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Autore: MorgueHanami    01/10/2011    2 recensioni
Mi avevano chiesto il continuo della storia ' La nuit du Chasseur '.
Bene, allora ho deciso di partire dall'inzio.
Da Zero.
Morgue è Lex. Una fortunatissima ragazza, destinata ad affiancare i Thirty Seconds to Mars non solo nell'ambito della Musica...
..ma anche nell'ambiente Vita. E capirà davvero il significato di 'Echelon + 30 seconds to mars = Family'
Ma ormai il concerto era finito; nella mia mente il ricordo di me folle che scavalca le transenne e si aggrappa al palco tendendo la mano al cantante. La security ovviamente ha fatto del suo meglio... stava per sbattermi fuori dall'Ippodromo! Ma Jared li ha bloccati. Jared mi ha preso la mano che tendevo piangente, me l'ha stretta e mi ha tirato sul palco. Mi ha abbracciato, mi ha chiesto cosa avevo.
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Jared Leto, Nuovo personaggio, Shannon Leto, Tomo Miličević
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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 Is this War? No, this isn't. This is Love.

A chi avrebbe il coraggio di dare la propria vita

per la Musica.

 

Capitolo 5 - Sotterrami, io sono finita con te

Non so quanto tempo è passato; So solo che i ricordi raffiorano la mia mente, la stuzzicano anche adesso che probabilmente è stanca di avere sempre lo stesso chiodo fisso da appendere al muro: I thirty seconds to Mars.

Sono passate ore, giorni, mesi da quando la figura dei tre si allontanava sempre di più e sparì oltre le portiere dell'albergo Napoletano. Sono passati tre mesi. Il problema non è che sono passati.. ma COME sono passati. Mi ritrovo nel letto dell'ospedale, non so perché ci sono arrivata, in realtà. O forse lo so, ma preferisco non ricordarmi il motivo di tanta sofferenza. Ho passato le mie vacanze a rimpiangere di credere sia stato tutto un sogno, ho passato giorni interi in una camera buia con le finestre serrate e le tende chiuse, a fissare il loro poster e a sentire sempre la stessa canzone: A Modern Myth. E' la mia preferita, ma il motivo per il quale decidevo di ascoltarla non era perché la mia preferita.. c'è altro, sotto.

C'è la promessa di un cambiamento e di un incontro. C'è la promessa di potermi sentire ancora viva dopo tutti questi mesi di incredula e benefica sofferenza.

Mi piace soffrire, sono sincera. Quando mi accade qualcosa di brutto, quasi sento la necessità di soffrire. E' odioso ammettere di essere autolesionisti, ma se ci penso, chi non è autolesionista? Chi non è pronto a farsi del male? E' come una specie di difesa: quando senti la necessità di difenderti da quello che ti sta accadendo decidi di punirti.. e la sofferenza è l'arma migliore per ricordarti che hai sbagliato. Che adesso devi patirle tutte, le pene dell'inferno.

Spesso credo che questo sia solo un mio pensiero, una mia supposizione. Ma il mondo lo vedo sempre più autolesionista, ogni giorno che passa. Diventa masochista come me. Chissà se anche lui finirà il Trenta Agosto in uno ospedale per Anoressia.

Non è la prima volta che cado in questo buco per dirla tutta. Ma questa volta il motivo - per quanto scontato potesse sembrare ai miei genitori e ai dottori - è il motivo più serio di questo mondo: I Thirty Seconds to Mars e un Golden Ticket bruciato dinnanzi ai miei occhi. L'occasione di poter riabbracciare la felicità.. si era fatta cenere sotto i miei occhi. Da quel giorno non ho più vissuto; la ricerca della felicità è un movente per rendere l'uomo vivo.. ed io che credevo di aver trovato la felicità, l'ho vista volare via con il vento. Allora, c'è ancora un motivo per vivere, se la felicità - unica sede di vita - è stata bruciata? No, non c'è un motivo. Allora che cazzo mangio a fare se non ho motivo per farlo?

Mi rinchiusi in camera con le lacrime agli occhi e la consapevolezza che stavolta dal baratro non sarei più uscita. Perchè la fune, che credevo mi regesse e mi tirasse fuori dal pozzo, è stata spezzata e portata via. I Mars erano l'unica speranza, l'ultima dea uscita dal Vaso di Pandora. Adesso mi manca anche il coraggio di vivere, pensando che non li rivedrò più.

Drammatica? Tragica? Comica?

No, stranamente realista. La stanza buia mi ricordava la notte del diciotto giugno a Roma e il sottofondo dei CD le urla delle echelon, i 'JUMP!' di Jared e infine la sua mano che tocca la mia. Ogni volta che sentivo le canzoni mi piazzavo al centro della stanza semivuota, seduta e gli occhi chiusi e lucidi a farmi da palcoscenico. A volte urlavo di dolore ma non me ne accorgevo. Mamma cercava di entrare in camera, ma era difficile riuscire ad entrare se la porta era chiusa. Una volta la fece sfondare.

Una volta provarono anche a portarmi via i CD.

Una volta chiamarono uno psicologo.

Una volta mi legarono alla sedia per farmi mangiare.

Andai in bagno e vomitai tristezza e sogni amari.

Una volta, ancora, decisero di assecondarmi: non credevano riuscissi in breve tempo a non mangiare più nulla che non siano lacrime. Ma nonostante tutta la sofferenza che andavo a creare attorno a me - che vado ancora adesso a creare attorno a me - i miei genitori non hanno pensato di ridarmi nulla indietro. Nulla. Avevano dato i GT alle mie amiche, ma di me non c'era nemmeno l'ombra. Non le vedevo da quella sera di adrenalina e Salti, da quella sera in cui mi sono sentita viva e libera da ogni catena che la società impone.

Ma oggi forse, le avrei riviste. E loro, sarebbero state costrette a rivedere quella figura sterile e sciupata legata al filo di una flebo e tubi alle narici. Eppure mi piace restare rinchiusa in una stanza bianca e luminosa, pallida come me. Sterile come me. Senza ombra di vita. Improvvisamente il rumore del 'toctoc' alla porta mi fece sobbalzare.

E ancora, il ricordo di Jared sulla porta che mi guardava mentre piangevo. Adesso anche, piango. Ma non è per lo stesso motivo di allora. Anche adesso piango, ma da quella porta non sbucherà Jared. Sarà assurdo. Per tre giorni di fila ho sperato che - tutte le volte che bussavano alla porta - comparisse uno della band a consolarmi e a sorridermi. Ad accarezzarmi i capelli, come hanno fatto tempo fa. L'occhio spento scorre sul braccio dove una volta c'era il tatuaggio di una freccia: Non era un vero tatuaggio a per dirla tutta, era uno di quei disegni ad inchiostro che ti fanno i cinesi che passano sulla spiaggia.. quelli che dopo quindici giorni spariscono senza lasciare traccia. Anche il tatuaggio era sparito come il resto del presente. Dissolto, come la fine di una canzone la cui tonalità si abbassa sempre di più fino a confondersi con il silenzio.

Appositamente decisi di non rispondere al rumore di mani sulla porta. Sapevo che chiunque fosse sarebbe entrato anche senza sentirmi parlare. E dalla porta, sbucò lui: Ax. Uno sguardo neutrale, forse ricorda ancora le mie ultime parole :

- Devi smetterla di giocare, Ale. O me o lei, io non attendo. Non sono la tua ruota di scorta. Mi sono scocciata di essere sempre cancellata dal posto numero uno della lista delle persone a cui si vuole bene di più per dare spazio a quelle che aprono le gambe più facilmente. Che poi, c'è da dire... anche io ho aperto le gambe. Non è stato semplice, ma alla fine sei riuscito in tutto quello che volevi. Bravo. Adesso, se hai un briciolo di umanità e se davvero tieni a me come dici, lasciati dimenticare. Sei solo un 'amaro desiderio e un dolce rimpianto. Lasciati dimenticare. -

Quelle parole lo turabrono, ma erano la verità: Jared mi aveva aperto gli occhi a quello che non volevo vedere. Ax stava con me perché gli piaceva fare l'amore, come Jared mi aveva dimostrato di baciarmi perché gli andava. Perché gli piaceva. Era quello, il suo scopo. Farmi capire che c'è gente che - forse - mi merita. E quella persona non è il ragazzo che adesso senza spiccicare una parola è seduto accanto a me con gli occhi bassi.

- Ti faccio così pena che non hai nemmeno il coraggio di guardarmi in faccia? -

- Non è questo. - ribattè lui, con sicurezza. Ma lo sguardo è ancora basso, come se non volesse guardami in faccia. E' che la verità fa male. E' che si ricorda che caddi in questo stato già una volta a causa sua. Eppure avevo deciso di non cancellarlo dalla mia vita, perché lui mi aveva implorato che sarebbe cambiato tutto; a distanza di sette mesi posso dire che non è cambiata 'na cippa. Anzi, mi sento sempre più presa per il culo, ripensando che siamo nello stesso ospedale di qualche tempo fa, dove mi face la promessa di farmi sentire meglio.

- E allora cos'è? Non sentirti in colpa, stavolta non è colpa tua. Stavolta è qualcosa per cui vale DAVVERO la pena soffrire. - acida e cattiva, mi va di essere così. Tutti i miei buoni e dolci sentimenti li ho vomitati assieme al cibo. Ciò che resta è l'amarezza di non essere ancora morta.

- Lo so che non è solo colpa mia. Io.. io... - non sapeva cosa dire, si trovava troppo dal lato della vergogna per poter pulirsi la faccia con seta bianca.

- che sei venuto a fare, Ax? Non ho bisogno di te. Quella è la porta. -

- ho lasciato Melania. Donia, ho lasciato Melania, le ho detto tutto. Sono qui per restare con te. - rimasi immobile a fissarlo, incredula, con un sorrisino non di felicità ma limpido sarcasmo.

- Troppo tardi. Mi hanno già aperto gli occhi. E tu non mi meriti. - la sua ira in quel momento sfociò insieme alla mia, ci guardammo come un cane guarda un gatto.

- E dimmi, chi è che ti merita Morgue? Jared leto? oooh, ccerto. Lui ti merita. - non attese che quelle parole fecero il suo effetto. Sapeva che stavo male per loro, sapeva che quando se ne sarebbe andato probabilmente sarei stata ancora più male di adesso. Voleva farmi soffrire, quel lurido bastardo. Come io avevo fatto soffrire lui quando tornai dal concerto.

- Scusa - partì così, di punto in bianco, con un sospiro. Mi gaurdò ricolmo di dolore e forse anche con qualche senso di colpa. Per un attimo mi crollò il mondo addosso, vedendolo così lacerato da una sofferenza che in realtà volevo far patire solo a me stessa. Forse si sentiva così perché mi aveva già visto soffrire, perché sapeva che sarebbe stato difficile ripartire, che probabilmente sarei ricaduta nel baratro, che forse stavolta non sarei mai più uscita.

E sapeva anche che lui più che aiutarmi a ripartire, era la casella del gioco dell'oca che mi faceva ritornare al punto di partenza.

- Scusa, senti.. non volevo farti sentire ancora più male di quello che già sei! Ma ti rendi conto che sei finita nuovamente qui per un stupido gruppo musicale? Vuoi capirlo che la musica non è tutto nella vita, che c'è altro al di fuori delle pareti dei CD? Donia, non è la prima volta che diventi anoressica, e sai che se sei riuscita a farcela prima, adesso potresti anche non... guarire. E non voglio che tu.. che tu.. muoia d'anoressia per una stronzata del genere! E' una stronzata, Morgue. Una grande cazzata. I Mars per te non farebbero tutto questo, non sposterebbero un dito se sapessero che è per loro che stai per finire sotto un pullman.. sotto una macchina o quello che vuoi! Riprenditi, apri quei cazzo di occhi e guarda alla verità, smettila di rifugiarti dietro delle parole bugiarde, cazzo! Basta, cresci santa miseria! Cos'è che non ti piace della tua vita? Hai tutto! Delle amiche stupende, dei genitori che ti permettono di possedere tutto ciò che desideri. io ti amo, tu mi ami, possiamo stare insieme anche in eternità se proprio vogliamo fare i romantici! Ma ti prego,reagisci, smettila di fare la depressa: al mondo c'è gente che sta peggio di te e lo sai! -

lo gaurdai stupita: Ax non si era mai arrabbiato e disperato nello stesso momento, nè si era mai permesso di guardare nella mia vita con i suoi occhi; di solito capitava che gli raccontavo gli aneddoti di quando i miei genitori dimenticavano la mia esistenza, ma rammentavo a me stessa che capitava perché erano troppo stanchi, o solamente perché ormai mi ritenevano abbastanza matura e grande da poter fare tutto da sola, senza bisogno del loro aiuto.

E invece io mi sento sempre più sola senza di loro; a volte vorrei poter ritornare piccola solo per ricordarmi il profumo dei capelli di mamma che si confondevano sul mio viso quando mi abbracciava, oppure la ninna nanna che mi canticchiava papà.. quella di Pino Daniele, che adesso mi sfugge.

- Basta, smettila. Basta. Quella è la porta, ma non solo quella per andare via da questa stanza: vai via dalla mia vita, Alessandro, vattene. Sai tutto di me, e ancora ti ostini a pretendere di potermi gestire la vita. Non ti è bastato avermi come amante? No? Se mi mettessi con te, dopo essere stata la tua amante, cosa non mi farebbe pensare che faresti come hai fatto con Melania? Cosa non mi farebbe pensare che sei un grande stronzo e bastardo, che sei un egoista di merda, senza scrupoli, che essenzialmente fa tanto il dolce ma alla fine ciò che vuole è vincere?! Vattene, non farti più vedere. E soprattutto, non parlare dei Mars così. Vattene. Io non mi demoralizzo, sappilo. Io andrò a quel - la mia mente non ragionò più, cominciai a sparare cazzate, sì, ma l'ho fatto solamente perché lui capisse che io non sono debole. Che ce la farò. - Io andrò a quel fottutissimo concerto, perché BISOGNA SEMPRE MIRARE VERSO L'ALTO! - urlai, mentre lui senza nemmeno gaurdarmi in faccia uscì dalla porta, senza salutare.

Forse non l'avrei più rivisto nè sentito. Una voglia matta di alzarmi dal letto e corrergli incontro si mescolò al sangue che circolava nelle vene. Ma rimasi sul letto, troppo fragile per reggermi in piedi.

In quello stesso istante una figura esile, bianca con due occhioni verdi e puri, i capelli corti e vestita di blu, entrò nella stanza. In un primo istante mi parve di non conoscerla, la Bella Fluo: era sempre con quei capelli lunghi che le nascondevano il visino angelico, ed ora invece si presentava ai miei occhi completamente diversa; Per un attimo ebbi paura che Fluo non era più la 'Fluo' che conoscevo da anni, che fosse cambiata. E la sua espressione rassegnata e triste, mi diede la conferma: adesso mi aspettava la botta finale; delle mie amiche avrei visto solo le spalle, d'ora in poi?

- Lo chiamo? - nessun ' ciao, come stai? Tutto bene? ' Probabilmente era anche assurdo chiedermi come stavo: bastava guardarmi. E quel 'ciao' me l'avevano sussurrato i suoi begli occhi; potevi innamorarti dei suoi occhi, tanto erano grandi e belli. Mi aveva sussurrato tutta la sua tristezza con uno sguardo, mentre cercava di nascondere quella timidezza che si forma quando due persone che si conoscono da tanto tempo hanno litigato e per anni non si sono mai parlate. Per noi, adesso, probabilmente era come ricominciare,era ritornare alle origini: al tredici settembre 2006. O 2007?

- No. - Fredda, distaccata,a come il primo giorno di scuola.. adesso però non c'erano banchi nè libri a dividerci: solo un letto e qualche flebo, a dividere sei anni di fiducia e mani che si stringono.

- Ok. - si sedette accanto a me, senza dire niente. I silenzi valevano , il più delle volte nei casi di Fluo, come il verdetto finale. A volte avevo paura quando stava zitta per troppo tempo.

- Ok. - sospirai, sviando lo sguardo altrove. Cosa avrei potuto fare?

- Mi dispiace, Morgue. davvero mi... -

- Basta, sei l'ennesima che si scusa e magari in cuor suo pensa che sia un'idiota. Come il coglione che è arrivato prima. - mi riferivo ad Alessandro, ovviamente. E a chi, sennò? Alice mi guardò per qualche momento spaesata, chiudendo e riaprendo le palpebre, non comprendendomi.

- Perché l'hai fatto? Non credo che non sia una cosa seria il motivo che ti ha spinta a ritornare qua dentro.. ma... mi piacerebbe saperlo.. magari ti capisco, Ali, magari.. magari io posso stare dalla tua parte, sai? come sempre. Come è sempre stato. Mi sei mancata in questi tre mesi.. se avessi saputo che fine stavi facendo io.. -

- Eri in vacanza, Fluo. Non sentirti in colpa. -

- Mi sento in colpissima, Morgue. Eccome. tu..tu.. ci hai portati i Golden e.. e.. adesso... - non riusciva a completare la frase, effettivamente. Ma quelle parole balbettate, spezzate, tagliate ed incollate in modo da non dare filo logico al discorso, stranamente continuavano a ferirmi. Mi ferivano più delle parole di Ax. Perché quella di Ax poteva essere una supposizione, il suo punto di vista. Alice, invece, mi stava dicendo la verità. Un dato oggettivo. Il dato - dado che ha dato inizio al gioco.

- I miei mi hanno bruciato il GT, avanti ai miei occhi. - scoppiai a piangere silenziosamente, improvvisa, senza nemmeno che me ne accorgessi, senza che il mio cervello desse comando alle lacrime di scendere e rigare il viso. Pierrot.

- Cazzo. - unico commento, mille commenti e significati. S'alzò dalla sedia e balzò ad abbracciarmi. Era così minuta, lei, eppure quell'abbraccio era il più caloroso che avessi mai ricevuto. Perché Fluo,Evey,Lex,Yra, Eden e Wry sarebbero state le uniche a capire quanto fosse importante un biglietto. Siamo nate per quello, noi. Per le transenne e i salti. Per l'odore di concerto. Per le lacrime e le mani che si alzano. Per le ore di fila (Il massimo è stato di venti ore più cinque senza bere, il diciotto giugno). Per il volto di chi amiamo. Per la musica, che è ciò che più di tutto ci fa vivere.

- Stanno arrivando le altre! - mi sussurrò all'orecchio dopo l'ennesimo messaggio di Lex.

' Cazzo, non solo i treni.. anche gli ascensori ci hanno sui coglioni! Arriviamo. '

Quel messaggio rievocò nella mia mente due ricordi:

1) Me e Jared chiusi in ascensore, troppo stretti nonostante l'ascensore fosse praticamente una stanza. E questo ricordo mi fece tutto, tranne che bene.

2) la prima volta che io e le ragazze prendemmo un treno per arrivare a Caserta, ma che sfortuantamente non fermò dove doveva, e ci portò in un luogo sconosciuto perfino alle cartine politiche e alle mappe topografiche . Questo mi fece sussultare di Felcitià, e Fluo scoppiò a ridere, quasi m'avesse letto nel pensiero.

Evey improvvisamente scoppiò a piangere, non so se di gioia o cosa, urlando

- Wellà!! PEPPAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAA! - l'intero ' Girls Hurdles ' scoppiò a ridere, ricordando i bei momenti passati alle transenne, con CaneSecco che ci dava a parlare e Gian Paolo ( Quelli del Cast di Freaks!, per chi non li conoscesse) che mandava un bacio a Lex, ricordandosi di lei e della sua richiesta di un'autografo col sangue. B E I M O M E N T I , EH?!

Parlammo a lungo, rimasero in silenzio ad ascoltare parole monotone che la mia voce continuava a ripetere, piangevano anche; mi sussurravano che le dispiaceva, che al concerto mi avrebbero chiamata, mi avrebbero pensata.

Che avrebbero parlato con Jared, che gli portavano i miei saluti. ILLUMINAZIONE.

- UNA LETTERA! Gliela consegnate, la lettera? -

lo sguardo delle ragazze, abbagliato dalla mia enorme stronzata , mi fece capire che infondo Donia non era stata vomitata assieme al cibo. La sognatrice di sempre, la bella morgue, era ancora viva e scoppiettante dentro di me.Parlammo a lungo, di tutta un'estate passata dietro bestemmie ai nostri idoli, concerti dei subsonica, mangiate dai parenti a Formia, San Remo con le Triad, Giffoni Film Festival e Salento.

Quando andarono via rimase indelebile l'odore della musica, quello che ci siamo sempre portate dietro, il DNA di folli pazzoidi che in tutti i loro concerti erano sempre legate ad una staccionata in ferro, pronte a saltarla, a piegarla e a correre verso il palco se necessario. Quando andarono via, assieme al loro finto buon umore, lasciarono l'indelebile traccia di tristezza. Quando anche loro varcarono la porta, mi sentì le gambe voler scendere dal comodo materasso e toccare il pavimento freddo, a testare che anche il mio corpo è ancora vivo. Non sono ancora morta. Non ancora. Morirò solo quando avrò scavalcato tutti e tutto. Solo quando riabbraccerò ciò che credo mi appartenga. E dormirò solo quando morirò.(Cit)

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« Se Cenerentola avesse saputo che i sogni possono fare male

probabilmente per questa Domenica non piangerebbe nascosta qui »

( Evey dedicò ' Tra gli Dei ' dei Subsonica a Morgue )

 

 

 

I piedi continuavano a solleversi dal suolo, tutti all'unisono, al suon di 'Jump! Jump! Jump!' che echeggiava dal palco. Affannata, alla fine della moltitudine di gente, mi facevo spazio, senza saltare. Soppassavo ogni persona, che provava a mettermi il bastone tra le ruote. Continuano a farmi largo nei meandri di Echelon impazziti, tra le gambe che volevano e le mani che si accarezzavano producendo suoni che sentivo in lontananza, come ovattati.

Continuavo a spostarmi tra la gente, facendomi sempre più avanti: una donna mi si pose dinnanzi e al tentativo di soppassarla, mi mollò una gomitata che mi fece indietreggiare.

- Di qua non passi. -

- Devo arrivare alla transenna. -

- Anche io vorrei stare alle transenne. -

- Beh, io lotto per quello che voglio. -

Continuavano a saltare tutti, tranne me. Continuavo a camminare verso il palco, tra la gente che bestemmiava il mio passaggio e altri che con gomitate o spintoni mi riprotavano indietro. Ma io non mollo. Search and Destroy mi dava la carica per continuare a farmi spazio, per cercare. E distruggere. Ogni singolo piccolo attimo di quella canzone mi donava vitalità e la possibilità di rialzarmi. Il terreno mi sporcava le ginocchia, ma le mani mi aiutavano a rialzarmi e a camminare. Pogano. Siamo i re e le regine della promessa. SIAMO non ERAVAMO. SONO. Corro, adesso, mentre tutti continuano a saltare. C'è spazio. Sottile come una sottiletta m'infilo tra la gente.

Una botta dietro la testa. Cado a terra. - Hey, ragazzina sta attenta! -

Mi rialzo. Mi guardo a destra e a sinistra. Quasi a rallentatore. E di nuovo, cado a terra.

Ma Mi rialzo. Mi alzo sopra di esso e vedo. Acciaio. Le transenne. Le vedo tra le maglie delle echelon, tra i piedi che saltano, tra le mani che si poggiano, i busti che si sporgono. Come, break me down, bury me bury me. The Kill. Ancora qualche passo. Ed eccola, adesso la tocco.

Sono arrivata alla transenna. Mi guardo alle spalle, e la gente continua a farmi domande. Tutti quelli che ho soppassato con lo sguardo amareggiato mi chiedono chi cazzo fossi per esser riuscita a soppassare ogni cosa ed arrivare sotto il palco. Ma la mia attenzione non è focalizzata su di loro. E' su di Lui.

Sul suo viso che si sporge a guardarmi. Jared.

- THIS IS WHO REALLY I AM INSIDE! -

- THIS IS WHO REAL I AM! -

E ancora la mia mano che tocca la sua. Afferrami, portami via con te. Ce l'ho fatta.

La sua mano fredda mi sussurra carezze, i suoi occhi ricolmi di dolcezza e il busto proteso verso di me. La mano mi accarezza il volto. Tra tutta quella gente che improvvisamente si ferma, a fissarci.

- Troppo tardi. -

Sussurra Jared, prima di rialzarsi. Ed eccola, sul palco, una ragazza alta.. uguale a me. Ero io. Identica e precisa. La copia sputata. Per un attimo mi sentì sollevata. Ci sono io sul palco.

Poi Panico. Jared bacia quella persona che tanto mi somiglia. Ed io urlo il suo nome.

- NON è TARDI! - urlo. - JAREDD! JARED NON è TARDI! - ma in quel silenzio lui è con lei. Le urla pian piano ricominciano ad echeggiare nella mia testa; tra di loro una voce che io non conosco, ma che continua a dire ' Rachaele?! Morgue?! Smettila di urlare! ' che si fa sempre più vera, che soppassa la cappa di vetro che ovatta ogni parola, assieme al mio busto che si alza.

Mi sveglio. E Gemma è lì, accanto a me che mi sorride sospirando di sollievo. Gemma,non l'avevo mai vista prima d'ora. Un sorrisone mi spuntò sulle labbra, mentre il cuore si calmava, percependo che quello era stato l'ennesimo brutto incubo.

- E.. Elga. - la chiamai così, come ci conoscemmo. Strano dirlo, ma sul gioco di ruolo Extremelot.it ci sono anche Echelons. E lei è una di queste: la mia Echelon preferita. Anche lei sorrise, quando la chiamai 'Elga.'

- Recel! - pronunciò bene il nome del mio personaggio, che in realtà si scriveva ' Rachaele'. - O meglio.. Morgana Recel Hysteria! Echelon a tutti gli effetti, anche in una stupidissima community medioevale a sfondo fantasy! La mia assorellata! - scoppiai in un pianto di gioia silenzioso e quasi le balzai al collo,abbracciandola. Mi strinse forte forte a sè, come una vera e propria sorella. Parlavamo spesso noi due, delle storie che a volte scrivevo, dei Mars, oppure della vita di tutti i giorni. Parlavamo spesso e ridevamo con poco.

E io non l'avevo mai vista!

- Che ci fai qua? Sei scesa per me? - domandai egocentrica fingendo di non aver capito la situazione.

- Certo tata! Sono venuta a vedere come stai! Mi ero preoccupata! E poi te l'ho detto che sarei passata a trovarti, prima o poi. -

- Sì, e lo farò anche io! Verrò da te...e... vedremo un concerto insieme, ecco! -

- Non 'un' concerto. Il concerto. -

- Giah. QUEL concerto. In francia... -

- con o senza biglietto. - aggiunse lei, dandomi il cinque.

 

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* POst IT attaccato sul foglio della storiella v.v*

Ma.. perdono se quel che ho fatto ho fatto io però chiedo scusa! :/

Ok, questo capitolo non mi piace.

E' pieno di errori, vero? non fate caso se i verbi sono... bah, sbagliati, se prima è presente poi passato e poi futuro. L'ho scirtto in momenti.. differenti e beh, che devo dirvi, mi scocciavo di rileggere e corregere!

Grazie e perdontemi. La storia è stroncata così.. per un valido motivo, eh!
Baci,

La Morgue (NON) anoressica.

  

 

  

 
  
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