciato in malo modo anche quel dì.
I
giovani, troppo giovani lavoratori come lui non erano più
ben accetti ormai.
-
Oh. – lo chiamò un amico, incrociato per strada
– Quanto hai preso? – gli
domandò poi quello, scuro in viso per la fuliggine, come il
compagno.
-
Neanche un piatto di minestra. – gli rispose Aldolino,
facendo spallucce.
L’altro annuì, avendo capito, e se ne
andò per la sua via.
Aldolino
sospirò profondamente e girò nel vicolo stretto
che lo avrebbe portato alla
casa di Santone, l’uomo che si prendeva
“cura” di lui e degli altri giovani
spazzacamini.
Nel
camminare a testa bassa, il piccolo Aldo non si accorse di un barbuto
signorotto
che gli veniva incontro e lo urtò.
-
Scusi, signore. – si giustificò il bambino,
abbassandosi il berretto lercio
sulla fronte.
-
Oh, dico, giovine, ma non me lo raccogli il cappello? –
parlò il nobiluomo, con
voce poco decisa.
-
Scusi, signore. – disse ancora il piccolo, prendendo da terra
il cilindro nero
accanto ai suoi piedi.
-
Ecco..? – il bambino aggrottò le sopracciglia,
quando s’accorse che l’uomo che
fino a pochi istanti prima era davanti a lui, era scomparso –
Signore? – lo
chiamò Aldolino, guardandosi attorno.
Il
giovane lasciò perdere e osservò meglio il
cappello, stranamente leggero, e
s’accorse che era di carta!
Aldolino,
incredulo, tornò a casa, corse nella stalla fino alla sua
nicchietta e vi
nascose il “tesoro”.
-
Aldolino, embè? Non riporti niente? – lo riprese
Santone, sorprendendolo.
-
M’hanno cacciato pure oggi. – si scusò
il bambino, abbassando lo sguardo.
-
Ah si eh? E stasera non mangi niente. Magari sei troppo grasso, ancora.
La
gente pensa che non c’entri più nei camini.
– se ne andò quello, scuotendo il
capo.
Aldolino
era fin troppo magro per i suoi dodici anni, ma non si curò
delle parole
dell’uomo e tornò ad esaminare il suo bel cappello
nuovo, notando, alla luce
della candela, che era tutto scritto.
Il
bambino, non sapendo leggere, fece spallucce e si mise a dormire con
gli altri,
senza svegliarli.
* * *
La
mattina seguente, il giovane andò come sempre a cercar
lavoro, e con sua grande
gioia, scoprì che non lontano dal centro città,
una bimba aristocratica si
lamentava della fuliggine che le anneriva tutte le bambole nella
cameretta. I
genitori, sfiancati dalle lamentele della bambina ( seppur sapessero
bene che
il camino, trovandosi in una sala ben distante dalla sua stanza, non
avrebbe
potuto annerire le bambole, e che si trattava solo di un capriccio
della figlia
per farsene comprare delle altre ), chiesero l’aiuto di uno
spazzacamino.
Il
bravo Aldolino, trepidante, stava per farsi avanti, ma un ragazzo di
pochi anni
più grande, che tutti conoscevano come Sabatello, lo
scavalcò, rubandogli il
posto – Oh brutta capra! C’ero prima io!
– obbiettò il piccolo.
-
Puoi sempre spazzare via la fuliggine dalle bambole. – lo
schernì quello,
entrando nella casa a fare il suo lavoro.
Aldolino,
furioso, prese a sassate una finestra della casa e i servi dei
proprietari lo
cacciarono a suon di pedate.
Il
giovane, più adirato che mai, salì su di una
scala e gridò – CI DEVI CREPARE IN
QUEL CAMINO, CAPRA!!! –
Lo
stesso pomeriggio, l’amico incrociato il giorno prima per
strada, venne a far
visita a casa di Santone.
-
Sabatello è morto oggi nella canna fumaria degli Alberighi!
Dicono che c’è
rimasto incastrato ed è soffocato. –
riferì il bambino, spaventato.
Aldolino
balzò in piedi e chiese – Sabatello? –
domandò, sudando freddo. Santone chiese
a sua volta, ad Aldolino – Ma stamattina non c’eri
andato tu dagli Alberighi? –
Al
bambino tremarono le mani -
Sabatello
m’ha rubato il lavoro. – disse, senza riferire le
brutte parole che gli aveva
urlato contro, come una maledizione.
-
E gli è costato caro. Almeno il nostro Aldolino
s’è salvato, eh? – Santone
diede una stropicciata ai capelli corti del bambino, che ancora tremava
–
Domani non si lavora. Onoriamo il povero Sabatello. –
Santone
era un uomo molto religioso, e l’indomani andò a
far visita ai familiari del
ragazzo deceduto, seguito dai suoi spazzacamini, tranne Aldolino, che
disse di
non sentirsi bene e rimase a casa.
Il
bambino s’era convinto d’aver ucciso il giovane con
la sua “maledizione”.
Qualcuno
bussò alla porta della baracca di Santone e Aldolino
andò ad aprire con
cautela.
-
Buongiorno giovine, ti ricordi di me? – lo salutò
il nobiluomo del cilindro.
Aldolino,
sorpreso, lo invitò a entrare, offrendogli un mezzo
bicchiere di vinello ( ciò
che la povera ospitalità di uno spazzacamino poteva
concedere ).
-
Allora, bimbo. Ti ricordi del mio cilindro? – gli
domandò l’uomo. Il giovane
annuì.
-
Eh, temo d’averlo perduto. Sai, c’ero affezionato,
anche se giravano brutte storie
su quel vecchio cappello. –
-
Storie? – domandò Aldolino, tacendo il fatto di
possedere lui l’oggetto.
-
Ehh, si raccontava che il Diavolo in persona, per schernire il buon
Signore,
avesse strappato le Sacre pagine della Bibbia e se ne fosse fatto un
bel
cilindro, e che quel cilindro avesse ottenuto straordinari poteri, che
avrebbero potuto esaudire qualsiasi desiderio del proprietario. Anche
se non ho
mai creduto a tali fandonie, quel cappello è stato
tramandato di generazione in
generazione alla mia famiglia e mi era così caro..
– sospirò il nobiluomo –
Pazienza, ne comprerò uno nuovo, ma non è che per
caso tu..lo hai visto? –
chiese l’uomo al bambino, che riflettendoci per un secondo,
negò decisamente.
-
Va bene, allora, molte grazie per il vino, ti saluto, piccolo bocia.
– disse
l’uomo, e se ne andò.
Aldolino,
entusiasta, andò a prendere il cilindro. Notò che
sembrava quasi più lucido di
prima e lo indossò.
-
Vorrei poter avere tanti lavori, e tanti soldi. – disse
ingenuamente il bimbo,
e non successe nulla.
Il
giorno seguente però, Aldolino venne a sapere che al
funerale di Sabatello, il
tetto della casa era crollato e tutti i partecipanti erano deceduti,
compresi
Santone e i suoi compagni spazzacamini.
Aldolino,
inizialmente sconvolto, pensò che sarebbe stato meglio
distruggere il cilindro,
ma il giorno ancora seguente, venne chiamato a svolgere moltissimi
lavori,
essendo venuti a mancare tanti spazzacamini.
Il
bambino non si fece più scrupoli e per anni
continuò ad utilizzare il potere
del cilindro, diventando ricco e rinomato nella città.
Aldolino
non si spaventava più alle continue notizie di morte che lo
circondavano, e
così si fece adulto.
Un
giorno però, uscito come suo solito per lavorare, gli
capitò di rimanere
incastrato nella canna fumaria che una volta era appartenuta agli
Alberighi, ed
in cui aveva perso la vita Sabatello.
“Poco
male.” Pensò Aldolino. Difatti la il camino era
stato ristrutturato, ed era
abbastanza largo da farci passare tanta aria, quindi non
c’era pericolo di
rimaner soffocati. “Griderò aiuto, e qualcuno
verrà ad assistermi, tanto sono
conosciuto.”
Ma
per quanto si svociasse invocando soccorso, nessuno rispose, fino a
quando un
ritornello tetro e al contempo allegro non interruppe le sue grida.
Proprio
sulla testa di Aldolino, al di fuori della canna fumaria, canticchiava
il
signorotto barbuto di tanti anni prima.
-
“Com’è nero, com’è
nero, t’accompagna al cimitero,
com’è
bello, com’è bello, in campagna ed in
città!
Ma
chi lo sa, ma chi lo sa, lì che cosa ci sarà?
Un
cilindro bello e nero, t’accompagna al cimitero!”
–
Aldolino
era paralizzato dal terrore. Il signorotto aveva su di sé un
ghigno malefico,
non umano, e due occhi iniettati di sangue che lo fissavano avidi e
divertiti.
Il
giovane uomo guardò il signorotto in silenzio, con tutto il
corpo intorpidito,
sudava freddo, mentre il ghigno diabolico lo fissava e lo
fissava…
-
“T’è piaciuto il mio cilindro, lo
vorresti ancora un po’?..” – ancora
canticchiando ghignò – Piccolo bocia, ne hai fatta
di strada. – osservò
tranquillamente il nobiluomo, inclinando la testa verso sinistra,
sottolineando
la smorfia malefica.
Aldolino
non provò neanche ad aprir bocca.
-
Allora, lo vuoi ancora il cilindro o no? Magari ti salverà.
– puntualizzò il
signorotto. Aldolino riuscì appena ad annuire, lentamente e
tremando.
-
Ahhh, allora prima ti racconto il resto della favoletta di tanti anni
fa, te la
ricordi? Il diavolo ed il suo cilindro? –
Aldolino
esitò a rispondere.
-
TE LA RICORDI, NO??! SI, SI! LA RICORDI!! LA RICORDI BENE, LA
RICORDI!!!! –
sbottò il signorotto, digrignando i denti in un sorriso
folle ed euforico. Ne
derivò una risata fragorosa, di una voce profonda e disumana.
Lo
spazzacamini sarebbe morto all’istante per lo spavento, se
solo la stessa paura
non lo avesse tenuto così maledettamente lucido.
-
Allora, il diavolo si fece questo bellissimo cilindro.. –
cominciò il
signorotto, tornato alla calma diabolica di pochi istanti prima - ..ma
la
pagine della Bibbia erano bianche, al massimo giallastre. Avevano un
colore
davvero orrendo, mh. – il nobiluomo spalancò gli
occhi in un’espressione di
pura pazzia e fissò nuovamente lo spazzacamini incastrato,
facendo una pausa,
per sogghignare – Così, il diavolo espresse il suo
desiderio: il mio bellissimo
cilindro risplenderà del nero pece delle anime corrotte che
mieterà. – detto
questo, il signorotto tirò fuori il cilindro, rivoltato
verso l’alto.
Aldolino
guardò pietrificato la profondità del colore
scuro e abissale di quel cappello
maledetto.
-
E’ bello, no? Bello e nero! – rise di gusto il
signorotto. Il rosso dei suoi
occhi risplendette in quel momento – Lo rivolevi, giusto?
– chiese poi.
Aldolino
sbiancò, facendo freneticamente segno di no con la testa,
ansimando.
-
La favola finisce qui. – terminò
il
signorotto, rivoltando il cappello verso il basso.
Un
rumore assordante di polvere, un tonfo e poi il silenzio.
La
mattina dopo, il corpo di Aldolino fu ritrovato sulla legna del camino,
sotterrato da cenere, ossa e migliaia di utensili da spazzacamini,
giubbe
scucite di bambini e berretti lerci di fuliggine.