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Autore: _ L a l a    03/10/2011    2 recensioni
Cercando la palla finita nel bosco, Peter cade nella Tana del Coniglio. Che cosa troverà?
Per il compleanno della mia Lily :3
Love ya, Zuccherino.
Genere: Avventura, Comico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Peter Pevensie, Un po' tutti
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
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Nella tana del Coniglio.

 

1.

Peter camminò nel buio, massaggiandosi la testa dolorante. Si sentiva come quella volta che il suo cavallo l’ha investito in pieno. Solo, non pensava che la cosa potesse ripetersi.

O forse si?

Probabilmente, contando che iniziava a scorgere una luce sospetta provenire dal fondo di quel non-corridoio.

Si fermò davanti ad una porta di luce – si, esatto, proprio di luce. Avete presente? Sbrilluccicosa, bianca e .. luciosa? -  e vi girò attorno curioso, chiedendosi se fosse il caso di attraversarla o meno.

Alla fine, la questione venne risolta da un granello di polvere che lo fece accidentalmente scivolare all’interno della magica e dolcissima luce.

L’imprecazione che il nostro eroe disse non fu altrettanto dolce, ma si spense non appena atterrò su un prato pieno di margheritine.

- oh, che carine! – commentò, raccogliendone una. E, atteggiandosi a ragazzina innamorata, cominciò a fare “m’ama, non m’ama”

- fratellone, che stai facendo? – la voce di Lucy gli giunse squillante all’orecchio, ed il ragazzo balzò seduto di scatto.

- L. Lucy! Che ci fai qui? – chiese il biondo, osservando la sorella. – c’è una festa di carnevale in anticipo, per caso? – chiese subito dopo, osservando come la ragazzina si fosse vestita. La camicia bianca risultava troppo larga anche stretta nel panciotto blu, ed i pantaloni azzurri sembravano di almeno due taglie più grandi. La cosa più straordinaria, però, erano le orecchie da coniglio che le spuntavano tra i capelli: bianche come la neve e ben dritte, facevano venir voglia di toccarle, tanto sembravano vere. – certo che le orecchie sono proprio belle, Lu. Dove le hai prese? –

- non le ho prese da nessuna parte, tonto! Sono vere ! – protestò la ragazzina e Peter scoppiò a ridere.

- Lucy, tu non hai mai avuto le orecchie da coniglio! – rise il ragazzo, alzandosi in piedi ed avvicinandosi per sfiorarle le orecchie.

- nemmeno tu hai mai portato vestiti da donna, ma le cose cambiano – lo rimbeccò Lucy, incrociando le braccia ed allontanandosi di qualche passo.

Peter s’immobilizzò.

- ve.. vestiti da do—solo in quel momento il biondo si accorse d’indossare un grazioso vestito azzurro cielo, con tanto di grembiulino di pizzo bianco corredato.

Cacciò un urlo che si sentì fin dall’altra parte del bosco (e solo in quel momento s’accorse di trovarsi nella radura di un bosco)  e diversi uccelli si alzarono in volo protestando a gran voce.

- ch..che dia.. ma.. che diamine è successo ai miei pantaloni?! – gridò sull’orlo delle lacrime, non riuscendo a raccapezzarsi del fatto di non essersene accorto prima. Era sicuro di averli indosso, quando era finito nel prato, avrebbe potuto metterci la mano sul fuoco! Come avevano fatto a scomparire?

- Lucy! Aiutami, fa’ qualcosa! – disse allora rivolto alla sorella, ma quella s’era allontanata balzellando come un coniglio. Si fermava ogni tanto per tirar fuori una carota dalla tasca e mordicchiarla con fare insistente.

- mi spiace, Pete, ma sono proprio in ritardo! – chiocciò allegra, mostrandogli un orologio dorato che ticchettava rumorosamente. E le lancette erano a forma di carote?!

- no, Lucy, non puoi lasciarmi qui! – esclamò, lanciandosi all’inseguimento della sorella (cercando in tutti i modi di evitare che la gonna s’alzasse troppo). Ma la ragazzina, in un paio di balzi agili, sparì tra gli alberi.

- Lucy! – gridò un’ultima volta, sperando che la sorella avesse pietà e tornasse indietro (con magari un paio di pantaloni). Rimase dieci minuti a fissare ansante il fitto verde del bosco, domandandosi in quale situazione assurda fosse mai capitato (e perché mai indossasse un vestito).

Il ragazzo riprese a camminare lentamente, seguendo un percorso non ben definito, che presto lo portò ad andare a sbattere contro un fiore gigante. Si, gente, un  fiore gigante.  Ma Peter Pevensie il Magnifico è ormai abituato a tutto, e non si sorprende più davanti a nulla (se non davanti alla scomparsa dei propri pantaloni), ergo decise d’ignorare la cosa e di continuare sulla sua strada.

Quello che Peter non sapeva, è che quel fiore parlava anche.

- Peter! – lo chiamò il fiore, con la voce di Jill. Il ragazzo alzò lo sguardo perplesso, osservando stupito come la faccia di Jill fosse .. incastonata nel posto in cui avrebbe dovuto esserci il polline.

- J.. Jill? – domandò perplesso, inarcando un sopracciglio (e rimangiandosi tutti i vaneggiamenti sul non-stupirsi)

- no, il Lupo Cattivo – canticchiò Jill, e Peter notò che aveva la voce più melodiosa del solito. Forse perché i fiori hanno la voce melodiosa (?) e in quel momento Jill era un fiore. – certo che sono io –

- beh, sai, sei un fiore .. sei . . un fiore? ..Come hai fatto a diventare un fiore? – domandò a quel punto, improvvisamente spaventato.  Jill alzò delle metaforiche spalle.

- non so. tu come pensi sia successo? –

- come faccio a saperlo io?! –

Altra metaforica alzata di spalle. Peter la guardò stranito, mentre Jill prese a dondolarsi canticchiando un motivetto. Faceva uno strano effetto, quella Jill-fiore.

- senti, è il caso che io vada. Non è che sai dove posso trovare un negozio di pantaloni? – disse il biondo, indicando il sentiero dalle pietre dorate che era appena apparso davanti ai suoi piedi.

- certo che sei proprio brutto, vestito da femmina, Peter – considerò la ragazza-fiore, con tono pensoso.

- no, cioè, grazie – ribatté piccato il ragazzo, guardandola male. Jill piegò pigramente la corolla, fino a trovarsi a pochi centimetri dal suo  viso.

- mm. Forse se ti mettessi qualcosa nei capelli.. o i codini! –

- che cosa?! – inorridì il biondo, arricciando il naso disgustato. – i codini?

Jill annuì e tutti i suoi petali bianchi frusciarono forte, come a rimarcare il concetto.

- è fuori questione! – ruggì Peter, così forte che Jill-fiore scostò lievemente la corolla.

- oltre che brutto sei pure idiota – commentò con fare annoiato la ragazza-fiore.

- ok, senti, non ho la minima intenzione di sprecare il mio preziosissimo tempo ad ascoltare i tuoi insulti. Quindi me ne vado – concluse il biondo e, nel modo più dignitoso possibile, si allontanò con fare sdegnato lungo la strada dalle pietre d’oro.  In realtà di dignitoso non aveva nulla, a partire dal vestito, ma Peter preferì non farci caso.

Jill, dopo una risatina, ricominciò a canticchiare sottovoce.

Peter lanciò un ultimo sguardo dietro di sé, e vide che Jill aveva ripreso a dondolarsi sul suo gambo. Quando vide che la stava guardando, la ragazza-fiore sventolò una foglia in segno di saluto, con un sorriso benevolo sul volto.

Il biondo si girò di scatto, atterrito all’idea di trasformarsi improvvisamente in un fiore anche lui.

Un fiore piuttosto seccante, considerò lui, avviandosi lungo la via il più velocemente possibile.

Sospirò di sollievo appena il sommesso canticchiare di Jill si perse nel fruscio delle foglie, ed il suo passo divenne molto più rilassato.

Sollevò schifato il bordo della gonna azzurra, mentre la sua mente elaborava continue ed improbabili ipotesi.

Davvero, da dove era apparso quel vestito?

Era talmente preso nella sua ispezione che non si accorse di avere davanti qualcuno finché non ci finì addosso.

- ohoh, Peter! – gracchiò una voce fin troppo conosciuta al suo orecchio. Il ragazzo fece l’ennesimo salto all’indietro, lasciandosi scappare un”WAH!” di spavento.

- C..Caspian! – strepitò subito dopo, imbarazzatissimo, tentando in tutti i modi di tirarsi giù il più possibile la gonna. Caspian lo squadrò con fare annoiato, passandosi una mano tra i capelli scuri. La sua lunga coda viola si mosse pigramente, mentre lui piegava un orecchio.

Quando Peter realizzò cosa aveva appena visto fece un altro salto indietro.

- ommioddio, Caspian! – urlò agitato, additandolo – sei un gatto!  – lo fissò per un attimo, prima di spalancare di nuovo la bocca. – viola per di più! -

Il moro allargò le braccia ed osservò con fare interessato la propria maglietta a righe viola e rosa, i pantaloni scuri e mosse nuovamente la coda. Si tastò la testa fino a trovare le orecchie, accarezzandosele con fare pensoso.

Alzò di nuovo lo sguardo su Peter.

- oh. Già – commentò in tono neutro, come se fosse la cosa più normale del mondo. Peter fece qualche altro cauto passo indietro, ma Caspian lo afferrò per un braccio prima che potesse correre lontano.

- sai, Peter, ti stavo proprio cercando. – lo informò allegramente, con indosso il sorriso più beota e innaturalmente gigantesco che l’altro avesse mai visto. – Edmund ti aspetta per il thè. –

- Edmund che cosa?! – sbraitò il biondo, puntando i piedi e cercando in tutti i modi d’impedire all’altro di trascinarlo con sé. Caspian si voltò a guardarlo, sorpreso, strattonandolo un po’ più forte.

- Caspian, devi aver capito male. – gli spiegò allora il biondo, cercando di recuperare un minimo di sangue freddo. – Edmund a malapena sa che forma abbia, una tazzina da thè. –

Caspian ridacchiò divertito e Peter s’accigliò ancora di più. Poi il moro alzò lo sguardo al cielo, semi-nascosto tra le fronde degli alberi, e sospirò.

- andiamo – esordì deciso, costringendo il biondo a seguirlo ed ignorando i suoi continui strepitii di protesta.

Dopo una decina di minuti Peter si arrese, decidendo che alla prima opportunità sarebbe scappato a gambe levate. Piuttosto che stare ancora con Caspian ed il suo sorriso inquietante sarebbe volentieri tornato a farsi insultare da Jill-fiore.

 Camminarono per circa una mezz’ora, anche se, a Peter ed ai suoi poveri piedi costretti nelle strette scarpine nere, sembrò un’eternità.

- si.. può.. sapere.. dove diavolo… ag, stiamo andando? – ansimò contrariato, inciampando in un sasso e sentendo una scossa di dolore partirgli dal piede e raggiungere il cervello con crudele velocità.

- da Edmund, no? – rispose con fare ovvio il moro.

- ma chi ci vuole andare! Mollami immediatamente! – gli ordinò perentorio, puntando i piedi nonostante questi protestassero a gran voce.

- ah-ah, biondo. – lo canzonò Caspian, tirandolo con più forza – ormai siamo arrivati –

- arrivati dove?! – sbraitò Peter, lasciandosi trascinare per pura pietà verso sé stesso (e per i suoi piedi in particolare) . –io non vedo assolutamente n-- - il biondo si bloccò di colpo, non appena sbucò nella radura verdeggiante. Al centro di questa c’era un gigantesco tavolo colmo di torte, pasticcini e teiere. E, a capotavola, stravaccato sulla propria seggiola e con le gambe comodamente accavallate sul tavolo, c’era Edmund.

- ..ulla? – completò per lui Caspian con fare idiota, avvicinandosi ad Edmund e trascinando Peter con sé.

- Ed, hai visto? L’ho trovato! – chiocciò contento Caspian, accomodandosi sulla sedia subito accanto a quella del più piccolo. Nel posto di fronte a lui, una montagna di piatti sporchi di torta si ergeva nel suo instabile equilibrio.

Edmund annuì distratto, troppo preso ad osservare con un sorriso di scherno il fratello maggiore.

- bel vestito, Pete – ridacchiò, grattandosi una guancia. Peter lo guardò male.

- bel cappello, Ed – ribattè piccato, indicando il grande cappello a cilindro nero di Edmund. Il ragazzo se lo tolse di testa, rigirandoselo tra le mani con fare pensoso.

- in effetti non è il massimo – ammise con un sospiro. Lo appoggiò a terra, sistemandosi compostamente sulla sedia.

- dai, Peter, siediti – lo invitò e, quando il biondo si sedette con fare sospettoso, schioccò le dita, facendo apparire di fronte a lui una tazzina da thè, cucchiaino e piattino compresi.

Peter passò lo sguardo dal fratello alla tazzina, più volte, allibito.

- no, spiegami – incominciò, attirando su di sé gli sguardi perplessi degli altri due – com’è che tu fai apparire le cose con uno schiocco di dita e io niente? –

Edmund scoppiò a ridere, così forte da far muovere i piatti ammonticchiati disordinatamente nel posto alla sua destra.  I piatti continuarono a muoversi anche quando Edmund smise di ridere, e questo allarmò non poco Peter, che fece lentamente scivolare all’indietro la propria seggiola.

Il biondo fece un salto di mezzo metro, quando dai piatti sbucò la testa bionda di suo cugino Eustace, con un paio di orecchie da coniglio ad abbellire il tutto.

- che succede? – domandò Eustace assonnato, stropicciandosi gli occhi. Edmund scrollò le spalle con fare disinteressato, osservandosi le scarpe. Arancioni. Peter represse un sorriso di scherno per pura forza di volontà.

- niente – disse Caspian, sorridendo beota.

Eustace scrollò il capo, e le sue orecchie marroni si drizzarono, facendo venire a Peter una voglia incredibile di accarezzarle.

- ah. Alla buon’ora, Peter – tossicchiò Eustace, scostando con poca grazia tutti i piattini da cui era stato sommerso. Manco a dirlo, il desiderio di spupazzarselo era scomparso del tutto misteriosamente (come i suoi pantaloni, ahc-)

- sai, sono stato trattenuto dalla tua ragazza – ribatté irritato Peter, incrociando le braccia al petto. – ha osato darmi dell’idiota –

- non posso che darle ragione – commentò l’altro, sistemandosi meglio la cravatta che portava al collo. Si sistemò anche la camicia, cercando di nascondere tra le pieghe una macchia.

- sai andato a trovarla, ultimamente? – lo provocò Peter, tamburellando le dita di una mano sul tavolo. – no, perché sai, si è trasformata in un fiore –

- nulla di grave, quindi – intervenne Edmund, capovolgendo la propria tazzina vuota e scrutando interessato le ultime gocce di thè che cadevano sulla tovaglia bianca, macchiandola.

Alla faccia del nulla di grave, pensò Peter, ma si trattene per il proprio bene. Avere a che fare con un branco di pazzi non è mai facile.

Eustace cominciò a sollevare uno per uno i piattini che l’avevano seppellito, come se stesse cercando qualcosa.

- ho perso Ripicì – dichiarò serio, quando decise di aver cercato abbastanza.

- incredibile a dirsi – commentò sarcastico Caspian alzando piatti e forchette alla ricerca del topo.

- dubito possa nascondersi sotto una forchetta, Caspian – gli fece notare scettico Peter. Il moro alzò le spalle.

- sarà sotto qualche tazzine – fece Edmund, allungandosi a sollevare la tazzina capovolta di Peter che si scostò.

La tovaglia era vuota.

- non mi troverete mai! – li avvertì con voce squillante Ripicì, da dentro al tazza. Edmund, in tutta calma, girò la tazzina rivelando il topo rannicchiato su sé stesso ed attaccato con le unghie alla ceramica.

- dicevi? – ghignò Eustace, tirandolo fuori per la coda ed appoggiandolo sul tavolo.

- mi rovinerai tutte le tazzine così – si lamentò Edmund con tono rassegnato, quando notò segni di graffi sulle pareti interne dell’oggetto.

- è più piccolo del solito o sbaglio? – chiese perplesso Peter, osservando quella versione ridotta e super incazzata del solito Ripicì.

- io non sono piccolo! – protestò il topo, sistemandosi tra le orecchie con fare stizzito un piccolo copricapo a forma di tazzina.

Edmund alzò gli occhi al cielo, le labbra increspate in un sorriso divertito.

- va bene, Rip – sospirò, con un sorriso condiscendente. Vedendolo, Ripicì si arrabbiò ancora di più.

 - io lo so che pensi che sono piccolo! – ruggì.

- non l’ho mai detto – si difese divertito il ragazzo, ridacchiando sotto i baffi.

- ma io so che tu sai che io so che tu pensi che io sia piccolo! –

La tentazione di sbattere la testa contro l’orlo del tavolo, per Peter, divenne troppo grande.

- Ripicì, se lui ha detto che non pensa che tu sia piccolo, forse è perché è vero. – suggerì Caspian con tono bonario, muovendo lentamente la coda ed attorcigliandola attorno alla gamba della sedia.

- o forse vuole solo ingannarti – lo punzecchiò Eustace, passandosi una mano tra i capelli biondi.

- piantatela di sapere cose che io non so! – strillò il topo, agitando le zampine superiori mentre passava lo sguardo su tutti e tre.

- ma noi non siamo giardinieri – chiocciò Caspian, appoggiando il gomito sul tavolo e il viso sulla propria mano.

- pessima – lo giudicò Edmund, sorseggiando un po’ del suo thè invisibile. Peter si azzardò a mangiucchiare un biscotto al cioccolato, scoprendolo stranamente dolciastro.

- Peter, un cerchietto ti starebbe davvero bene – gli disse Eustace, squadrandolo.

- c..come?! e questo che c’entra?! –

Edmund, con un ghigno ed uno sciocco di dita, fece spuntare tra i suoi capelli biondi un grazioso cerchietto nero con tanto di fiocco.

- GAH! – esclamò Peter, provando in tutti modi a staccarselo dalla testa senza tuttavia riuscirci: nonostante i continui strattoni, infatti, l’aggeggio malefico continuava a rimanere ancorato ai suoi capelli.

- toglilo! Toglimelo immediatamente, Edmund! – gl’impose, guardandolo malissimo e con tutto l’odio che riuscì a trovare.

- e perché? – cinguettò innocentemente il fratello, del tutto insensibile alle sue occhiatacce. – ti sta così bene-

- ti dona sul serio! – reincarnò Eustace con fare convinto.

Peter si morse le labbra per evitare di farsi sfuggire qualche espressione poco gentile, sentendosi sul punto di avere una crisi di nervi.

Prese un profondo respiro e fece per protestare di nuovo, quando un acuto squillo di trombe li fece saltare per aria tutti quanti.

- ma che diav..? – iniziò Peter, voltandosi nella direzione da cui proveniva il suono.

- Edmund! – tuonò la voce di Lucy – sei in ritardo per l’udienza! -

Le bianche e candide orecchie della minore spuntarono dalla boscaglia, insieme al suo cipiglio severo.

- che udienza? – domandò stupito l’interpellato, picchiettandosi un dito sul mento, come a fare mente locale.

- come quale! L’udienza! – strillò Lucy, rossa come un pomodoro e più spettinata che mai.

- ah! Quell’udienza! – fece Edmund, sbattendosi una mano sulla fronte non appena riuscì a ricordare a cosa si stesse riferendo la più piccola. Le lanciò uno sguardo del tutto privo d’interesse. – non ne ho voglia – le comunicò con un alzata di spalle.

Lucy sembrò sul punto di afferrare il primo oggetto contundente a portata di mano per scagliarlo sul fratello ma l’intervento (ben poco intelligente) di Caspian salvò la situazione.

- andiamo, andiamo! – li incitò felice, raggiungendo Lucy fluttuando.

Fluttuando. Fluttuando. Flut-tu-an-do.

Peter sgranò gli occhi e spalancò poco elegantemente la bocca.

- porca di quella put- .. santa donna, Caspian! Stai volando!-  

- nh? – mugolò Caspian, osservando i suoi piedi che non toccavano il terreno. – e quindi? –

- come “e quindi?”. Diamine, Caspian, voli! – strepitò Peter, sempre più confuso.

Caspian lo ignorò bellamente, iniziando a canticchiare ripetutamente “andiamoandiamoandiamoandiamo”. Era tanto irritante che Edmund si alzò con uno sbuffò dalla sua seggiola; poi si rassettò con calma il gilet scozzese verde arancio e marrone, prima di lisciarsi i pantaloni marrone scuro.  E, dopo aver raccolto il proprio cappello per riposizionarselo sui capelli, fece segno a Eustace.

- muoviamoci - 

Afferrò Peter per un braccio, e lo trascinò verso gli altri due (ignorando con una certa persistenza le continue ed insistenti lamentele del maggiore).

Dietro di loro, Ripicì s’arrampicò sulla spalla di Eustace, che si sistemò la giacca nera prima di avviarsi dietro ad Edmund.

- si può sapere dove mi state trascinando, di nuovo?! – sbraitò Peter, cercando di liberarsi dalla stretta di Edmund.

- non costringermi a far apparire una corda con cui legarti – lo minacciò il minore, ed uno strano ed inquietante lampo gli balenò per qualche attimo negli occhi scuri. Sembrava aver perso improvvisamente tutto il suo buonumore (relativamente parlando, ovviamente. Non si può applicare il concetto comune di “buonumore” ad Edmund).

Peter si zittì istintivamente, maledicendosi l’attimo dopo; l’attimo dopo ancora, però, tutto il suo rancore passò a Caspian che ripeteva come un mantra “andiamoandiamoandiamoandiamo” senza mai smettere. Sembrava nemmeno respirasse.

Sbuffò spazientito, cercando di capire in che modo Lucy si orientasse tra gli alberi: non c’era nessun sentiero ma la ragazzina sembrava procedere sicura tra gli alberi.

All’improvviso, si parò davanti a loro un castello gigantesco. Davanti a loro c’era un grande portone a forma di cuore e da dietro di esso s’intravedevano diverse guglie rosa con le finestre a cuori.

Peter rimase impalato a fissarlo, spalancando la bocca in modo ben poco dignitoso. Eustace si lasciò sfuggire un sospiro divertito, prima di superarlo.

Solo in quel momento, il biondo si rese conto che Edmund l’aveva lasciato andare. Osservò il proprio braccio, chiedendosi se fosse il caso di fare dietrofront, decidendo poi che era sicuramente meglio rimanere con qualcuno di conosciuto – nonostante il cipiglio scuro di Edmund si stesse facendo più cupo e pericoloso ad ogni passo. Per una volta tanto, le tante voci che si agitavano nel cervello di Peter concordarono sul fatto che era meglio non irritarlo troppo. Non quanto poteva far spuntare dal nulla qualsiasi cosa.

Trotterellò dietro di loro, ed una di queste famose voci lo informò della stupidità della cosa.

- di chi è, il castello? – domandò incuriosito a Lucy, l’unica ancora leggermente normale (secondo il modesto parere di un’altra delle famose voci).

- di Susan – gli comunicò allegramente Lucy, incrociando le braccia dietro la schiena con fare infantile.

- di.. Susan? -  

Ultimamente mi stupisco per fin troppe cose. Probabilmente questo è un sogno e i miei pantaloni non sono mai scomparsi.

- certo, di Susan. – annuì seria Lucy. Peter alzò lo sguardo al cielo, riordinando i pensieri.

-e.. perché ha fatto chiamare Edmund? –

- probabilmente perché vuole tagliargli la testa – disse Lucy, con un’alzata di spalle noncurante. Peter inorridì.

- ta.. tagliargli la testa? – inorridì Peter.

Forse, aveva appena scoperto la causa del palese malumore del fratello. Tuttavia, Edmund non sembrava propriamente disposto a prestarsi a tale atto.

Lucy non si degnò di rispondergli, e passò in testa al gruppo non appena entrarono nel giardino, gigantesco e labirintico.

Le siepi che dividevano ogni sentiero acciottolato erano piene di rose rosse, rigorosamente simili a cuori; tutti i sentieri sembravano portare alla gigantesca struttura rosa che si parava di fronte a loro, e Peter scorse, tra una siepe e l’altra, degli abitanti di Narnia, travestiti da carte da gioco, che si affrettavano verso il castello con aria preoccupata.

Fu sul punto di porre nuovamente qualche domanda ma, notando che gli unici disposti a rispondere sarebbero stati o Caspian o Eustace, preferì non indagare. (Infatti, il primo stava angora gorgheggiando la sua serie infinita di “andiamoandiamoandiamoandiamo”, mentre Eustace era completamente immerso nel suo discorso con Ripicì. )

Arrivarono all’ingresso, ed ad attenderli c’era il signor Tumnus, travestito da Fante di Cuori. Peter sospirò, chiedendosi per quanto ancora sarebbe durato, questo incubo.

- la Regina vi attende – comunicò loro il fauno, con un sorriso che espresse tutta la sua compassione per loro. Peter fece una smorfia di rimando, seguendo frettolosamente i propri compagni e maledicendosi per non essere tornato indietro quando ne aveva avuto la possibilità.

Vagarono per corridoi rosa confetto costellati da porte a forma di cuore identiche, finchè Lucy non ne aprì una e vi s’infilò dentro.

Dietro di essa, vi era una gigantesca aula di tribunale – ovviamente rosa e con diversi cuoricini a rendere l’atmosfera ancor più inquietante –. Interi banchi erano occupati da abitanti di Narnia, sempre travestiti da carte da gioco, e solamente le prime due file erano vuote.  Peter alzò lo sguardo e trovò Susan seduta al posto del giudice, ma così in alto che si sentì male al solo pensiero. Non che soffrisse di vertigini, eh.

Susan, avvolta in un sontuoso vestito rosso, teneva in mano un martelletto.

- Edmund! – strillò, non appena vide il fratello varcare la soglia. Peter si fece piccolo-piccolo, tentando di nascondersi tra il gruppetto. – si può sapere quanto tempo ci hai messo? –

- non lo so – ammise Edmund in tono cattivo. – chiedilo al Bianconiglio, lei ha sempre un orologio a portata di mano –

- ventisei minuti e tre secondi di ritardo – li informò Lucy, sorridendo.

- venti dei quali passati a girovagare per il tuo gigantesco giardino, nonché nei tuoi interminabili corridoi – puntualizzò Eustace, palesemente dalla parte di Edmund.

Susan lo ignorò, e si sporse dal suo banco, fissando dritto negli occhi Edmund.

- potrei tagliarti la testa solo per questo – gli disse, e Peter non poté fare a meno di pensare a quanto si trovasse in alto. Represse l’istinto di ordinarle di scendere o, almeno, di tirarsi indietro.

- provaci e ti troverai un paletto conficcato nel petto. – rispose secco Edmund, sfidandola con lo sguardo. Peter trasalì, e Caspian, che fino a quel momento si era limitato a fissare con sguardo adorante Susan, si voltò di scatto verso l’altro ragazzo, mostrando i denti e rizzando il pelo di orecchie e coda.

- non puoi usare i tuoi poteri nel mio castello. – gli ricordò velenosa la ragazza, tornando però indietro. Edmund scrollò le spalle.

- se tu non mi mandassi a chiamare, non correresti il rischio. –

Susan sbuffò, incrociando le braccia con fare dispettoso.

- se tu non contrabbandassi thè dall’aria sospetta, io non ti manderei a chiamare –

- ma è solo thè, Susan! – brontolò il ragazzo, esasperato.

- solo thè, solo thè! – gli fece eco Ripicì, con fare agguerrito. Eustace gli carezzò distrattamente le orecchie, come a calmarlo.

- davvero, cosa pensi ci metta dentro? è thè! – continuò Edmund, prendendo posto al banco degli imputati ed allungando le gambe sul banco davanti, senza preoccuparsi minimamente del fatto che fosse poco educato.

- e i cappelli? I cappelli che fabbrichi? Così pieni di.. decorazioni non a cuori! – reincarnò Susan.

- senti, se me li commissionano così che ci posso fare io? A me i cappelli nemmeno piacciono! –

Solo a quel punto, quando tutti si furono seduti, Susan si accorse di Peter, l’unico rimasto in piedi.

- fratello! – lo salutò, sporgendosi nuovamente. Peter ricambiò con un sorrisetto incerto. – se volevi vestirti da donna potevi chiedere a me. Quel vestito ti sta proprio male. –

Edmund ridacchiò sommessamente.

- grazie – borbottò offeso Peter.

- potrei tagliarti la testa per punizione – considerò Susan, meditabonda.

Peter sobbalzò, indietreggiando.

- c..cosa!? no! –

- ecco, taglia la testa a lui! Cioè, diamine, mi sono rotto di essere accusato sempre! – intervenì Edmund, alzandosi in piedi.

- ehi! Le stai suggerendo di uccidermi? – protestò piccato Peter.

- no! solo, di piantarla di tormentare me! –

- Susan fa quello che vuole! – strillò Lucy, rossa in viso.

I quattro fratelli cominciarono a litigare furiosamente.

- faida famigliare – sospirò Eustace, e Caspian sorrise divertito.

( - non è giusto, voi ve la prendete sempre con me! - )

- certo che sono rumorosi – constatò con rassegnazione Tumnus, incrociando le braccia.

( - non è vero, Ed! chi è quello che ti tira sempre fuori dai guai? - )

- uh, è normale. O, almeno, penso lo sia – disse il signor Castoro, in un orribile tenuta da paggetto.

( - ah, si? -   - si! -  - e, sentiamo, fratello caro, chi è quella che tira fuori dai guai te? - )

- massì, massì! C’è sempre qualche incomprensione, è ovvio! – chiocciò la signora Castoro, porgendo loro un vassoio pieno di paste calde. Edmund ne afferrò una e la brandì contro i fratelli.

( - non certo tu, Susan!  -  - infatti, quella che ha sempre ragione sono io -  - ‘sta zitta, Lucy! -  - ‘sta zitto tu, Edmund! - )

- oh, buona questa qui al miele, signora Castoro. Penso che ne ordinerò un bel po’: si accosterebbero perfettamente con quel nuovo thè che abbiamo creato l’altro giorno. Gliene manderò due confezioni gratuite, che dice? – propose Eustace.

( - non osare dirmi di stare zitto, Bianconiglio!  -  - e tu allora impara ad usare un linguaggio più appropriato, Cappellaio Matto! -  - STATE ZITTI VOI DUE! - )

- umh, mi sembra una proposta interessante. Se preferisci, posso fartene provare anche qualche altro tipo. –

- oh, la ringrazio molto, Signora Castoro, sarebbe magnifico -

La castora s’affrettò a tornare nelle cucine.

( - ecco, vedete? Voi approfittate sempre del fatto che siete i maggiori! -  - è vero! Qualsiasi cosa facciate la colpa è sempre nostra! -  - ma che cosa stai dicendo, Lucy! Chi ti legge le fiabe prima che tu vada a dormire? -  - e voi? Voi fate sempre le vittime solo perché siete i minori! - )

Al seguito della signora Castoro apparve anche Rilian, addetto al trasporto-dolci.

- yo, figlio! – lo salutò allegramente Caspian, togliendogli dalle mani una scatola di dolci e sbirciando al suo interno.

- ciao papà. Sempre in giro a divertirti, eh? –

Caspian alzò le spalle, con un sorrisetto innocente.

- oh, Signora Castoro,  prenderei anche un paio di scatole di questi qui ai frutti di bosco. Sembrano veramente deliziosi. – continuò Eustace, passandone un pezzetto a Ripicì perché lo assaggiasse.

( - e quando, di grazia, avrei fatto la vittima? -  - chissà come mai, ma i santi della famiglia siete sempre voi! -  - ci accusate, come sempre! -  - ingrati! - )

 All’improvviso, la porta si spalancò, ed apparve Jill-fiore, ansante.

- Peter, Peter! – lo chiamò – Aslan deve dirti una cosa importantissima! –

Il biondo, troppo preso a litigare con i fratelli, non se ne accorse nemmeno.

- Peter! – lo chiamò nuovamente la ragazza-fiore. – Peter! –

Nuovamente, il ragazzo non le diede ascolto e nessuno si prese la briga di richiamarlo.

Di colpo, un ruggito rimbombò per la sala, zittendo tutti e lasciando a bocche spalancate i quattro fratelli. Tutti si voltarono verso Jill, che sorrise soddisfatta.

- Peter, Aslan ti vuole parlare – lo informò, con garbo.

- ah, si, ok.  Jill. Come hai fatto ad arrivare fin qui, se sei un fiore? –

- che domande. Camminando. –

Peter alzò gli occhi al cielo, avvicinandosi a lei.

- bene. Dov’è Aslan. – chiese, quando fu ad un passo da lei. Jill si chinò verso di lui, e solo in quel momento notò un bruco su uno dei suoi petali.

Un bruco con il muso sa leone, per la precisione.

- A.. Aslan?! – boccheggiò Peter, pensando che questo, era davvero troppo. Aslan bruco. Decisamente, stava impazzendo.

Aslan non si scompose, fissandolo con pacata educazione.

- Peter – esordì con un tono imperioso. – svegliati. –

- eh? ma io sono sv.. - 

 

- ehi, Peter, sveglia! – una secchiata d’acqua gli arrivò in pieno viso, facendolo trasalire.

- ma che diav..?! –

Il biondo si ritrovò davanti gli sguardi perplessi dei suoi famigliari, nonché di Caspian e Jill. Lanciò un’occhiata ad ognuno di loro, cercando qualche stranezza.

-siete normali! – gioì. – non avete strane orecchie da animali o poteri assurdi! E.. i miei pantaloni! Sono tornati! E.. e.. Jill, non sei un fiore! – Jill si scambiò un’occhiata perplessa con Eustace, che scrollò le spalle, stupito quanto lei.

- e Aslan! Aslan era un bruco! –

A quel punto Edmund scoppiò a ridere come un matto, mentre Susan si chinava a controllargli la fronte.

- devi aver preso proprio un brutto colpo, Peter. – considerò, squadrandolo poi con aria critica.

Lucy sospirò divertita, alzando lo sguardo al cielo.

- su, torniamo al castello, e vediamo se il Dottor Cornelius può fare qualcosa. –

E, dopo averlo tirato su di peso, lo trascinarono verso Cair Paravel.

 

 

 “DIETRO LE QUINTE (1)”

- Peter, Giuls e Edmund -

 

*Peter si strappa di dosso il vestito*

P: qualcuno mi ripeta perché ho dovuto fare questa buffonata è___é

*appare la Giuls*

G: perché lunedì è il compleanno della Lily, e dovevamo fare qualcosa in grande *W* e copriti, per piacere. Non vorrei che mi si bloccasse la crescita.

P: quella ti si è già bloccata u.u

*appare anche Edmund che pesta il cappello*

E: una festa normale no, eh?

G: ma figurati se faccio qualcosa di così banale! *ballonzola e tira padellata a Peter*

*sospiri generali*

 

 

DIETRO LE QUINTE (2)

- Jill e Eustace -

 

J: woah! Sono un fiore!

E: ç____ç

J: eddai, non sono una figa?

E: …

J: si può sapere che cosa c’è?

E: sei più alta di me.. ç____ç

J: ._____.

 

 

 

NDA

Salve gente!

Forse era il caso che io non postassi questa storia obbrobriosa, senza senso e pure scritta male, ma visto che è il compleanno del mio Zuccherino, direi che ero obbligata u.u

Detto ciò,  critiche, commenti ed altro sempre ben accetti.

E perdonatemi se ultimamente non mi faccio viva ma, davvero, la scuola mi uccide e non riesco a riprendere il ritmo. Ç____ç

Buon Compleanno, Lily! :3

_ L a l a

   
 
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