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Autore: _Syn    26/09/2011    3 recensioni
Afton [Afton/Chelsea]
A volte, più che per la sete di sangue o la rabbia, Afton uccideva per il silenzio. Sempre lui.
Il silenzio dopo i gemiti di paura e dolore; il silenzio dopo il sangue che scorreva e ricopriva la lingua come ambrosia e che scendeva giù per la gola, fortificando. Il silenzio dopo la morte. Tutte le volte che toglieva una vita, Afton assaporava il sangue, a occhi chiusi, mentre l'eco delle urla ancora non abbandonava le pareti, e vibrava. Era ciò che rimaneva della vita strappata, succhiata via, e continuava a esistere anche dopo la morte, per qualche secondo.
Genere: Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Afton, Chelsea
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Note: Quando ho letto per la prima volta il nome di Afton nella lista alla fine di Breaking Dawn mi sono innamorata. Del nome, intendo, perché il suo personaggio non era ancora nato nella mia mente. Ma ci mancava poco. Io sono così: mi innamoro dei nomi, li trovo affascinanti. Non devono per forza avere un significato correlato al carattere del personaggi, devono solo essere belli. E Afton è un nome bellissimo, secondo me. Peccato – o forse no, chissà – che Afton non fosse altro che questo: un nome. Poi abbiamo saputo che è il compagno di Chelsea, che può rendersi invisibile e che si trova a Volterra per volere della sua compagna, perché Aro non può che compiacerla, vista la sua importanza. Da qui, ho cominciato a pensare:
se Afton si trova tra le Guardie più per il desiderio di Chelsea e non perché è qualificato o possiede una abilità speciale, allora la cosa, in qualche modo, dovrà pur pesargli.
Non è che un uomo, sia pure per amore, sopporti stoicamente un ruolo del genere. Qualche pensiero se lo crea. Ma Afton ama Chelsea. E come convivono questi aspetti?
Leggete.
Questa one shot servirà anche per capire meglio le drabble dedicata a Afton nella raccolta “Riflessi Oscuri”. C'è anche un riferimento ad Alec, che sarà sempre presente in quella raccolta.
Ho finito, tranquilli XD
Buona lettura,
Alexiel.

Ps: io davvero, mi scuso per questi aggiornamenti continui, ma la maggior parte del materiale era già pronta – abbandonata da secoli per mancanza di ispirazione – e io ho dovuto rivederla in questi giorni.
Perdonatemi.


Eco mortale


Se qualcuno gli avesse chiesto: “Ehi, bello, ti piace il tuo lavoro?”, Afton avrebbe prima ignorato con una smorfia il “bello” e poi, con un'occhiata lapidaria, avrebbe squadrato la persona che gli fosse stata di fronte. Lentamente. Dopo qualche secondo di imbarazzante silenzio – perché il silenzio imbarazza tutti e crea quella tensione da sudore freddo, da “oh, cavolo, voglio sparire/oh, cavolo, questo mi ammazza” e ti lascia il tempo di rilassare la mente dopo una valanga di chiacchiere idiote – Afton avrebbe alzato un braccio e per avvolgerlo intorno alle spalle del malcapitato, e poi avrebbe finalmente risposto alla domanda:
Tesoro, hai mai notato, durante un matrimonio per esempio, quei camerieri il cui unico compito è sostituire le brocche d'acqua o vino? Dopo averlo fatto, tornano nel loro angolo e fingono di non esistere, invisibili a tutti.”
Certo, avrebbe risposto in quel modo se gli fossero piaciute le chiacchiere o se avesse perduto ogni briciola di amor proprio; ma, per qualche strana ragione, Afton ne conservava ancora un po'. Era pur sempre un uomo. E le chiacchiere neanche gli piacevano.
Oppure avrebbe dato quella risposta se alla fine avesse potuto azzannare la giugulare del malcapitato “tesoro”. No, neanche (l'avrebbe azzannata in ogni caso). Quella era la risposta che avrebbe pensato, ma in realtà l'unica risposta sarebbe stata:
“E' lavoro. O lo fai come si deve o ti buttano fuori.”
Sì, magari.
In teoria lui avrebbe anche potuto grattarsi la pancia, ballare la macarena nudo di fronte a Marcus per cercare di scatenargli qualche reazione – no, in realtà ad Afton Marcus piaceva così com'era – o chiedere un aumento. Afton sarebbe rimasto lì, perché Chelsea voleva così. E se Chelsea voleva così, anche Aro voleva così e tutto erano contenti e soddisfatti.
Tranne Afton, si capisce.
Intendiamoci: Afton amava Chelsea e separarsi da lei, dopo tutti quegli anni, sarebbe stato impossibile. Marcus gli piaceva, ma non voleva finire come lui; apprezzava il suo silenzio e quella strana gentilezza che veniva fuori ogni tanto e lo rendeva così diverso dagli altri due Capi, ma non invidiava il motivo del suo stato. Per tutti questi motivi, ad Afton bastavano l'amore, l'affetto, i giochi di Chelsea e restava insieme a lei nel suo – loro – angolino.
Di certo non avrebbe potuto evitare un qualche tipo di punizione se avesse cercato di fare il lavativo – Jane tendeva a divertirsi per conto proprio qualche volta e Aro la lasciava fare, perché impedire a Jane di sfogare la sua vena sadica poteva rivelarsi una mossa sbagliata. Ma sarebbe finita lì. I bambini cattivi che vogliono dimostrare qualcosa, una volta ignorati oppure puniti distrattamente, senza che la punizione sia direttamente proporzionale all'azione commessa, a un certo punto s'annoiano. E' quello il punto, no? Essere notati, essere puniti, dare un senso a ciò che si fa.
La noia non si combatte quando sei un vampiro e hai l'eternità davanti, aspetti solo che ti sfinisca, che ti trasformi in un essere dalle pelle friabile, polverosa, e intanto puoi riflettere sul senso della vita, della morte e di tutte quelle questioni affascinanti; ma alla fine ti ritrovi punto e da capo.
Tra i Volturi tutti avevano i propri hobbies, anche quelli più importanti e impegnati, perché la noia non risparmia nessuno. Dopo una bella missione, dopo aver spadroneggiato e aver imposto la propria autorità e fatto rispettare la legge, anche i gemelli stregati diventavano persone quasi normali. Alec, per esempio, si dava al nuoto.
Afton aveva tutto il tempo del mondo per inventarsi nuovi hobbies, ma non aveva mai trovato qualcosa che lo interessasse più del suo adorato silenzio. O di Chelsea.
Per tutte queste ragioni, il vampiro sfogava la sua poca sopportazione per le chiacchiere, e per tutto il resto, con una buona e sana bevuta. Il che capitava anche senza che nessuno gli domandasse alcunché o gli tediasse l'anima. A volte, più che per la sete di sangue o la rabbia, Afton uccideva per il silenzio. Sempre lui.
Il silenzio dopo i gemiti di paura e dolore; il silenzio dopo il sangue che scorreva e ricopriva la lingua come ambrosia e che scendeva giù per la gola, fortificando. Il silenzio dopo la morte. Tutte le volte che toglieva una vita, Afton assaporava il sangue, a occhi chiusi, mentre l'eco delle urla ancora non abbandonava le pareti, e vibrava. Era ciò che rimaneva della vita strappata, succhiata via, e continuava a esistere anche dopo la morte, per qualche secondo. Afton ci faceva caso e al piacere del sangue aggiungeva quello dell'eco mortale. Diventava difficile a volte, soprattutto quando Felix cominciava ad accatastare i corpi dissanguati e a commentare al tempo stesso. Felix commentava tutto. In particolare cose inutili. Forse era per quel motivo che lui e Afton non erano mai riusciti a rivolgersi la parola: perché Afton racchiudeva in sé tutto ciò che era essenziale e Felix, poverino, proprio non trovava niente da dire.
Insomma, a Afton piaceva il momento in cui l'eco si spegneva per celebrare, finalmente, il silenzio della morte.
Pura poesia, quella che poteva essere colta solo nello stesso istante in cui nasceva e moriva. Ad Afton piaceva anche la poesia, soprattutto quella che non aveva bisogno di parole. Ecco perché non gli piacevano le domande, le parole superflue. E i commenti di Felix.
Probabilmente era abituato al silenzio, alla sensazione di essere il cameriere nell'angolo, invisibile. Non gli piaceva essere inutile – a nessuno piace essere inutile – ma solo la benedizione del silenzio. Avrebbe potuto essere uno importante e goderne comunque, di quella benedizione – come Marcus, per esempio – ma invece era il cameriere nell'angolo.
Afton si sentiva esattamente così, in particolar modo quando doveva lavorare.
Quando arrivavano troppe segnalazioni tutte insieme e le Guardie importanti iniziavano a scarseggiare, Aro chiamava lui. Perché? Be', non poteva lasciar andare Corin, che doveva badare alle Mogli. Non poteva privarsi della protezione di Renata; tutti gli altri erano fuori. Appello finito, classe assente.
Ah, no, aspetta, c'è Afton. Che bravo Afton, puoi sempre fare affidamento su Afton quando gli altri non ci sono. Dieci e lode, Afton, bravissimo.
“Afton, mio caro, ti spiacerebbe risolvere per me questo increscioso problema?”
Domanda retorica. I problemi di Aro erano i problemi di tutti. O almeno, dovevano esserlo, perché altrimenti diventavi tu stesso il problema di Aro. E i problemi di Aro venivano risolti sempre. O quasi. Una volta gli era capitato di pensarlo e Aro l'aveva guardato come se fosse carne da macello. Ma che poteva farci, lui, se aveva fatto la figura dell'idiota dopo la disfatta a Forks, contro i Cullen? Proprio niente. Letteralmente. Come sempre. E c'erano momenti in cui arrivava a fregarsene, ma l'orgoglio era difficile da mettere a tacere. Come Felix. Sibilava, era possibile sentire il suo sussurro anche nel rumore più assordante. L'orgoglio se ne stava nella sua dimensione, al di sopra di tutto, e gli ricordava chi era. Non solo Afton, quello che amava Chelsea e il silenzio. Ma anche Afton, quello quasi inutile. Era inutile tra la sua gente, ma là fuori poteva essere più forte di tanti altri. Solo, per quel mondo non era abbastanza dotato, non era di Classe A, non era un vampiro d'élite.
“Certamente, Signore.”
La risposta di ogni servo fedele, anche del più misero. In quello, Afton era uguale a tutti gli altri: non poteva rifiutarsi. Da lui Aro si aspettava una risposta, diversa dal silenzio, che manifestasse fedeltà e devozione. Il Boss non era il tipo da accontentarsi di uno sguardo di intesa o di un cenno del capo.
“Molto bene.”
Un sorriso, la sicurezza negli occhi che se lui si trovava lì era solo per merito suo e per la sua compagna e poi un “buon viaggio, fa' attenzione e non deludermi, mi raccomando”. Ci mancava solo il fazzoletto bianco di pizzo da lasciar svolazzare nel vento e qualche lacrima finta. No, a volte neanche lui riusciva a trattenere certi commenti dal nascere nella sua mente e proprio non immaginava quando Aro ne avrebbe avuto abbastanza. Forse mai. Aveva notato, dopotutto, che era da un po' che evitava di toccarlo per esaminare i suoi pensieri; era certo che Afton non avrebbe mai fatto niente di stupido per ledere ai Volturi e che, in ogni caso, sarebbe intervenuto in tempo. Inoltre c'era Chelsea con lui, la sua garanzia, la sua arma più importante.
Era così inutile da rasentare l'innocuità. E sarebbe stato felice – davvero, euforico – se qualcuno gliel'avesse fatto notare a voce alta, con un commento lanciato a sproposito, o a proposito, mentre lui passava. Ma no, nessuno osava, nemmeno Felix, perché lui era l'essere quasi inutile di Aro e Chelsea, la riserva, e come tale meritava un qual certo rispetto. Che sapeva più di scherno, il più delle volte. Non timore o reverenza.
Neanche Jane, sempre così attenta alle preferenze del suo Aro, risultava irritata. Le piaceva quel gioco, le piaceva vedere Afton in quella situazione. Sadica, come sempre.

Eppure, Afton restava legato a quel luogo; riempiva le brocche vuote dei suoi capi e poi se ne tornava nel suo angolino, da Chelsea.
Invisibile a tutti, ma non a lei. Invisibile fino al prossimo giro – che avrebbe potuto essere tra un secolo come tra un anno – ma mai, neanche per un attimo, invisibile a lei.
A volte Afton si chiedeva che effetto avrebbe fatto andare incontro a Chelsea per scoprire che ai suoi occhi non era diventato nient'altro che polvere. Era un desiderio strano, che svaniva come veniva, quando lei gli avvolgeva le braccia intorno al collo per baciarlo, per legarlo a sé più intensamente di prima.
Quando il suo spazio veniva riempito dalle mani e dalla voce di Chelsea, il silenzio di Afton diventava l'assenza di tutto il resto. L'orgoglio restava a guardare, ma il suo sibilo eterno andava semplicemente a nutrire il potere di Chelsea, l'amore per Chelsea, e diventava parte integrante di quello che erano. Si univa a quei suoni che creavano la loro storia e riecheggiavano nel cielo, per sempre, fin quando loro l'avessero voluto.
Se non fosse stato per lei, non si sarebbe neanche accorto di possedere un orgoglio, forse.
Se non fosse stato per lei, non avrebbe potuto godere in eterno dell'eco mortale e del silenzio dopo la morte.
Ma neanche lui era così inutile e Chelsea lo sapeva bene.
Se non fosse stato per lui, lei non sarebbe potuta rimanere a Volterra seguendo una motivazione che non fosse il potere. E, per quanto le piacesse, Chelsea era molto più felice così.
Se Afton non fosse stato lì, nessuno l'avrebbe guardata in quel modo: come se racchiudesse in sé l'esistenza intera. Nemmeno Aro.
Afton era essenziale, Chelsea era tutto quello che gli serviva per mettere in risalto quell'essenzialità. L'ombra sotto i suoi passi, l'eco della sua voce, la concretezza del suo pensiero.
Chelsea era la sua eco mortale, quella che avrebbe risuonato in eterno tra le pareti della sua anima, tenendolo legato a lei fino alla fine.

  
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