Santana
Lopez non era il tipo che si faceva abbattere facilmente, eppure
c’era qualcosa
che le faceva male, c’era qualcosa che la logorava dentro e
non le lasciava la
possibilità di essere la persona forte che era sempre stata.
Quel
qualcosa, o forse sarebbe meglio dire qualcuno, in quel momento si
stava
scatenando al centro dell’immensa sala del Duvals Experience,
ballando a ritmo
di una canzone da discoteca, incurante di tutto e di tutti.
Brittany
Pierce era così, viveva in un mondo tutto suo, fatto di
arcobaleni, unicorni e
musica.
Un mondo di
cui Santana era il centro fino a pochi mesi prima.
Volgendo lo
sguardo altrove, cercando di ricacciare indietro tutti i ricordi che
aveva di
Brittany, Santana iniziò a sorseggiare la sua coca-cola,
sperando che il tasso
alcolico inesistente di essa potesse, in qualche modo, cancellarle
dalla mente
tutti i bellissimi e, ahimè, dolorosi ricordi.
«Sai che la
coca-cola viene prodotta dagli Snasi? Vengono schiavizzati dalle
macchinette, è
per questo che io non la bevo.» il corpo di
Santana si irrigidì automaticamente, lei
conosceva quella voce, la conosceva benissimo, e anche se non lo avesse
fatto,
avrebbe riconosciuto i discorsi alla Luna Lovegood di Brittany ovunque.
Si
girò,
facendo attenzione a non far esplodere la lattina di coca-cola che era
nella
sua mano, e prese un respiro profondo, incrociando gli occhi blu di
Brittany.
«Che ci fai qui?» chiese,
seguendo con lo sguardo la
bionda che, intanto, si stava sedendo accanto a lei.
«Ti ho visto da
sola e volevo parlare un po’ con te, è dalla fine
della scuola che non ci siamo
sentite.» Santana
accennò un sorriso, non riusciva a mantenere
un’aria distaccata con Brittany,
per quanto fosse ferita, non
riusciva ad
odiarla.
«Già,
non mi hai
chiamato.»
sospirò
Santana, bevendo un altro po’ di Coca-Cola.
«Volevo, ma Lord
Tubbington mi ha mangiato il cellulare!» ammise Brittany
e Santana alzò un sopracciglio, indecisa
se credere o no a quella affermazione.
«Quel gatto
mangia davvero di tutto, eh?» la mora decise
di dare quella cavolata colossale per buona,
pensando che quel gatto mangiava davvero di tutto.
«Già.
Mi manchi,
Santana.» le parole di
Brittany la spiazzarono completamente, come faceva a passare da un
discorso
all’altro con così tanta nonchalance?
Come?
«Non.. non sono
andata via.» si
ritrovò a
balbettare Santana e Brittany sorrise, prendendole la mano.
«Sei sempre la
mia migliore amica, lo sai, si?» si
assicurò Brittany e Santana sorrise «Sei gelosa di
Sunshine per caso?» Brittany
impallidì, per poi scuotere
la testa «No, scherzi?» la mora
ridacchiò maliziosamente,
stringendole la mano.
«Sei tu la mia
migliore amica, Britt, lo sei sempre stata.»
*
Kurt Hummel era
incazzato nero.
Non solo era
stato costretto dalla maggioranza dei Warblers a salire sulle montagne
russe
del Duvals Experience -che non solo lo avrebbero spettinato, il che
già era un
dramma, ma lo avrebbero spettinato alla più grande
velocità dello Stato- ma
doveva anche sedere accanto a Trent Nixon, perché Blaine, il
suo ragazzo Blaine, voleva
sedere vicino alla sua amichetta di infanzia Sunshine.
Era geloso,
dannatamente geloso, anche se senza un motivo valido: Blaine amava lui, no?
Glielo
ripeteva in continuazione, dopotutto, glielo aveva ripetuto anche prima
di
salire su quel marchingegno infernale, glielo ripeteva ogni secondo di
ogni
minuto di ogni ora di ogni giorno, in realtà, eppure lui,
Kurt Elizabeth
Hummel, era geloso.
Uno
scricchiolio sinistro avvertì Kurt che il suo vagone stava
per partire e che quindi,
di conseguenza, il viaggio che sembrava prospettarsi il più
lungo della sua
vita stava per iniziare.
Con ogni
curva che veniva girata ed ogni salita che veniva intrapresa dal suo
vagone
–per non parlare della presa mortale di Trent sul suo
braccio- Kurt si sentiva
sempre più vicino alla sua inesorabile fine.
Una fine
senza Blaine che, ignaro –al suo solito- dei drammi interiori
del suo ragazzo,
sembrava divertirsi molto a farsi
sballottare in giro con Sunshine al lato.
Kurt
l’avrebbe ammazzata in quel momento: così ignara,
così felice accanto al suo
ragazzo, così dannatamente bella..
Di sicuro
era una minaccia più grande di quella che era stata Rachel
l’anno prima: erano
entrambe belle, ma Sunshine a quanto pareva già
conosceva Blaine, e chissà come
lo conosceva.
Oh, dannazione a
tutto!
Blaine amava
lui, solo
lui..
Ma eliminare
la concorrenza non sarebbe stato male, no?
La curva che
seguì questo infido pensiero sembrava proprio adatta alla
situazione: alta, ad
altissima velocità, pericolosa al
punto giusto..
Sarebbe
bastato un leggero tocco e con un po’ di fortuna..
«NO!»
..Sunshine
sarebbe caduta sempre più giù.
Una leggera
folata di vento ridestò Kurt dai suoi assurdi pensieri.
Come aveva
potuto solo pensare una
cosa del genere?
Lui non era
così, dannata gelosia!
In
più, si
era perso tutto il viaggio preso com’era a fantasticare, e
quindi si era
spettinato per niente.
«Kurt, tutto
bene? Ti sei divertito? Il prossimo giro possiamo farlo insieme!» un
contentissimo Blaine gli si parò
davanti, offrendogli la mano destra come appiglio per uscire dalla
giostra.
Kurt
incontrò lo sguardo felice di Blaine, e sperò di
riuscire a mascherare la sua
gelosia, ma non ci riuscì.
«Dov’è
Sunshine?» chiese,
guardandosi intorno
spaesato, seguito da Blaine che intanto accennò
un’alzata di spalle.
«Non lo so,
l’ho
lasciata andare, volevo passare un po’ di tempo con il mio ragazzo.»
Kurt sorrise
ed arrossì allo stesso tempo: Blaine aveva marcato
appositamente la parola mio perché
sapeva che Kurt era geloso,
lo sapeva, aveva capito tutto.
Ed aveva
ragione: lui, Kurt Elizabeth Hummel, era suo.
«Al prossimo
giro, però, vedi di non chiamarmi Sunshine!»
minacciò Kurt afferrando la mano del suo ragazzo ed
uscendo finalmente da quel vagone.
«Perché
no, Raggio di Sole?»
scherzò Blaine e Kurt gli diede un
buffetto sulla guancia, mormorando uno: ‘scemo’.
«Perché
sennò la furia di Ninja Hummel si abbatterà su di
te!»
gridò con tono minaccioso, scoppiando
poi a ridere seguito da Blaine.
*
Chiunque era
l’inventore degli Hot – Dog meritava di morire
sotto i dolori più atroci del
mondo, e magari Sunshine Reeves poteva unirsi a lui.
Non sapeva
come le era saltato in mente, non sapeva quale arcana visione aveva
avuto che
l’aveva spinta a fare una cosa del genere, ma aveva mangiato
un Hot – Dog in
compagnia di un certo Jeff Sterling e poi, presa da
un’assurda euforia, era
andata a farsi un giro sulle montagne russe.
Se lei era
‘sana’ non
voleva sapere come erano i matti.
Barcollando
tra un’attrazione e un’altra, si ritrovò
persa nell’immenso luna park.
Doveva solo
trovare un bagno, uno
solo, non le sembrava di chiedere molto!
«Hey Sunshine,
hai bisogno di aiuto?» una voce
profonda richiamò l’attenzione di Sunshine che,
cercando di non
vomitare proprio in quel momento, si voltò lentamente.
Noah
Puckerman era in piedi di fronte a lei e sembrava abbastanza
preoccupato.
«Sai
dov’è un
bagno?» chiese
Sunshine disperata e Puck accennò una risata
–anche se, secondo Sunshine, non
c’era proprio niente da ridere-.
«E’ a
due passi,
ti ci accompagno!»
suggerì Noah, passandole una mano attorno al fianco e
trascinandola
verso una piccola costruzione di un blu intenso.
Senza
pensarci due volte, Sunshine si liberò dalla presa di Noah e
si fiondò nel
bagno, pronta a rimettere tutto il possibile.
Non avrebbe
più mangiato Hot Dog,
basta!
Una volta
terminato, uscì dal piccolo bagno e si ritrovò
faccia a faccia con Noah, che la
guardava divertito.
«Cosa
c’è da
sorridere?»
sbottò
infastidita, poggiando le mani sul bordo di un lavandino e dandosi una
rapida
occhiata allo specchio.
«Non avrai mica
mangiato prima di farti un giro sulle montagne russe, vero?» suppose
scherzando Puck –azzeccando,
per giunta-, appoggiandosi con la schiena ad un altro lavandino.
«Anche se fosse?»
biascicò Sunshine, riempiendosi la
bocca di mentine «Beh non
è mai una buona idea, ci vengo spesso qui, quelle montagne
russe
sono le più veloci dello Stato, sai?»
commentò lui, con un sorriso divertito stampato in
volto –Sunshine gli avrebbe volentieri dato un pugno, ma
dettagli-.
«E’ per
questo che
vagavi nel nulla? Perché conosci il posto?»
domandò Sunshine, dandosi una sistemata ai capelli
–che non erano mai stati più osceni-, sbuffando
ogni tanto «Non vagavo nel
nulla, ti seguivo.»
Il primo
istinto di Sunshine sentite quelle parole fu quello di tirare in faccia
a Noah
Puckerman tutto il possibile e fuggire verso una zona più popolata, il secondo, quello che fortunatamente per Noah seguì,
fu quello di assumere un’espressione
confusa e contrariata.
«No, non pensare
male, solo ho visto che uscivi in condizioni pietose
da quelle montagne russe e non volevo ritrovarti morta!» si
giustificò Puck, alzando le mani
in segno di innocenza.
Noah Puckerman
innocente?
Ma per favore.
Sunshine ne
aveva sentite di storie su di lui, sapeva che era il
puttanone della scuola e sapeva anche che aveva messo incinta
la
cara, perfetta e casta Quinn Fabray.
«Primo, sei gentile a ricordarmi che sono in
condizioni pietose, e secondo, credi davvero che mi fiderò
di ciò che dici? So
come pensano i ragazzi come te.»
commentò Sunshine, guardando di sottecchi Puck.
«Scusa, non sono
il massimo con la delicatezza.. » Si, Sunshine lo
aveva capito, prima per sorreggerla
le aveva quasi incrinato una costola
«.. Ma se avessi
avuto intenzione di
farmiti, stai tranquilla, lo avrei fatto, anche se sei in condizioni
pietose.»
«Certamente,
Puckerman, certamente.»
sospirò Sunshine, scuotendo la lunga chioma bionda.
«Che
succede qui?»
Quinn Fabray
fece la sua comparsa dall’ingresso della costruzione, con
un’espressione
confusa in volto.
«Aiutavo
un’amica, Quinn, è un problema per te?» chiese acido
Puck, staccando la schiena dal lavandino
e assumendo una posizione eretta.
«Da quando sei
amico di Sunshine?»
domandò Quinn, alzando un sopracciglio «Non lo
è, infatti.»
commentò Sunshine con un’ alzata di
spalle.
Noah la
guardò infastidito, per poi tornare a concentrarsi su Quinn.
«Che vuoi,
Quinn?» la situazione
sarebbe degenerata, Sunshine lo
immaginava, ma darsela a gambe non le sembrava il modo migliore di
uscire di
scena.
«Ho sentito
delle voci e mi sono preoccupata..» rispose Quinn,
guardando prima Sunshine –che era
ancora in condizioni pietose- e poi Puck «..Voi fate cose
insieme?»
Sunshine
soffocò una risata, e poi scosse la testa, sghignazzando
sommessamente.
«No, Quinn.» rispose pacato
Puck, che, anche se
cercava di nasconderlo, stava perdendo le staffe.
«Ah, strano, di
solito tu fai cose con tutte le tue
‘amiche’.» ahia.
«HAI UN PROBLEMA
CON QUESTO? SE TU NON MI AVESSI LASCIATO MAGARI ADESSO LE COSE LE FAREI
CON TE!» ok, Puck non stava più facendo il pacato,
la situazione era degenerata.
Quinn rimase
ferma, come paralizzata, e prima di poter proferire di nuovo parola si
ritrovò
senza nessuno con cui discutere.
Puck era
uscito, sbattendo terribilmente forte la porta.
«Beh, questo si
che è stata un’uscita teatrale!»
commentò Sunshine scherzosamente, cercando –senza
successo-
di spezzare la tensione che si era creata nel momento in cui Quinn
aveva messo
piede in quel bagno.
«Non mi piace
dare spettacolo così.» ammise Quinn,
sospirando e appoggiandosi al lavandino su cui era stato poggiato
Puck fino a pochi secondi prima.
«Tranquilla,
succede.» rispose
Sunshine, passandole un fazzolettino «Se vuoi piangere
puoi anche farlo, io non sono qui per
giudicare nessuno.»
Quinn
chinò
il capo in segno di ringraziamento e afferrò il fazzolettino
che Sunshine le
stava porgendo, iniziando a singhiozzare.
«E’
tutto ok,
dai..»
rassicurò
Sunshine, dandole qualche pacca sulla schiena.
Dopo qualche
interminabile minuto di singhiozzi, Quinn smise di ‘piangere’ –infatti non aveva
propriamente
pianto, aveva solo singhiozzato, senza far uscire una singola lacrima.
A quanto
pareva era troppo orgogliosa per piangere di fronte ad una persona che
non
conosceva bene-.
«Va meglio ora?» chiese
Sunshine, guardando Quinn con
apprensione «Si, grazie.» rispose questa,
annuendo e buttando
via il fazzolettino che Sunshine le aveva passato in precedenza.
«Voglio tornare
a casa, puoi accompagnarmi se vuoi.»
asserì Quinn, guardandosi con finto interesse le
unghie «Vacci.»
suggerì Sunshine «Io vorrei anche
accompagnarti, ma ho
la bicicletta.»
continuò,
roteando gli occhi.
«Che problema
c’è? Andiamo con la mia macchina, tanto la festa
è quasi finita!»
controbatté Quinn -che
effettivamente aveva bisogno di qualcuno con cui parlare se invitava
una
persona con la quale aveva parlato si e no una volta ad accompagnarla a
casa-.
«Un passaggio?»
deglutì Sunshine, impallidendo «Si, hai problemi
con i passaggi per
caso?»
ridacchiò
Quinn, che giustamente non sapeva nulla del problema di Sunshine «No, ma che,
figurati!»
Ecco, si era
rovinata per non fare brutta figura,
adesso sarebbe stata scortata a casa e rischiava di far incontrare sua madre ubriaca
a Quinn Fabray.
Sarebbe finita
male.
Somewhere
only we know.
E lo so,
è
passato un mese esatto (LOL) da quando ho aggiornato, ma ‘sto
diamine di
capitolo mi ha fatto penare!
Ho cambiato
il finale tipo 21839821390213902 volte prima di tagliarlo
(sarà nel prossimo
capitolo!), però ok. uù
Devo dire
che è la parte di ‘Life is a
Rollercoaster’ che preferisco!
Troviamo la
Quick, la Brittana, la Klaine! DJASJKDASKJDASJKDKASDKJASD
E NINJA
HUMMEL, PER LA GIOIA DELLA MATRIGNA PiU’ FIGA DEL MONDO,
ELIS! *-*
E niente,
avrete capito che il ragazzo del McKinley è Puckerman e che
Quinn è abbastanza
gelosa (?) e che ne vedremo delle belle.
Alla
prossima, dunque, non voglio spoilerarvi nada!
Grazie a
tutti quelli che recensiscono e
chi
mette la storia tra le seguite e le preferite (siete tutti voi la mia
più
grande fonte di ispirazione, beibs).
Al solito,
ringrazio chi ha letto fino a qui e lo invito a recensire, se vuole,
sennò no,
è ok lo stesso! (?)
Sto
sclerando, me ne vado.
1, 2, 3!
*lancia fumo
e sparisce*