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Autore: Leia345    27/09/2011    2 recensioni
E' la notte della morte di Louis Joseph...le campane di Notre-dame suonano e Oscar , nelle sue stanze assieme ad André, sente quei rintocchi arrivarle dentro, in profondità...sarà un inizio o una fine?
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Oscar François de Jarjayes
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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1-L'eco dei rintocchi prima parte
Bando alle ciance, sono tornata e lo devo a tre persone in particolare che mi hanno fatto capire che se hai una passione devi dedicarle del tempo .Tutto qua.Grazie a Kikkisan che mi ha aiutata a dare la giusta direzione alla storia, grazie a Livia e grazie a Crissi(te la sei cercata...).Ecco...prendetevela con loro.

La storia nasce come one-shot, ma essendo lunga come l'anno della fame, ho deciso di divederla in due parti, sperando che almeno uno dei due capitoli riusciate a digerirli.



L’ECO DEI RINTOCCHI


‐Ma c’è un’altra cosa che mi preoccupa in questo momento André ‐ disse Oscar
posando la tazza ormai vuota .
‐Ah sì?che cosa?‐chiese André distrattamente, fissando un punto imprecisato al di
là delle scuderie.La risposta però non arrivò e la sua mascella si contrasse in un
movimento involontario.
Immaginava, infatti, dove Oscar volesse andare a parare.Era sicuro che stesse
solo aspettando che lui si girasse per parlare;la conosceva troppo bene. Era dal
mattino che temeva quel momento, ma si era illuso che se la notte fosse passata
senza arrivare al confronto, lei avrebbe dimenticato o almeno così avrebbe finto
di fare.
Quella mattina la sua recita di bravo soldato era quasi stata smascherata quando
Oscar gli aveva lanciato quella maledetta bottiglia e lui non era stato in grado di
afferrarla.
Alain gli era venuto in soccorso con qualche frase di circostanza, ma Oscar non gli
era sembrata molto convinta e di fatto senza l’intervento tempestivo del suo
amico non sapeva come sarebbe andata a finire. Lo immaginava però. Oscar non
era mai stata troppo perspicace, ma due più due fa quattro e in matematica lei era
un asso.
Quando la bottiglia si era frantumata al suolo in un rumore di segreti svelati, era
troppo lontano da Oscar per distinguerne nettamente i lineamenti, ma
l’immobilità del suo corpo e quella domanda pronunciata con un filo di voce gli
avevano fatto immaginare tutta la preoccupazione e lo stupore che avevano
colorato il viso di Oscar.
Aveva sperato per tutto il tempo, tuttavia, che l’urgenza degli eventi di
quei giorni avesse la priorità su quanto avvenuto.
Si era poi detto che, nel caso in cui lei avesse sollevato la questione, sarebbe forse
bastato rassicurarla, o magari preparare una controffensiva, accusandola di non
badare abbastanza alla sua salute.
Ed era vero, aveva ragione Alain quando diceva che il comandante era sempre più
pallido e magro. Se ne era accorto nelle ultime ore, perché era la sera che si
sentiva libero di osservarla più attentamente, ma il crepuscolo ormai gli rubava
sempre di più i contorni degli oggetti e delle persone e di giorno non si
permetteva che qualche sguardo fugace ricambiato di tanto in tanto con tanta
fermezza da lasciare spazio solo ad uno stupore insicuro e temporaneo,
stemperato subito dopo dalla solita ostinata inerzia con cui viveva le sue giornate.
Quel pomeriggio però lei gli aveva chiesto di accompagnarlo a casa, con la scusa
che la nonna lo reclamava per accertarsi che non fosse pelle e ossa e lui allora ne
aveva notato il viso scarno, la figura, se possibile, più esile del solito.
Aveva accettato di accompagnarla a casa anche per questo, per raccomandarle di
prendersi cura di se stessa, magari facendo leva sul suo senso del dovere, magari
dicendole che avrebbe fatto preoccupare sua nonna e il generale…
Si era anche preparato qualche frase da dire al momento opportuno, qualcosa che
non l’avrebbe fatta arrabbiare troppo e che le avrebbe fatto considerare inutili le
sue preoccupazioni sulla sua vista.
Ora però che il momento era arrivato gli sembrava di non essere più in grado di
parlare con lei.
In realtà era da quando le aveva confessato di amarla che si sentiva così.Era vero
che dall’episodio di Saint Antoine tutto era tornato alla normalità ma tutto era
anche cambiato, perché Oscar era diversa, era più difficile parlare con lei. André
temeva che i suoi fossero i vaneggiamenti di un infermo, ma gli era sembrato che
da quella sera lei avesse cominciato ad alternare, a periodi di completa chiusura,
attimi di calore inaspettato e quando erano soli, come in quel momento, cosa che
era successa non più di due o tre volte in quell’ultimo anno, ognuno di loro girava
attorno all’altro con circospezione, come fanno i lupi con il fuoco;lei era sempre o
troppo gentile o sfuggente, eludeva le risposte, cambiava argomento.
Ma in fondo,si era detto, non era passato che poco più di un anno da quella
maledetta sera…un anno che non era di certo bastato per perdonare se stesso o
per pensare di meritare il perdono di Oscar.
Stava pensando a questo André prima che Oscar se ne uscisse con quella frase,il
preludio di una domanda di cui già immaginava il contenuto.
Era a disagio, in piedi, di fronte alla grande vetrata ; non era riuscito a godersi né
la stanchezza dopo il bagno caldo, né la prospettiva del vecchio morbido letto che
lo aspettava in camera sua e nemmeno la sensazione del tessuto pulito e candido
sulla pelle.
Aveva ripercorso con la mente quella giornata infernale, l’invito a tornare a casa e
poi l’altro invito, inaspettato, a trattenersi con lei per il te.
Una volta entrato nelle stanze di Oscar,aveva cercato con tutto se stesso di celare
la tensione che gli faceva sudare le mani e mentre osservava che erano di nuovo lì,
di nuovo mascherati ad arte, lui travestito da benestante e lei da uomo, si stupiva
per com’erano bravi a discutere della salute del delfino come se niente fosse
cambiato, a fingere, sempre a fingere che loro cuori non fossero straziati e
affaticati e sporchi, ma saldi e forti , tanto valorosi da discuterne con razionalità
delle sorti del paese e del principe, da bravi soldati, mettendo tutto il resto in
secondo piano.
E aveva parlato con calma e fermezza, mentre dentro di lui le solite questioni
riaffioravano come corpi morti sulla superficie quieta di uno stagno;cosa sarebbe
successo quando il sole della monarchia fosse tramontato per sempre sul cielo
della Francia?Cosa avrebbe fatto Oscar?Cosa avrebbe fatto lui se lei si fosse
accorta della sua commedia?Sarebbe riuscito a rimanerle accanto , a proteggerla?
Sarebbe riuscito a sopportare di farsi dare del servo e del leccapiedi e a
sacrificarsi per lei?
André conosceva molto bene le risposte.Erano dentro di lui già prima che le
domande nascessero .André era un uomo come gli altri, con debolezze e dubbi,
ma il suo cuore era nobile e saldo come roccia, perché a differenza di tanti altri
aveva messo l’amore sopra a tutto il resto e soprattutto aveva accettato le
conseguenza della sua scelta anche quando era venuto meno alla sua
promessa.Doveva farsi forza per lei , rassicurarla, sapeva quanto lei ne avesse
bisogno. Lui sapeva che più volte Oscar era stata sul punto di crollare;la sera di
Saint Antoine, la morte di Diane, l’incidente del generale… lui sapeva quanto le
fosse costato mantenere il controllo in quelle occasioni e adesso vederla
preoccupata per lui gli stringeva il cuore.
Temeva che non potesse andare avanti così ancora per molto;logorata nel fisico ,
e lui ne era sicuro, anche nell’anima, si stava autodistruggendo e lui non si era
accorto di quanto fosse determinata a farlo.
No, non poteva darle un'altra preoccupazione proprio in quel momento.
Doveva farle credere che ci fosse ancora speranza per il futuro, per tutti loro.
Ma Oscar infine aveva parlato.E lui doveva risponderle.
Si voltò e la guardò senza tentennamenti
‐Cosa, Oscar?‐disse fingendo di non aver capito.
‐Tu non ci vedi bene vero?‐ ripeté Oscar con durezza, con un tono che nascondeva
un rimprovero verso se stessa e un’accusa nei suoi confronti.
Eccola, era arrivata infine…
André si girò e guardò gli occhi lucidi e decisi di Oscar, che esigevano una risposta
immediata.Non ricordò nessuna delle parole che si era preparato e per un
momento pensò di dirle tutto, di dirle che presto sarebbe diventato cieco e che
questo lo spaventava enormemente , che spesso si svegliava nel cuore della notte,
al buio, credendo che il momento tanto temuto fosse infine arrivato, che spesso
poi il contorno di un mobile o la sagoma di un compagno addormentato lo
consolavano più di una preghiera e che invece altre volte, non vedendo che buio,
si alzava dalla sua branda e a tentoni usciva fino a che non scorgeva una falce di
luna e che rimaneva lì per ore, con lo sguardo rivolto al cielo, non pensando a
niente, rimanendo concentrato sulla debole luce che scorgevano i suoi occhi,
attratto da quelle luce come una falena dal fuoco di una candela(1).
Avrebbe voluto dirle che il suo unico scopo nella vita era proteggerla e che se la
possibilità di farlo fosse venuta meno , sarebbe impazzito dal dolore.Avrebbe
voluto parlarle dello strazio, della fatica di nascondere a tutti la sua infermità, ma
aveva una colpa da espiare e già una volta aveva caricato sulle spalle di Oscar un
peso che lei non era in grado di portare, né di sostenere.
Inoltre vide qualcosa in fondo agli occhi della donna che amava da tutta la vita,
vide una tenue speranza, vide che in fondo lei aveva capito ma che era pronta a
credere a qualsiasi menzogna pur di non affrontare la realtà.
Era davvero cambiata dopotutto?In fondo non aveva mai accettato di piegarsi alla
realtà o a verità a lei scomode.Aveva sempre alternato momenti di ribellione a
compromessi che lei chiamava senso del dovere.
Anche per questo non era mai riuscito ad andarsene.Perché quella lacerazione
all’interno di Oscar la riconosceva in se stesso, perché lui sapeva cosa nascondeva
la fredda e glaciale apparenza di Oscar, come sapeva quali demoni si celassero
dietro alla mansuetudine e alla gentilezza che gli erano caratteristici.
Aveva imparato a sue spese quanto fosse logorante nascondersi e fingere e aveva
capito sulla sua pelle quanto la disperazione e la paura potessero abbrutire un
uomo. Oscar non era mai stata così fragile come in quei mesi, ma lui era il solo a
saperlo, perché tutto in lei dimostrava il contrario.André però che la osservava da
una vita conosceva la realtà dei fatti e non sapeva come aiutarla.E mai si era
sentito tanto inadeguato e impotente come in quell’ultimo periodo.
D’altra parte la disperata convinzione con cui aveva preso la decisione di seguirla
non era dovuta al tentativo di cambiarla o di salvarla, ma dalla consapevolezza
che l’avrebbe seguita anche all’inferno,che quello era il suo destino.
Il suo giuramento gli impediva di avvicinarsi troppo a lei e in fondo lo rassicurava
avere una scusa per non farlo, perché da un anno non passava giorno senza che si
maledisse per averle messo sulle spalle con tanta violenza il peso del suo
amore.Forse se non lo avesse fatto ora sarebbe potuto intervenire più
liberamente e invece si sentiva schiacciato dall’impossibilità di comunicare con lei
come facevano un tempo.
Non passava sera che non si addormentasse senza pregare di non sognarla e non
passava notte che non la sognasse.
Perché da quando aveva sentito il sapore delle sue labbra il desiderio per lei non
gli aveva dato tregua.Alain aveva ragione, era destinato ad uscire di senno e a
morire per lei; forse era già impazzito e custodiva gelosamente dentro di sé i suo
delirio…
La nascondeva tutta la sua follia, in quell’assurda e insana attesa, in quella
certezza di essere sempre stato e di essere ancora l’unico uomo in grado di dare a
Oscar quello che cercava e nel tentativo di difenderla anche adesso che non era
più in grado di farlo.
Quella febbre, che lo divorava anche ora, era diversa da quella che pure gli aveva
bruciato il corpo e l’anima prima che accadesse quello che era successo.
E quella sera era presente in ogni parete,in ogni suo gesto perché si trovava lì
con lei dove tutto era finito, perché non poteva non sentirsi indegno di mettere
piede in quel luogo.
Come aveva potuto chiedergli di entrare in quella stanza…come aveva potuto
accettare.
Eppure doveva aver notato che tutte le altre volte era rimasto sulla soglia, senza
muovere un passo.
Quanto avrebbe voluto sapere se anche lei, in fondo stava ripensando a quella
sera…o se aveva davvero dimenticato un attimo che non si poteva dimenticare.Lui
di certo non aveva dimenticato.
Da quella sera, quante volte nei suoi sogni aveva rivisto quel lembo di pelle
candida, sentito le sue labbra su quelle di Oscar, riassaporato il sapore, la
morbidezza di quel contatto.
Anche nel ricordo della ruvida violenza di quel momento tutto quello che
rimaneva era il fantasma di quel calore.
Oltre alla sua disperata eccitazione, oltre al battito tumultuoso e frenetico del suo
cuore, oltre all’ordine imperioso del suo corpo e della sua rabbia che gli
intimavano di prenderla (ordine che aveva quasi eseguito), oltre alle lacrime e al
rimorso, era la dolcezza di quelle labbra che lo perseguitava.
Non il ricordo di quel volto umiliato ed offeso,di quello sguardo terribile,smarrito
e attonito, che richiamava alla memoria anche da sveglio, volontariamente, per
espiare la propria colpa, non il senso di liberazione che aveva provato, non
l’esaltazione maligna che lo aveva posseduto per un millesimo di secondo nel
vedere Oscar, la sua Oscar, sottomessa e indifesa e facendolo subito dopo sentire
un mostro, ma il fatto che lei non avesse tentato di difendersi, il pensiero che
avrebbe potuto farlo.
Sì, se lo era ripetuto migliaia di volte.
Avrebbe potuto farlo.
Con l’unica arma che aveva a disposizione in quel momento,con le unghie e i
denti. Avrebbe potuto fargli male, avrebbe almeno potuto urlare e a quell’ora
qualcuno sarebbe accorso di sicuro: la nonna, il generale.
Ma Oscar non aveva fatto niente.
C’erano sere in cui il sogno si trasformava in incubo e in quelle immagini
allucinate lui non si fermava e lei lo mordeva fino a farlo sanguinare e a quel
punto si svegliava sudato e ansimante, maledicendosi ancora mille e mille volte,
chiedendosi stremato come fosse arrivato ad una tale desolazione.
Gli lacerava il cuore pensare che quella sera, lei, per la prima volta in vita sua, si
era lasciata cogliere di sorpresa. Con lui non aveva mai avuto bisogno di
difendersi e non aveva contrattaccato proprio perché a tradirla era stato lui e lo
stupore e la delusione non le avevano dato il tempo di reagire .
Le aveva permesso di credere che era vero; che in fondo si è sempre soli.
Era stata una conferma per lei, e probabilmente, sola, lo si era sentita per la prima
volta in quel momento.
Non si sentiva presuntuoso a pensarlo, perché lui sapeva quanto avessero sempre
contato l’uno sull’altra.E questo era confermato dal fatto che anche quando aveva
potuto tentare una difesa aveva lasciato a lui la scelta, la possibilità e la
responsabilità di salvare il salvabile.
E infine a tormentarlo c’era quel momento,lungo meno di un battito di ciglia,quel
maledetto momento cui non poteva smettere di pensare, in cui la dolce mollezza
di quelle labbra impreparate era sembrata essere sul punto di irrigidirsi per
trasformarsi in qualcosa di più consapevole…e questo era il suo tormento più
grande…il dubbio che lei per un attimo…un attimo soltanto…
No, non poteva farla soffrire…per quel momento, unico germoglio di speranza in
mezzo a tanti sogni appassiti.
Guardò per un momento il quadro alle spalle di Oscar, più ricordandolo che
vedendolo veramente.
Raffigurava la madre di Oscar, lo aveva voluto lei stessa,nel luogo in cui secondo
la tradizione ci sarebbe dovuto essere un suo ritratto(2). Visualizzò i tratti gentili
e bellissimi, gli occhi , color nocciola, tristi, di chi subisce e non reagisce mai.
Assomigliava così poco a quella figlia tanto testarda, che aveva ereditato i tratti
classici, netti e decisi del padre.
Solo quando sorridevano una accanto all’altra le due donne sembravano specchi
di due stagioni della vita.
Spostò lo sguardo su Oscar…lei riusciva ancora a vederla.
Si affrettò a dipingersi sul volto un’ espressione che non usava più da molto con
lei, quella di chi vuol pendersi gioco delle parole del suo interlocutore.
‐Ma cosa ti salta in mente Oscar?‐
Lei si alzò e si diresse verso di lui con in mano un oggetto dai contorni sfuocati,
che quando gli fu abbastanza vicina si rivelò essere uno dei pugnali di famiglia.
‐Dimmi, ci vedi davvero bene?‐lo incalzò
Lui si affrettò a rassicurarla
‐Ma sì Oscar, sì.Cos’è ?uno scherzo?‐ mentì col tono accondiscendente e
lievemente ironico di chi dice un’ovvietà a chi sembra non comprenderla.
Quella sera era fortunato perché da qualche ora la vista seppur sempre più
debole, non gli aveva dato troppi problemi, per cui si poteva permettere di
mentire senza troppo impegno.
‐ André, non mi mentiresti su una cosa così importante, vero?‐
Lui si fece serio e le prese il pugnale dalla mano.Lo soppesò e facendolo roteare
con le dita della mano lo prese per la punta e lo lanciò in aria, riprendendolo poi
per il manico;lo fece fissandola, senza guardare quella lama affilata, con sicurezza.
Era un trucchetto che aveva imparato a fare in caserma, in modo che gli altri non
si accorgessero che non vedeva bene.
‐Questo è un pugnale che conosco molto bene.Appartiene alla famiglia Jarjayes da
molte generazioni ed è il tuo preferito‐disse facendo fare un ultimo giro al coltello
‐Tieni‐le disse poi con un sorriso rassicurante, porgendolo ad Oscar che guardò
quell’oggetto prezioso per qualche istante prima di riprendere a parlare con
rinnovata ostinazione.
‐Puoi giurarlo?Giuralo André!‐ disse alzando la voce.
Era stata male tutto il giorno, si era svegliata con una strana sensazione che le
aveva fatto crescere dentro un disagio diventato ancora più reale quando André
non era riuscito ad afferrare al volo la bottiglia che lei stessa gli aveva lanciato.
Lo aveva sognato la notte precedente, come d’altra parte avveniva sempre più
spesso negli ultimi tempi, e lo aveva sognato di nuovo anche dopo essersi
svegliata in preda ad un accesso di tosse e riaddormentata subito dopo, più per lo
sfinimento di quella malattia cui non voleva ancora dare un nome che per un
reale desiderio di dormire.
Aveva sognato quel corpo bellissimo sopra al suo,e nel sogno aveva provato
sensazioni che non poteva conoscere e che l’avevano sconvolta per la loro
intensità.
Era per questo che lo aveva trattato così male quella mattina.Ce l’aveva con lui
per quel sogno e per quello che aveva sentito e per essersi risvegliata con una
mano sul seno scoperto, in una posa impudica che mal si accordava con il
contegno glaciale di un comandante in tempo di guerra.Si era sentita sciocca e
inopportuna, in quei tempi che richiedevano tutta la sua concentrazione, a
lasciarsi distrarre da un sogno così poco virile.
Era stata di certo troppo dura, lo aveva letto negli occhi di Alain, in quello sguardo
così sfacciatamente biasimevole che le era venuta voglia di venire alle mani con
entrambi .
E adesso…adesso lui …
Lo guardò, cercando di non fargli capire quanto fosse preoccupata .
André la guardò per un istante prima di scoppiare a ridere e quel tentennamento,
non fece altro che preoccuparla ulteriormente.
Lui capì che lei non gli aveva creduto e si chiese da quanto tempo fosse diventata
così perspicace.
André sapeva che il metodo migliore per distrarla era far leva sul suo amor
proprio, ma Oscar era cambiata profondamente in quegli ultimi tempi, e ormai
sembrava reagire solo alle questioni “di lavoro”, se per lavoro si poteva intendere
il cambiamento epocale che stavano vivendo, in cui impiegavano tutte le loro
energie e in cui riponevano tutte le loro speranze.
‐Sei sempre la solita testarda, Oscar, perché dovrei mentirti?‐disse lui con finta
ilarità, cercando di prendere tempo‐ e perché dovrei scomodare una cosa così
importante come un giuramento?Solo perché tu vuoi, come al solito, aver ragione
anche quando hai torto?‐continuò provando la carta della provocazione.
Ma Oscar non era abituata a porsi domande di quel genere, né tantomeno a dare
spiegazioni sul perché volesse qualcosa.
Il fatto è che quel giorno si era come svegliata, la realtà aveva bussato
violentemente alla sua porta e non sentendo risposta aveva scardinato
brutalmente le sue barriere, lasciandola stordita e nuda.
E ora non riusciva che a pensare a lui, ai suoi occhi, a come erano puri e diretti un
tempo , a quanta sofferenza doveva aver nascosto in tutti quegli anni , per lei, solo
per lei.
Non riusciva che a pensare che aveva una gran voglia di credergli e che non
doveva…perché lui le aveva sempre nascosto le sue preoccupazioni ..
Gli Stati Generali, il delfino morente, tutto ora sembrava perdere
importanza…tutto scivolava via…ora doveva sapere di André…
André ora era più importante di tutto il resto.
Se André stava male non poteva permettergli di continuare a fare il soldato.Se
André stava male non avrebbe avuto pace finché non lo avesse saputo al sicuro.
Si era detta tante di quelle volte , da quando aveva realizzato di ricambiare i suoi
sentimenti che quello non era il tempo dell’amore.Quel tempo era già passato e lei
non lo aveva saputo capire. Adesso era il momento di difendere il Paese, di
dimostrare di che pasta era fatta, di dimostrare a lui per primo che lei non era più
una bambola manovrabile ed era convinta che se fosse stata in grado di scegliere
ciò che era meglio per la Francia sarebbe stata in grado di affrontare anche ciò
che era meglio per se stessa.
Poi sarebbe forse tornato il loro tempo.
In quel momento non avrebbero potuto concedersi nessuna possibilità.
Ma l’idea, la sola idea che lui potesse avere dei problemi con l’occhio destro, di
non essersene accorta la faceva impazzire.Perché in quel caso sarebbe stata
costretta ad allontanarlo da lei e allora sarebbe stata davvero sola, e in quel
momento aveva bisogno di averlo vicino.
Lo aveva capito a Saint Antoine:poteva rimanergli accanto fingendo di non
provare niente, ma non poteva stare lontana da lui senza sentire uno strappo, una
lacerazione insopportabile.Allora aveva capito quello che lui sapeva da tutta la
vita:che non poteva stare con lui e nemmeno senza di lui e che la loro condanna
era quella…dovevano stare vicini, in un limbo doloroso e crudele, senza toccarsi
mai…
Ecco perché non poteva più tacere oltre, ecco perché sarebbe stata disposta a
credere anche ad una menzogna di André.
Aveva bisogno di sentirgli dire che tutto era a posto o che si sarebbe sistemato,
che il suo occhio era solo affaticato, come aveva detto Alain.
Era solita credere a quello che le dicevano le persone e non sapeva bene leggere
tra le righe, ma quelle parole sapevano così tanto di scusa, che anche lei si era
insospettita.
Ma se André le avesse detto che era stanco lei si sarebbe concessa di sentirsi
stanca, se lui le avesse detto che era un disturbo temporaneo lei si sarebbe
convinta che il suo era un malessere temporaneo, non definitivo.
Quello che provava era troppo doloroso, doveva solo riportare tutto alla
normalità, assicurarsi che stesse bene, e poi sarebbe potuta ritornare a vestirsi di
certezze.
Solo se André le era a fianco poteva andare avanti
senza impazzire, senza cedere alla stanchezza.
Ora all’improvviso, le sembrava che quell’equilibrio che lei riteneva così solido,
fosse stato sempre precario e instabile e che presto sarebbe arrivato un
cambiamento .
Quell’idea la lasciò sgomenta, immobile e incapace di pensare lucidamente.
Perché non riusciva a credergli fino in fondo, perché non si faceva bastare quelle
parole e quello sguardo, che lui usava così spesso quando erano più giovani.

Per tutta la vita ho chiuso gli occhi di fronte all'evidenza
e ora di vita ce n'è così poca e di amore invece così tanto...

Si ritrovò a pensare senza rendersene conto a tutto quello che stava perdendo
E poi un pensiero che allontanava da tempo quando era sul punto di prendere
forma si fece violentemente strada e diventò chiaro e terribile

Sei quindi pronta a morire per il tuo paese?per renderlo libero ed egualitario
e non sei pronta a vivere riconoscendo al tuo amore il diritto di vivere in questo stesso paese?

Vigliacca!

Scacciò a forza quella voce molesta e cercò un punto dove la melma non la facesse
affondare
‐Tu giura e basta, poi sarò soddisfatta‐disse guardandolo con aria i sfida, come
avrebbe fatto con un avversario

Sei sicura Oscar?
Sarai veramente soddisfatta?
Gli crederai e ti metterai il cuore in pace?
Ti basterà davvero la sua parola?

I lunghi anni di auto‐censura e di disciplina avevano imposto ad Oscar di
sbarazzarsi di quelli che venivano considerati pensieri inutili per un soldato
Così l’ascolto delle proprie emozioni le era proibito, perché visto come una
debolezza tutta femminile e non invece come quello che sarebbe potuto essere un
punto di forza per una persona con un carattere come il suo.
Anche per questo Oscar non era completamente consapevole che la sera in cui
André le aveva imposto il suo no, alla sua richiesta di essere lasciata sola, lo aveva
sentito più vicino che in qualsiasi altro momento.
Nonostante la delusione e la rabbia, lo aveva capito più profondamente che in
tutto il resto della sua vita.
Da quel momento aveva compreso che anche lui fingeva, che anche lui era preda
di demoni e sentimenti più forti di lui, e che anche a lui non era permesso
esternarli.E anche per questo non riusciva a credergli completamente.
Ma lei era il più severo dei suoi censori e non si accorgeva che la verità era che
facendolo si darebbe potuta illudere di poter indugiare, la pura verità era che
dentro sentiva sbarre di una prigione angusta serrarle il cuore.Le sentiva come
se fossero state reali.Erano così fredde che non appena l’anima vi si avvicinava
bruciavano come acciaio rovente.
Si rese conto che aveva rimandato quel momento per paura di non essere in
grado di affrontarlo.
Realizzò come le fosse impossibile immaginare un qualsiasi slancio verso il suo
compagno di tutta una vita; come non ne fosse più capace.
Non sentiva più nulla, solo stanchezza e dolore…era impotenza la sua, l’impotenza
con cui provava a combattere ogni giorno e che ogni giorno la vinceva.Si accorse
con sgomento di essere riuscita ad attuare il suo proposito, quello cioè di vivere
solo per il lavoro, soffocando ogni sentimentalismo e peggio, ogni sentimento dal
suo cuore.
Ma André aveva avuto ragione, questo non era bastato ad allontanare la
sofferenza.
Aveva avuto ragione lui.
Non era servito a niente reprimere i moti del cuore e dell’anima.Il dolore era
sempre e comunque lì,il peso di non poterlo condividere insopportabile, il senso
di angoscia sempre più forte.
Nonostante tutto, la preoccupazione per le condizioni del suo amico era diventata
tanto intollerabile da vincere il suo autocontrollo e da spingerla ad intavolare
quella conversazione che si stava rivelando più difficile e dolorosa di quanto
avesse immaginato.
Parlargli a viso aperto, averlo vicino, in un luogo così familiare e carico di
ricordi…pensava che sarebbe stato facile e invece…
In realtà voleva prolungare ancora l’illusione che amarsi a distanza fosse una
condizione temporanea, perché appena provava a muoversi, sentiva tutta la forza
della sua immobilità e della sua guerra interiore .
Con Fersen era stato diverso, cedere alla follia e al desiderio
era stato naturale e anche se si era resa ridicola sapeva che era stata una
decisione facile, era semplicemente stato più semplice agire che non agire e
adesso invece era il contrario.
‐Avanti Oscar, te l’ho appena dimostrato

No!
Non sono queste le parole che voglio sentire da te .
Voglio una garanzia.
La garanzia che tutto andrà a posto, che stai bene, che puoi rimanere al mio fianco.

Oscar si mosse nervosamente finché non raggiunse lo scrittoio.A quel punto come
colpita da un pensiero improvviso prese un foglio e vi scrisse sopra qualcosa.
Si rivolse poi verso il suo amico e lo guardò seria
Mise il foglio davanti ai suoi occhi, non tropo lontano, ma non abbastanza vicino
per la debole vista di André
‐Leggi!Cosa c’è scritto?‐ordinò incatenandolo con lo sguardo
André però che da lei si era sempre lasciato comandare, ma mai intimidire tanto
da fare qualcosa che non aveva intenzione di fare, non guardò il foglio ma
ricambiò invece lo sguardo con ostinazione.
‐Oscar, sei impazzita?‐disse con voce calma
‐Leggilo ho detto!‐ tuonò imperiosa, avvicinandosi impercettibilmente a lui.
‐Calmati, calmati…se io ti accontento mi prometti che non torneremo più sulla
questione?‐ bleffò lui, continuando a guadarla negli occhi ed evitando
espressamene di posare lo sguardo sul foglio
Lei non rispose, ma la risposta positiva era insita nel suo sguardo.Fece infatti un
lieve cenno con il capo.
Lui allora sospirando guardò il foglio che aveva davanti e si sforzò di non apparire
concentrato, ma al suo capitano non sfuggì un lieve incresparsi delle sopracciglia.
Oscar sentì una morsa serrarsi attorno al suo cuore, come se André stesse per
rivelarle una terribile verità, come se su quel foglio fosse scritta la condanna a
morte di Oscar François de Jarjayes scritta in una lingua che lui non
conosceva.Vide la sue labbra, che come a rallentatore si stavano schiudendo per
parlare quando all’improvviso la sua attenzione fu catturata da un rumore sordo
ma distinto che arrivava dall’esterno.
Alzò una mano per far tacere André e si girò verso la grande finestra alle sue
spalle,i cui vetri erano battuti e rigati da una pioggia violenta e rumorosa.
  
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