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Autore: dalialio    02/10/2011    4 recensioni
Una ragazza entra a far parte della vita degli agenti dell’NCIS. La sua identità all’inizio li lascerà sconcertati, ma poi si abitueranno alla sua presenza.
La protagonista presto scoprirà di aver creato dello scompiglio nelle loro vite, ma grazie al suo aiuto qualcuno riuscirà a chiarire i propri sentimenti.
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altro Personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'She Cαme Into Our Lives And Chαnged Everything'
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Interceding Is Often Hard- Cap 6

Capitolo 6

Due inviti inaspettati


Le voci che giravano riguardo un certo “ballo”, che si sarebbe tenuto il sabato di quella settimana, giunsero alle mie orecchie il giovedì. Da quanto avevo capito, veniva festeggiato un qualche anniversario dei marines in un locale molto elegante ed erano invitate tutte le persone che lavoravano nell’agenzia più qualche ufficiale importante.
La conferma formale dell’evento, che mi provò la presenza effettiva di questo misterioso ballo, mi venne data da Jethro, che mi chiese, inaspettatamente, di essere la sua dama.
“Ti sei abbassato a questi livelli, zio?”, dissi ridendo. “Davvero non c’è nessuna donna qui in ufficio che vorresti invitare?”.
Jethro rispose alzando le spalle con aria innocente. “Sono tutte troppo giovani per me. Io mi trovo ormai in età pensionabile. Sono vecchio, sai”.
L’espressione che assunse quando pronunciò queste parole era talmente comica che scoppiai a ridere. “Ma dai!”, esclamai, dandogli una pacca sul braccio in modo amichevole. “Non avere un’opinione così bassa di te. Sei ancora un uomo attraente”, dissi sorridendo.
“E poi”, continuò lui, “ho voglia di andarci con te. Nulla me lo vieta”. Mi strizzò l’occhio con atteggiamento complice. “Posso presentarti tanti bei giovani marines”.
Scorsi il leggero velo di serietà nei suoi occhi dietro tutta l’ilarità, quindi, dopo aver chiarito che non volevo mi presentasse nessuno, risposi affermativamente alla sua richiesta.
Anche se non ero mai stata a un evento del genere, non avevo la minima idea di come vestirmi e non sapevo che persone ci sarebbero state, ero davvero eccitata all’idea di parteciparvi.




***




“Con chi andrai al ballo, McGee?”, domandò Ziva. Eravamo seduti tutti assieme – io, Jethro, Ziva, McGee e DiNozzo - a un bancone della tavola calda più vicina agli uffici e stavamo trangugiando chi toast, chi hot-dog e chi hamburger.
Timothy piegò la testa da un lato e sollevò le sue folte sopracciglia. “Ci andrò con Abby”, disse in tono casuale.
Si levarono esclamazioni e mugugni – quelli di DiNozzo, che aveva la bocca piena – di approvazione.
“E bravo pivello!”, esclamò in seguito, piazzandogli una potente pacca sul braccio. Poi si accorse dell’occhiataccia di Jethro e si ricompose come un bambino che viene sorpreso a combinare un malanno.
“È stata lei a invitarmi, in realtà”, spiegò Timothy. Raddrizzò le spalle con fare superiore. “E io ho accettato”.
“Hai fatto bene, McGee”, approvò Ziva, annuendo. Poi si voltò verso DiNozzo. “E tu Tony, con chi ci andrai?”, gli chiese, sorridendo in modo provocatorio.
“Tzè!”, esclamò stizzito, sollevando le spalle. “Ci sono un sacco di ragazze che vorrebbero farmi da dama a quel ballo”.
Ziva lo fissò con la stessa espressione di prima. “Vuol dire che non l’hai ancora chiesto a nessuna”, concretò lei. “Hai forse paura? Oppure nessuna ti vuole?”.
DiNozzo non si scoraggiò davanti a quell’affronto. “Come ho detto”, rispose, “le ragazze che mi vogliono sono tante e per me è difficile sceglierne una”.
Sembrava una conversazione tenuta da cinque adolescenti del liceo che dovevano scegliere il vestito per il ballo di fine anno. Gli adulti si erano per caso messi a fare gli stessi discorsi di quando erano giovani? Erano tornati indietro nel tempo?
“DiNozzo”, lo riprese Jethro, facendo un cenno con la testa verso di me. “Astieniti dal fare certe affermazioni”.
Alzai gli occhi al cielo. “Zio, sono grande ormai. Certe sottigliezze riesco a coglierle, ma so anche comprenderle”.
“Non si sa mai”, commentò Gibbs con un’alzata di spalle.
“E tu, invece”, attaccò DiNozzo, guardando Ziva con uno sguardo che era un misto tra la derisione e l’interesse, “hai già un accompagnatore?”.
“Non ancora”, rispose lei ridendo. “Ma questo non significa che non ne troverò uno presto”.
DiNozzo la continuò a guardare anche quando Ziva si voltò per parlare con McGee, poi piegò la bocca in una smorfia incomprensibile e diede un morso al suo hot-dog già mezzo mangiato.




***





Il giorno dopo ero così stanca che dormii fino a tardi. Quando mi alzai dal letto, sul comodino trovai un foglietto su cui, con la calligrafia appena leggibile di mia mamma, c’era scritto:


Jethro ha detto che, se vuoi andare da lui anche oggi, puoi chiamarlo e ti viene a prendere.

Mamma.


I miei erano, anche quel giorno, in giro per la città per affari, quindi, com’era successo fino a quel momento, non volevo restare a casa da sola senza fare nulla. Mi preparai lentamente, poi chiamai l’ufficio di Gibbs.
Mi rispose DiNozzo. Un po’ imbarazzata dalla situazione, gli chiesi se poteva riferire a Jethro il mio messaggio, poi riattaccai velocemente.
Grande fu la sorpresa quando, aprendo la porta di casa quando il campanello suonò, invece di Jethro mi trovai di fronte proprio Anthony.
“Ciao”, mi salutò, così di buon umore che rimasi sconcertata. Non l’avevo mai visto così felice.
“Ciao”, feci a mia volta, piegando la testa da un lato.
“Gibbs era impegnato”, spiegò, “e mi ha delegato il compito”.
“Okay”, risposi soltanto.
Salii nell’auto argentata sul posto del passeggero. Dopo un paio di minuti d’imbarazzo, che passai tutti guardando attentamente fuori dal finestrino, Anthony decise di punto in bianco di parlare.
“Dormito bene?”, domandò inspiegabilmente.
Mi voltai leggermente verso di lui, ma mi misi a fissare la strada di fronte a me. “Sì, grazie”, risposi.
Con la coda dell’occhio lo vidi corrugare le labbra e annuire. “Sono contento”, commentò.
Passò un altro minuto di silenzio, durante il quale tornai a guardare fuori dallo stesso finestrino di prima.
“Credo che tu abbia sentito le voci che girano riguardo al ricevimento di domani sera”, disse improvvisamente.
“Certo”, risposi, voltandomi a guardarlo. “Ne avete parlato giusto ieri alla tavola calda, e io ero presente”.
“Vero”, mormorò lui. Poi rimase in silenzio.
Incrociai le braccia e gli lanciai un’occhiataccia. “Qual è il problema, Anthony?”, domandai seccata.
“Nessun problema, cara”, rispose. “Mi stavo solo chiedendo se... be’...”, balbettò, incapace di continuare.
In tutti quei giorni, non avevo mai visto l’agente DiNozzo così in difficoltà.
“Sì, insomma”, continuò, “mi chiedevo se ti andasse di andare insieme a me a quel ricevimento”.
Quando ultimò la frase, spalancai gli occhi.
Avevo forse capito bene?
DiNozzo mi stava invitando?
Mi saltarono alla mente le parole di Ziva della sua sfuriata del giorno prima. Che davvero io avessi ammaliato Tony?
No, impossibile.
“Sempre che tu non abbia qualche problema con i commenti degli altri sul fatto che una ragazza così giovane accompagni un uomo così vecchio”, continuò, voltandosi verso di me per un secondo e poi tornando alla strada.
“Non sei così vecchio”, risposi, cercando di non dare una risposta alla sua richiesta. “E poi, ho diciotto anni, è da un po’ di tempo che non faccio più caso a cosa gli altri pensino di me”.
Anthony mi guardò. “Allora è un sì?”, domandò speranzoso.
Scossi debolmente la testa. “No, mi dispiace”, risposi. “Me l’ha chiesto Jethro per primo”.
Nonostante tutte le prese in giro e i commenti pungenti che c’eravamo scambiati durante quei giorni, ero davvero dispiaciuta di non poter accompagnare DiNozzo a quel ballo, soprattutto per l’espressione delusa che sfoggiava in quel momento.
“Certo, è ovvio”, rispose demoralizzato.
“Ma, se lo zio mi lasciasse, potrei sempre concederti un ballo”, proposi.
Anthony parve rianimarsi un po’. “Okay”.
“D’altronde, cosa c’è di più realizzante di un ballo con la nipote del capo?”, scherzai.
Finalmente il buon umore tornò in lui. “Niente, in effetti”, rispose ridendo. “Sempre che non ti pesti un piede. Allora le cose per me si metterebbero male!”.
“Tranquillo”, dissi con un sorriso, sollevata dopotutto per come l’aveva presa Tony, “anche se succedesse, non glielo direi”.
Arrivammo agli uffici dell’NCIS e Anthony fermò l’auto davanti all’entrata principale. Aprii la portiera e feci per scendere, ma la sua voce mi fermò.
“Mi ricorderò della tua promessa”, disse. “Dovrai farlo anche tu”.
“Certo”, risposi, poi scesi dall’auto e corsi all’interno dell’edificio, più lontano possibile da DiNozzo e dalla sua auto argentata, testimone, quella mattina, di un evento quantomeno inspiegabile.










*Nota dell'autrice*

Devo ammettere di essermi divertita un sacco a scrivere questo capitolo! :) mi sono resa conto che mi piace maneggiare Tony, fargli dire quello che voglio... mi fa sentire onnipotente! :) :)
Scherzi a parte, non ho molto altro da dire su questo capitolo, se non che si è praticamente scritto da solo (come gran parte della storia, d'altronde (:  ) e che, senza accorgermene, mi sono ritrovata tra le mani un DiNozzo che invitava la nipote del suo capo ad un ballo...
Vai a capire cosa pensavo in quel momento! :) :)
Spero che anche questo capitolo vi sia piaciuto! :)
Mando un bacione a tutti :) alla prossima settimana! :)
Chiara
   
 
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