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Autore: MrBadCath    29/09/2011    2 recensioni
Autori: MrB feat. C (vale a dire MrBadGuy and la Cath)
Desclaimers: Niente di tutto questo è mai successo nella realtà. I Queen e le canzoni citate non ci appartengono. David è un personaggio di MrBadGuy. No infringement of copyright intended.
Note: per le note vedere Nda e Varie :D grazie.
Genere: Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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David


Ero teso come la corda di un violino.
Camminavo per la strada con passi arrabbiati.
Entrai dentro casa mia e mi guardai attorno: avevo bisogno di qualcosa da distruggere, oppure avrei spaccato il bel visino di Freddie.
«Stronzo!» urlai «Prima vuole venire a letto con me e poi fa il moralista. Poi ancora cerca Roger. Roger qui, Roger lì. Sposatelo, no?» diedi un pugno alla parete, la porta lontana poco più di un metrò tremò come una foglia.
La mano era dolorante, per essere sicuro che non cadesse a pezzi la aprii e la chiusi, lentamente. Almeno non era rotta.
Mi sentivo terribilmente frustrato, non capivo perché tutto quello stesse accadendo a me, comunque sia, avevo bisogno di distrarmi.
Feci un giro in casa, arrivai in cucina e mi tracannai mezzo litro di latte. Appoggiato con la schiena al muro, guardai sul tavolo.
Orrore.
La mente mi faceva brutti scherzi. Quello che avevo visto stampato sulla busta non era lo stemma della milizia inglese?
Mi avvicinai lentamente, deglutii: avevo visto bene. Ma come era possibile che fosse già arrivata? Ero a casa da meno di una settimana.
Non avevo bisogno di aprire quel pacchetto di sofferenza e rabbia, sapevo già cos'era contenuto al suo interno. Dovevo scoprire solo quando e dove dovevo andare.
Poggiai il bicchiere sul tavolo e presi in mano quel maledetto pezzo di carta, avrei potuto recitare a memoria tutte le parole stampate su di esso.
Avrei perso Freddie, di nuovo.
Mi scusai silenziosamente con me stesso, per non aver mantenuto la promessa che sarei stato lontano dal lavoro per un bel po'.
Avrei dovuto scusarmi con Freddie per tutto quel che gli avevo causato quei giorni, anche con Roger, che era rimasto coinvolto non poco.
Le parole di mio padre rimbombarono in tutta la casa:
«Sporco scherzo della natura, dovrebbero sopprimerti, hai il diavolo stampato negli occhi» ancora i denti alle labbra, come se potessero aiutarmi a cacciare tutti quei pensieri.
Forse ero uno scherzo della natura, ma sicuramente ero il diavolo, dove andavo seminavo discordia, bastava guardare come avevo intaccato la relazione di Roger e Freddie.
Dopo un lungo sospiro lasciai che una lacrima rigasse il mio viso, lasciai che la mia persona cadesse a pezzi.
La gambe mi si piegarono e io finii con le braccia conserte sul tavolo, il viso nascosto da esse.
La notte trascorse lunga e dolorosa, immersa nei peggiori pensieri ed in una sbornia di latte che mi aveva lasciato con il mal di stomaco, anche se era inutile dare a lui la colpa. Quello poteva dipendere anche da altro.
L'unica persona di cui avevo bisogno, era anche l'unica a non volermi vedere: un classico. Eppure c'era anche qualcun altro. Potevo davvero scendere a patti con me stesso e parlarne davvero con il principe azzurro di Freddie? Forse era una pessima idea, mi sarei di nuovo messo in mezzo, non avrei fatto altro che peggiorare la mia già precaria e disperata situazione... ma Roger era tutto quello che mi era rimasto, ormai, e rivolgersi a lui era sempre meglio che continuare a fluttuare in questa via lattea con il mal di stomaco.
«Sì?» la voce altezzosa si riconosceva lontano un miglio, anche al telefono
«Risolto con il tuo babbuino peloso?» la risata felice quasi mi spazzò via
«Tesoro, ho fatto due su due ieri sera, sono o non sono il maestro di seduzione?» mi ci mancava solo lui ad infierire
«Te lo dici da solo, sei patetico» lo rimbeccai
«Rosichi?»
«È lì?»
«Io e Freddie non conviviamo, ficcatelo bene in testa, mi ci vorrebbe un grattacielo di trenta piani per far entrare tutti i suoi vestiti e prodotti di bellezza nella stessa casa in cui stanno i miei»
«Hai impegni per stasera?»
«Io ho sempre impegni per la sera e non sono come la tua crocerossina che si libera per te» mise subito in chiaro. Non ero in vena di scendere a patti con nessuno, non risposi. «David...? C'è qualcosa che non va?» domandò allora, preoccupato.
«Tra un quarto d'ora sono a casa tua, cerca di farti trovare pronto» borbottai. Ovviamente fece di tutto per disobbedirmi.

Scese, effettivamente, dopo una manciata interminabile di minuti, con indosso solo i pantaloni... e gli occhiali.
Cosa mi era saltato in mente di chiamare proprio lui per sfogarmi del litigio che avevo avuto con Freddie per lui?
«Che sole, hai un paio di occhiali anche per me?» lo presi in giro, alzandomi in piedi. Si era fatta quasi notte per aspettare che fosse pronto, era lento da morire e vanitoso tanto quanto la ragione dei miei travagli sentimentali.
«Insomma, dove andiamo?» domandò lui, infilandosi una maglietta che teneva stretta in mano.
«Andiamo a prenderci un caffè. Ne ho bisogno ed ho anche in mente un bel posto»
Lo portai in uno dei bar che preferivo. Dopo esserci seduti al tavolo, ci raggiunse una cameriera a dir poco graziosa, che sorrise a entrambi.
«Cosa posso portarvi?» ci chiese, costringendosi a distogliere gli occhi dai miei
«Io prendo un caffè doppio ben zuccherato»
«Io un caffè doppio amaro» studiai ogni centimetro della ragazza in pochi secondi. L'uniforme era semplicemente orribile, ma nascondeva le curve degne di un modella. 
L'espressione di Roger, perso a scavare da dietro gli occhiali sul corpo della ragazza, che stava raggiungendo il bancone, mi suggerì che era d'accordo con me.
«Che ti ha detto, quindi?»
«Se te lo dicessi, ti darei troppa soddisfazione, visto che ha improvvisato una specie di scenata di gelosia» sorrise sotto i baffi che non aveva e si accarezzò le labbra in un moto di soddisfazione atto a nascondere ciò che gli nasceva a fior di labbra per la felicità
«Allora dimmi quello che ti pare» borbottò
«È che...»
La ragazza ritornò con i due caffè su un vassoio.
Le guardai le caviglie e salii lentamente verso le ginocchia.
«Non c'è molta gente stasera» osservò Roger, rivolto alla cameriera, richiamando anche la mia attenzione
«Siamo in orario di chiusura» sorrise lei, prima di allontanarsi. Guardai Roger e gli sorrisi:
«Bel bocconcino, vero?»
Non rispose, io presi a sorseggiare il mio caffè amaro, anche se forse era di zucchero che avevo bisogno per affrontare quel discorso. L'importante era che non fosse latte.
«Insomma, mi ha cacciato da casa tua dicendo che, in pratica, tu rientravi nei suoi beni immobili e che non devo avvicinarmi al tuo bel culetto neanche con lo sguardo, tutto questo in sintesi: ora goditi questo momento di felicità finché durerà» non si diede troppe arie
«Il fatto che il mio sedere sia quello che preferisce non deve scoraggiarti, amico mio, i gusti di Freddie cambiano alla velocità della luce, la nostra sarà una competizione-amicizia» era sufficientemente realista da darmi l'idea di non mentire
«Non è il tuo fondoschiena che preferisce. È che mi sono assentato troppo dalla sua vita e ora... Poi, dopo aver violato il tuo culetto non mi rivolgerà la parola per...»
«Puoi per cortesia evitare di parlare ogni trenta secondi del mio lato B? Capisco che sia irresistibile, ma insomma, non si è mai troppo al sicuro...» bofonchiò infastidito
«Hai paura di essere chiamato culattone?» risi e poi mi ricomposi «Puoi per cortesia rispondere alla prima domanda?»
«Devi dirgli quello che senti!»
«Tu non l'hai fatto!» esclamai esasperato
«Non ho bisogno di dirglielo a parole, lui lo sa già, altrimenti non si permetterebbe di andare a dire in giro che il mio... insomma, quello è suo! E poi io e te siamo due entità distinte... se tu abbassi per primo la testa, ti perdonerà, lo farà di certo...»
«Non credo ne valga la pena» sentenziai, guardando la mano con cui avevo semi distrutto il muro: era viola.
«Se lo ami...» azzardò lui, guardando l'arto che aveva assunto un colore molto particolare. Mi morsi le labbra: avrebbe capito qualcosa di quel che era successo la sera prima, ma non volli dargli questo privilegio, glielo avrei detto.
«Io devo partire» sussurrai, troppo piano per essere sentito
«Perché ora sussurri? Non fare il timido, non ti si addice!» sghignazzò
«Devo partire!» quasi urlai, stringendo improvvisamente le mani in due pugni, facendo cambiare improvvisamente l'espressione del batterista. Se era convinto che il massimo della mia furia si potesse manifestare con quello che era successo la sera prima, si sbagliava di grosso.
«Scusami, sono nervosissimo... è che non mi aspettavo succedesse tutto questo per... Freddie» abbozzai un sorriso.
«Benvenuto nel club...»
   
 
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