L’aveva
vista scappare fuori dalla Sala Grande, all’improvviso.
Turbata forse dai suoi
sguardi, turbata dai suoi compagni, da se stessa.
L’aveva
seguita immediatamente. Lanciando la sua forchetta immacolata contro il
piatto
vuoto.
I corridoi
erano deserti. Sul pavimento e nell’aria risuonava il suono
dei suoi passi, e
di quelli della ragazza che correva lui dinanzi.
“Granger!”
Si
voltò
a guardarlo. Un attimo solo.
“Lasciami,
Malfoy!”
“Granger
fermati!”
Le aveva
urlato contro, forse aveva semplicemente sibilato.
Si era
ritrovata in un corridoio senza uscita. L’unica salvezza
un’aula non
utilizzata. Vi era entrata bloccando la porta con un incantesimo.
Perché la
seguiva? Perché la torturava in quel modo? Si
afflosciò contro un vecchio
banco. Le ginocchia strette al petto.
Un colpo.
“Granger
apri o butto giù la porta.”
La sua
voce.
“Granger,
apri la porta!”
Silenzio.
Le gambe sempre strette al petto. Gli occhi socchiusi.
Un
frastuono.
La porta era stata buttata giù.
Entrò
nella
sua divisa da Serpeverde. Il solito ghigno piazzato sul volto.
“Te
l’avevo
detto Granger.” Enunciò riportando con un colpo di
bacchetta la porta al suo
posto.
“Cosa
vuoi?”
“Sapere
come stai.” Sibilò lui.
Lentamente,
con la sua eleganza di Purosangue le si avvicinò, fin quasi
a far aderire i
loro corpi. Sentiva il profumo dei cespugliosi capelli pervadere il suo
corpo. Fece
salire una mano all’altezza delle spalle della ragazza.
L’accarezzò.
“Lasciami
Malfoy.”
Questa
volta era stata lei a sibilare.
“No.
voglio sapere come stai.”
“Come
sto? Non sto bene. No. Assolutamente. Perché tu stai con
un’altra, con la
serpe, e continui a sputare veleno su di me. E non fai altro che
guardarmi! Smettila
di guardarmi.” Inspirò.
“Non
è
vero che ti guardo.” Enunciò il biondo cercando i
suoi occhi castani.
“Tu
mi
guardi sempre. Ovunque io mi trovi, scopro il tuo sguardo su di me.
Smettila. Non
riesco a respirare se tu mi guardi in quel modo. Io e Ron abbiamo dei
progetti,
lui ci tiene a me, sto provando a stare bene con lui, ma non ci riesco
se tu
continui a guardarmi così.”
“Figuriamoci..Lenticchia..”
“Smettila.”
Si era
fermata contro una parete. Il petto che s’alzava e
s’abbassava velocemente. Lui
le si era avvicinato sino a far combaciare i loro corpi.
“Tu
credi davvero che io lo faccia apposta, vero? Credi che non preferirei
guardare
Astoria? Lei è la mia promessa sposa. Ho dei doveri verso la
mia famiglia, verso
lei! Ma lei non mi fa impazzire, non mi fa perdere il controllo, non mi
fa
venire il disgusto se penso che un pezzente l’ha solamente
sfiorata!” si era
fermato, sbattendo un pugno contro la parete, poi riprese cercando
ancora i
suoi occhi. “Io farei qualunque cosa per non guardarti mai
più!”
Ghignò,
solitario, contro se stesso.
Le gli
si era avvicinata. Lo scrutava.
Fu in
un attimo che le fu addosso, appropriandosi delle sue morbide labbra.
Dei suoi
cespugliosi capelli e del suo delizioso profumo. Si perse in quel
bacio. Si perse
sul suo corpo, baciandole il collo, la pelle che lasciava scoperta lo
scollo
della camicia. Le accarezzava i capelli. Lei si perdeva nei suoi.
Danzavano le
loro lingue, bisognose l’una dell’altra.
Era
così
semplice perdersi l’uno tra le braccia dell’altro.
Ancora. Sempre.