Fanfic su artisti musicali > 30 Seconds to Mars
Segui la storia  |       
Autore: PrincesMonica    02/10/2011    13 recensioni
Jared e Shannon devono presenziare, assieme alla madre, ad una riunione di Famiglia in Luisiana. Ma Costance li obbliga a trovarsi delle fidanzate che li accompagnino. Cosa succederà?
Genere: Comico, Erotico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Jared Leto, Nuovo personaggio
Note: AU, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Capitolo 14
 
L’odore del caffè lo stava risvegliando. Aprì gli occhi e Monica, ovviamente, non c’era. L’orologio segnava appena le otto. Si rigirò tra le lenzuola tranquillo: aveva riposato finalmente bene, anche perchè Monica lo aveva ben stancato la notte prima. Si stiracchiò e andò a guardarsi allo specchio: aveva un grosso succhiotto proprio sotto l’orecchio. Gli venne da ridere.
Vide i suoi vestiti sistemati ordinatamente sulla sedia della scrivania: evidentemente Monica doveva averglieli ritrovati per la casa dove li aveva lasciati, o meglio gettati, mentre si spogliava per portarla quanto prima a letto. La camicia era un po’ spiegazzata e la cravatta aveva anche perso il nodo: decisamente divertiti.
Poi la sentì: stava cantando a piena voce qualcosa che lui non conosceva. Appena vestito andò in cucina e la trovò lì. Gli stava dando la schiena, vestita solo con una lunga canotta bianca e un paio di slip. Alle orecchie le cuffiette dell’i-pod. Era al fornello, stava cucinando e non si curava del resto del mondo.
Jared si appoggiò allo stipite del muro a fissarla, con le mani incrociate. Aveva cambiato canzone e la stanza si riempì delle parole di 'Turning Tables' di Adele. Ovviamente non aveva la stessa voce della cantante, calda e malinconia, però riusciva a tenere tutte le note senza stonare e non era cosa da poco. Era uno strano quadretto il loro, una scena di rara intimità che da tantissimo tempo non provava: quando erano stati a Bossier City avevano passato tanti momenti simili, ma tra loro c’era comunque sempre una sorta di freddezza dovuta alla bugia che avevano messo su a beneficio dei parenti. Invece lì, in quella cucina, erano solo loro, Monica e Jared, due persone che si erano svegliate nella stessa casa e che ora avrebbero fatto colazione.
Due persone normali, pensò Jared.
Per lui la normalità era sempre stata un concetto astratto, buono solo per le pubblicità delle famigliole felici. Per lui essere normale significava svegliarsi in una città diversa giorno dopo giorno, interminabili viaggi in bus con la band, i concerti e le serate ai party. Eppure non avrebbe cambiato quel momento con nessun altro della sua vita. Nessuno.
Era il momento perfetto e lo terrorizzava.
Scosse il capo e andò a spiare cosa stesse cucinando la ragazza.
“Uhm... pancake, buoni.”
Lei trasalì non aspettandosi di trovarlo lì. “Lo spero. Non saranno buoni come quelli di Margot, ma fanno la loro porca figura comunque. Ah prendi lo sciroppo e mettilo in tavola.”
“A saperlo ti aspettavo in camera.”
“Non si mangia a letto. Oddio, non è vero, qualche volta si fa anche quello.” Girò i pancake e si sentì lo sfrigolare della pasta.
“I tuoi vicini non si lamentano mai che canti la mattina presto?”
Monica gli porse il piatto e lui annaffiò i piccoli pancake di sciroppo: avevano un aspetto delizioso.
“E perchè dovrebbero? Li sveglio con qualche buona canzone.”
“Ma se sei stonata come una campana!”
Lei gli fece la linguaccia prima di bere un sorso di caffè. “Ah, ah, ah che ridere.”
“Dai che ti prendevo in giro. Non sei male, anche se, ovviamente, non sei ai miei livelli.”
Monica alzò gli occhi al cielo ed evitò di rispondere. “Vanesio.”, sussurrò prima di mangiare.
“Adorabile.” Rispose lui. “Non male. Brava, potrei abituarmi a fare colazione qui ogni mattina.”
“Non dire cazzate, stai per partire per New York, già la colazione di domani la farai da Tiffany.”
“Vero, ma quando torno potrei venire qui a mangiare.”
“Manca solo questo e la mia vita poi sarebbe perfetta eh?”
“Che simpatica.”
“Sarcasmo che cola, Leto.”
Terminarono la colazione parlottando del più del meno. Non era il momento per discorsi seri e pensieri su quello che era stato il tempo passato assieme.
“Credo che adesso dovrò andare a recuperare le mie valigie o rischio di perdere il volo per la costa est.”
“Non sia mai che la tua bimba bionda dell’altra città non ti trovi all’aeroporto, rischierebbe di perdersi se tu non arrivassi in tempo.”
“Vorrà dire che mi farò venire a prendere da Terry. O mi prenderò un taxi, così sarai felice e non sarai gelosa.”
“Io non sono gelosa!”, urlò Monica mentre lui si avviava verso la porta ridendo.
“Sì che lo sei e la cosa, ammetto, rinfranca il mio ego.” Aprì la porta e si girò verso di lei sorridendole. “Mi mancherai.”
“Ne dubito fermamente.”
Jared si voltò e le lasciò un bacio sulla fronte, talmente casto da farli rabbrividire entrambi. Era qualcosa di così estremamente dolce e rappresentativo che fece paura anche a lei. Oltre che a lui, ovviamente. La fissò sconvolto e toccandosi le labbra se ne andò, senza accorgersi che lei si era appoggiata alla porta a bocca aperta.
Che cosa gli stava facendo?
 
New York era sempre la stessa eppure per lui cambiava continuamente.
Gli piaceva andare in giro in bicicletta, sfrecciare fra le auto senza paura, lasciare i pensieri in soffitta per quella mezz’ora e preoccuparsi solo di evitare le macchine.
Il problema era che prima o poi si doveva fermare e allora tutti i suoi pensieri ritornavano.
Inoltre si stava annoiando fin troppo. Terry stava cercando di fare dei servizi fotografici a delle modelle mandate lì da Vogue e il lavoro stava andando fin troppo per le lunghe. Prese il suo BlackBerry e si mise a chattare via messenger con Julie che gli stava raccontando della sua ultima conquista. Gli sarebbe piaciuto rivederla e magari pure fare due chiacchiere con lei. Alla fine aveva recuperato un rapporto che da anni aveva perso... quasi quasi le avrebbe chiesto di andare da lui, non fosse stato per il suo lavoro.
Sbuffò quando le ragazze risero sguaiatamente: più le guardava e più le trovava insipide, non gli interessavano proprio.
Che diavolo gli stava accadendo?
Vide Terry mentre iniziava a sistemare la macchina fotografica: non gli era sfuggita l’occhiataccia che lui gli aveva lanciato quando si era permesso di fare qualche commento sarcastico verso le sue modelle. Non voleva offendere il fotografo: con lui aveva instraurato una strana amicizia, nata, ovviamente, per motivi lavorativi, ma cresciuta abbastanza per far diventare Terry uno dei pochi a cui Jared avrebbe affidato la sua amata chitarra. Lo stimava, nonostante sapesse che la sua reputazione non era esente da macchia, un po’ come tutta la sua pelle.
“Ciao. Tu sei Jared, vero? Io sono Annabelle e lei è Candice.”
Le due ragazze stavano ammiccando in maniera sexy, ma per lui erano solo ridicole.
“Ciao.”, si limitò lui.
“Stasera c’è una festa a Manhattan.”
“Solo una? Questa città sta perdendo smalto.”
Le due ragazze si guardarono interdette. “Veramente ci sono più feste.”, mise in chiaro la seconda. In lontananza Terry alzava gli occhi al cielo.
“Allora meglio così.”
“Esatto. Quindi ti va di venirci con noi? Siamo simpatiche sai? Ti piacerebbe conoscerci.” Con poca grazia si strusciarono su di lui, ma Jared non sentì nulla. Niente carne, niente curve, solo un cumulo di ossa coperte di pelle.
“Vedete quella cosa là?”, fece Jared indicando la porta.
“Sì, è la porta.”
“Apritela e andate lontano da me, grazie.” Le due, offese, se ne andarono facendogli il dito con poca femminilità sbattendo la porta dello studio. “Finalmente.”
“Ti sei sfogato?”, chiese Terry, avvicinandosi.
“Abbastanza.”
“Quindi puoi parlare tranquillamente, ora.”
“Sì, credo di sì.”
“Bene, allora scendiamo. Non andremo alla festa di Manhattan, ma possiamo andare a berci qualcosa. Io poi ho anche fame.”
Scesero in strada: nessuno, a vederli, poteva pensare che fossero una star della musica e il fotografo più conosciuto al mondo. Erano due semplici uomini, uno un po’ più avanti con l’età, che camminavano sotto una leggera pioggerellina primaverile. Terry si fumò una sigaretta e prima di entrare in bar, la spense in uno dei portacenere cittadini e fece entrare Jared in un pub. Non era uno dei locali glamour alla moda e lì non si trovavano paparazzi e giornalisti. Jared si guardò attorno: il bancone era di legno, pesantemente usurato dal tempo. Dietro stava il barista, un uomo alto e tarchiato che asciugava un bicchiere e che fece un cenno d’intesa a Terry.
I due si sedettero lontano, in modo da non essere disturbati da nessuno, tranne dal barista che arrivò da loro con due birre grandi.
“Lo sai che io non bevo tanto.”, disse Jared.
“Stavolta bevi. Lo sai che l’alcol aiuta. Un brindisi.” Alzò il bicchiere. “All’uomo innamorato.”
Jared, che stava iniziando a bene, rischiò di soffocarsi con la birra. “Innamorato? Ma stai scherzando?”
“No, anzi, non sono mai stato più serio di adesso. Insomma... siamo onesti, Jay, da quando in qua dici di no a due biondine appena ventenni? Avanti, puoi mentire agli altri, ma non ad un vecchio volpone come me. Ho più anni di te, Jared, e so come va il mondo.”
“Stai solo sparando cazzate. Io... solo non ho voglia di scopare.” Come disse quelle parole, capì di essere veramente nei guai.
“Parlami di lei.”
“Non c’è nessuna lei. Niente di importante.” Si rigirò la birra tra le mani.
“Passi la balla che stai raccontando a me, ma sei sicuro di riuscire a convincere te stesso con le tue bugie?”
“Senti, Terry, da quando sei diventato un’esperto di relazioni? Non mi sembri il tipo.” La sua voce era anche un po’ troppo acida, ma non riusciva a modularla al meglio.
“Solo perchè ho scelto una vita da single, non significa che non capisca niente di relazioni. E poi si dà il caso che anche io ho avuto qualche storia d’amore.”
“Perchè hai scelto di stare da solo?” Jared e Terry non avevano mai parlato di questo genere di cose, ma in quell’istante il cantante si sentiva di dover capire il suo amico e forse capire se stesso.
“Dico a tutti che è per il lavoro che non mi sono mai legato. Fare il fotografo ad alti livelli ti porta a girare ovunque, una settimana a Parigi, poi Londra per poi correre a Los Angeles. Una famiglia con questi ritmi, mi dico, come faccio a mantenerla?” Sospirò. “In realtà vorrei che fosse così semplice. Quando avevo l’età per trovarmi una donna, ho rinunciato, dicendo che non era il tempo, che non la volevo. Poi mi sono detto che andava bene così, che ho avuto una gran vita, il lavoro perfetto per me, il meglio che potessi sperare.” Si bevette un lungo sorso di birra fredda e riprese. “La verità è che avevo paura di cambiare la mia vita. Andava così bene, perchè rischiare di rovinarla? Scopavo abbondantemente, non avevo relazioni stabili, ero padrone di me stesso.”
“Lo sei ancora adesso.”
“Sono un padrone solo di me stesso. Quando torno a casa non ho nessuno ad aspettarmi, solo la cameriera che mi fa le pulizie e parla pure spagnolo e non la capisco. Normalmente non ci faccio caso, prendo ed esco, vado all’ennesima festa, ma ogni tanto sento che qualcosa mi manca.” Fece cenno al barista di portargli un’altra birra, mentre Jared doveva ancora terminare la sua.
“Sei ancora in tempo per fartela una famiglia, mica sei decrepito con un piede nella fossa.”
“Ma figurati, ormai sono troppo vecchio per adattarmi ad un nuovo modo di vivere. Ho preso questa scelta e in generale sto bene. Cerca di non perdere questo treno anche tu.”
Jared finì in un sorso tutto ciò che era rimasto e ne ordinò una seconda: se doveva dimenticare nell’alcol, tanto valeva farlo per bene.
“Allora, adesso mi vuoi parlare di lei? Sono curioso di conoscere la donna che è riuscito a farti sbarellare del tutto.”, riprese il fotografo.
Jared iniziò a smanettare con il BB e poi lo passò a Terry. “É lei.”
Terry guardò lo schermo: c’era Monica messa di tre quarti, mentre sorrideva. L’aveva scattata di nascosto durante il pic nic in Louisiana. Lei parlava con Julie e Sandra di non sapeva neppure cosa e sembrava tranquilla e rilassata, completamente a suo agio tra quelle persone che non conosceva. Quel sorriso così reale e dolce lo faceva stare bene. Quando si sentiva solo, fissava quella foto e stava meglio.
“Mi pare una ragazza carina. Non di una bellezza eccelsa, però, adulta e consapevole. E dimmi, cosa ti piace di lei?”, gli tornò il telefono sorridendo indulgente.
“Non lo so. Se ci penso, razionalmente, la trovo troppo sarcastica, troppo indipendente e sicuramente poco simile ai miei standard.”
“E se ci pensi così per pensare? Semplicemente chiudendo gli occhi?” La seconda birra stava per finire. Terry se la centellinò.
“La vedo perfetta. La ragazza che riesce a capirmi prima ancora che io capisca me stesso. Quella che mi fa i pancake quando mi sveglio o quella che mi trascina via dalle feste mondane a cui io stesso non voglio partecipare.”
“Sembra veramente interessante.”
“Sì, lo è, ma...”, Jared muoveva lento il bicchiere facendo strani giochi di luce sul tavolo rovinato.
“Ma? Troppo per te? Non ci sei abituato?”
“Se mi lasciassi andare di nuovo e poi non andasse bene? Cioè, se mi scaricasse?”
Terry ridacchiò. “Ti ha proprio distrutto del tutto. Quando mai tu ti sei fatto simili problemi? In fondo sei tu che lasci le ragazze, anzi, neanche ti preoccupi di spezzare o meno il cuore di qualcuno.”
Jared deglutì a vuoto. E per la prima volta da quando l’aveva conosciuto, Terry vide in lui uno sguardo da disperato, quello di uno che non sa che cosa fare dei propri sentimenti, come se li trovasse improvvisamente scomodi. Gli faceva quasi tenerezza.
“Lei è una amica e forse a me va bene così.”, terminò Jared.
“Non è vero e lo sai anche tu. Ti stai facendo bloccare dalla paura e non è da te. Devi avere il coraggio di dirle quello che provi. Non farti dominare dalla paura, mettiti in gioco. E quando tu e lei starete assieme, venite da me che vi faccio un servizio fotografico degno. Lei sarebbe una sfida per me, essendo così diversa da quello che fotografo di solito.”
Jared ridacchiò. “Basta che non me la fotografi nuda.”
“Non sia mai. Al massimo vi fotografo nudi entrambi.”
Jared posò il bicchiere e si appoggiò allo schienale della sedia, pensando. Forse Terry non aveva tutti i torti, forse doveva provarci, perchè sapeva benissimo che l’unica con cui avrebbe potuto rischiare il tutto per tutto era solo Monica.
“Allora, film nuovo?”
Jared si risvegliò dai suoi pensieri. “Probabilmente. Il provino pare sia andato bene, mi sapranno dire a breve. Intanto torno a Los Angeles... abbiamo il mega concerto super segreto. Che poi non resterà segreto a lungo. Domani credo che lo scriveremo su Twitter. Anzi, parlando di Twitter, aspetta che la followo, così movimentiamo le acque.”
In breve Jared arrivò alla pagina di Monica: lo sfondo era sempre quello, un tramonto su una spiaggia simil tropicale, ma la foto era cambiata. Era sempre lei, ma era una foto più recente e con i capelli corti.
“Sta stronza si è tagliata i capelli...”, mormorò.
“Ed è un problema?”
“Le avevo detto che mi piacevano.”, sospirò, “E va bene, cresceranno di nuovo.”
“Dovresti essere il più indicato per capire quanto fa bene un taglio di capelli nuovo. Mi manca la cresta sai? Ti dava quel tocco di follia in più.”
Risero assieme. Terry stava per ordinare la terza birra per entrambi, quando Jared si bloccò. Aveva la bocca aperta, gli occhi spalancati che si muovavno in rapidità da un angolo all’altro del bar.
“Che succede?”, chiese, incuriosito.
“Eh? Oh, no, niente, devo fare una cosa. Io... devo tornare a casa. Ci vediamo dopo.” Senza dire altro, lasciò una banconota sul tavolo e andò a recuperare la bicicletta, mentre Terry decideva di stare lì da solo a bere ancora.
Jared fece una corsa in bici da record e appena varcata la porta, andò a recuperare la chitarra lasciata nell’angolo quella mattina e iniziò a suonare una melodia nuova. Prese anche il BlackBerry e tra un accordo e un altro, scrisse alcune parole.
“Ancora una volta...”, mormorò. Riprese lo stesso giro di note, canticchiando tra sè quello che aveva scritto sul cellulare, cancellò quello che non ci stava e mise alcune parti nuove.
Dopo una mezz’ora di lavoro, spedì la sua creatura a Shannon e si buttò sul letto soddisfatto. Appena sarebbe tornato a Los Angeles, di lì a due giorni, ci avrebbe lavorato seriamente alla Mars House. Non ci volle molto e il suo telefono squillò.
“Ciao Fratellone, che te ne pare?”
“L’hai scritta tu?”
“Certo, chi altrimenti?” Sentiva in sottofondo della musica da discoteca, probabilmente era fuori casa. “Sei con Antoine?”
“Sì, mi hai beccato fuori, ma sono andato nel priveè per immaginarmi la canzone e sembra decisamente interessante. La vuoi per il nuovo album?”
“In realtà stavo pensando di suonarla al concertone.” Ecco, aveva sganciato la bomba, infatti Shannon si era zittito di colpo. “Sei ancora lì?”
“Jared, ti rendi conto che il concerto è tra dieci giorni? Dobbiamo fare le prove perchè solo la solita scaletta sia perfetta, aggiungere una canzone nuova potrebbe essere... la rovina. Qui non parliamo di uno show qualsiasi, qui parliamo degli U2.”
“Lo so, ma per me è importante portarla lì. Tra due giorni sono in studio, cerca di farmi una partitura di batteria e dì a Tomo di provare la chitarra.”
“Jared, è una follia.”
“Come se non ne avessimo mai fatte prima.”
   
 
Leggi le 13 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Fanfic su artisti musicali > 30 Seconds to Mars / Vai alla pagina dell'autore: PrincesMonica