Nella
tana del Coniglio.
1.
Peter
camminò
nel buio, massaggiandosi la testa dolorante. Si sentiva come quella
volta che
il suo cavallo l’ha investito in pieno. Solo, non pensava che
la cosa potesse
ripetersi.
O forse
si?
Probabilmente,
contando che iniziava a scorgere una luce sospetta provenire dal fondo
di quel
non-corridoio.
Si
fermò
davanti ad una porta di luce – si, esatto, proprio di luce.
Avete presente?
Sbrilluccicosa, bianca e .. luciosa? -
e
vi girò attorno curioso, chiedendosi se fosse il caso di
attraversarla o meno.
Alla
fine, la questione venne risolta da un granello di polvere che lo fece
accidentalmente scivolare all’interno della magica e
dolcissima luce.
L’imprecazione
che il nostro eroe disse non fu altrettanto dolce, ma si spense non
appena
atterrò su un prato pieno di margheritine.
- oh,
che carine! ♡ –
commentò, raccogliendone una.
E, atteggiandosi a ragazzina innamorata, cominciò a fare
“m’ama, non m’ama”
-
fratellone, che stai facendo? – la voce di Lucy gli giunse
squillante
all’orecchio, ed il ragazzo balzò seduto di
scatto.
- L.
Lucy! Che ci fai qui? – chiese il biondo, osservando la
sorella. – c’è una
festa di carnevale in anticipo, per caso? – chiese subito
dopo, osservando come
la ragazzina si fosse vestita. La camicia bianca risultava troppo larga
anche
stretta nel panciotto blu, ed i pantaloni azzurri sembravano di almeno
due
taglie più grandi. La cosa più straordinaria,
però, erano le orecchie da
coniglio che le spuntavano tra i capelli: bianche come la neve e ben
dritte,
facevano venir voglia di toccarle, tanto sembravano vere. –
certo che le
orecchie sono proprio belle, Lu. Dove le hai prese? –
- non le
ho prese da nessuna parte, tonto! Sono vere ! –
protestò la ragazzina e Peter
scoppiò a ridere.
- Lucy,
tu non hai mai avuto le orecchie da coniglio! – rise il
ragazzo, alzandosi in
piedi ed avvicinandosi per sfiorarle le orecchie.
-
nemmeno tu hai mai portato vestiti da donna, ma le cose cambiano
– lo rimbeccò
Lucy, incrociando le braccia ed allontanandosi di qualche passo.
Peter
s’immobilizzò.
- ve..
vestiti da do—solo in quel momento il biondo si accorse
d’indossare un grazioso
vestito azzurro cielo, con tanto di grembiulino di pizzo bianco
corredato.
Cacciò
un urlo che si sentì fin dall’altra parte del
bosco (e solo in quel momento
s’accorse di trovarsi nella radura di un bosco)
e diversi uccelli si alzarono in volo protestando a gran
voce.
-
ch..che dia.. ma.. che diamine è successo ai miei
pantaloni?! – gridò sull’orlo
delle lacrime, non riuscendo a raccapezzarsi del fatto di non essersene
accorto
prima. Era sicuro di averli indosso, quando era finito nel prato,
avrebbe
potuto metterci la mano sul fuoco! Come avevano fatto a scomparire?
- Lucy!
Aiutami, fa’ qualcosa! – disse allora rivolto alla
sorella, ma quella s’era
allontanata balzellando come un coniglio. Si fermava ogni tanto per
tirar fuori
una carota dalla tasca e mordicchiarla con fare insistente.
- mi
spiace, Pete, ma sono proprio in ritardo! –
chiocciò allegra, mostrandogli un
orologio dorato che ticchettava rumorosamente. E le lancette erano a
forma di
carote?!
- no,
Lucy, non puoi lasciarmi qui! – esclamò,
lanciandosi all’inseguimento della
sorella (cercando in tutti i modi di evitare che la gonna
s’alzasse troppo). Ma
la ragazzina, in un paio di balzi agili, sparì tra gli
alberi.
- Lucy!
– gridò un’ultima volta, sperando che la
sorella avesse pietà e tornasse
indietro (con magari un paio di pantaloni). Rimase dieci minuti a
fissare
ansante il fitto verde del bosco, domandandosi in quale situazione
assurda
fosse mai capitato (e perché mai indossasse un vestito).
Il
ragazzo riprese a camminare lentamente, seguendo un percorso non ben
definito,
che presto lo portò ad andare a sbattere contro un fiore
gigante. Si, gente, un
fiore
gigante. Ma
Peter Pevensie il Magnifico è ormai
abituato a tutto, e non si sorprende più davanti a nulla (se
non davanti alla scomparsa
dei propri pantaloni), ergo decise
d’ignorare la cosa e di continuare sulla sua strada.
Quello
che Peter non sapeva, è che quel fiore parlava anche.
- Peter!
– lo chiamò il fiore, con la voce di Jill. Il
ragazzo alzò lo sguardo
perplesso, osservando stupito come la faccia di Jill fosse .. incastonata nel posto in cui avrebbe
dovuto esserci il polline.
- J..
Jill? – domandò perplesso, inarcando un
sopracciglio (e rimangiandosi tutti i
vaneggiamenti sul non-stupirsi)
- no, il
Lupo Cattivo – canticchiò Jill, e Peter
notò che aveva la voce più melodiosa
del solito. Forse perché i fiori hanno la voce melodiosa (?)
e in quel momento
Jill era un fiore. – certo che sono io –
- beh,
sai, sei un fiore .. sei . . un fiore? ..Come
hai fatto a diventare un fiore? –
domandò a quel punto, improvvisamente
spaventato. Jill
alzò delle metaforiche
spalle.
- non
so. tu come pensi sia successo? –
- come
faccio a saperlo io?! –
Altra
metaforica alzata di spalle. Peter la guardò stranito,
mentre Jill prese a
dondolarsi canticchiando un motivetto. Faceva uno strano effetto,
quella
Jill-fiore.
- senti,
è il caso che io vada. Non è che sai dove posso
trovare un negozio di pantaloni?
– disse il biondo, indicando il sentiero dalle pietre dorate
che era appena
apparso davanti ai suoi piedi.
- certo
che sei proprio brutto, vestito da femmina, Peter –
considerò la ragazza-fiore,
con tono pensoso.
- no,
cioè, grazie – ribatté piccato il
ragazzo, guardandola male. Jill piegò
pigramente la corolla, fino a trovarsi a pochi centimetri dal suo viso.
- mm. Forse
se ti mettessi qualcosa nei capelli.. o i codini! –
- che
cosa?! – inorridì il biondo, arricciando il naso
disgustato. – i codini? –
Jill
annuì e tutti i suoi petali bianchi frusciarono forte, come
a rimarcare il
concetto.
-
è
fuori questione! – ruggì Peter, così
forte che Jill-fiore scostò lievemente la
corolla.
- oltre
che brutto sei pure idiota – commentò con fare
annoiato la ragazza-fiore.
- ok,
senti, non ho la minima intenzione di sprecare il mio preziosissimo
tempo ad ascoltare i tuoi insulti. Quindi me ne vado
– concluse il biondo e, nel modo più dignitoso
possibile, si allontanò con fare
sdegnato lungo la strada dalle pietre d’oro. In realtà di
dignitoso non aveva nulla, a
partire dal vestito, ma Peter preferì non farci caso.
Jill,
dopo una risatina, ricominciò a canticchiare sottovoce.
Peter
lanciò un ultimo sguardo dietro di sé, e vide che
Jill aveva ripreso a dondolarsi
sul suo gambo. Quando vide che la stava guardando, la ragazza-fiore
sventolò
una foglia in segno di saluto, con un sorriso benevolo sul volto.
Il
biondo si girò di scatto, atterrito all’idea di
trasformarsi improvvisamente in
un fiore anche lui.
Un fiore
piuttosto seccante, considerò
lui, avviandosi lungo
la via il più velocemente possibile.
Sospirò
di sollievo appena il sommesso canticchiare di Jill si perse nel
fruscio delle
foglie, ed il suo passo divenne molto più rilassato.
Sollevò
schifato il bordo della gonna azzurra, mentre la sua mente elaborava
continue
ed improbabili ipotesi.
Davvero,
da dove era apparso quel vestito?
Era
talmente preso nella sua ispezione che non si accorse di avere davanti
qualcuno
finché non ci finì addosso.
-
ohoh, Peter! – gracchiò una voce fin troppo
conosciuta al suo orecchio. Il
ragazzo fece l’ennesimo salto all’indietro,
lasciandosi scappare un”WAH!” di
spavento.
-
C..Caspian! – strepitò subito dopo,
imbarazzatissimo, tentando in tutti i modi
di tirarsi giù il più possibile la gonna. Caspian
lo squadrò con fare annoiato,
passandosi una mano tra i capelli scuri. La sua lunga coda viola si
mosse
pigramente, mentre lui piegava un orecchio.
Quando
Peter realizzò cosa aveva appena visto fece un altro salto
indietro.
-
ommioddio, Caspian! – urlò agitato, additandolo
– sei un gatto!
– lo fissò per un
attimo, prima di spalancare di nuovo la bocca. – viola per di più! -
Il
moro allargò le braccia ed osservò con fare
interessato la propria maglietta a
righe viola e rosa, i pantaloni scuri e mosse nuovamente la coda. Si
tastò la
testa fino a trovare le orecchie, accarezzandosele con fare pensoso.
Alzò
di nuovo lo sguardo su Peter.
-
oh. Già – commentò in tono neutro, come
se fosse la cosa più normale del mondo.
Peter fece qualche altro cauto passo indietro, ma Caspian lo
afferrò per un
braccio prima che potesse correre lontano.
-
sai, Peter, ti stavo proprio cercando. – lo
informò allegramente, con indosso
il sorriso più beota e innaturalmente gigantesco che
l’altro avesse mai visto.
– Edmund ti aspetta per il thè. –
-
Edmund che cosa?! –
sbraitò il
biondo, puntando i piedi e cercando in tutti i modi
d’impedire all’altro di
trascinarlo con sé. Caspian si voltò a guardarlo,
sorpreso, strattonandolo un
po’ più forte.
-
Caspian, devi aver capito male. – gli spiegò
allora il biondo, cercando di
recuperare un minimo di sangue freddo. – Edmund a malapena sa
che forma abbia,
una tazzina da thè. –
Caspian
ridacchiò divertito e Peter s’accigliò
ancora di più. Poi il moro alzò lo
sguardo al cielo, semi-nascosto tra le fronde degli alberi, e
sospirò.
-
andiamo – esordì deciso, costringendo il biondo a
seguirlo ed ignorando i suoi
continui strepitii di protesta.
Dopo
una decina di minuti Peter si arrese, decidendo che alla prima
opportunità
sarebbe scappato a gambe levate. Piuttosto che stare ancora con Caspian
ed il
suo sorriso inquietante sarebbe volentieri tornato a farsi insultare da
Jill-fiore.
Camminarono per circa una
mezz’ora, anche se,
a Peter ed ai suoi poveri piedi costretti nelle strette scarpine nere,
sembrò
un’eternità.
-
si.. può.. sapere.. dove diavolo… ag, stiamo
andando? – ansimò contrariato,
inciampando in un sasso e sentendo una scossa di dolore partirgli dal
piede e
raggiungere il cervello con crudele velocità.
-
da Edmund, no? – rispose con fare ovvio il moro.
-
ma chi ci vuole andare! Mollami immediatamente! – gli
ordinò perentorio,
puntando i piedi nonostante questi protestassero a gran voce.
-
ah-ah, biondo. – lo canzonò Caspian, tirandolo con
più forza – ormai siamo
arrivati –
-
arrivati dove?! – sbraitò Peter, lasciandosi
trascinare per pura pietà verso sé
stesso (e per i suoi piedi in particolare) . –io non vedo
assolutamente n-- -
il biondo si bloccò di colpo, non appena sbucò
nella radura verdeggiante. Al
centro di questa c’era un gigantesco tavolo colmo di torte,
pasticcini e
teiere. E, a capotavola, stravaccato sulla propria seggiola e con le
gambe comodamente
accavallate sul tavolo, c’era Edmund.
-
..ulla? – completò per lui Caspian con fare
idiota, avvicinandosi ad Edmund e
trascinando Peter con sé.
-
Ed, hai visto? L’ho trovato! – chiocciò
contento Caspian, accomodandosi sulla
sedia subito accanto a quella del più piccolo. Nel posto di
fronte a lui, una
montagna di piatti sporchi di torta si ergeva nel suo instabile
equilibrio.
Edmund
annuì distratto, troppo preso ad osservare con un sorriso di
scherno il
fratello maggiore.
-
bel vestito, Pete – ridacchiò, grattandosi una
guancia. Peter lo guardò male.
-
bel cappello, Ed – ribattè piccato, indicando il
grande cappello a cilindro
nero di Edmund. Il ragazzo se lo tolse di testa, rigirandoselo tra le
mani con
fare pensoso.
-
in effetti non è il massimo – ammise con un
sospiro. Lo appoggiò a terra,
sistemandosi compostamente sulla sedia.
-
dai, Peter, siediti – lo invitò e, quando il
biondo si sedette con fare
sospettoso, schioccò le dita, facendo apparire di fronte a
lui una tazzina da
thè, cucchiaino e piattino compresi.
Peter
passò lo sguardo dal fratello alla tazzina, più
volte, allibito.
-
no, spiegami – incominciò, attirando su di
sé gli sguardi perplessi degli altri
due – com’è che tu fai apparire le cose
con uno schiocco di dita e io niente? –
Edmund
scoppiò a ridere, così forte da far muovere i
piatti ammonticchiati
disordinatamente nel posto alla sua destra.
I piatti continuarono a muoversi anche quando Edmund smise
di ridere, e
questo allarmò non poco Peter, che fece lentamente scivolare
all’indietro la
propria seggiola.
Il
biondo fece un salto di mezzo metro, quando dai piatti sbucò
la testa bionda di
suo cugino Eustace, con un paio di orecchie da coniglio ad abbellire il
tutto.
-
che succede? – domandò Eustace assonnato,
stropicciandosi gli occhi. Edmund
scrollò le spalle con fare disinteressato, osservandosi le
scarpe. Arancioni.
Peter represse un sorriso di scherno per pura forza di
volontà.
-
niente – disse Caspian, sorridendo beota.
Eustace
scrollò il capo, e le sue orecchie marroni si drizzarono,
facendo venire a
Peter una voglia incredibile di accarezzarle.
-
ah. Alla buon’ora, Peter – tossicchiò
Eustace, scostando con poca grazia tutti
i piattini da cui era stato sommerso. Manco a dirlo, il desiderio di
spupazzarselo era scomparso del tutto misteriosamente (come i suoi
pantaloni,
ahc-)
-
sai, sono stato trattenuto dalla tua ragazza –
ribatté irritato Peter,
incrociando le braccia al petto. – ha osato darmi
dell’idiota –
-
non posso che darle ragione – commentò
l’altro, sistemandosi meglio la cravatta
che portava al collo. Si sistemò anche la camicia, cercando
di nascondere tra
le pieghe una macchia.
-
sai andato a trovarla, ultimamente? – lo provocò
Peter, tamburellando le dita
di una mano sul tavolo. – no, perché sai, si
è trasformata in un fiore –
-
nulla di grave, quindi – intervenne Edmund, capovolgendo la
propria tazzina
vuota e scrutando interessato le ultime gocce di thè che
cadevano sulla
tovaglia bianca, macchiandola.
Alla faccia
del nulla di grave,
pensò Peter, ma si trattene per
il proprio bene. Avere a che fare con un branco di pazzi non
è mai facile.
Eustace
cominciò a sollevare uno per uno i piattini che
l’avevano seppellito, come se
stesse cercando qualcosa.
- ho
perso Ripicì – dichiarò serio, quando
decise di aver cercato abbastanza.
-
incredibile a dirsi – commentò sarcastico Caspian
alzando piatti e forchette
alla ricerca del topo.
- dubito
possa nascondersi sotto una forchetta, Caspian – gli fece
notare scettico
Peter. Il moro alzò le spalle.
-
sarà
sotto qualche tazzine – fece Edmund, allungandosi a sollevare
la tazzina
capovolta di Peter che si scostò.
La
tovaglia era vuota.
- non mi
troverete mai! – li avvertì con voce squillante
Ripicì, da dentro al tazza.
Edmund, in tutta calma, girò la tazzina rivelando il topo
rannicchiato su sé
stesso ed attaccato con le unghie alla ceramica.
-
dicevi? – ghignò Eustace, tirandolo fuori per la
coda ed appoggiandolo sul
tavolo.
- mi
rovinerai tutte le tazzine così – si
lamentò Edmund con tono rassegnato, quando
notò segni di graffi sulle pareti interne
dell’oggetto.
-
è più
piccolo del solito o sbaglio? – chiese perplesso Peter,
osservando quella
versione ridotta e super incazzata del solito Ripicì.
- io non
sono piccolo! – protestò il topo, sistemandosi tra
le orecchie con fare
stizzito un piccolo copricapo a forma di tazzina.
Edmund
alzò gli occhi al cielo, le labbra increspate in un sorriso
divertito.
- va
bene, Rip – sospirò, con un sorriso
condiscendente. Vedendolo, Ripicì si
arrabbiò ancora di più.
- io lo so che pensi che
sono piccolo! –
ruggì.
- non
l’ho mai detto – si difese divertito il ragazzo,
ridacchiando sotto i baffi.
- ma io
so che tu sai che io so che tu pensi che io sia piccolo! –
La
tentazione di sbattere la testa contro l’orlo del tavolo, per
Peter, divenne troppo grande.
-
Ripicì, se lui ha detto che non pensa che tu sia piccolo,
forse è perché è
vero. – suggerì Caspian con tono bonario, muovendo
lentamente la coda ed
attorcigliandola attorno alla gamba della sedia.
- o
forse vuole solo ingannarti – lo punzecchiò
Eustace, passandosi una mano tra i
capelli biondi.
-
piantatela di sapere cose che io non so! – strillò
il topo, agitando le zampine
superiori mentre passava lo sguardo su tutti e tre.
- ma noi
non siamo giardinieri – chiocciò Caspian,
appoggiando il gomito sul tavolo e il
viso sulla propria mano.
-
pessima – lo giudicò Edmund, sorseggiando un
po’ del suo thè invisibile. Peter
si azzardò a mangiucchiare un biscotto al cioccolato,
scoprendolo stranamente
dolciastro.
- Peter,
un cerchietto ti starebbe davvero bene – gli disse Eustace,
squadrandolo.
-
c..come?! e questo che c’entra?! –
Edmund,
con un ghigno ed uno sciocco di dita, fece spuntare tra i suoi capelli
biondi
un grazioso cerchietto nero con tanto di fiocco.
- GAH!
–
esclamò Peter, provando in tutti modi a staccarselo dalla
testa senza tuttavia
riuscirci: nonostante i continui strattoni, infatti,
l’aggeggio malefico
continuava a rimanere ancorato ai suoi capelli.
-
toglilo! Toglimelo immediatamente, Edmund! –
gl’impose, guardandolo malissimo e
con tutto l’odio che riuscì a trovare.
- e
perché? – cinguettò innocentemente il
fratello, del tutto insensibile alle sue
occhiatacce. – ti sta così
bene-
- ti
dona sul serio! – reincarnò Eustace con fare
convinto.
Peter si
morse le labbra per evitare di farsi sfuggire qualche espressione poco
gentile,
sentendosi sul punto di avere una crisi di nervi.
Prese un
profondo respiro e fece per protestare di nuovo, quando un acuto
squillo di
trombe li fece saltare per aria tutti quanti.
- ma che
diav..? – iniziò Peter, voltandosi nella direzione
da cui proveniva il suono.
-
Edmund! – tuonò la voce di Lucy – sei in
ritardo per l’udienza! -
Le
bianche e candide orecchie della minore spuntarono dalla boscaglia,
insieme al
suo cipiglio severo.
- che
udienza? – domandò stupito
l’interpellato, picchiettandosi un dito sul mento,
come a fare mente locale.
- come
quale! L’udienza! –
strillò Lucy,
rossa come un pomodoro e più spettinata che mai.
- ah! Quell’udienza! – fece
Edmund,
sbattendosi una mano sulla fronte non appena riuscì a
ricordare a cosa si
stesse riferendo la più piccola. Le lanciò uno
sguardo del tutto privo
d’interesse. – non ne ho voglia – le
comunicò con un alzata di spalle.
Lucy
sembrò sul punto di afferrare il primo oggetto contundente a
portata di mano per
scagliarlo sul fratello ma l’intervento (ben poco
intelligente) di Caspian
salvò la situazione.
-
andiamo, andiamo! – li incitò felice, raggiungendo
Lucy fluttuando.
Fluttuando.
Fluttuando. Flut-tu-an-do.
Peter
sgranò
gli occhi e spalancò poco elegantemente la bocca.
- porca
di quella put- .. santa donna, Caspian! Stai volando!-
-
nh? – mugolò Caspian, osservando i suoi piedi che
non toccavano il terreno. – e
quindi? –
-
come “e quindi?”. Diamine, Caspian, voli!
– strepitò Peter, sempre più confuso.
Caspian
lo ignorò bellamente, iniziando a canticchiare ripetutamente
“andiamoandiamoandiamoandiamo”.
Era tanto
irritante che Edmund si alzò con uno sbuffò dalla
sua seggiola; poi si rassettò
con calma il gilet scozzese verde arancio e marrone, prima di lisciarsi
i
pantaloni marrone scuro. E,
dopo aver
raccolto il proprio cappello per riposizionarselo sui capelli, fece
segno a
Eustace.
-
muoviamoci -
Afferrò
Peter per un braccio, e lo trascinò verso gli altri due
(ignorando con una
certa persistenza le continue ed insistenti lamentele del maggiore).
Dietro
di loro, Ripicì s’arrampicò sulla
spalla di Eustace, che si sistemò la giacca
nera prima di avviarsi dietro ad Edmund.
-
si può sapere dove mi state trascinando, di
nuovo?! – sbraitò Peter, cercando di
liberarsi dalla stretta di Edmund.
-
non costringermi a far apparire una corda con cui legarti –
lo minacciò il
minore, ed uno strano ed inquietante lampo gli balenò per
qualche attimo negli
occhi scuri. Sembrava aver perso improvvisamente tutto il suo buonumore
(relativamente parlando, ovviamente. Non si può applicare il
concetto comune di
“buonumore” ad Edmund).
Peter
si zittì istintivamente, maledicendosi l’attimo
dopo; l’attimo dopo ancora,
però, tutto il suo rancore passò a Caspian che
ripeteva come un mantra “andiamoandiamoandiamoandiamo”
senza mai
smettere. Sembrava nemmeno respirasse.
Sbuffò
spazientito, cercando di capire in che modo Lucy si orientasse tra gli
alberi:
non c’era nessun sentiero ma la ragazzina sembrava procedere
sicura tra gli
alberi.
All’improvviso,
si parò davanti a loro un castello gigantesco. Davanti a
loro c’era un grande
portone a forma di cuore e da dietro di esso s’intravedevano
diverse guglie
rosa con le finestre a cuori.
Peter
rimase impalato a fissarlo, spalancando la bocca in modo ben poco
dignitoso.
Eustace si lasciò sfuggire un sospiro divertito, prima di
superarlo.
Solo
in quel momento, il biondo si rese conto che Edmund l’aveva
lasciato andare.
Osservò il proprio braccio, chiedendosi se fosse il caso di
fare dietrofront,
decidendo poi che era sicuramente meglio rimanere con qualcuno di
conosciuto –
nonostante il cipiglio scuro di Edmund si stesse facendo più
cupo e pericoloso
ad ogni passo. Per una volta tanto, le tante voci che si agitavano nel
cervello
di Peter concordarono sul fatto che era meglio non irritarlo troppo.
Non quanto
poteva far spuntare dal nulla qualsiasi
cosa.
Trotterellò
dietro di loro, ed una di queste famose voci lo informò
della stupidità della
cosa.
-
di chi è, il castello? – domandò
incuriosito a Lucy, l’unica ancora leggermente
normale (secondo il modesto parere di un’altra delle famose
voci).
-
di Susan – gli comunicò allegramente Lucy,
incrociando le braccia dietro la
schiena con fare infantile.
-
di.. Susan? -
Ultimamente
mi
stupisco per fin troppe cose. Probabilmente questo è un
sogno e i miei
pantaloni non sono mai scomparsi.
-
certo, di Susan. – annuì seria Lucy. Peter
alzò lo sguardo al cielo,
riordinando i pensieri.
-e..
perché ha fatto chiamare Edmund? –
-
probabilmente perché vuole tagliargli la testa –
disse Lucy, con un’alzata di
spalle noncurante. Peter inorridì.
-
ta.. tagliargli la testa? –
inorridì
Peter.
Forse,
aveva appena scoperto la causa del palese malumore del fratello.
Tuttavia,
Edmund non sembrava propriamente disposto a prestarsi a tale atto.
Lucy
non si degnò di rispondergli, e passò in testa al
gruppo non appena entrarono
nel giardino, gigantesco e labirintico.
Le
siepi che dividevano ogni sentiero acciottolato erano piene di rose
rosse,
rigorosamente simili a cuori; tutti i sentieri sembravano portare alla
gigantesca struttura rosa che si parava di fronte a loro, e Peter
scorse, tra
una siepe e l’altra, degli abitanti di Narnia, travestiti
da carte da gioco, che si affrettavano verso il castello
con aria preoccupata.
Fu
sul punto di porre nuovamente qualche domanda ma, notando che gli unici
disposti a rispondere sarebbero stati o Caspian o Eustace,
preferì non
indagare. (Infatti, il primo stava angora gorgheggiando la sua serie
infinita
di “andiamoandiamoandiamoandiamo”,
mentre Eustace era completamente immerso nel suo discorso con
Ripicì. )
Arrivarono
all’ingresso, ed ad attenderli c’era il signor
Tumnus, travestito da Fante di
Cuori. Peter sospirò, chiedendosi per quanto ancora sarebbe
durato, questo
incubo.
-
la Regina vi attende – comunicò loro il fauno, con
un sorriso che espresse
tutta la sua compassione per loro. Peter fece una smorfia di rimando,
seguendo
frettolosamente i propri compagni e maledicendosi per non essere
tornato
indietro quando ne aveva avuto la possibilità.
Vagarono
per corridoi rosa confetto costellati da porte a forma di cuore
identiche,
finchè Lucy non ne aprì una e vi
s’infilò dentro.
Dietro
di essa, vi era una gigantesca aula di tribunale – ovviamente
rosa e con
diversi cuoricini a rendere l’atmosfera ancor più
inquietante –. Interi banchi
erano occupati da abitanti di Narnia, sempre travestiti da carte da
gioco, e
solamente le prime due file erano vuote.
Peter alzò lo sguardo e trovò Susan
seduta al posto del giudice, ma così
in alto che si sentì male al solo pensiero. Non che
soffrisse di vertigini, eh.
Susan,
avvolta in un sontuoso vestito rosso, teneva in mano un martelletto.
-
Edmund! – strillò, non appena vide il fratello
varcare la soglia. Peter si fece
piccolo-piccolo, tentando di nascondersi tra il gruppetto. –
si può sapere
quanto tempo ci hai messo? –
-
non lo so – ammise Edmund in tono cattivo. –
chiedilo al Bianconiglio, lei ha
sempre un orologio a portata di mano –
-
ventisei minuti e tre secondi di ritardo – li
informò Lucy, sorridendo.
-
venti dei quali passati a girovagare per il tuo gigantesco giardino,
nonché nei
tuoi interminabili corridoi – puntualizzò Eustace,
palesemente dalla parte di
Edmund.
Susan
lo ignorò, e si sporse dal suo banco, fissando dritto negli
occhi Edmund.
-
potrei tagliarti la testa solo per questo – gli disse, e
Peter non poté fare a
meno di pensare a quanto si trovasse in alto. Represse
l’istinto di ordinarle
di scendere o, almeno, di tirarsi indietro.
-
provaci e ti troverai un paletto conficcato nel petto. –
rispose secco Edmund,
sfidandola con lo sguardo. Peter trasalì, e Caspian, che
fino a quel momento si
era limitato a fissare con sguardo adorante Susan, si voltò
di scatto verso
l’altro ragazzo, mostrando i denti e rizzando il pelo di
orecchie e coda.
-
non puoi usare i tuoi poteri nel mio
castello. – gli ricordò velenosa la ragazza,
tornando però indietro. Edmund
scrollò le spalle.
-
se tu non mi mandassi a chiamare, non correresti il rischio.
–
Susan
sbuffò, incrociando le braccia con fare dispettoso.
-
se tu non contrabbandassi thè
dall’aria
sospetta, io non ti manderei a chiamare –
-
ma è solo
thè, Susan! – brontolò il
ragazzo, esasperato.
-
solo thè, solo thè! – gli fece eco
Ripicì, con fare agguerrito. Eustace gli
carezzò distrattamente le orecchie, come a calmarlo.
-
davvero, cosa pensi ci metta dentro? è
thè! – continuò Edmund,
prendendo posto al banco degli imputati ed
allungando le gambe sul banco davanti, senza preoccuparsi minimamente
del fatto
che fosse poco educato.
-
e i cappelli? I cappelli che fabbrichi? Così pieni di.. decorazioni non a cuori! –
reincarnò Susan.
-
senti, se me li commissionano così che ci posso fare io? A
me i cappelli
nemmeno piacciono! –
Solo
a quel punto, quando tutti si furono seduti, Susan si accorse di Peter,
l’unico
rimasto in piedi.
-
fratello! – lo salutò, sporgendosi nuovamente.
Peter ricambiò con un sorrisetto
incerto. – se volevi vestirti da donna potevi chiedere a me.
Quel vestito ti
sta proprio male. –
Edmund
ridacchiò sommessamente.
-
grazie – borbottò offeso Peter.
-
potrei tagliarti la testa per punizione –
considerò Susan, meditabonda.
Peter
sobbalzò, indietreggiando.
-
c..cosa!? no! –
-
ecco, taglia la testa a lui! Cioè, diamine, mi sono rotto di
essere accusato
sempre! – intervenì Edmund, alzandosi in piedi.
-
ehi! Le stai suggerendo di uccidermi? – protestò
piccato Peter.
-
no! solo, di piantarla di tormentare me! –
-
Susan fa quello che vuole! – strillò Lucy, rossa
in viso.
I
quattro fratelli cominciarono a litigare furiosamente.
-
faida famigliare – sospirò Eustace, e Caspian
sorrise divertito.
(
- non è giusto, voi ve la prendete sempre con me! - )
-
certo che sono rumorosi – constatò con
rassegnazione Tumnus, incrociando le
braccia.
(
- non è vero, Ed! chi è quello che ti tira sempre
fuori dai guai? - )
-
uh, è normale. O, almeno, penso lo sia – disse il
signor Castoro, in un
orribile tenuta da paggetto.
(
- ah, si? - -
si! - - e,
sentiamo, fratello caro, chi è quella
che tira fuori dai guai te? - )
-
massì, massì! C’è sempre
qualche incomprensione, è ovvio! –
chiocciò la signora
Castoro, porgendo loro un vassoio pieno di paste calde. Edmund ne
afferrò una e
la brandì contro i fratelli.
(
- non certo tu, Susan! -
-
infatti, quella che ha sempre ragione sono io -
- ‘sta zitta, Lucy! -
- ‘sta
zitto tu, Edmund! - )
-
oh, buona questa qui al miele, signora Castoro. Penso che ne
ordinerò un bel
po’: si accosterebbero perfettamente con quel nuovo
thè che abbiamo creato
l’altro giorno. Gliene manderò due confezioni
gratuite, che dice? – propose
Eustace.
(
- non osare dirmi di stare zitto, Bianconiglio!
-
- e tu allora impara ad usare un linguaggio più
appropriato, Cappellaio Matto! - - STATE
ZITTI VOI DUE! - )
-
umh, mi sembra una proposta interessante. Se preferisci, posso fartene
provare
anche qualche altro tipo. –
-
oh, la ringrazio molto, Signora Castoro, sarebbe magnifico -
La
castora s’affrettò a tornare nelle cucine.
(
- ecco, vedete? Voi approfittate sempre del fatto che siete i maggiori!
- - è
vero! Qualsiasi cosa facciate la colpa è
sempre nostra! - -
ma che cosa stai
dicendo, Lucy! Chi ti legge le fiabe prima che tu vada a dormire? - - e voi? Voi fate sempre
le vittime solo
perché siete i minori! - )
Al
seguito della signora Castoro apparve anche Rilian, addetto al
trasporto-dolci.
-
yo, figlio! – lo salutò allegramente Caspian,
togliendogli dalle mani una
scatola di dolci e sbirciando al suo interno.
-
ciao papà. Sempre in giro a divertirti, eh? –
Caspian
alzò le spalle, con un sorrisetto innocente.
-
oh, Signora Castoro, prenderei
anche un
paio di scatole di questi qui ai frutti di bosco. Sembrano veramente
deliziosi.
– continuò Eustace, passandone un pezzetto a
Ripicì perché lo assaggiasse.
(
- e quando, di grazia, avrei fatto la vittima? -
- chissà come mai, ma i santi della famiglia
siete sempre voi! - -
ci accusate, come
sempre! - -
ingrati! - )
All’improvviso, la
porta si spalancò, ed
apparve Jill-fiore, ansante.
-
Peter, Peter! – lo chiamò – Aslan deve
dirti una cosa importantissima! –
Il
biondo, troppo preso a litigare con i fratelli, non se ne accorse
nemmeno.
-
Peter! – lo chiamò nuovamente la ragazza-fiore.
– Peter! –
Nuovamente,
il ragazzo non le diede ascolto e nessuno si prese la briga di
richiamarlo.
Di
colpo, un ruggito rimbombò per la sala, zittendo tutti e
lasciando a bocche
spalancate i quattro fratelli. Tutti si voltarono verso Jill, che
sorrise
soddisfatta.
-
Peter, Aslan ti vuole parlare – lo informò, con
garbo.
-
ah, si, ok. Jill.
Come hai fatto ad
arrivare fin qui, se sei un fiore? –
-
che domande. Camminando. –
Peter
alzò gli occhi al cielo, avvicinandosi a lei.
-
bene. Dov’è Aslan. – chiese, quando fu
ad un passo da lei. Jill si chinò verso
di lui, e solo in quel momento notò un bruco su uno dei suoi
petali.
Un
bruco con il muso sa leone, per la precisione.
-
A.. Aslan?! –
boccheggiò Peter,
pensando che questo, era davvero troppo. Aslan bruco. Decisamente, stava
impazzendo.
Aslan
non si scompose, fissandolo con pacata educazione.
-
Peter – esordì con un tono imperioso. –
svegliati. –
-
eh? ma io sono sv.. -
-
ehi, Peter, sveglia! – una secchiata d’acqua gli
arrivò in pieno viso,
facendolo trasalire.
-
ma che diav..?! –
Il
biondo si ritrovò davanti gli sguardi perplessi dei suoi
famigliari, nonché di
Caspian e Jill. Lanciò un’occhiata ad ognuno di
loro, cercando qualche
stranezza.
-siete
normali! – gioì. – non avete strane
orecchie da animali o poteri assurdi! E.. i
miei pantaloni! Sono tornati! E.. e.. Jill, non sei un fiore!
– Jill si scambiò
un’occhiata perplessa con Eustace, che scrollò le
spalle, stupito quanto lei.
-
e Aslan! Aslan era un bruco! –
A
quel punto Edmund scoppiò a ridere come un matto, mentre
Susan si chinava a
controllargli la fronte.
-
devi aver preso proprio un brutto colpo, Peter. –
considerò, squadrandolo poi
con aria critica.
Lucy
sospirò divertita, alzando lo sguardo al cielo.
-
su, torniamo al castello, e vediamo se il Dottor Cornelius
può fare qualcosa. –
E,
dopo averlo tirato su di peso, lo trascinarono verso Cair Paravel.
“DIETRO LE QUINTE
(1)”
-
Peter, Giuls e Edmund -
*Peter
si strappa di dosso il vestito*
P:
qualcuno mi ripeta perché ho dovuto fare questa buffonata
è___é
*appare
la Giuls*
G:
perché lunedì è il compleanno della
Lily, e dovevamo fare qualcosa in grande
*W* e copriti, per piacere. Non vorrei che mi si bloccasse la crescita.
P:
quella ti si è già bloccata u.u
*appare
anche Edmund che pesta il cappello*
E:
una festa normale no, eh?
G:
ma figurati se faccio qualcosa di così banale! *ballonzola e
tira padellata a
Peter*
*sospiri
generali*
DIETRO
LE QUINTE (2)
-
Jill e Eustace -
J:
woah! Sono un fiore!
E:
ç____ç
J:
eddai, non sono una figa?
E:
…
J:
si può sapere che cosa c’è?
E:
sei più alta di me.. ç____ç
J:
._____.
NDA
Salve gente!
Forse era il
caso che io non
postassi questa storia obbrobriosa, senza senso e pure scritta male, ma
visto
che è il compleanno del mio Zuccherino, direi che ero
obbligata u.u
Detto
ciò, critiche,
commenti ed altro sempre ben
accetti.
E
perdonatemi se ultimamente non
mi faccio viva ma, davvero, la scuola mi uccide e non riesco a
riprendere il
ritmo. Ç____ç
Buon Compleanno, Lily! :3
_ L
a l a