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Autore: Meme06    29/09/2011    8 recensioni
E se Ikuto fosse un vampiro ed Amu una semplice ragazza che però dentro di se nasconde un'indole oscura e sadica? Che cosa succederebbe? Ambientato nel passato. un'altra storia che ha sviluppato la mia mente malata, spero vi piaccia ^ ^
Genere: Dark, Sentimentale, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: Contenuti forti
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- Questa storia fa parte della serie 'The smell of your blood'
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Il ragazzo restò ancora immobile a fissare la luna che piano piano sbucava dalle nubi, nel cielo notturno. Era rimasto stupito dall'incontro con quella ragazza. Quella lì aveva qualcosa che non andava. 'Non ho paura dei vampiri da quando avevo sei anni' queste furono le sue parole. Perché non aveva paura dei vampiri, perché non aveva paura di lui? Questa cosa lo mandava in bestia, non era mai capitato, mai e di certo non doveva capitare di nuovo. E come se non bastasse non si era limitato a prenderlo in giro, ma l'aveva lasciato a bocca asciutta.

La voglia di sangue si faceva sentire sempre più e lui non vedeva nessuno preda da poter mordere e dissanguare.

- Dannazione! - imprecò il ragazzo sbattendo un pugno sul tronco di un albero lì vicino. L'odore del sangue, del suo sangue gli era rimasto nelle narici e non ne voleva sapere di sparire. Se avesse potuto sarebbe andato di corsa in quella casa e l'avrebbe uccisa subito, senza pensarci due volte.

Si portò una mano alla fronte. No, questo atteggiamento non era da lui. Doveva restare calmo o si perdeva tutto il divertimento. Quella ragazza non si sarebbe mai piegata a lui, non lo avrebbe ma implorato di non ucciderla, non avrebbe mai visto il suo sguardo miele intriso di paura. Proprio in quel momento si rese conto di quello che voleva fare. Lei doveva soffrire, aveva bisogno di soffrire in tutti i sensi, solo in questo modo quando l'avrebbe voluta uccidere lei non si sarebbe opposta.

Si passò la lingua fra le labbra per gustare ancora quel dolce sapore di vita. Poi si trasformò in gatto e sparì tra gli alberi dirigendosi verso il suo castello.


Amu intanto se ne stava nella sua stanza, stretta tra le leggere lenzuola che il suo letto possedeva. Quello era stato il primo vampiro per cui almeno per un secondo aveva provato paura, paura che lei era riuscita benissimo a mascherare. Quando lo fissava negli occhi bianchi, gelidi, quelle iridi color ghiaccio le trasmettevano tutta la malignità di cui era imperlato il suo animo. Lui la voleva davvero uccidere, lo aveva capito questo. Eppure avvertiva che c'era qualcosa di strano in quel vampiro. Alle altre vittime le torturava e gliene faceva di tutti colori prima di ucciderle. Invece con lei stava andando dritto al sodo. Probabilmente perché era molto affamato… si disse.

Si tirò su a sedere. La ferita al ginocchio le bruciava da morire. Il sangue aveva ripreso a scendere e le aveva sporcato le lenzuola. Prese un panno che aveva lì vicino e si tamponò la ferita. Non sarebbe bastato.

Corse di sotto, in cucina, e bagnò il panno per poi appoggiarlo nuovamente sulla ferita. Riuscì a fermare il sangue per un poco, ma il graffio ancora bruciava e di certo avrebbe sporcato le lenzuola.

Tornò nella sua stanza e si guardò intorno mentre premeva con il panno sullo sfregio.

Posò il pezzo di stoffa bagnato di acqua e sangue sul comodino, dopo di che prese il lenzuolo e ne strappò via un pezzo. Si fasciò per bene il ginocchio, stretto. Poi guardò la fasciatura con aria soddisfatta. Prese la pezzuola bagnata e la nascose sotto il materasso. Tirò fuori dal medesimo posto ago e filo e, dopo essersi messa comoda sopra il letto, prese il lenzuolo ed iniziò a rifargli il bordo, non dovevano accorgersi che lo aveva strappato. Era comunque sporco di sangue. Doveva lavarlo. Scese al piano di sotto nuovamente per riempire il catino d'acqua e immergerci il lenzuolo. L'acqua non bastava a smacchiarlo, il sangue non andava via così facilmente. Decise comunque di lasciarlo a mollo nell'acqua. Se lo avrebbe steso le macchie di sangue secco avrebbero insospettito prima i paesani e poi il padrone. Meglio non rischiare. Per il momento non avrebbe detto niente, avrebbe lasciato correre la cosa facendo finta che non fosse successo niente. Al momento opportuno avrebbe inventato una buona scusa.


Il sole stava per sorgere. La notte passa sempre troppo velocemente… si disse il vampiro mentre si apprestava a sedere sulla poltrona e mettersi la fascia nera al collo.

- Uff… - sbuffò. - Ho fame e fino a sta sera non posso mangiare…

Si lamentò il ragazzo. Un giorno di digiuno lo aveva reso più debole e visto che già il sole gli sottraeva gran parte delle sue energie sarebbe stato come un umano. Una cosa davvero ripugnante per un vampiro.

Quella ragazzina che lo aveva ridotto così doveva pagarla e gliel'avrebbe fatta pagare molto, ma molto cara, di questo ne era sicuro.

Si diresse verso la libreria piena di libri provenienti da tutte le parti del mondo. Non si può dire che non avesse girato. Era stato dappertutto, in tutti i posti del mondo fino a che non si era stancato e se n'era andato. Quando era arrivato qui però era stato diverso, la gente del villaggio era gustosa e dolce rispetto alle altre. Ovviamente parlando di cibo. Inoltre quella ragazza aveva un sangue davvero appetitoso, non vedeva l'ora di divorarla. Era diventata un'ossessione ormai. Era come una calamita per lui, c'era qualcosa che lo attraeva e non sapeva spiegarsi se era il suo sangue o qualcos'altro.

Prese un libro a caso dallo scaffale e si risedette sulla poltrona. Iniziò a leggere, anche se ogni tanto guardava verso la finestra.

Ora non doveva far altro che aspettare. Aspettare la notte, aspettare che l'oscurità coprisse il piccolo paesino e poi partire all'attacco.


- Potresti farmi il piacere di spiegarmelo Amu? - cavolo, non aveva mai visto Mary così arrabbiata.

Alla faccia della scusa da inventare sul momento… si disse la ragazza mentre guardava l'amica reggere il lenzuolo macchiato di sangue.

- Te l'ho già spiegato, mi sono fatta male tagliando le verdure. - rispose leggermente alterata e scocciata da quella situazione. Ma che cavolo, tutte a lei capitavano.

- Si certo! - rispose arrabbiata la biondina. - E come avresti fatto a ferirti sul ginocchio? Io quando taglio le verdure uno le mani non i piedi!

- Anche io uso le mani cara, non è questo il punto… - tentò di spiegarsi Amu. - Mi è scivolato il coltello.

- E ti ha preso sul ginocchio? A chi vuoi darlo a bere! - fece la ragazza.

- Speriamo a nessuno… - rispose la rosa ripensando agli avvenimenti della sera precedente.

- Che cosa? - domandò confusa Mary.

- No niente lascia stare. - fece sbrigativa la ragazza.

- Tu non me la racconti giusta! - sbottò la bionda. - Che cosa è successo ieri sera?

Amu sbuffò e tentò di uscire dalla stanza, azione che l'amica non le permise di portare a termine.

- Amu, sono tua amica, puoi raccontarmi tutto e lo sai… - le disse guardandola dritto negli occhi.

Era vero, lo sapeva. Ormai ne era a conoscenza che si era potuta fidare di Mary molte volte. Quindi perché non raccontarle tutto?

Chiuse la porta e portò l'amica a sedersi sul letto.

- Devi giurarmi che quello che ti sto per dire non uscirà da questa stanza. - le disse.

- Te lo giuro… - rispose la ragazza.

Passò qualche minuto prima che la rosa iniziasse a parlare.

- Ieri sera sono uscita e…

- Che cosa? Ma lo sai che è pericoloso! Potevi morire!

Amu guardò l'amica con aria assassina e sbuffando aggiunse:

- Forse se mi fai finire capiresti meglio, non credi?

Mary si zittì subito e annuì.

- Ho incontrato di nuovo un ragazzo che avevo già conosciuto…

- Porca forchetta! E perché non me lo hai detto subito! Questa si che è una notizia! Ah Amu, tu sei sempre piena di sorprese non ci credo e…

Una mano premuta sulle sue labbra fermò il suo fastidioso chiacchiericcio.

- Ti vuoi stare zitta Mary? Ci siano incontrati solo perché io gli sono caduta addosso per sbaglio… - le rispose. - E ora stai zitta o strappo un altro pezzo di lenzuolo e te lo ficco in bocca.

Alla minaccia della rosa la ragazza deglutì annuendo. Amu tolse la mano e riprese il suo racconto:

- Ottimo. Beh questo ragazzo l'ho incontrato ieri sera nel bosco…

La ragazza stava di nuovo per aprire la bocca ma vedendo lo sguardo dell'amica la richiuse subito.

- Mi ha gettata dal ramo in cui ero seduta facendomi cadere carponi, per questo mi sono fatta male. - le disse.

- E perché ti avrebbe gettata dal ramo? - chiese la bionda curiosa.

- Perché aveva fame. - rispose lei rimanendo sul vago.

- Ehm… non capisco. - disse Mary.

- Perché è un vampiro. - disse la ragazza guardandola dritta negli occhi.

Mary ebbe un sussulto. Toccò con la mano sinistra la fronte della sua amica.

- Amu, ti senti bene? - le chiese. - Per me sei caduta dal letto e ti sei sognata tutto…

Si vedeva che aveva paura. Il suo volto era diventato bianco e le mani le tremavano leggermente. Amu gliele afferrò per ambo i polsi e la guardò dritta negli occhi.

- Mary, lo sai che non sto scherzando. - le disse seria. La ragazza deglutì rumorosamente e provò ad allontanarsi. Amu la trattenne. - Mary, ricorda quello che mi hai promesso. Non una parola. Con nessuno.

- M-ma certo… - rispose. - P-perché dovrei dirlo a… a qualcuno?

- Sarà meglio per te… - rispose la ragazza lasciando andare l'amica che uscì dalla stanza della rosa senza perdere tempo.

Amu sbuffò. Mary si era spaventata, l'aveva capito subito. Ma se avesse detto qualcosa a qualcuno gliel'avrebbe fatta pagare. Ne era capace. E la biondina lo sapeva. Eccome se lo sapeva! Glielo aveva raccontato…

Si alzò dal letto, prese il lenzuolo e scese, senza farsi vedere da nessuno, le scale che la portarono in giardino. Entrò nel bosco e raccolse alcune more. Le mise tutte in una bacinella con dell'acqua e le schiacciò per bene. Il liquido diventò ben presto scuro e sul viola. Vi immerse il lenzuolo e aspettò.

Quello era il suo giorno libero, glielo aveva dato il padrone credendo che fosse ancora traumatizzata per la storia del cadavere. Lei lo aveva lasciato nella sua convinzione accettando con gioia un giorno di pausa, ne aveva proprio bisogno dopo tutte le ore passate ogni santo minuti a fare quello che le diceva.

Dopo che ebbe constatato che era passato abbastanza tempo tirò fuori il lenzuolo. Okay, ora faceva più schifo di prima, era di un lilla violaceo, in alcuni punti chiaro in altri scuri.

Fece spallucce, sempre meglio che sporco di sangue. In questo modo non avrebbe destato sospetti a nessuno. Rientrò in casa soddisfatta per poi dirigersi nuovamente nella sua stanza.


Il resto della giornata, Mary, lo passò sotto uno stato di trance. Non esistono i vampiri… si ripeteva nella mente. Cercava di convincersi di questa cosa, ma non ci riusciva. Sapeva bene che Amu non diceva le bugie e di certo se una era caduta dal letto non si poteva essere sbucciata in quel modo le ginocchia. Era un'assurdità anche solo pensarlo.

Era ormai giunta la sera.

Aveva appena finito di spazzare e ancora stava ragionando sul racconto e le parole usate dall'amica. Si accorse che quando ripensava che quello che era successo ad Amu era accaduto fuori casa rabbrividiva.

Andò a riporre la scopa nello sgabuzzino e quando allungò il braccio per metterla a posto si accorse che aveva la pelle d'oca. Strinse forte la mano attorno al manico della scopa fino a che le nocche non diventarono bianche e l'arto iniziò a tremare. Solo in quel momento si rese conto che era stata Amu a spaventarla. Lasciò andare la scopa e si strinse nelle spalle. Era stata tutta colpa di Amu. Quella ragazza aveva qualcosa che non andava. Qualcosa di diverso dalle altre. Qualcosa che l'aveva sempre spaventata.

Si diresse nella sua stanza e tirò fuori dalla tasca una catenina con una croce. Era il rosario. Mary era sempre stata una ragazza molto credente, si fidava della chiesa e delle parole del prete. Ci andava tutte le domeniche e credeva fermamente in tutto quello che il parroco predicava. E lui aveva detto che chi rende le persone partecipi di un'oscurità è perché loro stesse sono oscuri, sono malvagi. Cominciò di nuovo a tremare. Stava sudando freddo e si guardava intorno nervosamente. Era molto paurosa come ragazza e quella situazione non l'aiutava di certo. Ma ora sapeva che cosa fare, forse il male lo poteva sconfiggere anche una persona comune.

Corse veloce di sotto, stava per uscire quando andò a sbattere contro qualcuno proprio all'ingresso.

Si alzò all'improvviso scusandosi con la persona contro cui era andata a sbattere.

- Signora Kobayashi! - esclamò preoccupata aiutando la donna ad alzarsi. - Oh Santo cielo mi scusi!

- Non ti preoccupare Mary, non c'è problema, non mi sono fatta nulla. - rispose alla ragazza che si rasserenò un poco. - Dove stavi andando così di fretta figliola mia?

Domando allora la donna, curiosa. Mary trasse un respiro profondo.

- Ho un brutto presentimento a proposito di… Amu. - disse e poi le spiegò tutto. Tutti i suoi pensieri, i suoi dubbi e le sue più nascoste paure. Kobayashi ascoltò con attenzione e quando la ragazza ebbe finito il discorso le disse:

- Sia cara cosa ti dico? La penso proprio come te… Anzi verrò con te da Padre Henry.

La ragazza sgranò gli occhi, poi sorrise e annuì felice. Uscirono subito di casa, non potevano perdere tempo. Era notte, era vero, ma dovevano assolutamente trovare subito una soluzione. Per questo si misero subito in cammino. Ignare del fatto che un ragazzo aveva ascoltato tutto quello che si erano dette.


Se doveva essere sincero, Ikuto non aveva avuto intenzione di sentire quel noioso discorso fatto sul bene e sul male da quella biondina piena di efelidi in viso.

Il fatto era che si era appostato in quel preciso momento per aspettare che la ragazza dai capelli rosa uscisse, quando aveva sentito per sbaglio quei discorsi fra bigotte. Da quello che aveva capito volevano liberarsi di Amu. Eh no, questo proprio non potevano farlo. La morte di quella ragazza solo lui poteva deciderla e di cero non si sarebbe fatto battere da una donna di mezza età e da una ragazzina.

Si mise a seguirle, senza farsi notare ovviamente. Percorse un bel tratto di strada alle loro calcagna. Vedeva che le due andavano piano e che si guardavano intorno impaurite anche dall'ombra di un innocuo pipistrello. Sorrise maligno nel vederle così impacciate. Forse aveva trovato un buon posto dove andare a cenare quella sera.

Erano quasi arrivate, a pochi metri da loro si poteva vedere benissimo una piccola chiesa. Molto carina, dovette ammetterlo. Fatta in mattoncini e con dell'edera che cresceva all'esterno, era stata tagliata da poco, si vedeva dal modo rozzo in cui i rami erano stati strappati.

Le due stavano per entrare, ma con passo fulmineo il ragazzo fece un salto ritrovandosi di fronte alla più giovane che emise un grido indietreggiando e abbracciando la donna.

- Chi… Chi… - provò a dire la ragazza mentre iniziava a tremare. Aveva un brutto presentimento.

- Chi sei tu? - finì la frase la donna che le stava accanto.

Ikuto sbuffò. Possibile che gli umani fossero così monotoni? Fece un sorrisetto sadico e maligno.

- Voi chi pensate che io sia? - chiese il ragazzo, poi volse lo sguardo verso la piccola. - Amu non ti aveva parlatori me?

La bionda non la smetteva di tremare e di guardarlo con gli occhi pieni di terrore. Al che il ragazzo decise che poteva anche di iniziare.

I suoi occhi diventarono bianchi, facendo urlare la ragazza bionda, mentre la donna indietreggiava lasciando sola Mary. La ragazzina invece era paralizzata, non riusciva a muoversi da dov'era.

Il vampiro iniziò ad avanzare verso la figura esile della biondina. La si poteva veder tremare da quella distanza, cosa che gli piaceva. Arrivatole vicino alzò poco il braccio e in un gesto fulmineo le graffiò la guancia, da cui iniziò a sgorgare lento il sangue di un bel rosso. Il ragazzo si avvicinò al suo viso, dopo di che le leccò la guancia assaggiando un poco di quella dolce bevanda.

- Mmm… non male direi. - le disse a un centimetro dal suo volto, leccandosi le labbra di gusto. La ragazza non sapeva più che cosa fare, la voce le si era bloccata in gola, le corde vocali erano inutilizzabili. - Perché non parli? Così mi rendi triste…

Le disse Ikuto prendendola in giro.

- Mmm… - il vampiro si mise una mano sotto il mento pensieroso. - Forse so io come farti parlare…

Le arrivò alle spalle in un attimo e le afferrò il braccio destro. Le girò il polso facendo aderire il braccio alla schiena. Strattonò il braccio verso l'alto facendola urlare di dolore. La lasciò andare gettandola a terra. Le ossa, ormai rotte, del braccio le avevano causato un dolore terribile.

- Oh, allora non sei muta, lo stavo sospettando sai? - le chiese con voce sadica e ricca di piacere.

La donna ormai era appoggiata al muro di una casa di fronte alla chiesa, avrebbe voluto fuggire, ma le gambe le tremavano terribilmente e non sarebbe riuscita a fare un altro passo.

Ikuto si inginocchiò vicino alla biondina che alzò il viso nella sua direzione. Aveva sbattuto la nuca, si poteva vedere chiaramente la carne lacerata che aveva lasciato il privilegio di mettersi in mostra all'osso. Aveva sbattuto su una pietra. In più si era procurata un altro graffio sull'altra guancia. Con un ditali vampiro raccolse un altro po' di sangue e se lo portò alle labbra.

- Sei una ragazza molto dolce… - le disse ridendo di gusto alla vista del suo viso terrorizzato che lo guardava. Le mise una mano sulla spalla. La ragazza urlò di nuovo dal dolore, tanto era forte. - Shh, non vorrai mica svegliare tutto il paesino, no piccola?

Mary ormai aveva preso a singhiozzare, era come se avesse avvertito come sarebbe finita.

- P-per favore… - implorava la biondina tra le lacrime. Piangeva a dirotto.

- Oh… - fece Ikuto. - Lo so che sei impaziente, aspetta ancora un po'…

Disse ridacchiando. La prese da dietro per il collo alzandola in piedi. Le tolse i riccioli biondi dalle spalle, poi si girò verso la donna che era a terra e lo guardava con la paura negli occhi. Le morse il collo davanti allo sguardo terrorizzato di Kobayashi. Mary riprese ad urlare e piangere insieme, mentre sentiva i denti del vampiro insidiarsi nella sua carne e bere con avidità dal suo collo. Fu come se le rubasse ance l'anima. Fino a che il ragazzo non strinse troppo la presa sul suo collo frantumandole le ossa e finendola di uccidere. Aveva ancora fame e per non farla cadere la afferrò per il braccio rimasto sano graffiandola con le unghie. Finito di cenare gettò il corpo della ragazza. Si leccò le labbra e le dita.

Poi si voltò verso la donna. Inclinò la testa di un lato mettendosi le mani sui fianchi.

- Sai una cosa? - le disse per poi spostare una mano sotto il suo mento. - Sono pieno sta sera, quella ragazzina aveva davvero un ottimo sangue. In più il tuo non è giovane come quello, sarebbe come mangiare la carne vecchia di un giorno. Mentre io preferisco quando me la danno appena cotta.

Sorrise, il suo solito sorriso inquietante. Poteva considerarsi soddisfatto adesso. La signora raccolse le sue ultime forse e si alzò in piedi.

- Beh… non mi ringrazi? - le chiese fingendo un'aria innocente. Dopo quel parola la donna corse via.

Ikuto si tramutò in un gatto e la seguì correndo sui tetti. Quando Kobayashi si accorse che dietro di lei non c'era nessuno, credendo che se ne fosse andato rallentò il passo, anche se ogni tanto si guardava intorno terrorizzata. Il più minimo spostamento d'aria la rendeva inquieta. Rientrò dalla porta sul retro, dando un'informazione in più al vampiro.

Di fatti il ragazzo ri-tramutatosi entrò dalla stessa porta della donna. I vampiri non possono entrare se non sono invitati, ma questo vale solo per la porta principale. Ora lui sapeva che ce n'era anche un'altra. Ottima cosa.

Salì le scale. Dovette ammettere che la casa era davvero grande. Faticò a trovatella camera della ragazza, ma alla fine la scoprì che dormiva beata sul suo letto. Finalmente… pensò soddisfatto mentre le si avvicinava.

  
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