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Autore: Cornelia84    09/06/2006    4 recensioni
È l’alba di un tiepido giorno di maggio. Forse l’ultimo della mia vita. Non è mia abitudine svegliarmi così presto, eppure mi sono trovato con lo sguardo attento prima di primi raggi di sole.
Genere: Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Blaise Zabini, Luna Lovegood
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Occhi da orientale

Occhi da orientale

 

Occhi da orientale che raccontano emozioni
sguardo limpido di aprile di dolcissime illusioni
tutto scritto su di un viso che non riesce ad imparare
come chiudere fra i denti almeno il suo dolore
Più di cinquecento notti già mi sono innamorato
di una bocca appena aperta di un respiro senza fiato
se potesse questo buio cancellare l'universo
forse ti potrei guardare e non sentirmi così perso

ma tu dormi ancora un po' non svegliarti ancora no
ho paura di sfiorarti e rovinare tutto
no, tu dormi ancora un po' ancora non so
guardarti anch'io nel modo giusto
nei tuoi occhi disarmanti

sono occhi di ambra lucida tra palpebre di viole
sguardo limpido d'aprile come quando esce il sole
ed io sarò la nuvola che ti terrà nascosta
perché gli altri non si accorgano di averti persa

ma tu dormi ancora un po' non svegliarti ancora no
ho paura di sfiorarti e rovinare tutto
no, tu dormi ancora un po' ancora non so
guardarti anch'io nel modo giusto

nei tuoi occhi innocenti disarmanti devastanti
quei tuoi occhi che ho davanti
tienili chiusi ancora pochi istanti

occhi da orientale che raccontano emozioni
ed io cos'altro posso fare io posso scrivere canzoni
i tuoi occhi...

se potesse questa musica annullare l'universo
forse ti potrei guardare e non sentirmi perso
nei tuoi occhi...
disperso...
nei tuoi occhi...

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

È l’alba di un tiepido giorno di maggio.

Forse l’ultimo della mia vita.

Non è mia abitudine svegliarmi così presto, eppure mi sono trovato con lo sguardo attento prima di primi raggi di sole.

È strano, mi trovo qui, su di un letto che non è il mio, tra poche ore probabilmente sarò morto (per qualcosa cui, tra l’altro, non credo) e l’unica cosa che mi viene in mente in questo momento, sono i tuoi occhi.

Nessuno sa che siamo qui, eppure non abbiamo mai fatto molto per nasconderci.

È incredibile come riesca a renderti invisibile la vicinanza ad una “personalità che conta”.

Ormai non ricordo quasi più com’ è cominciata.

Ricordo che cominciò tutto con uno scherzo in corridoio.

Ci furono parole di sfida.

Ci fu la voglia di provare com’era.

So solo che dopo un po’ mi sei entrata dentro, quasi come una droga e non c’è più stato modo di mandarti via.

Un raggio di sole entra dalla finestra e ti sfiora la spalla, tu ti muovi leggermente nel sonno e ti avvicini ancora a me.

Non so a cosa pensi ora.

Mi è sempre stato difficile intuire i tuoi pensieri.

Non ho mai capito come facessero a vivere pensieri tanto diversi in una sola mente.

Il tuo respiro è leggero sul mio collo.

Sembra quasi che anche nel sonno tu sappia dove stuzzicarmi, per farmi tuo ancora.

Talvolta questo mi sembra impossibile: io, il più ammirato della scuola; io, che ho tutte le donne ai miei piedi; io, che ho dato paradiso e inferno solo con uno schiocco di dita, mi trovo qui, con accanto l’unico essere al mondo che non avrei mai pensato di incontrare, in attesa che si svegli per amarla ancora.

Non ho paura di usare questa parola: amore.

Molti credono che sia una condanna, una prigione.

Preferiscono mentire a se stessi e al mondo. Lo chiamano “piacere”, “desiderio”, “sesso”.

Se è così allora tutti gli uomini non fanno altro che cercare questo, a prescindere dal nome che abbia, e io l’ho trovato in te.

Ti muovi ancora, e una ciocca di capelli cade a sfiorarmi il petto.

Hai una starna espressione sul viso, forse stai per aprire gli occhi.

Spero di sbagliarmi, perché quando ti sarai svegliata dovrò mentirti.

Dovrò dirti che sei stata una diverte scopata durata un po’ troppo.

So che non mi odierai.

O forse si, ma non lo darai a vedere.

Nasconderai il tuo dolore tra le tue tante stranezze.

Cercherai conforto tra altre braccia?

Sperò di No.

L’idea di partenza era di non venire affatto qui.

Sarei dovuto restare nel mio letto, evitarti tutto il giorno, farti credere di essere andato con un’altra.

Tu saresti corsa in una dei tuoi nascondigli a leccarti le ferite, e tutto sarebbe finito lì.

Invece dovrò mentirti e forse dovrò anche vedere qualche bastardo al mio posto.

Forse allora avrei un buon motivo per vivere.

La vendetta e la gelosia sono un forte incentivo.

Forse questa guerra diventerebbe un po’ più “mia”.

O forse potrei portarti con me.

Potremmo crearci un mondo nostro, un luogo dove nessuno possa disturbarci.

Non dovremmo inventare ricerche in biblioteca o allenamenti extra per vederci.

Non dovremmo più fingere di amare altri per poi scambiarci sguardi lontani.

Non dovremmo più odiare mani e labbra estranee che osano sfiorare ciò che ci appartiene.

Non dovremmo più bruciare le notti in furiosi litigi prima di abbandonarci alla passione.

Ti sfioro leggermente la schiena e le mie dita scure incontrano il tuo manto d’oro.

Cosa abbiamo in comune noi?

Io, “la serpe scura che viene da oriente”, così ti piace chiamarmi.

Viziato, orgoglioso, superbo (sicuramente le mie migliori qualità).

Avevo sempre creduto che la mia vita sarebbe stata sempre in bilico, nell’eterno gioco di mezze verità che è il mio mondo dorato dove il sentimento più sincero è l’invidia per i privilegi di un altro.

Tu invece, quasi come l’aquila che porti cucita sul petto.

Hai passato la tua vita lontano da noi comuni mortali.

Tutti dicono che sei “strana”.

“Strana” perché leggi di creature che altri non conoscono.

“Strana” perché fai cose che gli altri non fanno.

È se tutto fosse un inganno?

Se i “veri” uomini conoscessero le cose che conosci tu e facessero le cose che fai tu?

Anche io ti chiamavo “strana” ancora adesso ti chiamo lunatica, e sorrido.

Da quando ci incontriamo di nascosto mi sembra di essere parte del tuo mondo.

Condividiamo un segreto, sappiamo cose che altri ignorano, che non osano neanche immaginare.

Quasi come fossimo degli Dei sulla terra.

Una volta mi hai detto che è anche questo che si cerca di essere nella tua casa.

Ho vinto ancora, allora?

Anche se per pochi giorni fugaci, sono stato un Dio.

Oppure ho perso?

Non lo so.

Forse non lo saprò mai.

Non ho tempo di darmi una risposta.

L’alba è giunta.

Io devo andare.

Devo mentirti e devo andare.

Non è più il momento dei dubbi.

Quelli devo lasciarli tra queste lenzuola.

Ho quasi finito di vestirmi quando mi guardi negli occhi.

Mi è sempre stato difficile intuire i tuoi pensieri, eppure ora capisco che sai cosa sto per fare, e tutto viene da se come se fosse un copione già recitato mille volte: le urla, le lacrime e la porta che sbatte.

FINE

 

   
 
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