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Autore: Luce Lawliet    03/10/2011    19 recensioni
Il mio nome è Lyanne Stoinich e questa è la mia storia.
A sedici anni sono stata rinchiusa in un istituto, con altri pazienti, molto...speciali.
Già, perchè il Wammy's Hospital è un luogo molto particolare, decisamente non adatto a voi se non sapete sopportarne la tensione.
Il Wammy's Hospital è un Ospedale psichiatrico.
Genere: Dark, Horror | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Beyond Birthday, Mello, Misa Amane, Near, Nuovo personaggio
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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                                14.
        
                    Li detesto, gli strizzacervelli.




                         






Winchester Rehabilitation Center. 10 giorni dopo.

 

Nome: Emma Lankgrover.

Età: 31 ( ma me ne danno sempre di meno).

Luogo di nascita: Disneyland.

Professione: maestra di Storia alle elementari; mi hanno cacciata e sbattuta in un Ospedale in Estonia, accusandomi di crudeltà verso i bambini.

Famiglia: ho vissuto per un po' con Pippo e Topolino, poi mi sono trasferita in Estonia per laurearmi.

Hobby: adoro giocare con i bambini, il nostro gioco preferito è Nascondino.

Malattie o disturbi: brinderemo nel sidro.

 

 

L'uomo che sedeva di fronte a me lasciò cadere il foglio che avevo finito di compilare un minuto fa, senza nemmeno leggerlo fino in fondo. Si passò una mano su quell'orrida fronte macchiata, unta e rugosa, per poi inforcare nuovamente gli occhiali.

<< Mancava solo questa...>>, sospirò infine, inchiodandomi con lo sguardo. << Mirabilandia, Acquapark, Nuages de Jeaux, Spaceland, Gardaland, Safari journey, il Paese delle Meraviglie, Puppet Planet e Neverland. Mi chiedevo quando avresti nominato Disneyland.>>

Non mi presi la briga di rispondergli, quel bruco con la barba era troppo intento a decidere cosa farne di me. Il mio sguardo si posò sull'enorme vetrata alla mia destra, così ampia da occupare tutta la parete. Anche se il vetro era oscurato e non riuscivo a vedere nemmeno il mio riflesso, sapevo che c'era qualcuno che ci fissava, dall'altra parte.

Chissà se c'era la donna con i capelli neri di quella sera.

<< Ti ho fatto ripetere questa scheda di presentazione per dieci volte e per dieci volte hai sconvolto tutto quello che avevi scritto in precedenza. A quanto vedo hai mantenuto identico solo il nome; questa volta però, hai indovinato sull'età e il lavoro.>>, continuò, costringendomi a spostare l'attenzione su di lui. << ...Vediamo di soffermarci sulle cose che hai scritto, va bene?>>

Riprese il foglio tra le mani e lesse con calma.

<< 31 anni, quindi sei nata nel 1980.>>

Il mio sorrisino sottointendeva la frase: bravo, ci sei arrivato, vuoi un applauso?

<< Ricordi dove sei nata?>>

<< L'ho scritto, leggi.>>

<< Te ne renderai conto da sola di aver scritto un'assurdità.>>, insistette, continuando a scorrere con gli occhi lungo le mie frasi scritte di malavoglia. << E poi, malattie o disturbi: che cosa vuol dire " brinderemo nel sidro? " >>

Io li detesto, gli strizzacervelli.

Fanno tanto i sapientoni, se ne stanno silenziosi e con le spalle incurvate, come se fossero afflitti da chissà quanti segreti professionali, pretendendo di riuscire ad estirpare qualsiasi mistero dalla mente delle persone, quando poi si dimostrano nient'altro che dei falliti incapaci, pagati profumatamente per inventare balle, indovinando a caso ciò che passa nella testa del paziente, neppure fossero degli indovini.

<< Parliamo un po' della tua professione, ti va?>>, propose infine, mettendomi a fuoco dietro quelle lenti spesse un dito.

<< No.>>

<< Maestra di Storia alle elementari. Perchè questa scelta?>>, continuò, ignorandomi.

<< Per stare vicina ai bambini. Oh, io adoro i bambini.>>, e detesto gli strizzacervelli, aggiunsi mentalmente, allargando appena il mio sorriso e rievocando alla memoria parecchi momenti agonizzanti passati in loro compagnia.

<< ...Già. Forse un po' troppo, vero?>>, rispose lui, con una nota di disprezzo nella voce che mi fece alzare di scatto le braccia verso di lui. Le manette che mi bloccavano i polsi sul tavolo e il laccio spesso che teneva la mia vita ancorata alla sedia fecero il loro dovere, impedendomi di fare qualcosa che avrei gradito parecchio. Quando la fasciatura alla mia mano destra sfregò contro l'acciaio repressi con iprobo sforzo un lamento. Il dottore di fronte a me non diede segno di inquietudine; avevo notato subito che quella prugna secca era difficilmente impressionabile.
I suoi microscopici occhietti da topo non concedevano al mio volto un attimo di rilassamento, intenti com'erano a scrutare attraverso ogni mia singola distorsione facciale un qualsiasi indizio utile a comprendere qualsiasi cosa mi riguardasse.

Comprensione.

Una parola all'apparenza semplice, ma intrisa di metodi noiosamente conosciuti col nome di " processi cognitivi ", creati allo scopo di raccogliere quante più possibili informazioni riguardanti gli oggetti interessati, di immagazzinarle, plasmarle e valutarle, per poi sfruttarle nella realtà circostante.
Quanti erano i processi cognitivi?
Mi torturai il labbro inferiore con gli incisivi, mentre accendevo il motore della memoria.

<< Credo sia il caso di analizzare l'argomento, ora che sembri mansueta.>>, si azzardò il vecchio arrogante, schiarendosi la voce.
Mansueta, certo. Dopo essere andato avanti assumendo dosi massicce di sedativi per endovena, chi non sarebbe mansueto?
Simulai uno sbadiglio e stiracchiai come meglio potei le gambe.

<< Non hai fatto altro che fissarmi come un'opera d'arte impolverata per quasi due ore. Mi merito una pausa.>>

<< Deciderò io quando ti meriterai una pausa. Per adesso ti ho detto cosa voglio da te.>>, sentenziò, intrecciando le mani sul tavolo.
Improvvisamente, ricordai.

Percezione.
Era il primo dei processi cognitivi e costituiva le funzioni psicologiche che permettevano all'organismo di ottenere informazioni circa i mutamenti del suo ambiente grazie ai cinque sensi: vista, udito, olfatto, tatto, gusto.

Tornai con lo sguardo sul suo viso.

Detesto gli strizzacervelli.

E l'uomo in questione faceva davvero pena nel suo lavoro, dato che si ostinava ad utilizzare solo uno dei sensi, ovvero la vista, scrutandomi con morbosa ossessione e vagando con gli occhi anche in luoghi ai quali un rispettabile studioso di psicologia non dovrebbe interessarsi più di tanto, per esempio, lungo la zona che si trovava poco più in giù del collo.

<< Non so come io abbia fatto a finire qui...>>, esordii, mettendo in luce il primo dei miei dubbi. << ma ricordo perfettamente che in Estonia mi riservavano un trattamento decisamente migliore. Voglio tornare al Grayor's Istitute, immediatamente.>>

Il dottore si raddrizzò, di colpo interessato.

<< Quindi ti ricordi del periodo trascorso in quell'Ospedale?>>

Memoria.
Capacità di un organismo vivente di conservare tracce della propria esperienza passata e di sfruttarla per costruire relazioni con il mondo e gli eventi futuri.

Malata mentale potevo anche concederglielo, ma che mi credesse anche una rincoglionita...

<< Non essere così giulivo, dottore. Sovente la mia memoria fa cilecca, soprattutto se si tratta di avvenimenti o cose che mi fanno ribrezzo; per esempio, solo a guardarti mi sento così male che questa notte la mia mente sicuramente cancellerà il ricordo della tua faccia. Niente di personale, credo sia un meccanismo di difesa.>>
Non battè ciglio.
La sua pertinacia a non regalarmi alcun tipo di soddisfazione era davvero inflessibile.

<< Interessante, di certo. Dunque, ricordi anche il motivo per cui sei stata rinchiusa in quel posto per anni...>>

<< Sono stata accusata ingiustamente.>>, risposi con semplicità.

<< Quindi stai dicendo che quattro coppie di genitori si sarebbero coalizzate contro di te, accusandoti ingiustamente? Altri hanno sostenuto la loro parola. Decisamente poco probabile.>>

<< Erano un gregge di pecore ignoranti ed è risaputo che dove si dirige una, tutte le altre la seguono a ruota.>>, insistetti, senza fare una piega.

<< Questo non è vero. Hai scritto...>>, sollevò il foglio. << crudeltà verso i bambini. Ti spiace spiegarti meglio?>>

Stronzo, lo sai benissimo, ma ti piace buttare benzina sul fuoco, vero?

Intelligenza.
Permette all'uomo in quanto dotato di struttura cerebrale notevolmente evoluta di risolvere problemi che implicano una ristrutturazione del rapporto di adattamento con l'ambiente.

Be', quest'uomo non era provvisto neanche di metà dell'intelligenza che normalmente veniva richiesta in certi standard, lo dimostrava il fatto che mi stesse aizzando quasi senza rendersene conto.

<< Non mi sono mai permessa di essere crudele con i bambini, mai, nemmeno quando mi disubbidivano o non prestavano attenzione alle mie richieste, o quando copiavano mentre non guardavo... come ti ho già detto, io adoro i bambini.>>, ammisi, gettando un'occhiataccia alle manette.
Quasi non credetti ai miei occhi quando il dottore celò maldestramente una risatina.

<< Oh, certo. Adori i bambini, mmmh... ma hai una preponderante preferenza per le bambine, non è così?>>

Attenzione.
Capacità di scegliere gli stimoli e di mettere in relazione i meccanismi che provvedono ad immagazzinare le informazioni nei depositi della memoria a breve/lungo termine con influenza diretta sull'efficienza delle prestazioni nei compiti di vigilanza.

<< Se non presterai maggior attenzione al peso delle tue supposizioni, dottore...>>, sibilai, con graffiante dolcezza. << temo proprio che la conversazione terminerà qui. Indipendentemente da cosa ne pensi tu.>>, aggiunsi, prima che mi interrompesse, rammentandomi la cazzata del: << Deciderò io questo e quello...>>

Finalmente, un'ombra di irritazione rivelò il cambiamento di stato d'animo della vecchia prugna, soffiandomi addosso un leggero senso di compiacimento.

<< Sai cos'è la pedofilia, Emma?>>, mi domandò, dandomi l'impressione di averlo indignato con quell'avvertimento.

Mi passai la lingua sulle labbra. << Vorrei un bicchiere d'acqua.>>, replicai, voltando lo sguardo verso la vetrata. << Per favore.>>, aggiunsi, inzuccherando fin troppo il tono di voce.
Lo psicologo di fronte a me - buffo, solo ora mi ero resa conto di non ricordare il suo nome - fece un lungo sospiro, per poi fare un cenno con la testa. Si alzò dalla sedia, mentre la porta di fianco alla vetrata veniva aperta. Mi reclinai appena all'indietro, per sbirciare chi stesse assistendo al nostro amorevole colloquio dall'esterno, ma non trovai il volto che cercavo. Scorsi però una massa di capelli rossi e due occhi verdi colmi di curiosità e timore.
Non mi era nuovo quel volto.
Il vecchio tornò da me, stringendo un bicchiere di carta bianco. Quando me lo porse, sollevai appena le mani, dicendo: << Dovrai farlo tu.>>

<< Puoi farcela anche da sola.>>, fu l'impassibile risposta.

Un infermiere se ne stava con un braccio appoggiato allo stipite della porta ancora aperta, intento ad osservarmi con lieve tensione.

<< Dov'è la donna con i capelli neri?>>, chiesi di botto, mentre prendevo tra le mani il bicchiere.

<< Di chi parli?>>

<< Non conosco il suo nome...>>, bevvi lentamente. << Perchè lui è qui?>>, chiesi ancora, facendo un vago cenno in direzione della porta.

<< Per sicurezza...>>, rispose il dottore, incrociando le braccia al petto.

<< Non lui. Il marmocchio.>>, sbottai. << Non lo voglio vedere.>>

Avevo parlato apposta a voce alta, approfittando della porta aperta.

<< Oppure è qui per far visita a Melissa? Anche lei è qui?>>, domandai, improvvisamente interessata.

<< Conosci bene Melissa, Emma?>>, volle sapere il dottore, aggiustandosi gli occhiali che nel frattempo erano scesi sulla punta del naso.

Non riuscii a non reprimere un sorriso.

<< Be', da quando è arrivata al Grayor's Istitute l'hanno messa nel reparto di fianco al mio. Eravamo intime.>>, spiegai, riportando alla mente il ricordo di una ragazzina con lunghissimi capelli rossi. Mi piaceva molto accarezzarglieli.

<< Eravate amiche? Dalle nostre informazioni... ci risulta che dopo poche settimane lei ha iniziato a evitarti. Più di una volta sono esplose violente liti e....>>

<< Non mi sono spiegata.>>, lo interruppi, senza cancellare il sorriso. << Non ho detto " amiche ". Buon Dio, un'undicenne e una donna non hanno abbastanza interessi in comune per definirsi amiche... io ho detto " intime ".>>

Avrei tanto voluto cogliere con perversa soddisfazione la faccia di quel vecchio una volta collegate le parole ai doppi sensi nascosti, ma non ne ebbi il tempo, dal momento che l'infermiere obiettò con voce contraria: << Fermo, ti ho detto che non puoi senza permesso...!>>

<< Non mi interessa, continuando così non vi dirà niente! Voglio provarci io.>>, rispose il ragazzo dai capelli rossi, entrando con decisione all'interno della stanza e ignorando i tentativi dell'infermiere di bloccarlo.

<< Ragazzino, devi restare fuori, è una cattiva idea...>>, cominciò il dottore, ma una voce maschile lo interruppe.

<< Lo lasci fare, per favore. Solo per qualche minuto.>>, a parlare era stato il ragazzo di quella notte, l'amico della donna bruna; riconoscevo la voce. Aveva parlato attraverso il microfono dall'altra parte, collegato al piccolo altoparlante sul soffitto della stanza.

<< Ho detto che non lo voglio vedere.>>, sibilai, in modo che ascoltasse solo lo psicologo, il quale mi prese con circospezione il bicchiere dalle mani.

<< Ne sei sicuro, Yagami?>>, mormorò.

<< Lasciatemi fare solo un tentativo. Se non riesco a farla... insomma... tornare come prima, almeno potremo dire di averci provato.>>, rispose il ragazzino, dirigendosi verso la sedia di fronte alla mia.
Infine il vecchio si arrese, uscendo dalla stanza con l'infermiere e chiudendosi la porta alle spalle.

Cazzo se li detesto, gli strizzacervelli.

Fissai di malavoglia il ragazzo, che nel frattempo si era accomodato sulla sedia.
Non dissi una parola, ma lui non ci mise molto a cominciare.

<< Ciao.>>

<< Ciao.>>

<< Come va la mano?>>

<< E' sedata.>>

<< Senti dolore?>>

<< Sono sedata.>>

<< Ti piace stare qui?>>

<< Per niente. E a te?>>

<< Per niente.>>

<< Splendido. Che cosa vuoi?>>

<< Indovina un po'. Voglio sapere cos'hai fatto quella notte.>>

Alzai gli occhi al cielo.

<< Sono certa che te l'hanno raccontato più volte.>>

<< Ma non ho ancora sentito la tua versione.>>

<< Elementare, Jeevas. Mi sono trovata con una donna che non avevo mai visto prima tra le braccia, allora ho allungato una mano per palparla e ho trovato una bella pistola. E l'ho usata. Non dirlo a Melissa>>, sussurrai, piegandomi verso di lui. << non vorrei che la tua sorellina diventasse gelosa.>>

La sua mascella si contrasse appena. Fece vagare i suoi occhioni verdi lungo i bordi del tavolo, indeciso se continuare o meno.

Aggrottai la fronte. << Sei davvero cresciuto.>>

Lui alzò lo sguardo, sorpreso. << Cosa?>>

<< Quanto tempo è passato dall'ultima volta che ti ho visto?>>, insistetti, sinceramente confusa. << Tre mesi?>>
Lui strinse le mani, come per prepararsi a darmi una notizia bomba.

<< Tecnicamente, più di tre anni... Emma.>>

Rimasi in silenzio, contemplandolo per una decina di secondi.

<< Perchè non mi trovo in Estonia? Quando sono stata trasferita?>>, borbottai.

<< Non sei stata trasferita.>>

<< Perchè non mi dici quello che vuoi dirmi e non la facciamo finita?>>, mi lasciai andare allo schienale della sedia, il laccio mi stringeva la carne con forza. << Che cosa vuoi, moccioso? Dovresti essere con Melissa, non con me.>>

<< In un certo senso, sono con entrambe.>>, sospirò, senza staccare gli occhi dai miei. << In questo momento non sei in te, ma penso che sarà difficile spiegarti.>>

<< E' vero, non sono in me. Tra poco i farmaci faranno effetto.>>, convenni, resistendo alla tentazione di chiudere le palpebre, già tremolanti.

<< In genere ti davano dosi massicce di sedativo quando cercavano di farti... cambiare, senza che potessi farti del male, o far del male agli altri.>>

<< Idiota, ti stai confondendo con tua sorella. Era lei ad avere quella malattia aliena, come si chiamava...? Lei la chiamava in modo buffo, usando uno di quegli stupidi giochi di parole...>>, dissi.

Mail sorrise.

<< I medici in Estonia allora non si erano sbagliati. Pur sotto il momentaneo controllo di altre personalità, quella dominante rimane sempre Melissa, anche se inconsciamente. Infatti, Emma, spiegami perchè nel foglio che il dottor Ross ti ha fatto compilare hai scritto " Sindrome Borderline". >>

<< Non ho scritto niente del genere.>>, ribattei, iniziando ad arrabbiarmi.

<< Sì, l'hai fatto.>>

<< Non l'ho fatto.>>

<< Sì, invece!>>

<< Non l'ho fatto, Mail!>>, ringhiai.

<< Sì, invece; solo che hai fatto lo stesso giochino di mia sorella, scrivendolo come: " brinderemo nel sidro." >>

<< Che cazzo stai cercando di fare moccioso, eh?! Non capisco quello che dici!>>

<< Non sei sempre cosciente delle cose che dici, dei ricordi che hai, di quello che scrivi; la tua mente cambia repentinamente e senza alcun preavviso, sopraffacendo il tuo ego, qualunque esso sia. E così facendo, sconvolge tutto il resto... quella donna di cui parlavi prima... l'hai incontrata parecchie volte, quando non eri Emma.>>

<< Ah, davvero? E chi ero?>>, domandai, ironica.

<< Eri mia sorella Lyanne. E adesso ho bisogno che torni ad essere lei, perchè in questo modo nessuno è in grado di aiutarti.>>

<< Tuu... seeeeei...>>, canticchiai, raddrizzandomi come meglio potevo e chinandomi verso di lui. << ancora più saltato di tua sorella. Sparisci dalla mia vista, non voglio vedere più nessuno.>>

<< Ehi, Emma>>, riprese, al limite della pazienza. << Tu non avevi i capelli biondi?>>

<< Uau, che intuito, ragazzo, e questi cosa sono secon...>>, mi interruppi, quando il mio sguardo si fermò sulla ciocca di capelli che avevo appena preso tra le mani.

Dall'altoparlante proruppe la voce del dottor Ross.

<< Cosa significa... quello che ha scritto...>>

<< E' un anagramma.>>, spiegò Mail. << E' una cosa che faceva spesso. Se riordinate le lettere viene fuori: " Sindrome Borderline".>>

Ma io non stavo più ascoltando.
Le orecchie non percepivano più i suoni, sopraffatte dal martellio furioso che rimbombava nella mia testa, come impazzito, mentre con gli occhi ridotti a due fessure, guardavo e riguardavo la ciocca di capelli rossi che stringevo con forza tra le dita, per assicurarmi che fosse reale.
Mail si rivolse nuovamente a me, dicendo qualcosa che non riuscii a capire.
Le mie mani si chiusero automaticamente a pugno, mentre qualcosa dentro di me prendeva ad agitarsi, e a urlare, minacciando di sfondarmi il cranio.

<< Vattene.>>, sibilai tutto a un tratto, incapace di guardarlo in faccia.

Il ragazzo sembrava preparato ad una reazione del genere e non si scompose. << Non resistere, lascia che prenda il controllo su di te. Tu non sei Emma, e lo sai benissimo!>>

<< Ho detto vattene!!!!!>>

E' solo un bugiardo, io sono Emma.
Emma.
Emma.
Emma Lankgrover, Emma Lankgrover, Emma Lankgrover.

A quel punto Mail si alzò dalla sedia e mi strinse una mano con decisione. << Lyanne, se riesci a sentirmi e a riconoscermi, ti prego, reagisci! Sei riuscita a imporre il tuo controllo sul corpo di Melissa per quasi tutto il tempo trascorso nel Wammy's Hospital, sei più forte di Emma, devi solo convincerten...>>

<< VATTENE!!!>>, urlai, afferrandogli di scatto il polso e affondandogli con forza le unghie sotto la pelle. Il volto di Mail si riempì di dolore, mentre tentava di liberare il polso che cercavo di spezzargli con tutte le mie forze. << Vattene, vattene, vattene!!!>>
La porta si spalancò e due infermieri corsero verso di noi, tentando di separarci.

Vattene.

Uno dei due mi afferrò il braccio, costringendomi a mollare la presa, mentre l'altro sollevava una siringa.

Vattene.

Udii a malapena il lamento di dolore dell'infermiere, mentre lasciava cadere la siringa a terra, reggendosi la mano che gli avevo morso. I miei occhi soverchiati dall'ira non si staccavano da quelli del ragazzino, ora in piedi, vicino alla porta, ma ancora troppo vicino a me.

<< Vattenevattenevattenevattenevattenevattenevattenevattene!!!>>, continuavo a gridare, mettendomi a muovere la schiena con foga, nel tentativo di liberarmi dei lacci. Uno degli infermieri cercò di tenermi immobile, mentre l'altro recuperava la siringa. << Vat...>>, tirai con entrambe le gambe un calcio al tavolo, facendolo ribaltare violentemente e provocando uno stridente rimbombo metallico. <<...tene! Vattene! Va...>>

Qualunque cosa ci fosse in quella siringa fece effetto quasi subito. La mia voce si affievolì, così come tutti i miei altri sensi...
 
 
 


                                                                                                     
                                                                                                         Epilogo.
 
 
 

<< Ma come hai potuto permetterti così tanta libertà con un soggetto del genere?!>>, la voce del dottor Ross risuonò come un monsone distruttivo attraverso la piccola stanza dalla quale lui, gli infermieri e Light Yagami si erano appostati a guardare. << Come hai potuto essere così imprudente? Una persona così disturbata deve essere trattata con i guanti bianchi, occorre tantissimo tempo per ottenere dei risultati! Cosa cercavi di ottenere?>>

<< Delle risposte!>>, ribattè Mail, dopo aver osservato con risentimento gli infermieri che trasportavano via il corpo inerme della sorella. << Avevano provato varie volte con lei questo metodo di reazione in Estonia e...>>

<< E avevano sempre ottenuto questi risultati?>>, chiese Light, le braccia strette al petto.

Mail lo guardò, incerto. << Be'... mai così violenti. Però>>, aggiunse, notando la faccia dello psicologo. << avevo pensato che, essendo suo fratello e avendo di conseguenza un legame differente, forse sarei riuscito a...>>, prese un lungo sospiro. << a far tornare Lyanne.>>

<< Perchè volevi parlare proprio con lei?>>, insistette Light.

Il viso di Mail parve distendersi. << C'è una cosa che probabilmente ancora non sapete, dato che il Grayor's Istitute si rifiuta di togliere dagli archivi dati personali riguardanti i loro pazienti, per una rigida questione di privacy, ma... il Disturbo Dissociativo di Melissa ha una particolarità che non è stata mai riscontrata in nessun altro paziente, per questo è così difficile da studiare. Non è corretto dire che assume la personalità delle sue vittime; ad eccezione di Lyanne, tutte le altre persone che rappresenta, in realtà sono nemesi.>>

Light ci mise qualche secondo ad incassare l'informazione.

Cioè, a parte Lyanne, che sembrava contenere l'unica dose di indulgenza in mezzo a tutti i suoi altri io, Melissa aveva racchiuso dentro se stessa non l'intera personalità di quelle persone, ma soltanto la loro parte peggiore... ovvero, la loro nemesi.

<< Stai dicendo sul serio?>>, mormorò lo psicologo, senza alcuna espressione sul volto rugoso e segnato dagli anni.

<< Sì, signore.>>

<< Perchè solo lei?>>, chiese Light. << Perchè ha mantenuto la parte buona di Lyanne?>>

Questa volta Mail non rispose subito.
Light era in difficoltà. La situazione stava prendendo una brutta piega, considerando che un preoccupante sospetto si stava aggirando nella sua mente da parecchi giorni.

<< Ai medici è occorso molto tempo per dare una risposta alla tua domanda. Hanno affermato... che essendo la gemella di Lyanne, in un certo senso Melissa stessa rappresentava già la nemesi di sua sorella. Erano l'una l'opposto dell'altra. Per questo, quando l'ha uccisa...>>, la sua voce tremò appena.
<< ha mantenuto quella parte di lei. Ed è quella parte che dobbiamo cercare di risvegliare, perchè è quella che ci ascolterà e soprattutto, perchè quella è l'unica parte di mia sorella che non rappresenta un pericolo!>>

<< Tutto in quella ragazza è un pericolo. Non ho mai visto una cosa del genere in sei anni che lavoro qui...>>, borbottò l'infermiere, premendo con forza un panno pulito sul dorso della mano sinistra.

<< Quanto è grave?>>, gli chiese l'anziano signore, facendo per avvicinarsi a controllare.

<< Fa un male fottuto... ma non credo mi servano punti.>>, tagliò corto l'uomo, andando alla ricerca di un disinfettante.

Il dottor Ross si rivolse nuovamente al ragazzino dai capelli rossi. << In mancanza dei genitori, spetta al famigliare più vicino la decisione, ma considerando che sei ancora minorenne, abbiamo chiesto al tuo tutore il permesso di tenerla nel nostro Centro di Riabilitazione.>>

Mail annuì. << E Roger ha acconsentito, immagino.>>

<< Senza esitare.>>

Light irrigidì la mascella. Avrebbe preferito averla di persona sotto controllo nel Wammy's Hospital, ora che sapevano di lei.
La cosa che però lo spaventava davvero, era temere che lei sapesse qualcosa di lui.



                                                                                                                * * *



Wammy's Hospital, il giorno dopo.


Light non riusciva a tranquillizzarsi.
Dopo che Naomi aveva controllato personalmente la camera della ragazza, rivelando in effetti la mancanza di un filo di ferro sotto al letto, aveva trovato un foglietto.
Per la verità, un pezzo di foglietto.
La frase scritta sopra si interrompeva a metà, ma era bastata per far nascere in Light un brivido freddo come un'unghia ghiacciata percorrergli la schiena, quando aveva riconosciuto la scrittura.
La pagina, stampata a righe nere, apparteneva ad un quaderno sul quale aveva visto L scrivere innumerevoli volte.
Sapeva cosa c'era scritto, in quel quaderno, così come sapeva cosa gli sarebbe accaduto se qualcun altro lo avesse letto.
In piedi, a pochi metri dalla riva del laghetto, i suoi pensieri si spostarono automaticamente su Misa Amane.
Le aveva detto chiaramente di bruciarlo. Bruciarlo.
Era più che ovvio che quella stupida gli avesse disubbidito.
Aveva messo sottosopra l'intero Ospedale, compreso il giardino e la cappella, per ritrovare quel maledetto quaderno, rimanendo preda dell'ansia per tutto il tempo.

E se Lyanne l'avesse nascosto prima di cambiare personalità?
E se un altro paziente per caso l'avesse trovato e l'avesse letto?
O peggio ancora, e se un membro del personale l'avesse trovato?
Peggio del peggio, se Naomi stessa, frugando nella stanza di Lyanne...?

Calmo. Devo stare calmo.

Era impossibile che Naomi l'avesse trovato. Semmai avesse letto quel quaderno, a quest'ora Light sarebbe morto... o perlomeno, in prigione a vita.
Già.
Perchè nessuno aveva mai scoperto cosa fosse successo veramente all'infermiere L Lawliet, l'inseparabile amico di Light.

Amico, sputò mentalmente su quella parola, ricordando lo sdegno e l'umiliazione subita, appena un anno prima.
Un amico non dovrebbe mai tradire un altro amico, no?
Gli amici dovrebbero proteggersi sempre.
L in fin dei conti non si era dimostrato un vero amico, non dopo averlo minacciato di rendere di pubblico dominio l'ascendente di Light su alcune pazienti dell'Ospedale. In particolar modo su Amane.
In fondo, non sarebbe servito a molto spiegarlo.
Il lavoro di Light era duro... anzi, no " duro" era solo un eufemismo.
Il lavoro di Light pretendeva enormi responsabilità; poche persone accetterebbero di passare metà della loro vita in quattro mura grigie, con la sola compagnia di persone pericolose, assenti... ma comunque, non normali.
E dopo un po' di tempo, Light aveva capito di aver bisogno di...distrazioni, o comunque, potenziali incentivi per continuare al meglio il suo mestiere.
Disgraziatamente, L era venuto a conoscenza della sua amicizia... speciale con Misa Amane. Solevano recarsi almeno una volta ogni due settimane al quinto piano dell'Ospedale, il più sicuro, dato che nessuno ci metteva mai piede, ma erano stati scoperti.
Nonostante i gli interminabili e bisbiglianti litigi notturni, nonostante Light gli avesse promesso di troncare immediatamente la cosa, come poi aveva fatto, L non aveva voluto sentire ragioni.
Venire a scoprire ciò che aveva fatto con Misa e con altre pazienti semplicemente lo aveva disgustato.
Light aveva fatto il possibile per fargli cambiare idea, per farsi dare la possibilità di rimediare, per trovare un'unica scappatoia utile, per non fare ciò che in seguito fu costretto a fare.
Attirare L in un inganno non fu affatto semplice, per questo era stato costretto a chiedere la collaborazione di Misa. Era bastato prometterle che le cose si sarebbero risolte al meglio per loro due e lei ci aveva creduto.
Misa era stata l'esca, ma a togliere di mezzo L ci aveva pensato lui.
Quella notte la dea bendata gli aveva sorriso come non aveva mai fatto in vita sua, facendo in modo che l'ultimo arrivato, il paziente chiamato B, si trovasse disgraziatamente nel posto sbagliato, al momento sbagliato.
Per Light era stato un gioco da ragazzi far cadere la colpa su quel paziente, un novellino di cui nessuno sapeva nulla.
In seguito, Misa gli confidò di aver trovato nel quaderno di L delle prove schiaccianti contro di loro.

Perchè le ho detto di occuparsene? Perchè non l'ho fatto io di persona?!


Forse, perchè alla fine Misa si era pentita.
L'ultima pagina che L aveva scritto prima di morire, era la pagina in cui aveva scritto che avrebbe denunciato Light, rivelando ogni cosa.
Misa sarebbe stata allontanata.
Light sarebbe finito in prigione per il resto della sua vita.

<< Che ci fai qui?>>, domandò una voce alle sue spalle.

Light chiuse gli occhi, riconoscendo la voce soave, ma adulta, di Naomi.

Se solo lei sapesse...

<< Niente. Volevo sapere se ti serviva aiuto per coordinare i prossimi trasferimenti.>>, rispose, mostrandosi come il ritratto della serenità.

Naomi era una persona estremamente perspicace, e lui era sempre attento quando era nei paraggi. Quando però il suo sguardo si posò casualmente sull'anello che la donna portava al dito, il sorriso scomparve.

Il paziente B è fuggito. Ma riusciranno sicuramente a catturarlo.

Naomi si strinse nelle spalle.

<< Ehi, che succede, ora si sono invertite le parti? Adesso sei tu che vuoi fare gli straordinari gratuiti?>>, lo accusò, sorridendo appena.

Light aveva dimenticato quanto fosse bella Naomi.
Forse perchè, conoscendola da anni, aveva notato immediatamente un'impressionante differenza tra il suo colore di pelle e la luminosità nei suoi occhi, perfino nell'ampiezza del suo sorriso in quei giorni, paragonati all'anno precedente, quando c'era anche L.
Era una bellezza sfiorita, come se fosse stata strappata via assieme a lui.
Lyanne aveva nascosto sicuramente il quaderno da qualche parte.
Quel quaderno custodiva verità sconvolgenti e avendolo letto, quella ragazza doveva esserne rimasta traumatizzata.
Light ricordò ciò che aveva detto Mail riguardo alle personalità di Melissa.

E se avesse assunto anche la personalità di L?

Lui aveva sempre avuto un'incontestabile, quanto rigidissima percezione del giusto e sbagliato... ma se dentro di lei avesse creato la nemesi di L...
Sean era uno dei pazienti più violenti dell'Ospedale e aveva avuto innumerevoli screzi con lui. Dopo aver aggredito Lyanne, era morto.
Misa aveva spinto L a credere a una menzogna, che gli era poi costata la vita.
Ed era morta anche lei.
E quella notte... dopo il black out, mentre la cercavano nei boschi, Light l'aveva vista. E lei gli aveva detto una cosa che all'inizio non era stato in grado di comprendere, ma ora che i pezzi stavano lentamente andando al loro posto...

<< Manchi ancora tu. Dopodichè, giustizia sarà fatta.>>

Giustizia.

Che valore aveva dato L a questa parola?
Di certo non lo stesso che le dava Light, il quale voltò le spalle al lago, cingendo dolcemente le spalle di Naomi con un braccio e sorridendole.

<< In realtà, la mia idea di straordinario coincide con una tazza di caffè e qualche ciambella... e magari anche qualche mela.>>

Mentre camminavano, Light riuscì finalmente a rilassarsi.
Lyanne aveva nascosto il quaderno.
Tuttavia, ora che tutti conoscevano la verità su di lei, anche se avesse detto qualcosa, qualsiasi cosa, nessuno le avrebbe creduto.
Forse gli conveniva tenere d'occhio il fratello, quel ragazzo non gli aveva dato l'impressione di essere un ingenuo.
Un sorriso vittorioso gli increspò gli angoli della bocca.

Non c'era nulla di cui preoccuparsi.
 
 


                                                                                                                       [ fine]
 
 


Fine.
Fine.
Oh, capperi, ho scritto davvero questa parola?
Non mi sembra vero ^ ^
Forse perchè in effetti so che non è affatto finita, anche se il sipario si chiude qui, ormai.
Ricordo che c'era stato qualcuno che aveva sospettato, più o meno a metà storia, che il tutto non sarebbe finito con un lieto fine e non oso immaginare lo sdegno di chi, fra i lettori, pensava che Light fosse un pochino meno, come dire... crudele dell'originale...
Non so a quanti questo finale soddisferà o a quanti non piacerà, ma comunque sia lasciate che vi dica grazie di cuore per avermi seguita fin qui, per non avermi lasciata, per avermi fatta ridere con le vostre supposizioni, in certi casi veramente assurde e divertenti( stranamente, tutte queste ultime riguardavano Lyanne e Beyond, ma come mai???) e per gli incoraggiamenti.

In questa storia ci ho messo davvero tutta me stessa e mi sento felicemente soddisfatta.

P.S. il capitolo extra non so quando lo posterò, ma in quello scriverò l'esito delle vostre decisioni, riguardanti il possibile seguito.

Grazie alle 42 persone che hanno inserito la fic tra le Preferite,
alle 7 che l'hanno inserita tra le Ricordate,
alle 49 che l'hanno inserita tra le Seguite,
anche se sapete ormai che il grazie più grazioso ( ?!, non fateci caso, ho sonno!!!) va a coloro che hanno recensito i capitoli!

Un bacio e buona notte,

Luce Lawliet. 

 

   
 
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