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Autore: Mels_36    02/10/2011    10 recensioni
Missing moments della storia tra Lupin e Tonks, nel periodo che va dalla morte di Silente fino al ritorno a casa di Remus.
"Bene. Però Remus devi sapere che se adesso te ne vai, non potrai più tornare."
Genere: Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Andromeda Black, Bill Weasley, Fleur Delacour, Nimphadora Tonks, Remus Lupin | Coppie: Bill/Fleur, Remus/Ninfadora
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: II guerra magica/Libri 5-7
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Io che amo solo te
 

 
“Io… Un codardo!"

Remus non riusciva a capacitarsi di quello che era appena successo nella cucina di Grimmauld Place, quel posto che, fino a poco tempo prima, era stato anche casa sua. Aveva osato attaccare Harry, il figlio di James e Lily, quel ragazzo che considerava un po’ come suo figlio... Ma era stato più forte di lui: aveva sentito montare la rabbia, la frustrazione, il rimorso, tutti sentimenti che aveva represso per mesi e che ora erano esplosi prepotentemente in una sola notte. Cosa poteva saperne lui di cosa aveva provato quando Tonks, raggiante, gli aveva annunciato di essere incinta? O di quanto era stato difficile lasciarla al solo scopo di proteggerla? Remus ricordava ancora con dolore tutti i particolari.

             *                   *                     *
 

Aveva preso la decisione di lasciarla nella notte, mentre lei dormiva beatamente accanto a lui. L’aveva osservata a lungo, lei, con i suoi capelli tornati finalmente rosa e il suo bel sorriso che ormai non la lasciava più. Voleva ricordarsi di ogni dettaglio; perché lui amava Tonks, l’amava tantissimo, anche se per mesi aveva rifiutato il suo amore nella speranza che lei cambiasse idea, che capisse che lui era “troppo vecchio, troppo povero... troppo pericoloso”. Ma erano tutte scuse: la verità era che lui TEMEVA che lei cambiasse idea, che si rendesse conto che meritava molto di più. E a quel punto lui si sarebbe ritrovato di nuovo solo, in quella solitudine che l’aveva accompagnato durante tutta la sua infanzia e che era tornata prepotentemente con la morte dei suoi migliori amici. Era ovviamente solo una SUA idea: Tonks era veramente innamorata di lui, al punto che aveva litigato con Silente per la pericolosità degli incarichi che assegnava a Remus e con i suoi genitori perché accettassero l’idea che lui fosse un lupo mannaro, e continuava ad aspettarlo nonostante i suoi numerosi rifiuti. Per di più tutti, nell’Ordine, erano convinti che sarebbero stati una bellissima coppia, e Remus era convinto che anche Sirius, che per mesi li aveva presi in giro quando li vedeva tornare insieme da un turno di notte, avrebbe approvato. Ma fu soltanto la sera della morte di Silente, dopo l’ennesima discussione con Tonks, quando capì che stava per perderla davvero, che decise che quella volta non avrebbe rinunciato a quel briciolo di felicità che fino a quel momento gli era sempre stato negato. L’aveva presa per la mano appena usciti dall’infermeria e l’aveva portata in una delle aule vuote del castello.

“Remus, piantala di trascinarmi, non sono mica una bambina!”

“ Senti, Ninf...”

“E NON CHIAMARMI NINFADORA!”

Remus richiuse la porta dietro di loro.

“Allora cosa vuoi? Se è per dirmi che non vuoi stare con me, penso che tu sia stato piuttosto chiaro pochi minuti fa.”

“Io voglio stare con te, ma... Non è cosi semplice, tu non capisc...”

“Cos’è che non capisco, Remus? Che da quasi un anno sto sprecando il mio tempo con te? Che sei completamente insensibile ai miei sentimenti?”

L’espressione di Tonks era dura, e nelle sue parola c’era molta rabbia. Remus non poté fare a meno di sentirsi in colpa.

“Continui a dire di essere troppo vecchio, ma forse non hai ben chiaro quando inizia la vecchiaia, troppo povero, ma visto che io lavoro non vedo dove sia il problema, e troppo pericoloso.. Ma ti ricordo che io sono un Auror.”

A quelle parole Remus si infuriò.

“Sei un Auror da appena tre anni, e pensi di essere in grado di gestire una cosa troppo grande per te, che sei poco più di una ragazzina!”

Tonks lo guardò, sorpresa dalla violenza della sua reazione e con gli occhi pieni di lacrime per le sue parole. Remus, dal canto suo, sapeva di aver esagerato: se voleva allontanarla da lui, era appena riuscito nel suo scopo.

“Bene... Molto bene... Se è questo che pensi di me.”

Tonks si voltò, incamminandosi verso la porta. Ma non fece in tempo a mettere la mano sulla maniglia che Remus la prese per un braccio e l’attirò a sé, in un abbraccio cosi intenso che lei non poté fare a meno di ricambiare.

“Tonks... Io ti amo.”

Lo disse tutto d’un fiato, per paura di bloccarsi e di non riuscire a terminare la sua frase. Tonks lo fissò, incredula, finché, dopo qualche attimo, posò le sue labbra su quelle di Remus, in un bacio che lui ricambiò e che sapeva di gioia, di vittoria; la battaglia con Voldemort non era ancora inziata, ma, come Silente avrebbe detto in quel momento, l’amore aveva vinto. Ancora una volta.


 


Questi ricordi non fecero altro che aumentare la sofferenza di Remus che, ancora steso accanto a sua moglie, le accarezzò piano la guancia, in un gesto cosi tenero che non poteva lasciar presagire la decisione che aveva preso in quel momento. Si alzò poco prima dell’alba, si vestì e, cercando di non svegliare Tonks, con un colpo di bacchetta cominciò a fare le valigie. Erano per lei, naturalmente: Remus aveva deciso che era fuori discussione che restasse da sola durante la gravidanza. Sarebbe andata da sua madre, Andromeda, anche se sapeva che in quel periodo le due donne avevano difficoltà a parlarsi, principalmente a causa sua. Lanciò un’ultima, tenera occhiata a sua moglie e poi scese a prepararle la colazione: “Probabilmente, per l’ultima volta” pensò, e in quel momento sentì una stretta al cuore.

Tonks, come sempre da più di un mese, si svegliò di buonumore, e con una mano cercò Remus accanto a sé, ma non lo trovò. Si guardò intorno e si rese conto che non era in camera. Con riluttanza, scese dal letto, prese una vestaglia infilandoci dentro la bacchetta e si incamminò verso la cucina. Passando davanti allo specchio si fermò ed accarezzò la sua pancia, felice: quel bambino era la cosa più bella che le fosse mai capitata. Arrivata al piano di sotto entrò in cucina e sentendo l’odore del caffè fece una smorfia. Lei, caffeinomane da sempre, era stata costretta a rinunciare all’unica cosa che riusciva a rimetterla in sesto dopo le notti insonni passate a lavorare perché le faceva venire la nausea; perciò ogni mattina Remus preparava il tè per entrambi, scherzando sul fatto che durante la giornata avrebbe trovato una scusa per uscire ed andare a prendere un caffè al bar babbano dell’angolo. Fu quindi leggermente stupita quando vide che era già vestito ed aveva già fatto colazione “con il caffè” pensò, aggrottando la fronte.

“ ‘Giorno, Dora” la salutò lui nervosamente.

Lei lo guardò, accigliata.

“Vai da qualche parte, Remus? Non credo che tu abbia bisogno di uscire stamattina, visto che il caffè lo hai già preso”.

Non era arrabbiata per la storia del caffè, anche perché dalle occhiaie di Remus capì che aveva passato la notte insonne. Ma sentiva che c’era qualcosa di strano. Da quando Scrimegeour l’aveva gentilmente congedata dal suo lavoro a tempo indeterminato, lei e il marito erano soliti alzarsi abbastanza tardi per poi passare le ore sul divano, a chiaccherare, a scherzare, o semplicemente abbracciandosi, per recuperare il tempo perduto, anche se da quando era rimasta incinta qualcosa era cambiato: Remus era diventato più taciturno, più pensieroso. Tonks si sedette di fronte al suo tè bollente e ai biscotti nell’attesa di una risposta, che tardava ad arrivare. Finalmente, Remus si decise a parlare.

“Ecco Dor... Tonks” disse, mentre la moglie lo fissava con uno sguardo assassino, “Ho deciso che...insomma, Harry ha bisogno del mio aiuto. Ho deciso di partire con lui.”.

Per poco Tonks non si strozzò, riuscendo comunque a bruciarsi rovesciandosi addosso metà del suo tè.

“Porca miseria!” strillò, mentre tentava di rimediare al danno.

Poi tornò a guardare il marito, sperando che stesse scherzando: sì, molte volte si erano chiesti cosa Harry, Ron e Hermione stessero facendo, quale missione avesse lasciato loro Silente, ma MAI - proprio MAI - Remus aveva accennato al fatto di volerli raggiungere.

“Io... Credo che potrebbe aver bisogno di me” continuò Remus, mentre aiutava la moglie a pulire.

Tonks lo fissava, mentre i suoi capelli virano pericolosamente al rosso.

“E io, Remus? Pensi che io non abbia bisogno di te?”

La sua voce suonava leggermente più acuta per via della rabbia e sentiva arrivare le lacrime, ma aveva deciso che non avrebbe mia più pianto per Remus; o almeno, non lo avrebbe mai più fatto davanti a lui.

“Tu andrai a stare da tua madre. Ho già preparato le tue valigie.”

 Nel momento in cui pronunciò quelle parole, Remus sentì che l’avrebbe pagata cara.

“Tu... Hai fatto... Le MIE valigie?”

Fu un attimo: Tonks estrasse la bacchetta pronta come minimo a schiantarlo, ma Remus aspettandosi quella reazione l’aveva disarmata appena in tempo.

“RIDAMMI IMMEDIATAMENTE LA BACCHETTA!” urlò Tonks alzandosi di colpo.
 
Fu però costretta a risedersi perchè le era preso un violento mal di testa; Remus sbiancò vedendola tenersi la testa tra le mani e si precipitò accanto a lei.

“Stai. Lontano. Da. Me.” disse Tonks.

 Remus capì che quello era un ordine e fece qualche passo indietro.

“Lei ti darà tutto l’aiuto di cui hai bisogno” mormorò Remus, visibilmente affranto.

“Io ho bisogno di mio marito, non di mia madre. E il nostro bambino ha bisogno di suo padre.”

 Lo disse con voce ferma, pacata, anche se avrebbe voluto urlarlo in faccia a Remus; ma sapeva che non avrebbe fatto bene al bambino.

“Mio figlio non avrà bisogno di un padre che l’ha condannato” disse Remus, con dolore, “e Harry è il figlio del mio migliore amico. Ora che Sirius non c’è più, è mio dovere proteggerlo.”

“Quindi va bene proteggere il figlio del tuo migliore amico mentre del tuo te ne freghi!”

“Come puoi dire questo? Pensavo che anche tu gli volessi bene!”

 “Ma certo che gli voglio bene, Remus! Ma non venirmi a dire che tu vuoi partire con Harry per proteggerlo: tu hai soltanto PAURA! Non vuoi accettare l’idea che nostro figlio potrebbe essere un lupo mannaro e stai trovando un modo per SCAPPARE dalla tue responsabilità.”    

Remus era sconvolto; quelle parole aprivano una ferita nel suo cuore che non si era mai rimarginata del tutto. Ma ciò che gli faceva più male era che in fondo, sapeva che Tonks aveva ragione. Lei era fuori di sé dalla gioia quando gli aveva comunicato la bella notizia, ma per lui era stata come una doccia fredda. E andando avanti con il tempo, le cose non erano migliorate; continuava a darsi la colpa per aver condannato suo figlio alla sua stessa maledizione e per aver relegato sua moglie alla condizione di reietta.

“Ho creato una passaporta per andare a casa di tua madre. Partirà fra mezz’ora”

Aveva accuratamente evitato di guardare Tonks mentre pronunciava queste parole, aspettandosi una nuova reazione della donna; ma quella non arrivò. Al suo posto ci furono parole gelide.

“Bene. Però Remus devi sapere che se adesso te ne vai, non potrai più tornare.”

Non era vero, Tonks lo sapeva benissimo: se Remus se ne fosse andato veramente, lei avrebbe passato il tempo aspettando il suo ritorno. Ma voleva metterlo alla prova; aveva già passato un anno a soffrire per colpa sua, e non voleva ripetere l’esperienza, soprattutto ora che con lui aveva scoperto cosa volesse dire essere felici. Tonks amava tutto di Remus: la sua bontà, il suo coraggio, il suo modo di sorridere e soprattutto di farla sorridere. Ma c’era una cosa che non riusciva a sopportare: il fatto che lui non riuscisse mai ad aprire a nessuno il suo cuore fino in fondo per paura di soffrire.

Remus rimase immobile. Quelle parole erano state più terribili e dolorose di un Crucio, e si rese conto che era solo colpa sua se stava facendo soffrire entrambi: ma i sensi di colpa erano più forti dei sentimenti che provava per lei. Dopo quello che parve un secolo, mormorò un leggero “Bene”, e andò a sedersi sul divano, nell’attesa che si attivasse la Passaporta.

Remus pensava che la morte di James e quella di Sirius sarebbero state la cosa più dolorosa che avrebbe dovuto affrontare nella sua vita:  mai avrebbe pensato di poter soffrire ancora di più. Ma le parole di Tonks avevano letteralmente mandato in frantumi il suo cuore, quel cuore che per anni era riuscito a proteggere non donandolo a nessuno; eppure quella buffa ragazzina dai capelli rosa era riuscito a fregarlo, trovando il modo di aprire quel cuore e impossessandosene. Le parole “non potrai più tornare” continuavano a tornargli in testa, e, anche se non sapeva se Tonks avrebbe messo in pratica quella minaccia, aveva paura: paura di non poterla più stringere tra le sue braccia, di non poter più svegliarsi con lei la mattina, di trovare qualcun altro al posto suo al suo ritorno.

“No, questo mai” pensò “Ma se cosi fosse non avrei bisogno neanche della bacchetta per ammazzarlo.”

Un sorriso cattivo aveva accompagnato quel pensiero, e subito se ne pentì; ma non poté fare a meno di pensare che avrebbe preferito passare la sua vita ad Azkaban piuttosto che vedere Tonks con un altro uomo e suo figlio... SUO figlio con un altro padre.

Tonks nel frattempo era tornata nella sua stanza e continuava a guardare fuori dalla finestra piangendo silenziosamente; i suoi capelli erano tornati grigio topo, come l’anno prima. Aveva deciso di allontanarla di nuovo, di sbattere di nuovo la porta in faccia alla felicità. Accarezzò la sua pancia e giurò al suo bambino che lupo mannaro o meno l’avrebbe amato, e se suo padre non fosse stato presente, l’avrebbe amato per entrambi.

Mancavano una manciata di minuti alla partenza della Passaporta; Tonks prese la valigia e si mise a debita distanza da Remus. Lui continuava a fissare il pavimento, cercando di trovare le parole giuste da dirle, ma più rifletteva più ogni cosa gli suonava banale. Guardò l’orologio: non c’era più tempo. Si alzò e si precipitò verso Tonks, prese il suo viso tra le mani e la baciò con passione, e le sussurrò un “Ti amo” all’orecchio. Si staccò giusto in tempo: Tonks toccò la Passaporta e sparì in pochi secondi.
Remus sorrideva, anche se il suo era un sorriso amaro. Un attimo prima che Tonks sparisse, infatti, aveva fatto in tempo a notare che i suoi capeli erano tornati rosa: almeno per ora, era ancora sua.
 

*                                     *                                   * 
 

Dopo Tonks, aveva abbandonato anche Harry. Si sentiva un fallito, non sapeva cosa fare: le parole di sua moglie erano ancora ben presenti nella sua mente:
 
“Se adesso te ne vai, non potrai più tornare”

Non aveva la forza di tornare da lei, di dirle che sia lei che Harry avevano perfettamente ragione e che lui si era comportato da vigliacco, che ancora una volta aveva lasciato il senso di colpa prevalere sui suoi sentimenti. Per di più, era quasi periodo di luna piena.

Passò quindi le sue giornate cercando dei rifugi naturali, come grotte o caverne per riposarsi, stando sempre attento a non rimanere troppo tempo in un posto; ora che il Ministero era sotto il controllo di Voldemort, i mangiamorte erano a piede libero, compreso Greyback. La notte, invece, si addentrava nelle profondità delle foreste e aspetteva la sua trasformazione, nella speranza di non incontrare nessun essere vivente sul suo cammino.

Ma finito il periodo di luna piena, Remus si rese conto che aveva bisogno di un posto in cui andare: mangiava un giorno si e l’altro no, in base a quello che riusciva a trovare, aveva bisogno di lavarsi e anche di un letto su cui riposare.

Tornare da Tonks continuava ad essere fuori discussione, nonostante lui passasse il suo tempo cercando un modo di farsi perdonare dalla moglie per il suo comportamento: ma era troppo presto, doveva lasciare passare un po’ di tempo. Decise quindi di andare dall’unico amico che gli era rimasto, l’unico che non lo avrebbe giudicato.


 

*                                    *                                    *
 

Bussò forte alla porta di Villa Conchiglia.

“Chi è? Identificati!”

La voce di Bill arrivò forte e chiara dall’interno dell’abitazione.

“Sono Remus Lupin, lupo mannaro e marito di Ninf...”

Quelle parole gli morirono in gola. Quale diritto aveva di ritenersi ancora il marito di Tonks, quando l’aveva abbandonata incinta?

Ma Bill sembrava non aver fatto caso a quell’esitazione; aprì la porta e abbracciò Remus, che si sentì rincuorato.

Bill gli era sempre stato molto simpatico, fin da quando era entrato a far parte dell’Ordine; trovava che fosse un ragazzo in gamba, sveglio e sempre pronto all’azione, e aveva ammirato il modo in cui aveva difeso la sua relazione con Fleur dagli attacchi continui della madre. Ricordava infatti come Molly avesse tentato in tutti i modi di dissuaderlo dallo sposare Fleur, di come avesse tentato di combinarlo con Tonks e di quanto questo l’avesse reso geloso. Ma tutto questo non aveva più avuto importanza dopo l’attacco di Greyback. Era stato fortunato, in un certo senso, perché non era stato morso con la luna piena, e quindi era scampato alla maledizione che da anni affliggeva Remus; ma quell’attacco aveva lasciato delle ferite profonde, delle cicatrici ben visibili sul suo volto, che, per un istante, avevano messo in dubbio anche il suo matrimonio.

Remus aveva sempre pensato che Fleur fosse una ragazza frivola e un po’ sciocca, il cui unico scopo nella vita fosse quella di essere sempre la più bella e la più ammirata; perciò, come tutti, dopo aver visto il volto lacerato e squarciato di Bill, si era convinto che lei non avrebbe mai potuto aver accanto a sé un marito ridotto in quelle condizioni. Era stato quindi tra lo stupore generale che lei aveva annunciato a Molly e a tutti gli altri di essere “abbastonsa bella per tutti e due” e che le cicatrici erano il segno del “courage!” di suo marito. In quel momento, Remus ricordava di aver provato un motto di affetto per lei che, invece di abbandonare Bill (cosa che, si diceva, avrebbe fatto praticamente chiunque), lo aveva accettato, dimostrando che l’amore, quello vero, non conosce ostacoli di nessun tipo. Ma era subito stato distratto dai suoi pensieri da Tonks, che scuotendolo per la veste gli diceva:

“Visto? Lei vuole sposarlo lo stesso, anche se è stato morso! Non le importa”

“E’ diverso... Bill non sarà un vero lupo mannaro. I casi sono completamente...”

“Ma anche a me non importa, non m’importa! Te l’ho detto un milione di volte...”

“E io ti ho detto un milione di volte che sono troppo vecchio per te, troppo povero... troppo pericoloso...”

“Ho sempre pensato che la tua fosse una posizione ridicola, Remus.”

“Nient’affatto. Tonks merita uno giovane e sano”

“E’ troppo perfetta per potersi accontentare di uno come me, che non può offrirle nulla” aveva pensato con tristezza Remus.

“Ma lei vuole te. E dopotutto Remus, gli uomini giovani e sani non restano necessariamente tali.”

“Questo non è... il momento di discuterne. Silente è morto...”

“Silente sarebbe stato più felice di chiunque altro nel sapere che c’è un po’ più d’amore nel mondo.”

Remus sgranò gli occhi; si sarebbe aspettato un rimprovero da tutti, ma di certo non da Minerva McGranitt. Era sempre stata la sua insegnante preferita e la stimava profondamente; probabilmente era l’unica persona che Silente avesse messo al corrente della sua particolare “situazione” durante gli anni da studente che aveva passato a Hogwarts. Ma l’aveva sempre vista come una persona severa, poco incline ai sentimenti: invece eccola li, degna erede di Silente, a difendere l’AMORE.

Remus si girò verso Tonks, che aveva il viso rivolto verso il pavimento, probabilmente nel tentativo di trattenere le lacrime per la morte di Silente, per l’ennesimo rifiuto di Remus... No, non aveva nessun diritto di farla soffrire. E quella sera aveva rimediato a tutti i suoi errori.

Ma adesso lei stava soffrendo di nuovo a causa sua. Poteva rimediare ancora?

“Allora Remus, ti fermi a cena?”

Remus si riprese dai suoi pensieri e fissò Bill, che gli sorrideva.

“Veramente... Avrei bisogno di un posto per dormire.”

Bill annuì, senza fare altre domande.

“Certo, nessun problema! La casa non è grande, ma in 3 ci si sta tranquillamente.”

Fleur andò in cucina a preparagli qualcosa da mangiare, mentre Bill lo aiutò a sistemarsi nella cameretta al piano di sopra. Non parlarono molto: Remus era molto stanco, anche perché era passato da poco il periodo di luna piena. Notò che anche Bill non era al massimo delle sue forze, ma era inevitabile: anche se quando lo aveva morso Greyback non era trasformato, gli aveva comunque passato parte della sua maledizione.

Dormì male quella notte: continuava a sognare Tonks che gli chiudeva la porta in faccia, urlandogli che quella non era più casa sua e che doveva andarsene. Riuscì a prendere sonno solo dopo che l’alba era già spuntata.
 

 

*                               *                          *
 

Remus si alzò, ancora insonnolito, e guardò l’orologio: erano già le 11. Si vestì piano, non sapendo a che ora Bill e Fleur si svegliassero la domenica, ma quando scese trovò Bill che leggeva “Il Cavillo”.


“Buongiorno Remus! Dormito Bene? Se vuoi ci sono i biscotti e un po’ di caffé”

Remus accettò volentieri la tazza di caffè offertagli da Bill, ma non poté fare a meno di pensare che in quel momento avrebbe dato tutto quello che aveva per essere nella sua cucina a bere il tè ascoltando le lamentele di sua moglie.

“Fleur è di sopra?”

“No, è andata a casa dei miei, mia madre doveva darle delle cose per la casa. Ma non credo che tornerà molto presto: di solito passano le ora a discutere su cosa sia meglio per noi...”

Remus sorrise, mentre immaginava Molly che cercava di convincere Fleur che gli asciugamani blu si abbinavano meglio con le piastrelle del bagno, mentre l’altra ribatteva che verdi sarebbero state sicuramente migliori.

“Bill... Come mai ieri non mi hai fatto nessuna domanda?” chiese Remus mentre mangiava qualche biscotto.

“Se non hai detto niente, probabilmente non volevi parlarne.”

“Si, hai ragione, non volevo parlarne. Ma immagino che tu sappia già tutto.”

L’aveva capito dall’occhiata che si erano scambiati Bill e Fleur quando lui aveva detto di aver bisogno di un posto in cui dormire.

Bill non rispose subito. Sembrava cercasse le parole più giuste da dire.

“Poco dopo che te ne sei andato di casa, Andromeda è passata per dare alcune cose a Fleur. E... Beh, ci ha raccontato tutto.”

“Immagino che non abbia fatto altro che insultarmi.”

“Non ci andata leggera, no. Ma era molto arrabbiata, e credo fosse comprensibile.”

Bill scoccò un’occhiata a Remus; non era uno sguardo di rimprovero, piuttosto di apprensione.

“Continuava a ripetere che sei un irresponsabile, che non avrebbe mai dovuto permettere a Dora di sposarti, e che è meglio non farti più vedere se non vuoi finire al San Mungo.”

“Beh, me l’aspettavo. In fondo è una Black, e per di più cugina di Sirius. Se lui fosse stato ancora vivo come minimo mi avrebbe già trovato e ammazzato!”

Il pensiero di Sirius lo fece sorridere: se lui fosse stato ancora vivo, probabilmente tutto ciò non sarebbe successo. Prima di prendere qualsiasi decisione ne avrebbe parlato con il suo migliore amico, che avrebbe saputo consigliarlo, ne era sicuro, nel modo giusto.

“E... Ti ha detto cosa ne pensa Tonks?”

Aveva esitato a fargli quella domanda: aveva paura della risposta. Ma aveva deciso che non aveva più il diritto di avere paura; se voleva riprendersi sua moglie, doveva affrontare le sue responsabilità.

“Ha detto che è diventata molto silenziosa. Passa le sue giornate chiusa nella sua stanza, e scende solo all’ora dei pasti, più che altro per fare presenza; e questa cosa sta facendo impazzire Andromeda, perchè ora che è incinta dovrebbe mangiare per due, mentre invece si nutre a malapena.”

Il cuore di Remus ci mise ben poco a spezzarsi di nuovo: invece di passare il suo tempo ad insultarlo insieme alla madre, Tonks si chiudeva in camera, probabilmente a guardare fuori dalla finestra, abitudine che, gli aveva confessato, aveva preso l’anno prima, quando Silente gli aveva affidato l’incarico di andare in mezzo ai suoi simili.

“E... Ti sembrerà strano... Ma ti ha detto di che colore sono i suoi capelli?”

Bill lo fissò, dubbioso.

“No, mi dispiace ma non l’ha detto.”

Remus annuì, piano. Era stata una domanda sciocca, ma era convinto che sarebbe potuto tornare a casa sua solo se i capelli di Tonks fossero stati ancora rosa.

“Cosa pensi di fare ora?”

Bill lo fissava.

“Non credo che sia ancora il momento di tornare da lei. Credo che abbia bisogno ancora di un po’ di tempo per riflettere, per decidere se vuole riprendermi con lei o no.
Ma se qui creo disturbo vado via” si affrettò ad aggiungere.

“Non essere sciocco. Puoi restare tutto il tempo che vuoi.”

Bill gli fece un gran sorriso che Remus ricambiò. Nella sfortuna della sua maledizione, Remus aveva avuto la fortuna di trovare sempre degli amici sinceri. A parte Minus.

“Però ti avverto: Fleur ha deciso che passerà la settimana ad arredare casa, e io purtroppo devo andare a lavorare.. Credo che ti toccherà darle una mano!”

Lo disse con un’aria divertita, ma a Remus l’idea non dispiaceva: era un ottimo modo per distrarsi un po’.

Dopo che Fleur fu tornata con le "asciugamani verdi, naturalmonte!” passarono il resto della giornata chiaccherando del più e del meno, chiedendosi dove fossero in quel momento Harry, Ron e Hermione e sperando che la guerra sarebbe finita presto.
 

 

*                           *                          * 
 

Remus non immaginava che potesse esserci al mondo una persona che cambiasse cosi spesso idea, e tra l’altro così velocemente. Fleur passava il suo tempo a voler spostare e rispostare le cose, nell’attesa di trovare la “giusta disposisione”, come amava ripetergli senza sosta. Ma visto che la perfezione doveva essere millimetrica, non si poteva usare la magia, altrimenti c’era il rischio di un lavoro troppo approssimativo; perciò Remus non faceva altro che spostare mobili e oggetti, per poi rispostarli di nuovo, mentre Fleur continuava a fissarlo con un cipiglio severo, esclamando ogni volta: “Così non va!” e costringendolo a ricominciare da capo.

Bill di solito tornava per l’ora di cena, abbastanza rabbuiato dalle notizie di ciò che stava succendendo nel mondo magico, ma gli bastava guardare la faccia di Remus per scoppiare in una fragorosa risata e tornare, nonostante tutto, di buonumore.

Passarono così un paio di settimane, durante le quali Remus continuava a posticipare la sua partenza, cosa che rimpiageva puntualmente ogni volta che andava a dormire, quando ciò che lo attendeva erano un letto vuoto e delle lenzuole fredde, senza la presenza accanto a sé dell’unica donna che avesse mai amato veramente.

Finché una sera, mentre stavano cenando, qualcuno bussò alla porta. Ci fu un attimo di panico; nonostante le precauzioni prese, forse qualcuno aveva notato la presenza di Remus nella casa. Lui perciò si alzò in fretta e furia per andare a nascondersi al piano di sopra, ma prima Bill gli mise in mano qualcosa.

“Orecchie oblunghe.. Servirà pure a qualcosa avere dei fratelli che gestiscono un negozio di scherzi no?”

Bill gli fece l’occhiolino, Remus rispose con un rapido sorriso e andò a chiudersi nella sua stanza.

“Chi è?”

“Sono Andromeda Black, moglie di Ted Tonks e madre di Nymphadora, sposata con un’idiota e attualmente incinta.”

Remus non poté fare a meno di soffocare una risata; dopotutto, le voleva bene.

“Andromeda! Che piascere vederti!”

“Anche a me fa molto piacere vederti cara! Vedo che sei in splendida forma.”

“A cosa dobbiamo la tua visita?”

“Oh Bill, niente d’importante... Avevo solo voglia di fare quattro chiacchere! Da quando Ted si è dato alla macchia e Dora passa tutto il tempo chiusa in camera per colpa di quel deficiente, non ho molte persone con cui parlare...”

“Non essore troppo arabiata con Remus! Sono veramonte convinta che tornerà!”

“Se fossi in lui non lo farei.”
 




Cara, dolce Andromeda. Da sempre loro due avevano avuto un rapporto difficile; lei non aveva certo fatto i salti di gioia quando Tonks le aveva detto di essersi innamorata di un lupo mannaro. I primi tempi, non tentava neanche di nascondere il suo fastidio ogni volta che se lo trovava in casa, facendo spesso allusioni alla luna o dicendo frasi come “Che caldo che fa oggi.. Per fortuna d’estate non è d’obbligo la pelliccia!”.

A lui non importava un granché: era abituato ad essere emarginato, ad essere trattato come una pericolosa creatura che non può stare a contatto con gli altri. E forse anche Tonks l’avrebbe trattato in quel modo, se non l’avesse conosciuto all’interno dell’Ordine, se non avesse visto che oltre il lupo, c’era anche l’uomo. Dava perfino ragione ad Andromeda, visto che lui stesso per mesi aveva tentato di allontarnarla da lui per gli stessi motivi. Ma sentiva che a Tonks la cosa non andava giù: vedeva le occhiate di disprezzo che lanciava alla madre ogni qualvolta lei faceva una delle sue battutacce, e quando se ne andava, Remus passava le ore ad ascoltare sua moglie che si disperava perché l’essere un Auror le impediva di Cruciare la gente. Poi però un giorno, mentre si trovavano a casa di Andromeda e Remus era in cucina a preparare il caffè, sentì le due donne cominciare ad alzare la voce.


“Adesso basta mamma! Ora che siamo sposati, non intendo più sopportare le tue allusioni e i tuoi modi ben poco educati! O decidi di comportarti in maniera decente, o non metterò più piede in casa tua!”

“Dora, sei la mia unica figlia... Non potevi certo aspettarti che festeggiassi la tua decisione!”

“Ma è stata una mia scelta, che tu sei tenuta a rispettare... E sei tenuta a rispettare anche lui!”

“Senti, io voglio soltanto che tu guardi in faccia la realtà: voglio che tu ti renda conto di cosa vuol dire aver sposato uno come lui. Guardati, hai perso anche il lavoro!”

“UNO COME LUI... UNO COME LUI?! E’ cosi che ti ha detto la nonna, quando hai deciso di sposare papà?!”

Nella stanza calò il gelo più totale.

Remus sapeva che Tonks aveva toccato un tasto dolente. Da quando si era sposata con Ted, Andromeda non aveva avuto più nessun tipo di contatto con nessun membro della sua famiglia: né con i suoi genitori, né con sua sorella Narcissa, né tantomeno con Bellatrix.

Le due donne non ne parlavano mai, anche perché Tonks avrebbe preferito di gran lunga dimenticare con che razza di persone era imparentata, ma per Andromeda era diverso: lei era cresciuta con le sue sorelle, le aveva amate tanto quanto loro l’avevano poi odiata quando aveva scelto di sposare un Babbano. Remus aveva perfino trovato nel ripostiglio una foto che ritraeva Andromeda da piccola accanto ad una bambinetta bionda, che continuava a ridere mentre la sorella le faceva il solletico; peccato che poi quella bella bambina fosse diventata Narcissa Malfoy.

“Si, è quello che mi ha detto mia madre prima di bruciarmi dall’albero genealogico. Però come vedi me la sono cavata bene anche da sola: mi auguro che per te sarà lo stesso.”

Silenzio.

“Mi stai cacciando fuori di casa?”

“E’ esattamente quello che sto facendo, si. Ma per te non sarà un problema: sono diverse settimane che ti sforzi di venirmi a trovare. Almeno ora sarai libera da quest’impegno”

Tonks era fuori di sé dalla rabbia. Remus avvertì il pericolo, salutò frettolosamente Andromeda e prese sua moglie per la mano, trascinandola fuori dalla porta. A quel punto la strinse forte a sé e insieme si smaterializzarono. Una volta giunti a casa, si sedetterò sul divano e Remus continuò a abbracciarla, per farle sentire la sua presenza, per farle arrivare tutto il suo amore. Passarono cosi tutto il pomeriggio, senza parlarsi, e la notte continuarono ad amarsi.
 
Quando Tonks rimase incinta, non era intenzionata in nessun modo a dirlo a sua madre: era ancora troppo arrabbiata con lei. Ma Remus, che non riusciva a digerire la notizia e quindi a condivere questa gioia con la moglie, pensò che fosse giusto dirlo ad Andromeda; magari a lei avrebbe fatto piacere sapere di diventare nonna.
Perciò un mattina si presentò a casa sua, per la più grande gioia di sua suocera.

“Cosa vuoi? Se ti manda Dora, dille pure che non ho alcuna intenzione di scusarmi con lei.”

“No, non è lei che mi manda. Sono venuto senza dirle niente... Per invitarti a pranzo.”

Andromeda lo fissava, perplessa.

“Non credo di meritarmi un invito da parte tua, visto il modo in cui ti ho trattato.”

Almeno la discussione tra le due donne era servita a qualcosa.

“Non importa. E’ inutile ripensare al passato. Perciò, dimentica tutto e accetta l’invito.”

 “Hai detto che Dora non è al corrente? Allora è inutle: non mi farà mai entrare in casa.”

“Certo che lo farà. E’ testarda e non lo ammetterà mai, ma le manchi.”

Andromeda lo guardò. Forse la scelta di sua figlia non era stata poi cosi sbagliata.

“Mi preparo e arrivo.”

10 minuti dopo, si erano materializzati a casa di Remus e Tonks.

“Gentile da parte tua andare a prendere il caffè al bar mentre io vomitavo anche l’anima.”

Tonks era sdraiata sul divano a guardare la TV, rimpizzandosi di schifezze che l’avrebbero sicuramente fatta stare di nuovo male. Aveva sentito un leggero crack sul pavimento che le aveva segnalato il ritorno del marito, ma non si era accorta delle presenza di sua madre. Perciò rimase sconvolta quando la vide fiondarsi su di lei.

“Oh mio Dora cos’hai? Hai la febbre? Hai mangiato del cibo andato a male?!”

“Ma che accid... Mamma! Che cavolo ci fai qui?!”

Guardò Remus, che le sorrise debolmente, mentre Andromeda gli mise in bocca il termometro che aveva evocato e le sentiva il polso.

“Manma schto bemfhe” cercava di dire Tonks mentre tentava di togliersi quel coso dalla bocca, cosa resa difficile dalla madre che le teneva le mani.

“La temperatura sembra normale.”

“Ma certo che lo è! Non sono mica malata!”

“Ma allora cos’hai?”

Tonks guardò Remus. O meglio, lo Avada Kedavrizzò con lo sguardo.

“... Sono incinta.”

Andromeda guardò Dora, poi Remus, poi di nuovo Dora, prima di portarsi le mani alla bocca e di lasciarsi cadere sul divano.

“Incinta... Ma questo vuol dire... Vuol dire che sarò nonna!!”

Non avrebbero potuto darle una notizia più bella: era raggiante, il ritratto delle felicità. Corse ad abbracciare Tonks, che dapprima rimase sorpresa, poi decise di ricambiare il suo abbraccio, ritenendo che sua madre avesse trovato il modo migliore per farsi perdonare. Dal canto suo, Remus si sentiva terribilmente in colpa: quella avrebbe dovuto essere anche la SUA reazione. Ma Andromeda, a differenza sua, non aveva trasmesso nessuna maledizione al nipote.
 




Perso nei suoi pensieri, Remus non aveva ascoltato molto della conversazione tra Bill, Fleur e Andromeda, anche perché più che altro discutevano delle migliorie che erano state apportate alla casa (tra l’altro soprattutto grazie a lui!). Ma appena prima che Andromeda se ne andasse, Bill fece una domanda che gli fece battere il cuore all’impazzata.

“Andromeda, forse questa domanda ti sembrerà strana, ma.. di che colore sono i capelli di Dora?”

“Sì, effetivamente è una domanda un po’ strana. Comunque sono ancora rosa, anche se si stanno gradualmente scurendo... Non credo che Dora abbia più molto controllo su di loro.”

Poteva ancora tornare a casa. Ma non aveva più molto tempo.
 

 

*                             *                                  * 
 

La mattina dopo si alzò abbastanza presto, radunò le poche cose che aveva con sé e salutò Bill e Fleur, ringraziadoli della loro ospitatilità e assicurando a Fleur che l’arredamento era assolutamente perfetto.


Un attimo dopo, si materializzò davanti casa di Andromeda e bussò.

“Chi è? Identificati!”

“Sono Remus Lupin, lupo mannaro e marito di Ninfadora Tonks, tua figlia. E so che presto diventerai nonna.”

Andromeda aprì la porta. E la richiuse.

Remus sospirò. Era già tanto se non gli aveva lanciato una fattura, ma più probabilmente non l’aveva fatto perchè non aveva con sé la bacchetta. Forse era tornata in casa per prenderla... A quel pensiero, Remus fece diversi passi indietro, tenendo una presa ben salda sulla bacchetta che aveva in tasca e sperando di non dover usare incantesimi contro la suocera.

La porta si aprì di nuovo, e Remus si preparò ad affrontarla: ma al suo posto apparve Tonks. Era molto pallida, aveva delle occhiaie profonde e gli occhi gonfi e arrossati, e, come Remus già sapeva, i capelli, anche se ancora rosa, stavano diventando sempre più scuri. Remus odiò se stesso per aver pensato di avere il diritto di lasciarla.

“Cosa vuoi?”

Tonks era immobile, davanti alla porta, in attesa di una risposta. In quel momento, stava provando tantissime emozioni molto diverse tra loro: la rabbia di essere stata abbandonata, la tristezza che aveva provato in quei giorni, la felicità nel vederlo tornare ma anche la consapevolezza di essere decisa a fargliela pagare in qualche modo. Ma in quel momento, era soprattutto cosciente di una cosa: stava a lui trovare le parole giuste se voleva tornare a casa.

“Io... Perdonami. Sono stato un vigliacco.”

Lo disse senza guardarla, perché si vergognava: si vergognava di averla abbandonata come un codardo, di averla lasciata sola proprio nel momento in cui aveva più bisogno di lui, di aver trascurato il fatto che anche lei era preoccupata che il figlio potesse essere un lupo mannaro. Ma per Tonks era più semplice: avrebbe accettato questo fatto più facilmente, perchè lei amava già un lupo mannaro, molto più di quanto quel lupo amasse se stesso.

“E’ tutto qui quello che hai da dire?”

Remus la guardò: nonostante avesse passato molti giorni in compagnia di Fleur, e nonostante il fatto che in quel momento Tonks era un incrocio tra un panda e un vampiro, non poté fare a meno di pensare che era assolutamente bellissima.

“No. Volevo dirti anche che ti amo. E che amo il nostro bambino più di qualsiasi altra cosa al mondo.”

Tonks si morse un labbro. Anche lei lo amava.

“Bene, se hai finito io me ne torno dentro.”

Stava per chiudere la porta, ma Remus la fermò, e la guardò dritto negli occhi: non si sarebbe mosso da lì. L’aveva allontanata per quasi un anno, poi l’aveva lasciata sola; e adesso se la sarebbe ripresa, a qualsiasi costo.

“Remus, ti avevo avvertito: se te ne fossi andato, non saresti potuto tornare. Hai fatto la tua scelta”

La sua voce era quasi un sussurro: aveva pronunciato quelle parole con dolore, e sperava disperatamente che Remus avrebbe trovato un modo per impedirle di mandarlo via.

“E ho fatto la scelta sbagliata. Ma questa volta non sbaglierò. Non ti abbandonerò mai più. Mai più permetterò che tu debba soffrire a causa mia. E non ti lascerò mandarmi via, perché so che questo ti farebbe soffrire ancora di più. Ti riporterò a casa oggi stesso, e se tu non vorrai vedermi io mi chiuderò in un’altra stanza, ma non sarò mai lontano più di qualche metro da te. E quando vorrai avermi accanto, io saro lì, in qualsiasi momento.“

Non c’erano esitazioni nella sua voce mentre pronunciava quelle parole, cosi come non vi era nessuna traccia di dubbi nei suoi occhi: Tonks lo fissava, silenziosa.

“E’ una promessa?”

“E’ una promessa.”

Fu allora che lei gli buttò le braccia al collo, lui la sollevò da terra per stringerla ancora di più a sé, e si baciarono. Era un bacio pieno di passione; entrambi per mesi avevano sognato, cercato, desiderato le labbra dell’altro. Tonks sapeva di aver ceduto troppo in fretta, ma non le importava. Non voleva continuare a soffrire: ora aveva bisogna di amare, aveva bisogno di amarLO, aveva bisogno di essere amata. Avrebbe trovato più avanti il modo di fargliela pagare almeno un po’.

“Prendo le mie cose e torniamo a casa”

Sorrise. Quanto era mancato a Remus quel bellissimo sorriso.

Salì al piano di sopra per preparare le sue cose mentre Remus si diresse in cucina, dove si trovava Andromeda, e si appoggiò, braccia incrociate, sullo stipite della porta.

“Non sembravi sorpresa di vedermi.”

“Infatti non lo ero. Bill che mi chiede il colore dei capelli di Dora... Andiamo, Remus! Ricordati che stai parlando con una Black.”

Remus sorrise: quella famiglia non avrebbe mai finito di stupirlo.

“Sei stata gentile a non attaccarmi.”

“Ti dovevo un favore: anch’io avevo sbagliato con lei, e tu mi hai dato la possibilità di rimediare, perciò ora toccava a me. Ma se la farai soffrire di nuovo, puoi prenotare un letto al San Mungo fin da ora.”

“Lo terrò a mente.”

Fece per andarsene, ma lei lo richiamò indietro.

“Remus, ricorda sempre questo: non c’è nulla di più importante della famiglia e dell’amore.
E vale sempre la pena lottare per entrambi.”
 
Andromeda abbozzò un sorriso. Sì, Remus pensò che in fondo, anche lei gli voleva bene.

“Sono pronta!”

Tonks entrò in cucina, facendo cadere diversi oggetti al suo passaggio, depositò un breve bacio sulla guancia della madre, e prese Remus per mano. Stavano tornando a casa, insieme; e non si sarebbero lasciati mai più.





 
 

 

 °Lo spazio dell’autrice°
 

Intanto salve a tutti coloro che hanno letto la storia! Spero che vi sia piaciuta :)

Userò questo spazio per chiarire alcune cose che forse vi hanno lasciato perplessi:

-Gli sbalzi temporali erano necessari.. spero che non vi abbiano creato difficoltà per seguire la storia!

-Tonks non ha bisogno di parlare delle sue emozioni, perché esse si riflettono nel suo colore di capelli, ed è questo il motivo per cui ho dato loro tanta importanza. E non è un caso se i suoi capelli rimangono rosa durante l’assenza di Remus: nel Principe Mezzosangue, infatti, i suoi capelli erano grigio topo perchè lei amava senza essere ricambiata; in questo caso, invece, lei sa che Remus la ama e che sono stati i sensi di colpa e non l’amore il motivo della sua partenza!

-Nei libri, Andromeda è appena citata e appare solo all’inizio del settimo libro. Ho voluto renderle omaggio perché in un solo anno ha dovuto affrontare una quantità terribile di perdite: prima il marito, poi la figlia e il genero, e anche se non sappiamo quale effetto abbia avuto su di lei, anche la perdita della sorella maggiore (Bellatrix). Le rimane solo il piccolo Teddy.

-Ho letto in molti siti dedicati a HP che Remus torna a casa “giusto in tempo per la nascita del figlio”, ma a livello temporale quest’affermazione non è corretta. Sappiamo infatti che Teddy Lupin nasce ad aprile, e che Remus torna a casa sicuramente prima della vigilia di Natale (data alla quale Ron parte alla ricerca di Harry e Hermione). Io ho dovuto rendere questo periodo ancora più breve, visto che Ron abbandona Harry e Hermione a metà/fine settembre e quando arriva a Villa Conchiglia Remus non c’è!

-Detto questo, non so se Remus sia andato effettivamente a Villa Conchiglia, però ho pensato che in questi casi si ha sempre bisogno di un amico. E Bill era la persona più adatta: è una persona discreta (Ron dice che nonostante fosse deluso, non ha infierito sulla sua scelta) e come Remus è stato morso da un lupo mannaro (anche se ovviamente gli effetti non sono stati gli stessi).  

Aspetto con ansia di leggere le vostre recensioni!! =)

  
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