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Autore: etienne86    29/09/2011    11 recensioni
La storia comincia dall'incidente a Saont Antoine e procede abbastanza fedele all'anime, ma una scelta determinante di Andrè e la presenza di nuovi personaggi cambieranno il corso degli eventi
Genere: Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: André Grandier, Oscar François de Jarjayes, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 23 Siamo praticamente giunti al termine. Ho limato molto questo capitolo, dove inizialmente  mi dilungavo in un dialogo "filosofico" tra oscar e andrè. Ma poi ho pensato che tra loro non c'erano mai molte parole e ho preferito accorciare. Seguirà un breve epilogo, col quale approfitterò per salutarvi tutte...


Capitolo 23

Prese coscienza di dov'era lentamente, come quando ci si risveglia dopo un sogno molto coinvolgente. Fai fatica a capire se sei ancora addormentato o già dentro la realtà.
Fissava il soffitto sopra di lei, quelle decorazioni familiari, e intanto sentiva, nel silenzio assoluto, il rumore dell'acqua che cadeva nella vasca, mentre Andrè strizzava la spugna. Lo guardò. Con gesti leggeri e delicati, la stava lavando della sporcizia accumulata sulla sua pelle quel giorno. Sembrò ignorare il suo risveglio.
"Andrè.." lo chiamò. Il giovane continuò, come se lei non avesse parlato.
"Ti prego, Andrè, guardami! Lo so che ti ho deluso, che mi hai aspettato..." Come le costava parlare, si sentiva la gola secca e la testa così pesante!
"Lo so, Oscar. Non sono arrabbiato".
La sollevò dal bordo della vasca e versò una brocca d'acqua tiepida sui suoi lunghi capelli. Notò i petali di rosa galleggiare attorno al suo corpo: di certo un'attenzione di Nanny per la sua bambina!
"Perchè mi hai portato qui?"
Tutto si sarebbe aspettata, tranne di ritrovarsi a Palazzo Jarjayes.
"Ho visto gli ussari da Madame Dressie, questo pomeriggio,  non volevo tornare da loro. Ho chiesto a Lasalle di farle avere nostre notizie, spero che stavolta gli riesca..." concluse in tono sarcastico.
"Già..."annuì  la donna.
"Comunque ho ritrovato Cesar mentre tornavamo qui. Dopo aver disarcionato il povero Lasalle deve aver  seguito la via di casa"
La fece alzare, la avvolse in un telo e la portò in braccio nell'adiacente camera da letto. La aiutò a infilarsi una camicia da notte pulita e le rimboccò le coperte, come ad una bambina.
"Buonanotte Oscar"
Lo trattenne per un braccio e gli disse piano, titubante.
"Non resti con me stanotte?"
"Siamo a casa di tuo padre, Oscar, e non siamo nemmeno sposati"
Sentì il suo corpo tendersi mentre pronunciava  quest'ultima parola.
"Ho dovuto litigare con mia nonna per potermi occupare di te, prima, e non voglio oltremodo urtare la sensibilità di nessuno. Se avrai bisogno di me puoi trovarmi nella mia vecchia stanza, nell'ala della servitù. Ho fatto mettere un giaciglio anche per Gustave"
Il piccolo Gustave! Aveva ancora nelle orecchie il grido che aveva lanciato di fronte al soldato prussiano, nel piazzale della Bastiglia. Dal suo nascondiglio aveva assistito a tutti gli orrendi avvenimenti di quel pomeriggio.
"Come sta?" chiese, investita dai sensi di colpa.
"Non è ferito, ma...non parla. Non parla più."

Stava correndo sul lungofiume, rasente il muro dell'argine. Indossava la sua vecchia divisa di comandante della Guardia Metropolitana, e impugnava una pistola. Poco distante la seguivano i suoi fedelissimi, Andrè ed Alain in testa. Dall'altra riva della Senna un soldato nemico la vide e le puntò il fucile contro. Le sembrò di vedere la traiettoria del proiettile, certa che ormai l'avrebbe colpita. Ma un suo soldato si gettò davanti a lei, facendole scudo col proprio corpo e cadde colpito ai suoi piedi. Quando si chinò  e lo voltò, vide il volto di Andrè. Le sorrideva, un sorriso che conosceva da sempre, che non era mai cambiato, che aveva impresso nell'anima.
Si stringeva una mano al petto, ma non riusciva a trattenere un copioso getto di sangue. Sembrava non soffrire nemmeno, pur essendo consapevole della vita che fuggiva da lui. E lei gli stringeva la mano, senza tuttavia riuscire a trattenerlo."Non lasciarmi, Andrè!Ti prego, non lasciarmi!"
Si svegliò di soprassalto, gridando. I capelli appiccicati alla fronte madida di sudore, le membra ghiacciate. Un incubo. Era stato solo un terribile incubo, ma il cuore le batteva furiosamente nel petto e sentiva le guance bagnate di lacrime.
Si prese la testa tra le mani. Scottava, e percepiva quell'improvvisa sensazione di fame  d'aria che ormai sapeva riconoscere. La malattia, che le aveva concesso una breve tregua durante il suo soggiorno  a casa Dressie, era infine sopraggiunta a reclamare dazio per quella giornata di fatica.
Si era sempre nascosta al mondo intero quando stava male, come se ammalarsi fosse il segno di una debolezza  che non poteva permettersi, ma in quel momento il suo corpo e il suo cuore reclamavano la vicinanza  dell'unica persona in grado di dare un senso a tutto quello che accadeva nella sua vita: Andrè. Non le importava che non fossero legalmente uniti davanti al mondo, o che fossero a casa di suo padre, o che tra quelle mura lei fosse la figlia del padrone e lui un semplice servitore, doveva andare da lui.
Si alzò dal letto e per poco non cadde a terra. Si sentiva debole e dolorante, ma lentamente, aggrappandosi  alle pareti, percorse il lungo corridoio che conduceva alle camere della servitù.
La porta della sua stanza era socchiusa, la aprì con una leggera pressione delle dita. La finestra era spalancata, le tende agitate dal vento. Fu investita da una folata di aria fredda, primo segnale di un temporale in arrivo, e un brivido la scosse.
Gustave dormiva rannicchiato  su un piccolo letto improvvisato, vicino allo scrittoio. Poco lontano vide la sagoma di Andrè, sdraiato, con le braccia incrociate dietro la testa, la camicia aperta e sfilata dai pantaloni. Entrò quasi strisciando i piedi, con le ultime forze che le rimanevano.
"Oscar!" La riconobbe subito, anche nell'oscurità.
Lei non disse una parola e gli si sdraiò accanto, come fosse la cosa più naturale di questo mondo, come se fosse da sempre il suo posto.
Andrè esitò solo un attimo, poi la strinse a sè. E sentì la pelle fredda e sudata, i brividi che la scuotevano, i pugni stretti per lo sforzo di arrivare fino a lui. La sistemò sotto le coperte, si spogliò e la raggiunse.
Oscar non avrebbe potuto descrivere le sensazioni che le regalò quel contatto col calore del suo corpo, come se lui fosse l'unica fonte di vita possibile, per lei, come se fosse una parte di sè, di cui sentiva la mancanza non appena si allontanava. E come un rito, appoggiò la testa sul suo petto, ascoltò quel cuore che era anche suo, quel costante rumore così vicino, che le raccontava di una vita spesa al suo fianco, spesa per amarla, come nessuno aveva saputo fare.
Andrè non parlò, e non ci fu bisogno di parole.  Perchè in quel abbraccio Oscar trovò il conforto per tutte le ferite che quella terribile giornata le aveva inferto, e la forza per lasciare andare il dolore e la paura, sotto forma di un silenzioso fiume di lacrime.

L'alba la trovò sola. Aveva dormito un sonno pesante e senza sogni, ma si sentiva indolenzita e dolorante. La febbre, però, era passata.
Gustave riposava ancora, ma le coperte gettate per terra e i cuscini scomposti tradivano una notte agitata. Oscar si avvicinò alla finestra e guardò all'esterno. La camera di Andrè si affacciava sul giardino posteriore della casa, verso le scuderie. Lo vide sullo stesso terrazzo in cui si trovava  lei, dopo l'aggressione a Saint Antoine,  nel momento in cui Fersen era venuto a parlarle.
Seduto, con la schiena appoggiata al muro, lanciava  piccole manciate di granaglie ad uno stormo di colombi bianchi.
Lo raggiunse, scalza, coprendosi le spalle con una coperta. La salutò con un sorriso, mentre gli uccelli si alzavano in volo al suo arrivo.
Si sedette per terra, insieme a  lui, tra le sue gambe, appoggiando la schiena al suo petto, e lui chiuse le braccia e affondò il volto nei suoi capelli. Poteva sentire i pensieri agitarsi  dentro di lei, come le ali di un uccello trattenuto tra le mani.
"Andrè, dimmi, che cosa devo fare? Dimmelo tu, Andrè..."(1)
L'uomo sospirò.
"Segui il tuo cuore, Oscar!
Gli ideali di questa rivoluzione devono essere vissuti col cuore, altrimenti si trasformeranno  in una cieca rivalsa, in un capovolgimento di potere, che non cambierà le sorti della Francia.
So che credi nell'uguaglianza tra gli uomini, non potresti amarmi, diversamente.
So che saresti disposta a morire per difendere quello in cui credi, e per me."
Improvvisamente abbassò la voce, e le parlò quasi sussurandole nell'orecchio.
"Ma  vorrei che per me trovassi anche il coraggio di vivere...
Io so qual è il mio compito, ciò per cui credo di essere nato. Amarti, occuparmi di te, renderti felice  e proteggerti. L'ho fatto per una vita e continuerò a farlo. Sia che voglia  dire cercarti tra i caduti su un campo di battaglia, o tenerti  stretta la notte,  quando ti assale le febbre. Ma preferirei una vita intera da servo insieme a te che vivere da  uomo libero, in un mondo più giusto, dove non ci sia tu! "
Oscar non rispose, appoggiò mollemente la testa sulla sua spalla e insieme attesero il nuovo giorno.
Quando il sole illuminò completamente i loro corpi abbracciati, fu lei a rompere il silenzio.
"Credi che padre Vincent sia ancora disposto a sposarci, oggi?"
Andrè tacque, ma la stretta attorno a lei si fece più forte, stava sorridendo.
"Vado a svegliare Gustave..."
Oscar si alzò con lui  e si avvicinò alla balaustra, lo sguardo perso nel verde davanti a lei.
Forse non avrebbe più potuto combattere per i suoi ideali, ma avrebbe potuto viverli.
Improvvisamente, un sorriso le increspò le labbra. Non se ne era mai accorta, fino a quel momento, ma anche nel giardino di palazzo Jarjayes, dove aveva trascorso un'intera esistenza, lontano dalle aiuole curate e dai roseti dalle varietà più rare, i cespugli di lillà in fiore regalavano la loro bellezza a chi sapeva notarli.
 
 
 


(1) frase tratta dall'anime (puntata 39)


 
  
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