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Autore: Sarugaki145    03/10/2011    2 recensioni
I pensieri, le parole di tre ragazzi che hanno dovuto rinunciare a ciò che avevano di più importante nella loro vita. Riusciranno a riprendere una vita normale ora che il loro sole personale è scomparso..?
Genere: Generale, Introspettivo, Malinconico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Inoue Orihime, Kuchiki Rukia, Kurosaki Ichigo
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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*Piccola nota dell’autrice prima di iniziare a leggere*

Salveee!! :D

Prima di iniziare a leggere volevo darvi una piccola spiegazione rispetto alle frasi che si troveranno ogni inizio capitolo.. Allura.. Appartengono ad un manga chimato “Full Moon – Canto d’Amore” di Arina Tanemura che ho comprato parecchio tempo fa e che quasi per caso mi sono messa a rileggere quest’estate.. Le frasi che mi sono piaciute di più sono agli inizi dei capitoli e sono un breve riassunto dei pensieri del personaggio protagonista di quel capitolo.. Con questo vi lascio alla lettura!! ;)

 

_Full Moon_

 

“Le ruote hanno cominciato a girare.

Con  una forza a cui non so opporre resistenza.

Tu resti immobile nello stesso punto, mentre io vado avanti.

Non voglio che accada.

Mi fa male.. mi fa tanto male..

però questo dolore è l’unico legame che mi unisce ancora a te.

Perciò voglio custodirlo con ogni cura.”

– Full moon

 

Mi alzai anche quella mattina grigia, la pioggia fuori dalla finestra scrosciava senza dare segno di smettere. Aprì la finestra e respirai una lunga boccata di quell’aria umida e appiccicosa. Stava iniziando un’altra giornata invernale a cui non avevo voglia di andare incontro.

Mi vestì pigramente mettendo le prime cose che mi capitarono a tiro, poi scesi a colazione.

-Ichi!! Sei in ritardo, come al solito!!-

Esclamò Yuzu facendomi guardare l’orologio. Ero effettivamente in ritardo, allora presi con estrema calma una brioche in mano e dopo aver bevuto un sorso di the uscì di casa, non proprio pronto ad affrontare quella giornata.

Ora che arrivai a scuola ero già completamente fradicio, l’unica consolazione fu che erano nella mia stessa situazione la maggior parte dei miei compagni di classe. Entrai in classe e non guardai appositamente nella direzione di quel banco occupato dalla persona sbagliata e mi stravaccai sul mio, pronto a subirmi giapponese antico.

 

-Fragolinooooooooo!!!!-

La voce di Asano mi attraversò le orecchie stordendomi. Per tutta risposta lo guardai torvo e risposi in cagnesco:

-Ma devi urlare così tutte le sante mattine??-

Lui, apprezzando a quanto pare la mia risposta, mi saltò al collo e stritolandomi per bene. Quando finalmente si scollò esclamò entusiasta:

-Finalmente mi rispondi a tono!!! Erano giorni che non ti vedevo così irritabile!-

-E ne saresti felice??-

Chiesi confuso, senza capire. Lui scoppiò a ridere e rispose:

-Si, perché vuol dire che non sei più un ameba come nei giorni scorsi!-

Lo guardai cercando di capire. Non ero più un ameba?? Avevo cambiato il mio comportamento?

Ma poi capì, si riferiva al fatto che erano giorni che non degnavo nessuno di una risposta che non fosse un “si”, un “no” o un’alzata di spalle. Mentre stavo per ribattere la professoresse arrivò in classe, facendo saltare come una molla Asano al suo posto.

La professoressa rese gli ultimi compiti che avevamo fatto. Non appena lasciò il mio sul banco sorrisi compiaciuto per essere riuscito ad ottenere un voto più alto del solito e la prof mi disse raggiante:

-Vedi che se ti metti a studiare ottieni ottimi voti Kurosaki?-

Io le sorrisi e lei mi strizzò l’occhio continuando a dare i compiti. Non appena tornò alla cattedra cinguettò:

-Ragazzi, sono felice di annunciarvi che in questo compito, che abbiamo fatto uguale a tutte le altre sezioni, avete ottenuto i quattro punteggi più alti!! Quindi, fate un applauso a Ishida, Kunieda, Sato e Kurosaki!!-

Qualcuno si girò nella mia direzione spaventato, notai soprattutto lo sguardo di Asano e Mizuiro che mi guardavano come se non mi avessero mai visto. Gli risposi con un mezzo sorriso insolente ed Asano mi rispose con una linguaccia.

L’ora passò velocemente e la pausa pranzo arrivò in un batter d’occhio. Non appena mi alzai dal posto sentì i passi pesanti di Asano che veniva a “punirmi” per quel voto e lo accolsi con un pugno sul naso.

-Maledetto!!! Era da tempo che non ti vedevo così in forma!!-

Disse prima di cercare di rendermi il pugno, ma prendendone un altro dritto sul naso. Poco lontano vidi Inoue, Tatsuki e le ragazze che ridevano e la mia amica d’infanzia sorridendomi mi gridò:

-Finalmente sei tornato te stesso Ichigo!!!-

Quella frase rimase li, senza riuscire ad assestare subito il suo colpo nel mio cervello, finché non arrivai a casa ed entrai in camera mia.

Sdraiato sul letto mi tornò in mente non solo la frase di Tatsuki, ma anche quella di Asano di quella mattina, il cui contenuto era il medesimo. Ci pensai un po’ su e conclusi che era vero, mi sentivo lo stesso Ichigo di sempre, quello che era sempre vissuto prima dell’arrivo di quella nana impertinente nella mia vita.

A quel pensiero sentì una morsa al cuore.

Non me n’ero mai accorto, ma il tempo stava inesorabilmente passando. Inoue aveva rincominciato a ridere e scherzare, Chad era tornato il solito di sempre e Ishida era di nuovo quel ragazzo distaccato dalla classe. Tutto era andato avanti inesorabilmente.

Mi alzai e mi diressi allo specchio del bagno, osservando la mia immagine.

Anche io ero cambiato. Qualche pelo di barba stava iniziando a ricoprire le mie guance non più da ragazzino, l’espressione era diventata più dura, più adulta. Anche io stavo cambiando da quel giorno.

Rividi i suoi occhi pieni di lacrime e mi trovai a pensare come quei giorno che fosse terribilmente bella anche quando piangeva. Il mio sguardo si rabbuiò a ripensare a quel corpo esile che tante volte avrei voluto stringere a me, ma non avevo mai avuto il coraggio di farlo. Perché lei se n’era andata senza che io avessi fatto nulla per dimostrarle quanto ci tenevo a lei e ora io sarei cambiato inesorabilmente.

Lei invece non sarebbe cambiata. Perché nel suo mondo il tempo scorre in maniera diversa che sulla terra, lei sarebbe rimasta bella e giovane, mentre io sarei invecchiato. La sua pelle sarebbe rimasta come la porcellana, la mia invece sarebbe diventata sempre più dura.

Quanti mesi erano passati?? Quattro o cinque, non avevo tenuto il conto. Eppure mi sentivo diverso: ero diverso.

Stavamo, anche se inconsciamente, allontanandoci l’uno dall’altra.  

Ma io non volevo che questo accadesse.

Strinsi i pugni e frantumai lo specchio con un pugno. Il sangue colava dalla mia mano dolorante, ma nonostante ciò continuai a tenerlo stretto e fermo nel posto in cui l’avevo sferrato. Alzai la testa e vidi la mia immagine in decine di frammenti. Vidi quel volto ormai così diverso, allora tolsi il pugno, sciacquai la mano e mi accasciai sul pavimento, rovesciando la testa sulla parete.

Perché stavo cambiando? Perché stavo diventando una persona diversa senza di lei? Perché era così lontana da me?

Ricordavo quando di notte stavo appostato fuori dal bagno mentre lei faceva il bagno, lo ricordavo perfettamente.

Ricordavo tutte le volte in cui andando a letto lanciavo un’occhiata verso l’armadio per darle la mia buonanotte.

Ricordavo tutte le nostre litigate, i nostri sorrisi..

Ricordavo ogni minimo momento con lei.

E questo mi faceva male.

Un male acuto, che partiva dal petto e si propagava in tutto il corpo. Un male infido e letale, che mi faceva stringere i pugni per non piangere.

Ma io mi cullavo in quel dolore, in quei ricordi che straziavano la mia carne. Perché era l’unico modo per restare con lei, perché non c’era altro modo di sentirmi ancora il ragazzo che non ero più, quel ragazzo che il tempo stava cambiando.

Quel ragazzo che un giorno l’avrebbe dimenticata per sempre.

  
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