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Autore: _BlueLady_    29/09/2011    3 recensioni
E' incredibile come a volte un semplice scontro possa rivelarsi l'incidente più determinante della propria vita, soprattutto se ci si è appena trasferiti in una nuova città come aveva appena fatto lei.
Difatti la madre, a causa del lavoro, era costretta a trasferirsi più volte da una città all'altra, e lei ovviamente era destinata a seguirla dovunque andasse.
Tuttavia, la città di Wonder pare avere qualcosa di diverso, se non di magico: è come se fosse giunta lì per caso, quasi come per volere del destino...
Ambientarsi non sarà facile, soprattutto perchè, dall'ammirazione dei ragazzi, scaturisce una particolare avversione da parte delle ragazze.
Se poi ci si mette di mezzo anche Shade, odioso compagno di scuola, ma terribilmente affascinante, non si sa se le cose degenereranno o meno.
Ma non tutti i mali vengono per nuocere, in fondo...
Cosa le riserverà il futuro?
La storia di Twin Princess ai giorni nostri.
Genere: Commedia, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Rein, Shade, Un po' tutti
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno
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Buonasera, mie carissime lettrici!
*si nasconde nel tentativo di non essere uccisa per come ha fatto terminare lo scorso capitolo*
Ehm... ebbene si: aggiorno!
Dai, su, non siate arrabbiate, tra un capitolo sarà tutto finito finalmente! (se per il meglio o per il peggio sta a voi scoprirlo... leggendo! xDD)
*le arriva una sedia in testa*
Vabbè, vi lascio al capitolo che spero vi risollevi un pò il morale rispetto a quello precedente.


 

CAPITOLO 29  ANNUNCIO
 

 

Ancora una volta, camminava per i corridoi deserti della scuola, lo sguardo perso nel vuoto, la pesante cartella sulle spalle.
Da due mesi frequentava quell’istituto, ormai, e nonostante tutto le sembrava ogni giorno più estraneo.
Quella non era la sua scuola.
Quella non era la sua città.
Quella non era la sua vita. Perlomeno, non quella che desiderava.
Per la prima volta, Rein si sentì veramente un’estranea, intrappolata in un luogo che sentiva non appartenerle.
Distante da quelli che erano i suoi amici.
Impossibilitata a ritornare in quella che chiamava la sua casa.
Le era stato strappato via tutto in un attimo, e l’unica cosa che le rimaneva era un profondo senso di nostalgia che si accentuava sempre di più ogni volta che la mente le si affollava di ricordi. Solo allora aveva l’illusione di essere ancora là, dove aveva lasciato il suo cuore.
Dove ancora la attendevano le persone a lei più care.
Si, il loro ricordo sarebbe rimasto per sempre indelebile nella sua mente.
Il suono della campanella che annunciava la fine delle lezioni la riportò alla realtà: i corridoi furono subito invasi da un’orda di studenti che si dirigevano impazienti verso l’uscita dell’istituto.
Nessun volto le era familiare, Rein provava solamente una tremenda sensazione di vuoto dentro.
E per sfuggire a quella caotica realtà che la stava sempre più disorientando, si rifugiò nuovamente nei ricordi, i suoi ricordi.
Com’è che si erano conosciuti, lei e gli altri?
Una fortunata coincidenza, oppure un fatale segno del destino? Chi poteva dirlo…
Tutto era nato da un semplice scontro al museo, un incidente che le aveva letteralmente cambiato la vita.
Mentre camminava così assorta, noncurante della folla di studenti che la osservavano incuriositi, non si accorse di un ragazzo biondo alquanto maldestro che stava rotolando rovinosamente giù dalle scale.
“Attenz…” aveva cercato di avvisarla Shade, quella volta, e lei non gli aveva minimamente prestato attenzione.
Senza sapere né come né quando, Rein si ritrovò distesa a terra, il peso opprimente di un corpo sopra di lei che le impediva di respirare.
Quando aveva aperto gli occhi, quella volta, si era ritrovata un meraviglioso sguardo blu cobalto che la scrutava da vicino.
E ancora una volta, due occhi blu notte che la fissavano mortificati sopra di lei.
Trasalì, riconoscendo nel ragazzo che le era sdraiato sopra lo sguardo di una persona.
“Shade” pensò Rein, osservandolo allibita, mentre quello era intento a rialzarsi.
“Scusa…” aveva mormorato il ragazzo dai capelli violacei, imbarazzato.
- Scusa - disse il biondo, imbarazzato, porgendole una mano per farla rialzare.
“ Non volevo…”
- Non volevo…- e abbozzò un timido sorriso.
La turchina restò a bocca aperta a fissarlo, incredula di ciò a cui era appena stata partecipe: i suoi occhi, l’incidente, le frasi che il biondo le stava rivolgendo… Era come ripercorrere le esperienze passate, riaprendo una ferita che non era ancora riuscita a rimarginare del tutto.
Come diamine aveva fatto quel ragazzo a leggerle nei ricordi?
Perché il fato continuava a tormentarla, divertendosi in quel modo alle sue spalle?
Mentre stava ancora fissando il ragazzo, tra malinconia e sbigottimento, quello la osservò perplesso:- Ehm, è tutto a posto?- le chiese, avvicinandosi a lei.
No, non era tutto a posto. Non lo era per niente.
La sua somiglianza con lui le faceva quasi male.
Senza proferire parola, si limitò a sorridergli, nascondendo le lacrime che erano prossime a sgorgarle dagli occhi, poi si voltò di scatto, iniziando a correre più veloce che poteva per allontanarsi da quel doloroso ricordo che si era straordinariamente materializzato di fronte a lei.
Il biondo la osservò andarsene, perplesso “Bah” pensò, scuotendo la testa “le ragazze di oggi sono sempre più complicate…”
 

¤¤¤¤¤¤
 

“E’ sempre più complicato dimenticare…” pensò Rein tra sé e sé, mentre ritornava a casa “Dovunque mi giri trovo un segno della sua incancellabile presenza”
Non fece neanche in tempo a finire la frase che si fermò di colpo a pochi passi dal cancello che la conduceva nel giardinetto di casa, osservando allibita, quasi scioccata, ciò che le stava di fronte.
Una moto era parcheggiata esattamente lì davanti, una moto del tutto simile a quella di…
- N-non è possibile…- esclamò, stropicciandosi gli occhi, convinta di aver avuto un’allucinazione, e rimanendo ancora più sconcertata nel constatare che dopo quell’operazione la moto era ancora lì.
Con il cuore che batteva a mille si fiondò in casa, pregando, sperando che tutto quello che stava vivendo fosse reale.
E come aprì la porta che conduceva al salotto, lo vide.
I suoi capelli violacei, ribelli e spettinati, il suo sorriso sghembo e affascinante…
- Shade!- urlò con le lacrime agli occhi, gettando per terra i libri di scuola, il cuore gonfio di felicità.
Nel sentirsi chiamare per nome, il ragazzo si voltò.
I suoi occhi blu come la notte…
Rein si fiondò tra le sue braccia, piangendo lacrime di gioia, mentre lui le carezzava i lunghi capelli.
La madre di Rein, dalla poltrona sulla quale era seduta, osservava commossa quella tenera scena.
Shade la baciò sulle labbra, poi la scrutò in viso, felice di constatare che il suo cuore gli appartenesse ancora, che fosse ancora la sua Rein, come gli piaceva tanto definirla.
- Noto con piacere che ti sono mancato - le sussurrò, ridacchiando – Non sei cambiata per niente da quando ci siamo lasciati -
 – Shade!- disse lei, tra i singhiozzi.
– Si, è il mio nome - la prese dolcemente in giro lui.
– Come…dove…quando…?- balbettò lei, senza riuscire a formare una frase di senso compiuto per la troppa emozione.
- Sorpresa di vedermi qui? – le sussurrò il ragazzo – Come!? Eppure ti avevo detto che sarei venuto a trovarti, ogni tanto! - ridacchiò.
- Non basta... - continuò quella, soffocando le parole nei singhiozzi - Non mi basta più vederci ogni tanto - e alzò il volto rigato di lacrime verso di lui - Mi manchi terribilmente, Shade. Vorrei solamente poter tornare a casa con te - concluse, affondando il viso nel suo petto.
- Se è questo quello che desideri, allora credo che non sarà difficile accontentarti- li interruppe la voce di Elsa alle loro spalle.
Rein si voltò verso la madre con sguardo perplesso:- Mamma?- domandò, scrutandola dubbiosa – Cosa intendi dire?-
La madre le sorrise, facendole cenno di sedersi accanto a lei sulla poltrona. Rein lanciò uno sguardo incerto a Shade che le sorrise fiducioso, poi si sedette accanto alla donna, sgranando i suoi occhioni azzurri.
- Ci sono grandi notizie per noi, Rein- le disse la madre, stringendo le sue mani tra le proprie.
 
- Cooosa, ti ha chiesto di sposarlo!?- strillò Rein, puntando un dito contro la madre che divenne improvvisamente rossa.
– Beh, si - mormorò quella, sorridendole - Toulouse è venuto qui pochi giorni fa, dicendomi che gli riesce impossibile accettare la nostra partenza - sospirò, mentre la figlia la osservava, incredula - Ha detto di essersi innamorato di me, e mi ha chiesto di sposarlo…- continuò, poi, a voce bassa.
- E tu?- chiese Rein, alzando un sopracciglio con fare interrogativo.
Elsa osservò la figlia per un istante, rimanendo impassibile: - E io gli ho detto di si - disse infine, soffocando un sussulto di gioia.
- Mamma, ma è fantastico!- urlò Rein, saltandole al collo – Ma come farai con il lavoro e tutto il resto? Noi viviamo qui adesso…-
- E’ proprio qui che sta il punto, Rein - le sorrise la madre - non vivremo più qui, tesoro - continuò, carezzandole la fronte e scostandole la frangia  - Toulouse mi ha trovato un posto fisso nell’azienda in cui lavora. Non dovremo più trasferirci, cara…-
- Che cosa significa?- domandò Rein, perplessa, sgranando gli occhi.
La madre le accarezzò il volto, sorridendole nuovamente:- Significa che stiamo per ritornare a casa, tesoro -
  
 

  
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