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Autore: chaska    28/09/2011    2 recensioni
«E lui? » Il mio sguardo vagò su un punto preciso, bloccandosi fermamente su di esso. «Chi? » «Quello là. » E indicai con il dito un ragazzo che stava in mezzo a tutte quelle cariche, ma che ai miei occhi risaltava come la neve in un campo di papaveri. «Quello con i capelli da pecora. » Sentii mio nonno ridere di gusto vicino al mio orecchio, solleticandomi con la barba e indispettendomi non poco. «Quello è il più importante di tutti. » «Più del re? » «Certo, lui è la Prussia. »
Genere: Introspettivo, Malinconico, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nuovo personaggio, Prussia/Gilbert Beilschmidt
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Ero appena un bambino la prima volta che vidi la corte reale in tutta la sua magnificenza.

Ricordo la folla immensa scesa in piazza, si stava così stretti da non respirare quasi. Nell’aria sembrava quasi sceso un velo di nebbia, date tutte le nuvole di condensa formatesi dal caldo respiro degli abitanti eccitati ed urlanti contro l’aria eccezionalmente fredda.

E poi ricordo il dito tremante di mio nonno, incurvato dall’età, che indicava tutte le figure che pian piano sfilavano dinnanzi a noi.

Senza alcuna fretta sostava il dito una volta su un ministro, l’altra su tale carica militare. Così mi spiegò con un’evidente nota di orgoglio che quell’uomo dai grandi e strani baffi a capo di tutta quella numerosa corte era il nostro venerato Re di Prussia, Guglielmo II, nonché Imperatore dell’intero Reich Tedesco. E poi giù, a farmi notare la regina sua consorte e il piccolo principe al suo seguito, il futuro re. E poi interminabili uomini dallo sguardo e dal portamento fiero, colonne portanti di tutto il nostro regno, mi ripeteva mio nonno.

«E lui? »

Il mio sguardo vagò su un punto preciso, bloccandosi fermamente su di esso.

«Chi? »

«Quello là. » E indicai con il dito un ragazzo che stava in mezzo a tutte quelle cariche, ma che ai miei occhi risaltava come la neve in un campo di papaveri.

«Quello con i capelli da pecora. »

Sentii mio nonno ridere di gusto vicino al mio orecchio, solleticandomi con la barba e indispettendomi non poco.

«Quello è il più importante di tutti. »

«Più del re? »

«Certo, lui è la Prussia. »

 

Ormai la corte si era ritirata dalla vista del popolo, e io e mio nonno eravamo a casa da un bel po’. È abbastanza inutile sottolineare quanto la vista di tutto ciò mi avesse fortemente turbato.

Non erano le cariche e i nomi altisonanti ad avermi frastornato, e nemmeno le divise ornate di bianco e nero che mi ricordavano così intensamente quella di un padre che non conobbi mai, no.

Ad aver catturato la mia intera attenzione fu quel ragazzo dai capelli bianchi come la neve, sì, cambiai versione ben presto dato che i suoi capelli non erano sporchi come il pelo delle pecore. Mi incuriosì fortemente la sua espressione e il suo portamento fiero, ancora più dello stesso Guglielmo II, e il fatto di essere così giovane in un corteo di persone tutte fin troppo vecchie. Ma soprattutto mi incuriosì come l’aveva indicato mio nonno.

Capite bene, andavo a scuola da qualche settimana, ed ogni mattina appena entrato mi si piazzava davanti la cartina della Prussia. Un pezzo di terra ragguardevole con confini ben delineati ed alleanze di riguardo, ma finiva lì. Insomma, la Prussia era uno stato, basta. Come poteva allora essere quel ragazzo un pezzo di terra? Qualcosa non quadrava in quel ragionamento.

«È una cosa che in tanti hanno dimenticato. » Mi disse allora con un sospiro, sedendosi accanto a me con un’aria stanca.

«Dimmi Alek, da cos’è composto uno stato? »

Ci pensai un attimo e feci la conta delle prime cose che mi vennero in mente.

«Ehm, c’è il re, e tutto il governo. Poi ci sono le leggi, e tanta terra che confina con altri stati…»

Lo guardai dubbioso della risposta, in attesa di un cenno, che fra l’altro non si fece attendere.

«Giusto, tutto giusto. Ma uno stato non può essere tale senza popolo. Uno stato è il suo popolo. In tanti dimenticano che la terra che calpestano è terra prussiana. Con tutta questa miseria la vedono come semplice terra da coltivare e  in cui vivere. Ancora peggio, tutti dimenticano che noi facciamo la Prussia, non il governo e il re. »

Lo guardai intensamente, non capendo minimamente dove volesse arrivare.

«Quel ragazzo rappresenta il popolo di Prussia da quando questo stesso nome esiste. Lui è il popolo stesso.»

Suppongo che la mia espressione cambiò di molto in quel momento, nel senso che peggiorò, certo.

«Tu, io e tutti gli altri abitanti di questo stato siamo parte della sua anima. Allo stesso modo lui fa parte di noi. »

Credo che mio nonno si rese conto che per un bambino di sei tutto quel concetto risultasse più che difficile da comprendere minimamente, non che con l’età capissi meglio qualcosa di quella matassa di idee e concetti puramente astratti.

Passarono anni ed anni, e poche volte mi lasciai andare dalla parlantina e ne parlai con altri. Inutile dire che nessuno conosceva se non raramente di vista quel ragazzo, e capitò fin anche troppo spesso che mi prendessero ridendo per ubriaco. Però, come dire, io non rinunciavo. Insomma, l’aveva detto mio nonno, e in tutta la mia vita ho seguito le sue parole, pur assurde che fossero. E poi mi si fece strada un pensiero nella mente, se non c’era veramente nessuno che credeva in lui doveva essere un’esistenza triste la sua. Essere ignorati dalla propria anima…beh, non lo augurerei a nessuno.

E a dire la verità mi sembrò davvero una persona triste, Prussia. Lo vidi solo un’altra volta in vita mia, seduto ad un bar che, sinceramente, non avrei mai creduto potesse essere frequentato da gente del suo calibro. Per riverenziale timore e stupidi concetti del genere, aumentati dall’alcol che bevevo, non mi avvicinai, ma lo osservai tutta la serata. Non che fosse difficile non notarlo, dato tutto il chiasso che faceva.

Ecco, in quel momento appurai due semplici fatti. Il primo furono i suoi occhi. Non li avevo notati quella fredda mattina della mia infanzia, ma in quel momento appurai la veridicità della prima analogia che pensai, quella di un campo di papaveri coperto dalla neve, quanto mai azzeccato.

La seconda cosa fu un po’ più introspettiva della prima, ovvero che sì, doveva essere triste per abbandonarsi in una birreria di periferia. Insomma, un po’ di depressione doveva opprimerlo, non che la situazione politica del tempo l’aiutasse, certo.

Erano passati pochi anni, o almeno da un punto di vista storico erano pochi. Insomma, poche decine. E in quel “breve” lasso di tempo era successo tanto di quel trambusto da lasciare storditi.

Il re non era più imperatore del reich tedesco, e non era nemmeno più re. Cadde tutto il governo del tempo a favore di uno completamente nuovo, e senza re. La Prussia non si chiamava più così, o meglio, aveva leggermente modificato il nome in Stato Libero di Prussia. Non che poi fosse libero, aggettato com’era alla vicina Germania.

E le guerre, mein gott, quelle due singole guerre avevano dilaniato l’intero popolo prussiano, con gente in ogni dove che dimenticava perfino il proprio nome, quant’erano impegnati a piangere morti a non finire.

Tutto stava cadendo su se stesso, tutto stava inesorabilmente crollando come un millenario castello di sabbia al suo ultimo incontro con le onde del mare.

In quel preciso momento, quel tragico momento, mi venne in mente l’immagine di quel ragazzo. Quel ragazzo che ragazzo non era, era uno stato fatto e finito, eppure lo stato per cui viveva, lo stato che era, era deceduto. Morto, scomparso per sempre.

Me lo immaginai, con gli occhi spenti e il volto scavato. Lo immaginai muto, impossibilitato nel parlare ed urlare come quella notte al bar.

Me lo immaginai dimenticato da tutti, perdente anche nel suo spirito. O forse anche morto..?

Poteva realmente morire una nazione?

Quel semplice pensiero mi turbò. Il nonno mi aveva detto che noi prussiani siamo la sua anima, e lui fa parte di noi stessi. Se la Prussia moriva, significava che anche io avrei perso qualcosa di me. Avrei perso un pezzo della mia anima insieme ai suoi capelli candidi, gli  occhi caldi e fragili come papaveri e la sua calda risata. Era qualcosa di difficile da supporre e da sopportare.

Tossii e mi guardai intorno, circondato da quella che un tempo veniva indicata come la grande Prussia. Ecco, adesso la Prussia era morta così come il suo popolo, popolo che veniva scacciato dalla propria terra. Se avessimo perso pure la nostra casa, che senso avrebbe indicarci ancora come abitanti della Prussia? Ecco che il suo popolo moriva insieme a lui, inesorabilmente.

E così si stava stretti come in quella mattina della mia felice infanzia, solo che stavolta non c’era nessuno a gridare di gioia, solo un branco di persone scacciate dalla propria casa.

Certo, non che ci tenessi tanto a divenire polacco. C’era qualcosa che non quadrava nel cambiare nazionalità così, da un momento all’altro. Non era pura antipatia misto a orgoglio patriottico, semplicemente non volevo tradirlo. Non mi andava giù di tradire quel ragazzo in cui avevo creduto per tutta la mia esistenza, c’era qualcosa di sbagliato. Quindi se mi cacciavano tanto meglio per me. Almeno non avrei dovuto mentire, non avrei dovuto tradirlo.

Forse in quest’ultimo ragionamento qualcosa filava, a dispetto di tanti altri.

Sperai davvero che la mia fedeltà, la mia ingenua fiducia in quei suoi occhi valesse qualcosa. L’anima di uno stato è il suo popolo, e se io avessi creduto in lui una piccola parte della sua anima sarebbe sopravvissuta.

Forse non sarebbe morto davvero, forse la Prussia avrebbe continuato a vivere.

Chissà, l’importante era continuare a credere e a camminare.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Post-it

M-ma lol. Ero partita con un’idea in testa, molto semplice a dir la verità, e poi ho scritto questo. Boh. Aggiungo una piccola nota storica prima di dileguarmi, alla fine della seconda guerra mondiale la Prussia venne divisa fra la Russia e la Polonia. È avvenuto, tristemente, davvero l’esodo della popolazione tedesca da territorio polacco. Per una volta i tedeschi furono oppressi e non oppressori, è un qualcosa di molto triste pensare a quella gente, ecco.

Ok, ora vado davvero °-°

Stay tuned people! chaska~

 

   
 
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