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Autore: MystOfTheStars    05/10/2011    3 recensioni
La vita del principe Feliciano Vargas, erede al trono del Regno del Sole, scorre tranquilla e serena, finché una congiura di palazzo non tenta di toglierlo di mezzo. In fuga, disperso nel bel mezzo della foresta, braccato, non trova modo migliore per rinfrancarsi un po' che mettersi a cantare davanti al fuoco. Qualcuno, nella notte, lo sentirà, ed il principe si ritroverà a godere di un'inaspettata compagnia...
AU fantasy, lunga, con molti pg di cui i principali saranno: Feliciano/Italia, Ludwig/Germania, Alfred/Stati Uniti, Arthur/Inghilterra, Francis/Francia, Gilbert/Prussia, Matthew/Canada, Antonio/Spagna, Lovino/Sud Italia, Elizabeth/Ungheria, Roderich/Austria, Belle/Belgio, Hendrik/Olanda, ed altri.
Pairing principali: GerIta, UsUk, FrUk, Spamano, AuHun, accenni di Franada e Prungheria, ed altri.
Gli aggiornamenti di questa storia riprenderanno a fine gennaio, scusate l'attesa.
Genere: Avventura, Fantasy, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Germania/Ludwig, Inghilterra/Arthur Kirkland, Nord Italia/Feliciano Vargas, Prussia/Gilbert Beilschmidt, Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo I



I confini meridionali dell'Impero delle Lande del Reno erano un posto piuttosto tranquillo, una zona di montagne basse e valli ricche di torrenti e boschi. Appena più a sud, si stendevano le fertili terre del Regno del Sole, dalle campagne dorate di grano e dalle belle città ricche di marmi chiari e templi meravigliosamente affrescati. A nord, invece, le montagne si facevano più alte, e svettavano i picchi impervi che costituivano l'habitat naturale delle creature che popolavano le Lande, i grifoni.
La stessa casata reale dell'Impero era di quel sangue, e molti dei loro castelli erano costruiti in cima ai monti più inaccessibili. Tuttavia, le Lande erano anche ricche di città e coltivazioni, dove uomini e grifoni – che pure possedevano l'abilità di tramutare le loro sembianze in quelle di esseri umani – vivevano fianco a fianco.
Al momento, i rapporti dell'Impero con i regni confinanti erano pacifici e perfino amichevoli, ma, come spesso accade, la quiete di quel periodo prospero era destinata ad essere solo transitoria. Tuttavia, quei boschi che si stavano facendo velocemente ingoiare dalla notte erano ancora ignari del pericolo, e la quiete regnava ancora indisturbata su quei territori.


Quello che rimaneva del chiarore del crepuscolo svanì dal cielo, portando via, assieme alla luce, gli ultimi cinguettii degli uccelli, regalando al bosco una quiete scura, immobile nell'aria fresca della notte. Di fronte alla sagoma opaca di una tenda, montata in una piccola radura circondata dagli alberi, stava accovacciata una figura.
Nonostante le tenebre, non sentiva alcun bisogno di accendere un fuoco – i suoi sensi, assai più sviluppati di quelli umani, gli permettevano di sentirsi perfettamente a suo agio al buio. Le mani armeggiavano metodiche attorno alle cinghie che ancora stringevano i pezzi di armatura attorno al suo corpo, slacciando fibbia dopo fibbia di buona lena, ma senza fretta.
La nottata era tranquilla e, se c'era una cosa che Ludwig amava oltre misura, erano il silenzio, la calma della notte. Sospirò, gli occhi chiari alzati ad osservare il cielo, perfettamente limpido dopo diversi giorni di tempo instabile ed acquazzoni. In effetti, pensò, era stato inutile montare la tenda, con una nottata così avrebbe decisamente potuto dormire all'addiaccio.
Mentre valutava il da farsi, se smontarla o meno, e le sue orecchie si beavano del dolce stormire delle fronde alla brezza notturna, appena interrotto dal frinire timido di un grillo – uno dei primi, pensò, ormai l'estate era vicina – qualcosa lo fece voltare di scatto.
Ci volle un attimo perché la sua mente elaborasse il rumore e gli desse un nome; non perché non avesse mai sentito qualcuno cantare con l'accompagnamento di un mandolino, ma perché questa era l'ultima cosa che si aspettava di udire, a quell'ora, rompere il silenzio dei boschi.
Accigliato, rimise a posto il pezzo di armatura che si stava togliendo, e, sacca in spalla, si avviò nella direzione del suono.

Feliciano era arrivato alle ultime note della sua canzone, la musica che andava in diminuendo, lasciando che il riverbero degli accordi si stemperasse in un piano vibrante, quando si accorse dei passi che si avvicinavano.
Deglutì, le dita improvvisamente rigide sulle corde. Rumore, rumore! Ed era sempre più vicino...
Riprese a cantare il ritornello, le dita che suonavano più forte di prima e la voce vagamente stridula che le seguiva. Se cantava, se faceva finta di niente, forse il rumore sarebbe scomparso; bastava ignorarlo e se ne sarebbe andato, non era così? E daccapo con il ritornello, ancora una volta, quasi strillando – vattene, va' via, non sono buono da mangiare, tipregotipregotiprego – finché non cacciò un urlo vero e proprio, schizzando in piedi e finendo quasi dritto nel suo falò, non appena sentì una mano posarglisi sulla spalla.
“Per carità, non mi uccidere! Farò qualsiasi cosa tu voglia, qualsiasi! Ma abbi pietà di me, ti scongiuro!” supplicò con voce stridula, alzando il mandolino come uno scudo e nascondendovisi dietro.
La risposta ci mise un po' ad arrivare, e quando arrivò, lo fece con tono tra il sorpreso e l'insicuro.
“...non voglio uccidere nessuno. Fossi in te, però, toglierei la gamba dal fuoco.”
Feliciano abbassò gli occhi, fece un salto e freneticamente pestò i piedi sull'erba. Per sua fortuna, le fiamme gli avevano appena lambito gli stivali e non si ritrovava ancora con la gamba arrostita.
Alzò gli occhi sulla persona che gli aveva parlato, improvvisamente grato nei suoi confronti per averlo salvato da una fine poco piacevole, ma quello che vide lo fece spaventare di nuovo.
Davanti a lui stava un tizio grande e grosso, l'armatura che riluceva fiocamente alle fiamme del piccolo fuoco, e il viso, zigomi pronunciati segnati dal chiaroscuro delle ombre danzanti, che aveva un'apparenza tutt'altro che amichevole. Feliciano si rese conto di stare piegando il collo all'insù per guardarlo in faccia e, inspiegabilmente sconfortato dalla scoperta, non seppe far altro che starsene lì a tremare e balbettare delle scuse, il mandolino sempre stretto in mano.

Il cipiglio si mutò in un'espressione di sconcerto, mentre Ludwig osservava quella strana apparizione dalle guance rosse di pianto, i vestiti in disordine e il volto segnato da un buon numero di graffi e lividi.
“Senti...” disse dopo un po', alzando lentamente le mani per provare che non aveva armi e che non aveva intenzione di fargli del male. “Volevo solo pregarti di smettere quel... quella roba. Chiedo solo di poter dormire nella mia tenda qui vicino.” aggiunse, tentando in qualche modo di mostrarsi amichevole.
L'altro sembrò calmarsi un po', mentre si strofinava gli occhi per asciugarsi le lacrime che gli erano spuntate.
“N-non ti piace la mia musica?” gli chiese, la voce meno tremante ma quasi ferita, mentre il ragazzo lo guardava tra il disperato ed il deluso.
Ludwig sospirò, preso in contropiede. “No, io... non intendevo questo. La musica era, uh, carina, ma è notte...” Diamine, che bisogno aveva anche solo di prendersi la briga di giustificarsi. “E poi, se sei così spaventato, non dovresti andartene in giro da solo così in mezzo ai boschi, e soprattutto non dovresti metterti a suonare, finirai con l'attirare tutti i briganti della zona.” aggiunse in tono severo.
“Ah, davvero? Ma è un peccato...” il brunetto stava guardando il suo mandolino, cercando di capire come mai dal suo strumento potesse derivare tanto danno. “La musica mi fa compagnia.” disse con un sorriso di scusa.
Ludwig si passò una mano tra i capelli, cercando di valutare il tipo che si ritrovava davanti. A giudicare dal suo accento, non era sicuramente di quelle parti. Ma che ci faceva uno così in giro da solo in mezzo a quei boschi? Non gli era mai capitato di incontrare viandanti così sprovveduti. Mentre osservava il ragazzo con aria sempre accigliata, e questo lo guardava preoccupato, una voce interruppe i suoi pensieri, insinuandosi pian piano nella sua mente, come se fosse stata presente da tempo, ma solo ora lui fosse riuscito ad accorgersene.
“...signore? Dicevo, va tutto bene?”

Ludwig e Feliciano si voltarono all'unisono per vedere una nuova figura, in piedi accanto al fuoco. Il giovane a cui apparteneva la voce li guardava con un sorriso pallido, un po' incerto, ma conciliante. Feliciano fece un nuovo salto, questa volta finendo dietro a Ludwig (che fosse uno di questi i briganti di cui il guerriero aveva appena fatto parola?), che osservava sorpreso il nuovo arrivato. Non si era affatto accorto del suo avvicinarsi, e questo era decisamente strano, considerando i suoi sensi sviluppati e il fatto che, per abitudine, l'uomo viveva in un costante stato di allerta.
“Ho sentito il rumore e non ho potuto fare a meno di venire a controllare per accertarmi che fosse tutto a posto.” stava spiegando l'altro nel frattempo, con tono pacato e quasi sottovoce “Volevo accamparmi da queste parti e, beh, preferivo assicurarmi che la situazione fosse tranquilla.”
Ludwig lo squadrò da capo a piedi: era un giovane biondo, gli occhi grandi e scrutatori, nascosti dietro ad un paio di lenti spesse, alto quasi quanto lui ma tutto fuorché robusto. A parte la sua misteriosa comparsa al loro fianco, come se fosse spuntato dal nulla, non sembrava affatto avere un'aria ostile.
Feliciano doveva aver avuto la stessa impressione, perché emerse cautamente da dietro il guerriero per rivolgersi al nuovo arrivato.
“Mi scuso se la mia musica vi ha disturbato, non era mia intenzione... ma starmene qui tutto solo al buio mi faceva una tale tristezza...”
Il giovane biondo scosse la testa “Ma no, assolutamente.” si affrettò a spiegare, chinandosi leggermente in avanti per parlare al brunetto che si stava ancora nascondendo dietro Ludwig. “Anzi, suonate in maniera eccellente. E poi, posso capire bene, anch'io credo che la musica sia la maniera migliore per combattere la solitudine.” disse con un sorriso, chinandosi per togliersi dalle spalle il pesante zaino, a cui era assicurato un liuto.
“Aaah, meraviglioso! Siete un bardo?” finalmente, Feliciano emerse del tutto da dietro la mole del guerriero e si chinò a sua volta per osservare lo strumento alla poca luce del fuoco.
“Sì, diciamo così. Come voi, devo dedurre?” fece l'altro. Se la risposta non convinse del tutto Ludwig – che a quel “diciamo così” aveva sollevato un sopracciglio con aria scettica – i modi garbati e pacati del biondo avevano tranquillizzato Feliciano, che scosse la testa con enfasi.
“No, però suonare mi piace.”
“Beh, avete comunque un bel talento. Il mio nome è Matthew Williams, piacere.” rispose il bardo, tendendo la mano verso il giovane bruno con un sorriso gentile. Era contento di vedere che il poverino, che gli era apparso davvero terrorizzato all'inizio, si stesse calmando.
“Oh, piacere mio. Feliciano Vargas.” fece l'altro, stringendogli la mano.
Matthew la strinse a sua volta, pensando che quel nome gli era famigliare, ma sollevò lo sguardo quando si accorse che il guerriero si era spostato, ed ora stava guardando Feliciano con aria sospettosa, le braccia incrociate.
“Feliciano Vargas? E' il nome del secondo principe del Regno del Sole.” commentò asciutto.
Ma l'altro sembrò del tutto ignaro del tono accusatorio di Ludwig. “Sì, esatto, proprio così!”
Vedendo che il guerriero era ancora dubbioso, Feliciano piegò la testa da un lato. “Sono io.”
Ludwig sollevò un sopracciglio, chiaramente scettico. “Saresti tu? Come se i principi del Regno del Sole non facessero altro che andare in giro per conto loro nelle Lande del Reno come se niente fosse, e sbandierando la loro identità ai primi sconosciuti che incontrano. Cosa sei, un ladro?”
Feliciano lo guardò con aria affranta. Si rendeva conto di non avere modo di dimostrare le sue parole; solo e senza denaro, indossava abiti di buona fattura, ma certo non principeschi – era stata una scelta di Antonio, d'altronde, sperando che un abbigliamento comune li aiutasse a non dare nell'occhio durante la fuga. Non si era mai trovato nella situazione di dover provare a qualcuno la sua identità, il povero principe, e questo contribuì a dare il colpo di grazia al suo umore.
“Ma io... non ho mica scelto io di finire tutto solo...” Il ragazzo si morse il labbro, sedendosi a terra. Non era colpa sua, se era finito in quel guaio. E quanto a rivelare la sua identità alle prime persone che incontrava... beh, nessuno di loro sembrava volergli far del male, no? Quei brutti ceffi che avevano inseguito lui ed Antonio si erano presentati a spada sguainata, per niente preoccupati di tenere nascoste le loro intenzioni ostili. Ludwig, che pure andava in giro con tanto di armatura, avrebbe già avuto più di un'occasione per metterlo fuori gioco, se questo fosse stato il suo intento, e non lo aveva fatto, mentre Matthew, con i suoi modi di fare gentili e tranquillizzanti, gli ispirava un'istintiva fiducia.
“Avete detto che siamo nelle Lande del Reno? Davvero?”
L'espressione di Ludwig si fece sempre più dubbiosa, ma gli occhi di Feliciano erano così sinceri nella loro disperazione e nella loro ignoranza che non poté fare a meno di chinare il capo ed annuire.
“Vicino al confine sud.”
Feliciano si prese la testa tra le mani, come se fosse sul punto di piangere.
“Vi siete perso, devo dedurre...?” Matthew aveva seguito lo scambio di battute in silenzio, senza commenti; non sapeva che pensare riguardo al fatto che il brunetto dichiarasse di essere un principe – non vedeva perché non credergli, ma poteva anche capire il perché dello scetticismo del tizio grande e grosso – ma certamente gli dispiaceva vederlo di nuovo così intristito. Gli toccò un braccio, tentando di essere di conforto. “Sono sicuro che ritroverete la strada, ora che sapete dove vi trovate... se vi può essere d'aiuto, ho una mappa, con me.”
Ma Feliciano scosse la testa, affranto. “Non è questo... non so dove andare. Non so cosa fare. Vorrei solo ritrovare Antonio, e tornare a casa, ma ci stavano inseguendo, ci hanno attaccato... e Antonio è rimasto indietro... non so nemmeno che cosa gli sia successo...” Il principe tirò su con il naso. Antonio sarebbe riuscito a ritrovarlo, anche adesso che era uscito dai confini del loro regno? E quei brutti ceffi, erano ancora sulle sue tracce? Come avrebbe fatto a tirarsi fuori da quel guaio? Tirò su col naso di nuovo, tentando invano di reprimere un singhiozzo, mentre Matthew tentava goffamente di rincuorarlo con dei piccoli colpetti sul braccio.
A quel punto, Ludwig si accovacciò accanto a loro, sopracciglia sempre aggrottate.
“Antonio?”
Feliciano si voltò verso di lui, la bocca incurvata all'ingiù, tentando di non scoppiare a piangere in quel preciso momento per rispondere alle domande dell'altro.
“A-Antonio è... il generale del nostro esercito... mi aveva detto... sigh... mi aveva detto che saremmo usciti per una passeggiata a cavallo perché... sniff... non mi voleva spaventare... ma poi... sono arrivati quei guerrieri e lui... sigh... si è fermato per combatterli... e non l'ho più... più ritrovato...” a quel punto, gli fu impossibile andare avanti con il racconto, e scoppiò in un pianto disperato.
Osservandolo, e cercando di mettere da parte l'improvviso moto di pietà che sentiva per il ragazzo, Ludwig si sfregò il mento con fare pensoso. Antonio Fernandez Carriedo, il generale dell'esercito del Regno del Sole: non l'aveva mai incontrato di persona, ma aveva sentito parlare di lui, e molto. E se quello che il presunto principe aveva detto era vero, Ludwig sentiva puzza di guai.
Anche più goffamente di Matthew, posò una mano sulla schiena di Feliciano, in un gesto che serviva per metà a confortarlo e per l'altra metà a richiamare la sua attenzione.
“Ascoltami... c'è una città, a pochi giorni di cammino da qui. E' il centro abitato più vicino a dove siamo. Non è difficile da raggiungere.”
Feliciano guardò in su, ancora scosso dai singhiozzi, asciugandosi le lacrime con il bordo della manica.
“D-davvero...? E... non è che mi ci accompagneresti?” Lo fissò negli occhi da dietro la cortina di lacrime. “Potresti farmi da guardia del corpo! Posso pagarti, ho...” tacque, ricordandosi che no, non aveva più l'oro che aveva preso con sé alla partenza. Era sparito assieme al cavallo. “Una volta tornato a casa, intendo.” si corresse, un po' imbarazzato, mentre fissava il biondo con aspettativa.
Ludwig scosse la testa con un cenno della mano, come a dire che il discorso non gli interessava. Del resto, i soldi erano decisamente l'ultima delle sue preoccupazioni.
Ad essere onesto, l'idea di fare della strada assieme a quell'esserino tremante non lo entusiasmava. Ma se Feliciano diceva il vero, Ludwig non poteva in alcun modo rimanere indifferente, ed il viaggio gli avrebbe consentito anche di appurare o meno se il principe diceva la verità: una volta a Rothenburg, avrebbe avuto le sue fonti a cui attingere per accertarsi se il racconto era solo una bugia.
“Ti accompagnerò fin lì. Il posto si chiama Rothenburg. Se il tuo amico è nei paraggi, quello è il posto dove iniziare a cercarlo.”
Feliciano annuì, gli occhi gonfi ma grati.
Matthew lo fermò per offrirgli un fazzoletto, con un sorriso incoraggiante.
“Rothenburg? E' dove sto andando anch'io! Possiamo fare il viaggio insieme, e lungo la strada potremmo improvvisare qualche duetto, mh?” disse, sfiorando con le dita le corde del suo liuto. “A parte questo, vi garantisco che non sarò di alcun peso... vi assicuro che noterete a stento la mia presenza.” assicurò Matthew con un'espressione un po' mesta.
Ancora una volta, si guadagnò lo sguardo sospettoso di Ludwig, e un sorriso di gratitudine da parte di Feliciano. “Questo... è molto gentile da parte vostra... grazie.”
Il guerriero scosse la testa, come a dire che i ringraziamenti non servivano. Inoltre, se la presenza del biondo sconosciuto serviva in qualche modo a tranquillizzare lo spaurito principe, beh, che li seguisse pure. “Piuttosto, non credo sia il caso che tu rimanga qui solo, stanotte. Spegniamo questo fuoco e andiamo alla mia tenda. Il posto è migliore, più riparato dal vento e vicino ad un ruscello.” spiegò sbrigativamente.
Feliciano annuì subito, e Matthew si alzò, raccogliendo il suo liuto e tendendo una mano al principe per aiutarlo ad alzarsi.
“Sembrate esperto di questi luoghi, …?”
“Il mio nome è Ludwig.” rispose il guerriero. Non aveva ancora deciso se credere o meno a Feliciano, e non vedeva ragione per svelare la sua identità (per intero, almeno) a Matthew, di cui non sapeva assolutamente nulla. “Sono un guerriero.” Detestava mentire, anche se era questa non era propriamente una bugia, ma non lo faceva per tornaconto personale. Del resto, rimanere in incognito era una delle sue preoccupazioni principali, quando viaggiava da solo.
Matthew annuì brevemente. “Io non sono di qui, vengo dalle isole occidentali. Devo raggiungere Rothenburg per riunirmi ai miei compagni.” spiegò.
Feliciano lo guardò con aria preoccupata e comprensiva. “Li hai persi?”
“Beh, sarebbe più esatto dire che loro hanno perso me.” rispose Matthew, ridacchiando e passandosi una mano tra i capelli con aria imbarazzata. “Oh, serve aiuto?” aggiunse, notando che Ludwig stava spegnendo il fuoco e raccogliendo da terra le cose di Feliciano.
Il guerriero scosse la testa, e gli altri due rimasero a fissare in silenzio finché questo non ebbe finito e non ebbe fatto loro cenno di partire.

Ludwig non accese alcuna torcia, eppure non sembrava aver alcun problema a districarsi tra i tronchi degli alberi nella scarsa luce delle stelle. Feliciano gli arrancava dietro a fatica, e più di una volta fu sul punto di inciampare, ma l'altro fu abbastanza veloce a rimetterlo in equilibrio prima che potesse cadere a terra, e Feliciano finì col camminargli accanto, aggrappato disperatamente al suo braccio.

“Domani mattina all'alba ci metteremo in cammino. Passate una buona notte.” fu il commento di Ludwig, una volta arrivati. Senza troppi convenevoli, stava per accingersi ad entrare nella sua tenda, quando si accorse che entrambi i suoi nuovi compagni di viaggio lo stavano osservando con aria quasi supplicante.
Il guerriero ricambiò lo sguardo con aria interrogativa, e Feliciano indicò la tenda come se ne vedesse una per la prima volta.
“...hai una tenda! Non dormo in una tenda da notti! La mia era attaccata alla sella del cavallo... che però è sparito nel bosco.”
Matthew si stava nervosamente attorcigliando una ciocca di capelli attorno all'indice della mano destra. “Ah, la mia tenda l'hanno i miei compagni... ammetto che anch'io ho sempre dormito all'addiaccio, ultimamente.”
Ludwig si grattò una tempia con l'indice. Oh, beh...
“Non è enorme, ma immagino che stringendoci un po' potremmo starci tutti e tre...?” Non ebbe nemmeno finito di parlare che Feliciano si era già infilato dentro. Se non altro, sembrava essersi ripreso.
“Molte grazie, Ludwig.” fece Matthew con un piccolo gesto del capo, prima di seguire il brunetto.
Ludwig non commentò, limitandosi a scrollare le spalle e procedendo a togliersi l'armatura. Era abituato a tutto fuorché a condividere la sua tenda con dei perfetti estranei, ma supponeva che avrebbe potuto adeguarsi, per quelle poche notti che li separavano dalla città. Deglutì, prima di entrare nella tenda a sua volta. In un angolo, Matthew si era fatto piccolo piccolo e sembrava già addormentato. Al contrario, Feliciano stava spaparanzato al centro, avvolto nella sua coperta, e non sembrava curarsi eccessivamente della carenza di spazio.
In effetti, al di là della possibile scomodità della soluzione, il principe era più che felice di dormire in compagnia. Le notti che aveva passato da solo, rivoltandosi tra le radici degli alberi, addormentandosi per sfinimento dopo ore di ansia e dormiveglia colmi di incubi, lo avevano spossato oltre misura.
“Grazie davvero!” sospirò con un sorriso a Ludwig, che stava cercando di sistemarsi nel poco spazio rimasto nell'angolo della tenda.
“...di niente. Ora cerchiamo di dormire, però.” disse, piazzandosi su un fianco e tentando di tenersi nonostante tutto ad una certa distanza dall'altro. Preoccupazione che, però, Feliciano sembrava non avere: apparentemente, si era addormentato abbarbicato alla sua schiena, e Ludwig poteva sentire il suo respiro, regolare e tranquillo, sulla pelle del collo.
Visto che non aveva modo di spostarsi, bloccato com'era tra Feliciano e la tenda, il guerriero biondo si sforzò di chiudere gli occhi, cercando di ignorare il fatto che quella vicinanza lo stava facendo arrossire.
Seriamente, aveva l'impressione di essersi cacciato in un qualche brutto guaio. Non avrebbe fatto meglio a lasciare quei due al loro destino? Per quel che ne sapeva, potevano essere entrambi due truffatori o ladri. Fortunatamente, Ludwig era abbastanza sicuro delle sue capacità da fidarsi a tenerli nella sua stessa tenda. E poi, se la storia di Feliciano si fosse rivelata vera, Ludwig stava adempiendo a quello che era un suo dovere, si disse.
Doveva resistere solo un paio di notti ancora, fino a Rothenburg, si ripeté mentre lasciava che il sonno lo sopraffacesse.
  
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