Adesso
basta!
Il
segno è passato ormai, la misura è colma.
Non ci sta più nulla,
nulla!
Per
che cosa è in piedi questo nostro rapporto?
Perché noi due stiamo
ancora insieme?
Consumo
le mie ore così, a tormentarmi perché non mi capisci.
A maledirmi perché non
cresci, perché non dimostri che ci metti almeno un po’ di impegno.
A dannarmi perché mi fai
capire con il tuo comportamento che non te ne frega niente di me.
Di noi.
Se mai c’è stato un
noi.
Credevo
che potesse funzionare, anche se tu hai qualche anno meno di me.
Anche se invece sembra
che gli anni di differenza sono molti di più.
Anche se sembri un
immaturo irresponsabile.
Mi
ripetevo che valeva la pena.
Che
vent’anni sono abbastanza per essere adulto, per essere in grado di
gestire un rapporto.
Ma
mi sbagliavo.
Adesso
davvero basta.
Questa
è stata l’ultima volta che un ragazzino di vent’anni mi ha fatto
urlare così.
Stavo
per metterti le mani addosso.
Io,
che non ho mai picchiato nemmeno un cane, che non ho alzato le mani e
nemmeno il pensiero su nessun essere umano mi stavo per ridurre come
quelle persone che odio, che sfogano la propria ira su chi è più
debole.
Non
mi perderò più, nemmeno per te.
Te
lo giuro.
Prendo
la mia borsa da viaggio con le ultime cose rimaste.
Ti lascio il mio pettine
e la maglietta che ti piaceva tanto, unico ricordo di un rapporto a
senso unico.
So
che questo non basterà a… mi fermo sulla porta.
Che cos’è questo
rumore?
Singhiozzi?
Apro la porta
dell’entrata e …la richiudo con forza .
Faccio finta di essermene
andato.
Perché?
Non hai mai pianto in
tutta la tua vita.
Ti
sei vantato sempre, in questi undici mesi, di non aver mai versato
una lacrima nemmeno quando tuo padre se ne andò, lasciandovi soli.
Credevo che avevi solo
bisogno di tempo e di amore… credevo…ma tu hai mantenuto fede a
quello che hai detto: non hai mai fatto vedere una breccia, uno
spiraglio nella tua corazza invalicabile.
Queste non possono essere
lacrime.
Io
DEVO capire.
Torno
indietro nel corridoio lentamente,lasciando la borsa vicino
all’entrata.
Tu
sei li in mezzo alla stanza, dove ti avevo lasciato.
E stai piangendo.
Non è possibile.
Non ci credo.
Piccole lacrime lasciano
i tuoi occhi per accarezzare le tue guance.
Hai gli occhi chiusi e i
singhiozzi sono disperati.
Scuotono
le tue spalle e soltanto adesso mi rendo di quanto tu sia fragile.
Di quanto tu sia piccolo.
Quasi un cucciolo.
Mi avvicino e tu apri gli
occhi di colpo.
La
mia mano accarezza le tue lacrime e tu la afferri stringendola forte
contro di te.
Non
dici una parola e del resto non ce n’è bisogno.
Nemmeno io la dico.
Le tue lacrime hanno
detto ogni cosa, e la mia carezza ha risposto.
Ognuno ha le sue colpe,
ognuno le sue mancanze.
Tu
ti ostinavi a non crescere forse per non soffrire più, io mi
ostinavo a volerti adulto subito, senza guardare oltre.
Senza comprendere
realmente.
Ti
abbraccio ancora una volta, mentre le tue lacrime si mescolano alle
mie sui nostri volti.
Aspetteremo
ancora.
Un
minuto, un’ora.
Una
vita.
Non
importa quanto.
Ma
scioglieremo il ghiaccio dai nostri cuori e diventeremo come quei
giardini che si riempiono di fiori all’inizio della primavera:
pieni di vita.
Vita
nata dalle nostre lacrime, dal nostro crescere insieme.
Da adesso.
Fino alla fine.